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🇮🇹 Carlo Rocchi: Alātaśānti1 – L’Advaita Vedānta e i suoi più consueti travisamenti, Durham, Ekatos Edizioni, 2021. DID 3133793. Pp. L + 499.

È con grande soddisfazione che annunciamo la pubblicazione di un libro, il cui autore è da qualche anno un nostro stretto collaboratore. Il dott. Carlo Rocchi è stato particolarmente colpito dalle invereconde reazioni che una rivista di ispirazione guénoniana ha riservato al sito web Veda Vyāsa Maṇḍala fin dalla sua nascita. Il nostro sito ha lo scopo di esporre in favore dell’ambiente occidentale interessato, la dottrina indiana della non dualità (Advaitavāda) e di altre vie iniziatiche più particolarmente intellettuali della medesima Tradizione Primordiale (Sanātana Dharma), con l’apporto e l’autorizzazione di un certo numero dichiarato di Guru, Ācārya e Saṃnyāsin. Le reazioni di alcuni ambienti ottusamente guénoniani è stata particolarmente scomposta e volta soprattutto a delegittimare la persona degli autori di lavori riguardanti il Vedānta, non soltanto occidentali, ma perfino gli stessi esponenti delle catene iniziatiche di Brahma Vidyā, che non raramente producono degli scritti affinché appaiano su Veda Vyāsa Maṇḍala. Evidentemente la comparsa di un centro che rappresenta una tradizione di metafisica pura ha disturbato il clima di presunto monopolio della tradizione in chiave guénoniana che alcuni gruppi di convertiti all’islam pensano aver consolidato in Italia.

L’Autore del libro recensito ha voluto ribattere alle critiche sul blog di Ekatos, riportando la discussione al livello della dottrina, con un articolo, intitolato Advitīya Caitanyavāda: fu accolto con una valanga di improperi. Tuttavia, poiché il dott. Rocchi aveva sfidato i nostri detrattori sul piano dottrinale, alcuni hanno voluto rispondergli per le rime, avventurandosi in campi a loro ignoti. Tutti i loro sforzi sono stati indirizzati al tentativo di dimostrare che l’insegnamento metafisico del Taṣawwuf è esattamente uguale a quello dell’Advaitavāda. A tal fine, consapevoli di non essere all’altezza per una simile discussione, si sono rivolti ad accademici che essi hanno ritenuto esperti di Taṣawwuf, Vedānta e persino di Buddhismo, dimentichi che l’erudizione priva della vera conoscenza conduce a concatenati errori d’interpretazione. Tuttavia, poiché in molti casi la differenza tra le dottrine sufiche e la dottrina di Śaṃkara è sin troppo evidente, quei pseudo ṣufi si sono permessi di correggere il grande Ācārya arrivando anche a modificare il senso di diversi passaggi upaniṣadici. La loro ignoranza di Vedānta è solo seconda alla sicumera con cui espongono le loro fantasie antitradizionali. Inoltre, è evidente che il loro incontrollato furore polemico sorge dal timore che i loro lettori possano riconoscere che la nostra è stata una asettica messa a punto dottrinale e non un desiderio di svalutazione delle vere dottrine sufiche. Infatti, se si legge ciò che è stato scritto su Veda Vyāsa Maṇḍala circa il Taṣawwuf si constaterà che in nessuna parte i collaboratori hanno dimostrato disprezzo o volontà di interpretarne in modo scorretto gli insegnamenti. Ciò che si è evidenziato, testi alla mano, è che le dottrine più elevate del sufismo appartengono comunque a ciò che in India è definito conoscenza del non-Supremo. Deve, dunque, essere inteso nel senso che il percorso iniziatico sufico può efficacemente essere intrapreso per purificare la mente al fine di accedere alla via della conoscenza, purché, ovviamente, il maestro sia vero e il discepolo qualificato a raggiungere tale scopo. Questo, tuttavia, non consente a nessuno di forzare le caratteristiche delle dottrine islamiche al fine di sostenere che esista una via della conoscenza sufica paragonabile all’Advaitavāda.

