Vai al contenuto

65. L’occultismo dell’età borghese

Con la rivoluzione francese si era concluso il periodo dell’occultismo rinascimentale e illuministico. Il giacobino protestante Fabre d’Olivet1, il cattolico rivoluzionario Louis-Claude de Saint Martin2, il cattolico bonapartista Willermoz3 avevano tutti e tre elaborato un’interpretazione qabbalistica delle confessioni a cui appartenevano. La restaurazione dello status quo che seguì la caduta di Napoleone interruppe per tre lustri la proliferazione degli esoterismi nati alle spalle della Dea Ragione4. L’occultismo riapparve all’inizio del XIX secolo sull’onda della letteratura romantica dell’orrore5; tuttavia quella tendenza sarebbe rimasta una semplice morbosità estetica se, in seguito, non si fosse appoggiata alla pratica dello spiritismo6. Un’altra componente ‘metodica’ fu quella ereditata dai circoli libertini francesi e dai Hellfire Clubs britannici7 del secolo precedente, i cui aderenti cercavano, in riunioni segrete, di provocarsi esperienze paranormali per mezzo dell’uso del sesso e di droghe8. Dalla confluenza di queste tre correnti sorse l’occultismo dell’età borghese.

Il personaggio più rappresentativo fu Alphonse Louis Constant (1810-1875), più noto con il nom de plume di Éliphas Lévi, traduzione in pseudo ebraico del suo nome di battesimo. Nato in una famiglia indigente, fu mandato a studiare in seminario, ma la settimana prima di essere ordinato prete abbandonò la veste talare. Visse di stenti con lavori precari di disegnatore e pittore e dando lezioni private. In quel periodo frequentò a Parigi ambienti socialisti9 e proto-femministi caratterizzati da tendenze misticheggianti. È di questo periodo la pubblicazione de La Bible de la liberté, libro considerato blasfemo ed eversivo persino dal regime liberale di Luigi Filippo, che gli costò undici mesi di prigione. Solamente verso i quarant’anni Constant cominciò a interessarsi all’ermetismo e alla qabbalah. Nel 1854 si recò in viaggio a Londra dove una medium lo incitò a evocare lo spirito di Apollonio di Tiana. Egli preparò dei complessi rituali, evidentemente raffazzonati da libri disparati e, alla data convenuta, celebrò per dodici ore di seguito. Alla fine, gli apparve uno spettro grigio che gli toccò un braccio. Éliphas Lévi svenne dal dolore e, risvegliatosi, per diverse ore si trovò con il braccio congelato e tumefatto. Da quel momento evitò accuratamente ogni esperienza pratica, attenendosi alla semplice lettura di testi e alla stesura dei suoi scritti. Scoraggiò anche i suoi seguaci dal praticare sedute spiritiche o negromantiche10.

Nel 1855 scrisse il suo libro più famoso, Dogma e rituale di Alta magia. Si tratta di un testo che riunisce citazioni da Plotino, dalla qabbalah, da ermetisti e alchimisti rinascimentali, come Knorr von Rosenroth, Agrippa, Jakob Böhme, da occultisti dell’illuminismo, quali Louis Claude de Saint-Martin, Emanuel Swedenborg, Antoine Fabre d’Olivet, Chaho e Goeres, ma che, alla fin fine, appare essere una semplice guida alla magia cerimoniale11. D’altra parte, egli non si considerava un maestro stricto sensu né pretendeva di essere un iniziato. La sua entrata in Massoneria nel 1861, infatti, fu tarda e per lui poco significativa12. Quel libro e quelli che seguirono, tuttavia, gli procurarono una certa fama e proventi sufficienti per vivere e affittare un appartamento decente. Ebbe così modo di conoscere e frequentare Jean-Marie Ragon, sir Edward Bulwer-Lytton, il diabolico abate Vintras, il Dr. Fernand Rozier13, il conte Alexandre Branicki14, il “barone” Nicola Giuseppe Spedalieri15, nonché lo spiritista Victor Hugo. Come si può notare Éliphas Lévi si era ben inserito nella buona società borghese dove propagandava la sua magia cerimoniale camuffata da qabbalah, facendosi anche pagare le ‘lezioni d’Alta Magia’16.

Molti furono gli ambienti pseudo esoterici che verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si rifecero alla magia di Éliphas Lévi. Tra questi la Societas Rosicruciana in Anglia, la Golden Down, l’Hermetic Brotherhood of Luxor17, il Cosmic Movement, l’Abazia di Thelema e molti altri18.

