Marco Perini

Meister Eckhart e la Conoscenza dell’Assoluto

Per sua natura l’esoterismo dei monoteismi, come è ben noto, esprime una sapienza limitata alla conoscenza del non-Supremo. Questa aparavidyā utilizza lo stesso linguaggio dei teologi esteriori, ripetutamente oscurato da eulogie e formule devozionali, per indicare una via di reintegrazione interiore percorsa a tappe d’avvicinamento a un Dio personale, tappe scandite da rituali compiuti con il corpo, con la parola e con la mente. La via della conoscenza pura al di là d’ogni azione rimane quasi totalmente sconosciuta, proprio per l’assenza d’un magistero esclusivamente metafisico. Avviene, però, che anche nell’ambito religioso compaiano personalità dotate per nascita di qualifiche eccezionali. Questi rari casi, pur usufruendo di ambienti iniziatici minori, grazie alle loro naturali inclinazioni rapidamente ottengono una perfetta purificazione della mente (antaḥkaraṇa) ‘accedendo’ così a una conoscenza superiore. In ragione di tale eccezionalità, nei testi da loro prodotti prevale l’esposizione della dottrina, mentre scarseggiano le indicazioni metodiche. Tra tali personaggi certamente risalta Meister Eckhart (1260–1328), autore di brani di metafisica pura che, come si potrà apprezzare dall’acuto studio di Marco Perini, per molti versi è paragonabile all’Advaita śaṃkariano. È davvero sintomatico che, proprio nel periodo agonico della Tradizione in Occidente, appaiano i due più elevati campioni dell’esoterismo cristiano: Eckhart per l’ars sacerdotalis, Dante per l’ars regia. Entrambi, in diversa misura, furono oggetto di sospetti e d’indagini da parte dell’Inquisizione. È davvero stupefacente quanto gli esoteristi contemporanei abbiano tenuto poco d’acconto Meister Eckhart, il che la dice lunga sulla loro incapacità di comprensione dottrine davvero metafisiche; per non parlare degli studiosi accademici che lo hanno perfino considerato un precursore del protestantesimo!

1. Meister Eckhart e la Conoscenza Dell’Assoluto

Fin dall’inizio del XIX secolo Meister Eckhart è stato figura privilegiata nelle comparazioni tra pensiero occidentale e pensiero orientale. Il monaco domenicano è vissuto a cavallo del 1300 e fu insignito per ben due volte dell’incarico di Magister, “maestro in sacra teologia” all’Università di Parigi, massimo riconoscimento che un appartenente all’ordine potesse ricevere – pur essendo profondamente radicato nel cristianesimo è stato tuttavia lontano dal comune modo di intenderne la dottrina, al punto che l’autorità ecclesiastica, dopo un lungo processo, con la bolla papale In Agro Dominico, il 27 marzo 1329, dichiarò eretiche diciassette sue proposizioni. Eckhart non conobbe però l’esito del processo: in circostanze a noi ignote, probabilmente all’inizio del 1328, la morte precedette il verdetto.

1. Meister Eckhart and the Knowledge of the Absolute

Since the early 19th century, Meister Eckhart has been a central figure when comparing the Western and Eastern thoughts. The Dominican monk – who lived during the 13th century and was two times appointed Magister, master of sacred theology, at the University of Paris, the highest recognition a member of the order could receive – despite his deep Christian roots, was however always distant from the common interpretation of the doctrine, so much so that on March 27, 1329 the ecclesiastical authority, with the papal bull In Agro Dominico, declared heretical seventeen of his propositions. However, Eckhart did not live long enough to hear the verdict of his trial. He passed away in unknown circumstances probably in early 1328.

2. Meister Eckhart e la conoscenza dell’Assoluto

Nel suo “fondo” l’anima è invece senza immagini e non viene mai a contatto con le creature. Per questo neanche le più alte potenze possono penetrare nella sua profondità: per operare hanno bisogno di rappresentarsi le cose, traendone un’immagine dall’esterno, tramite i sensi. Il loro modo di conoscere non può, quindi, essere adatto a conoscere Dio e la sua “scintilla” nell’anima.

2. Meister Eckhart and the Knowledge of the Absolute

Differently, in her “background” the soul is without images and never comes into contact with creatures. For this reason, not even the highest powers can penetrate into her depth. In order to function, they need to represent things, drawing images from the outside through their senses. Their way of knowing cannot, therefore, be suitable for knowing God and his “spark” in the soul. In fact, the part of the soul that is in the image of the Godhood does not lend itself to any image at all, being that silent abyss from which the very powers flow.

3. Meister Eckhart e la conoscenza dell’Assoluto

Discriminando tra Sé e non-Sé, colui che ricerca la Verità scopre sotto tutte le manifestazioni il Soggetto Assoluto, il Testimone. Ma operare una corretta discriminazione non vuol dire dividere ciò che è Sé da ciò che non lo è: non c’è niente oltre al Sé-Ātman: così, come per Eckhart, conoscere significa “essere” l’Assoluto.

3. Meister Eckhart and the Knowledge of the Absolute

By discriminating between the Self and the non-Self, he who seeks the Truth discovers under all manifestations the Absolute Subject, the Witness. However, making correct discrimination does not mean separating what is Self from what is not; there is nothing besides the Self-Ātman. Knowing the Absolute, the Reality, does not involve adding a new object of knowledge to one’s own erudition. Rather, it means ceasing to identify with what is different from it: thus, as Eckhart also said, it means “to be” the Absolute.