Tutto questo voluminoso scritto di Carlo Rocchi è inteso a dimostrare testualmente, logicamente e intuitivamente questa realtà incontrovertibile. In questo modo l’Autore demolisce con ampie citazioni e con l’uso della logica i più gravi errori di metafisica sostenuti come verità di fede dai nostri contestatori e dai loro consulenti accademici: per esempio che l’Assoluto sia un ‘Principio’; che esista una realtà assoluta e una ‘relativa’; che l’Advaita sostenga una dottrina della causalità; che l’informale sia una manifestazione reale come sonno profondo e non un pensiero illusorio della mente della veglia; che la māyā sia una entità che manifesta positivamente il mondo e non una immaginazione creata dall’individuo; che il tribhuvana sia identico all’avasthātraya e altre numerose concezioni errate. Qualcuno dei nostri denigratori, un po’ più colto, ha anche verificato che il tribhuvana appare nel Mahābhārata, mentre è assente nella śruti. Il fatto è che se il termine è effettivamente non śrauta, la dottrina dei tre loka è ben presente nelle Upaniṣad. Non ci si può improvvisare esperti di Vedānta partendo da una teologia islamica radicata nella mente e da una preparazione libresca, senza aver mai avuto il minimo contatto diretto con maestri di tale tradizione. Qualcuno ci ha chiesto com’è che noi siamo tanto sicuri della assenza di tali loro contatti. La risposta è che è del tutto evidente poiché di Advaita non ne sanno nulla.

Ovviamente, essendo Alātaśānti un documento in risposta ai spesso grossolani e derisori attacchi di cui è stato bersaglio, ogni tanto l’Autore non ha potuto astenersi da sottolineare l’incapacità di comprensione, l’ignoranza e la malafede dei suoi contraddittori. Il risultato è un godibilissimo testo di studio sull’autentico Advaita Vedānta, scevro dalle limitazioni mentali accademiche e dal guénonismo retto a sistema dogmatico. Gli occidentali che si sono avvicinati o che sono entrati in qualche tradizione sono partiti dalla lettura dei libri di René Guénon, generalmente più attratti da quella de L’Homme et son devenir selon le Vêdânta che non dalla prospettiva islamica. Nondimeno i più qualificati hanno potuto poi verificare che l’approccio guénoniano al Vedānta era falloso in diversi punti. Altri hanno deciso di rimanere nella erronea prospettiva guénoniana di un Vedānta-Sāṃkhya a tappe, facendo di essa il loro Forte di Masada. Tuttavia, non solo comprendiamo la psicologia dei nostri contestatori, in quanto anche noi abbiamo sofferto a lungo della medesima obnubilazione critica, ma siamo persino loro grati per la polemica sgangherata che hanno voluto scatenare. Infatti, erano diversi anni che non leggevamo più le opere di Guénon poiché, pur essendogli grati, non lo ritenevamo più utile, avendo a disposizione i testi della paramparā śaṃkariana e i maestri viventi di tale tradizione. La polemica ci ha indotti a riprendere in mano ciò che scrisse Guénon sull’Advaitavāda, rilevando la sua scarsa conoscenza dell’argomento e gli errori che ne sono derivati, cosa che a suo tempo ci era sfuggita. Ciò è stato di estrema utilità per bruciare le ultime scorie di un sistema che non corrisponde alla vera tradizione. Il libro del dott. Rocchi va quindi valutato come un testo che può indirizzare il lettore attento, sincero e intelligente verso la purificazione mentale propedeutica alla via della conoscenza, evitando le false interpretazioni teologiche sovrapposte al vero Advaitavāda.

Gian Giuseppe Filippi

🇬🇧 Carlo Rocchi: Alātaśānti2 – Lo spegnimento delle teste calde, Durham, Ekatos Edizioni, 2021. DID 3133793. Pp. L + 499.