Troviamo necessario soffermarci su Alexandre Saint-Yves, altro personaggio paragonabile a Constant, la cui influenza su ambienti occultisti fu, tuttavia, ben più grave. Nato nel 1842 da una famiglia della media borghesia, Alexandre Saint-Yves divenne rapidamente medico militare. Abbandonata presto la carriera delle armi a causa delle sue condizioni fisiche, si trasferì nell’isoletta normanna di Jersey dove ebbe modo di conoscere e frequentare Victor Hugo. Il celebre letterato era lì al confino per la sua opposizione al regime di Napoleone III; passava le sue serate facendo ballare tavolini, passione che condivideva con Saint-Yves. In seguito, quest’ultimo trovò un lavoro impiegatizio al Ministero degli interni. Nel 1877 conobbe e sposò Marie Riznich, divorziata dal conte Eduard von Keller19, parente di Honoré de Balzac20 e ricchissima in virtù dei commerci che la sua famiglia aveva a Odessa e della banca che possedeva a Vienna. Grazie alla fortuna della moglie Saint-Yves poté sostenere le spese per i suoi libri e per acquistare nel 1880 il titolo di marchese dalla repubblica di San Marino. In seguito, comperata una tenuta in Alveydre, aggiunse al suo cognome il nome del possedimento come fosse il titolo d’un feudo21.

Come Éliphas Lévi, anche Saint-Yves d’Alveydre non si richiamò a una regolare catena di maestri, preferendo divulgare tra i suoi ammiratori la leggenda di una nascita eccezionale e di una autoinizizione spontanea. Non risulta nemmeno che avesse aderito alle organizzazioni pseudoiniziatiche che allora pullulavano in Europa. Le sue pretese di saggezza innata furono però prese per buone dai suoi numerosi ammiratori. Come quasi tutti gli occultisti della seconda metà del secolo, anch’egli si era avvicinato alle teorie rivoluzionarie del socialismo22. La sua prima opera d’una certa importanza fu infatti la Mission des Souverains seguita immediatamente, sempre nel 1882, da una Mission des Ouvriers in cui sosteneva la legalizzazione dei sindacati dei lavoratori. Prendendo parzialmente le distanze dal socialismo contemporaneo, in queste due opere proponeva la soluzione a tutti i problemi politici e sociali del secolo nella libertà offerta da una rilettura del cristianesimo23 e mischiata a quella della rivoluzione francese, il tutto considerato poco originalmente alla luce della Scienza. In queste due opere l’Autore posò le prime fondamenta alla sua teoria della Sinarchia24.

Un altro libro importante di Saint-Yves fu la Mission des Juifs, che consiste in un vero e proprio plagio della Histoire Philosophique du Genre Humain di Fabre d’Olivet25. In quest’opera descrisse il processo di degenerazione della storia dell’umanità, la quale raggiunse il suo punto più basso con la distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dei romani e la conseguente diaspora del popolo ebraico26.

Nel frattempo, a partire dal 1885, era entrato in contatto con un venditore di uccelli di Le Havre, tale Hardjji Scharipf (Hajji Sharif), ovviamente un “principe” indiano in esilio. Nonostante il nome chiaramente islamico, lo Hajji si proclamava “Brahma Guru Paṇḍita della Grande Scuola Agartthica”. Da lui Saint-Yves prese lezioni private di sanscrito, mescolando dati della lingua sacra indiana all’arabo e all’ebraico. Infine il ‘Guru Paṇḍita’ gli rivelò l’alfabeto e la lingua “vattaniana” in uso nel mondo sotterraneo dell’Agarttha27 e ben noti, a suo dire, tra i brāhmaṇa dell’India28. Per mantenere la sua pretesa autoiniziazione, Saint-Yves non trattava Hajji Sharif da guru e, da buon ribelle, decise di visitare l’Agarttha senza esservi invitato. Egli aveva, infatti, praticato una disciplina per separare il “corpo astrale” da quello grosso. Come spiega lui stesso nell’introduzione del suo ultimo libro Mission de l’Inde en Europe, in questo modo si era introdotto invisibilmente nel regno sotterraneo, ammirandone le università, le tecnologie per illuminare le caverne e la fitta rete ferroviaria dell’Agarttha. Questa audace intromissione gli avrebbe procurato la riprovazione e le minacce dei brāhmaṇa che custodivano quei segreti così spirituali.

A imitazione degli umanisti come Lullo e i suoi prosecutori, Saint-Yves inventò anche un meccanismo rotante basato su numeri e su vari alfabeti, tra i quali il Vattan, che rispondeva a ogni quesito su qualsiasi tema. Chiamò questo ingranaggio Archeometro29. Il libro che egli stava preparando su tale strumento utopico apparve postumo e incompleto nel 1913 a cura degli Amis de Saint-Yves d’Alveydre, ossia di Papus e della sua cerchia30.

La morte della moglie nel 1895 rappresentò un rude colpo per Saint-Yves. Dedicò una stanza del suo palazzo a Versailles a tempio spiritico, dove aveva lunghi colloqui con lo spettro dell’amata Marie Riznich31. Saint-Yves morì nel 1909 circondato dall’ammirazione e dal rispetto dei suoi “discepoli”. Tra questi ricorderemo il Dr. Gérard Encausse (Papus), “Maître Philippe”, René Guénon, René Adolphe Schwaller de Lubicz32, Georges-Albert Puyou de Pouvourville (Matgioi)33, Josefin Péladan, Paul Sédir, Albert Faucheux (François-Charles Barlet), John Gustaf Agelii34 e il marchese Stanislas de Guaita, per citare solo i più noti. Questo gruppo di ammiratori fu “iniziato” all’uso dell’oppio da Matgioi35. Dopo la morte di Saint-Yves iniziò l’inconciliabile separazione tra le diverse correnti dell’occultismo e dell’esoterismo europeo. Così si concluse l’avventura occultista dell’età borghese.