It is with great satisfaction that we announce the publication of a book, the author of which has been a close collaborator of ours for some years. Dr Carlo Rocchi has been particularly struck by the unleashed reactions that a Guenonian-inspired magazine has reserved for the Veda Vyāsa Maṇḍala website since its inception. The purpose of our site is to expound the Indian doctrine of non-duality (Advaitavāda) and other among the more intellectual initiatic paths of the same Primordial Tradition (Sanātana Dharma) for the benefit of the interested Western seekers, with the contribution and approval of a number of Gurus, Ācāryas and Saṃnyāsin. The reactions of some dully Guenonian circles have been particularly discomfited and aimed above all at delegitimizing the authors of works on Vedānta, not only Westerners, but even the very exponents of the initiatic chains of Brahma Vidyā, who often produce such writings so that they might appear in Veda Vyāsa Maṇḍala. Evidently the appearance of a centre representing a tradition of pure metaphysics has sent shockwaves across some circles of Italian converts to Islam who pretende to have the monopoly of tradition from Guenonian perspective.

The author of the book here reviewed wanted to reply to their criticism appeared on the Ekatos blog, bringing the discussion back to the level of doctrine with an article entitled Advitīya Caitanyavāda. This was greeted with a great deal of abuse. However, since Dr. Rocchi had challenged our detractors on the doctrinal level, some replied to him in kind, venturing in what for them was uncharted teritory. All their efforts were focused on proving that the metaphysical teaching of the Taṣawwuf is exactly the same as that of the Advaitavāda. To this end, knowing that they were not up to such an argument, they turned to academics whom they considered experts in Taṣawwuf, Vedānta and even Buddhism, forgetting that mere erudition deprived of true knowledge leads to chained errors of interpretation. However, since in many cases the difference between the Sufic doctrines and the doctrine of Śaṃkara was too obvious, those pseudo ṣufi took the liberty of correcting the great Ācārya even going so far as to change the meaning of several upaniṣadic passages. Their ignorance of Vedānta is only second to the arrogance with which they expound their anti-traditional fantasies. Moreover, it is evident that their uncontrolled polemical fury arises from the fear that their readers might see that our doctrinal view is not biased and it is free from the intent to devalue the true sufic doctrines. Indeed, anyone indulging in the Veda Vyāsa Maṇḍala readings will soon find out that there is no contempt or wish to present the Tassawuf teachings in a denigratory fashion. What has been pointed out, texts in hand, is that the highest doctrines of Sufism belong in any case to what in India is called knowledge of the non-Supreme. This is to be understood in the sense that the sufi initiatic path can be effectively undertaken to purify the mind in order to access the path of knowledge, provided, of course, that the master be authentic and disciple qualified to achieve this end. This, however, does not allow anyone to force the characteristics of Islamic doctrines in order to claim that there is a sufic path of knowledge comparable to Advaitavāda.

Obviously, Alātaśānti being a document in response to the often crude and derisive attacks it has been the target of, the author could not refrain from pointing out the lack of understanding, ignorance and bad faith of its contradictors. The result is a very enjoyable study text on the authentic Advaita Vedānta, free from academic mental limitations and from Guenonism regimented as a dogmatic system. Most Westerners who have approached or adhered to some tradition have generally started from René Guénon’s books, certainly more attracted by L’Homme et son devenir selon le Vêdânta than by Islamic perspective. Nevertheless the most qualified ones were then able to verify that Guénon’s approach to the Vedānta was flawed in several points. Others, however, decided to remain in the erroneous Guenonian perspective of a Vedānta-Sāṃkhya in steps, making it their Masada Fortress. However, not only do we understand the psychology of our disputants, as we too have long suffered from the same critical obnubilation, but we are also grateful to them for the ramshackle polemic they have been willing to unleash. It has been a few years now since we last tapped into Guenon’s books. Although grateful to him we teamed him no longer useful having at our disposal the texts of the śaṃkarian paramparā and the living masters of that tradition. The controversy induced us to take up again what Guénon wrote on the Advaitavāda, noting his lack of knowledge on this subject and its resulting errors, something that had eluded us at the time. It has been extremely useful to depart from a system not corresponding to the pure advitīya tradition. Dr Rocchi’s book should therefore be evaluated as a text that can direct the attentive, sincere and intelligent reader towards mental purification and the path of knowledge, avoidong the false theological interpretations superimposed on the true Advaitavāda.

Gian Giuseppe Filippi

  1. “L’estinzione dei tizzoni ardenti”, in senso traslato “Lo spegnimento delle teste calde”[]
  2. “The extinguish of the hot embers”, in a translated sense “The extinguish of hotheads”[]