Gian Giuseppe Filippi


  1. André Tanner (éd.), “Fabre d’Olivet”, Gnostiques de la révolution, tome II, Egloff, Paris, 1946.[]
  2. Nicole Chaquin, “Le citoyen Louis-Claude de Saint Martin, théosophe révolutionnaire”, Dix-huitième siècle, numéro thématique Lumières et Révolution, 1974, n° 6, pp. 209-222.[]
  3. Alice Joly, Un mystique lyonnais et les secrets de la franc-maçonnerie: Jean-Baptiste Willermoz (1730-1824), Macon, Protat Frères. 1938, pp. 209–211.[]
  4. Fece eccezione la Carboneria, un ramo del Compagnonaggio, che dalla Franca Contea si era diffuso rapidamente nell’Italia centro meridionale. Nel primo terzo del XIX secolo, essa fu soprattutto la copertura e il luogo di raccolta per un’attività politica rivoluzionaria in chiave liberale o socialista, ma non ebbe alcuna incidenza né pretesa sul pensiero esoterico.[]
  5. Alludiamo soprattutto alla ripresa della letteratura ossianica di Byron, Polidori e Mary Shelley nel loro cenacolo Hellfire svizzero.[]
  6. Ricordiamo al lettore che tale pratica di negromanzia semplificata ebbe inizio con le evocazioni delle sorelle Fox a Hydesville nel 1848. A questo proposito vedasi L’Erreur Spirite, Paris, Rivière, 1923, libro in massima parte affidabile di René Guénon.[]
  7. Evelyn Lord, The Hell-Fire Clubs: Sex, Satanism and Secret Societies. New Haven: Yale University Press, 2008.[]
  8. Didier Foucault, Histoire du libertinage: Des goliards au marquis de Sade, Paris, Perrin, 2007; Beatriz Álvarez, El néctar divino de la “amapola”. El láudano y su relación con el “Círculo Diodati” y los prerrafaelitas, C2, Sciencia y Cultura, January 2017.[]
  9. Soprattutto gruppi che si ispiravano al socialismo idealistico di Saint-Simon e di Fourier. Dopo la rivoluzione del 1848, che instaurò la seconda repubblica, Constant diresse la rivista Le Tribun du Peuple, in cui si avvicinò alle tesi marxiste.[]
  10. A. E.Waite, The Mysteries Of Magic. London, George Redway, 1886.[]
  11. Si definiscono cerimoniali quei rituali appresi e messi in pratica seguendo la lettura di libri e non trasmessi dall’esperienza pratica di un mago.[]
  12. La frequentazione della loggia d’appartenenza non durò che pochi mesi. A causa di alcuni dissapori, Constant se ne andò e non rimise più piede in alcuna loggia.[]
  13. Quest’ultimo rappresentò il trait-d’union tra Lévi e Papus.[]
  14. Con costui Constant tentò anche di compiere la ‘Grande Opera’, la trasmutazione di metalli vili in oro. Tramite la sua amicizia intima con la famiglia Balzac (visse nel castello di Beauregard, proprietà della vedova di Honoré de Balzac), il conte era anche in stretti rapporti con Alexandre Saint-Yves d’Alveydre.[]
  15. Il ‘barone’ fu la persona di contatto tra Constant ed Helena Petrovna Blavatsky.[]
  16. Christopher McIntosh, Eliphas Lévi and the French Occult Revival, Albany, Suny Press, 2011.[]
  17. Questo raggruppamento pseudoiniziatico, che qualcuno ha avuto la sfrontatezza di considerare l’unico ambiente ‘serio’ esistente in Occidente, sarà prossimamente oggetto di analisi nella nostra rubrica Narakam.[]
  18. Quasi tutti questi movimenti ottocenteschi che si ispiravano all’occultismo rinascimentale, ripresero il titolo di Imperator delle autentiche organizzazioni iniziatiche medievali, per designare il loro capo supremo, conosciuto o incognito che fosse.[]
  19. Justus Perthes, Genealogisches Taschenbuch der deutschen Gräflichen Häuser, Gotha, Perthes-Verlag, 1871. Di illustre origine ebraica, la famiglia fu nobilitata e titolata comitale dal Re di Prussia. Il conte Eduard von Keller divenne ciambellano, consigliere privato dello Czar e senatore dell’Impero Russo.[]
  20. Il padre di Honoré de Balzac, di origini umilissime, aveva cambiato il suo cognome Balssa per fingersi discendente degli estinti marchesi de Balzac d’Entragues. I Riznich erano, invece, una famiglia ebrea di origine dalmata. Cfr. “In an interview with Kira Victorova”, archived at the Wayback Machine, 7 May 2013.[]
  21. Saint-Yves, come gran parte degli appartenenti all’ambiente occultistico, era uno snob nel senso tecnico del termine, essendo in realtà per nascita, nonostante l’alta opinione che aveva per se stesso, sine nobilitate (snob): finalmente con una modesta elargizione a un’istituzione che si prendeva cura dei trovatelli, poté figurare come aristocratico. Vedi anche il patetico articolo di Muhammad Vâlsan “R. G. de la Saulaye”, Science Sacrée, n° spécial, 2003.[]
  22. D’altra parte, Saint-Yves fu patologicamente un ribelle fin dalla sua infanzia, tanto che gli stessi genitori (suo padre era neurologo) lo fecero rinchiudere nella casa correzionale di Mettray.[]
  23. Interpretazione irriconoscibile del cristianesimo, simile, anche se specularmente opposta, a quella del suo contemporaneo, il barone Alexis de Sarachaga. Infatti, mentre questi fantasticava su una cospirazione giudaica che risaliva a epoche antidiluviane, Saint-Yves (sebbene fieramente avverso alla famiglia Rotschild, causa di ogni squilibrio politico, economico e sociale planetario) prendeva decisamente posizione in favore del giudaismo.[]
  24. Utopia politica che promuove un governo sovranazionale e interclassista, la cui gerarchia è garantita dal grado di saggezza scientifica e spirituale raggiunta dai sovrani. La cosa pubblica deve essere amministrata da un consiglio legislativo, uno economico e uno religioso, il tutto coordinato da un consiglio “metafisico”. Il vertice di tale governo di superficie, come Saint-Yves rivelerà in seguito nel libro Mission de l’Inde, dovrà essere riconosciuto e garantito dal Pontefice del regno sotterraneo dell’Agarttha.[]
  25. Vi si ritrovano tutte le corbellerie di Fabre d’Olivet, come quella di considerare Rama capo dei celti![]
  26. Nel 1887 nella Mission des Français, Saint-Yves descrisse il passaggio del mandato di preservazione della tradizione spirituale dagli ebrei alla chiesa cattolica, che resse l’Occidente fino al medioevo. Con la decadenza del papato, tale mandato sarebbe poi passato alla Francia e precisamente, con la convocazione nel 1302 degli Stati Generali da parte di Filippo IV il Bello. Certamente, la scelta di quest’ultimo quale campione della tradizione dimostra quanto fossero confuse le sue idee.[]
  27. Questa parola, certamente inesistente in sanscrito, pare essere la deformazione dell’Asgaard (Æsir-gard, recinto degli Dei) di cui parla Ernest Renan (Dialogues et fragments philosophiques, Paris, Calmann-Levy, 1876), rifacendosi a saghe norvegesi che ponevano quel regno nell’Asia (interpretata come la terra degli Dei, Æsir). Alla stessa fonte si era rifatto Louis Jacolliot (Les fils de Dieu, Paris, Lacrois, 1875) che aveva deformato il nome di quel regno misterioso in Asgartha, aggiungendo alcuni particolari (il Brahmātmā, la collocazione sotterranea himalayana, le conoscenze segrete sull’Asgartha dei brāhmaṇa dell’India), poi ripresi e ampliati da Saint-Yves.[]
  28. Inutile aggiungere che in India queste fantasie sono del tutto sconosciute. C’è però chi ancora ha la dabbenaggine di sostenere che queste notizie sono riservatissime e che per questa ragione paṇḍita, guru, saṃnyāsin non le rivelerebbero ai loro discepoli nemmeno sotto tortura. A cosa conduce la fede devota dei fanatici![]
  29. “La Genèse de l’Archéomètre: Documents inédits de Saint-Yves d’Alveydre rassemblés et introduits par Joscelyn Godwin,” L’Initiation, 2 & 4, 1988, pp. 61-71; 153-166.[]
  30. Tuttavia, una serie di articoli elogiativi pubblicati sulla rivista della Chiesa Gnostica, La Gnose, diretta da René Guénon, e intitolata sempre L’Archéomètre, forniva già una anticipazione del testo. Essa consisteva in una lunga e frammentaria recensione scritta da penne diverse, in cui si alternavano considerazioni imprecise sui cicli cosmici dell’induismo, la teoria teosofista delle razze e sotto razze, considerazioni pseudo qabbalistiche, un po’ di astrologia giudiziaria, oltre all’immancabile Vattanan. Tutti costoro, in apertura, resero omaggio alla memoria di Saint-Yves come “Notre Maître”. Nessun “tradizionale” s’è poi chiesto: «Maître di che cosa?» (La Gnose. La Revue intégrale, Paris, Ethos, 2020).[]
  31. Si dice che il loro matrimonio sia stato molto felice, ma Marie soffrì molto di cattiva salute nei suoi ultimi anni, e morì il 7 giugno 1895. Verso la fine del 1895, Saint-Yves installò un oratorio nel suo appartamento al piano terra della rue Colbert 9, proprio di fronte alla Reggia di Versailles, e lo fece consacrare in modo correttamente cattolico. Il 6 giugno 1896, la vigilia dell’anniversario della morte di Maria, vi fece celebrare una messa, dopo la quale ebbe un’esperienza estatica. La descrisse su una pagina bianca del quaderno ermetico che aveva trascurato per nove o dieci anni. Questa sembra essere stata la prima riapparizione di Marie, che gli apparve di nuovo il 21 luglio 1896 “in una luce accecante”, come disse ad Alfred Erny il 16 agosto. Si apre così un nuovo periodo di ricerche, che riempirà questo quaderno e molti altri. Saint-Yves scrive: “Mia moglie mi ha dimostrato una definizione della vita e mi ha ispirato a trovarla in questo raggruppamento di lettere sacre.” [Segue una serie di lettere dell’alfabeto ebraico per mezzo del quale Saint-Yves comunicava con lo spirito della moglie]. “La Genèse de l’Archéomètre”, cit.[]
  32. Assunse questo secondo cognome in onore del diplomatico lituano Oscar Vladislav de Lubicz Milosz. In questo modo anche Schwaller finse d’essere stato nobilitato. Lo stesso comportamento fu tenuto da Louis Charbonneau che aggiunse come secondo cognome Lassay, dal villaggio da cui proveniva la sua famiglia.[]
  33. Pur di famiglia nobile, i Pouvourville non ebbero mai alcun titolo comitale. Jean-Pierre Laurant, Matgioi, un aventurier taoïste, Paris, Éd. Dervy, 1982. Anche Matgioi fu riconosciuto come “notre Maître”. Così, fin dall’inizio la corrente “tradizionale” dell’occultismo fu dotata di presunti maestri occidentali provenienti dall’esoterismo esotico.[]
  34. Più noto come ʿAbd al-Hādī al-ʿAqīlī, pittore oppiomane, anarchico, femminista e proto-animalista, lavorò in Egitto per i servizi segreti ottomani e italiani. Si dichiarava muqaddam dello shaykh ʿAbd ar-Raḥman Elish al-Kebir. (Mark Sedgwick, Against the Modern World, Oxford, Oxford University Press, 2004, pp. 59-69).[]
  35. Matgioi scrisse anche Le Livre de l’opium, firmato con lo pseudonimo di Nguyen Te Duc, riedito da Guy Tredaniel, Paris, 2002. Stanislas de Guaita morì per overdose. V. Noële Maurice Denis-Boulet, “L’ésotériste René Guenon”, La Pensée Catholique, 1962, n°. 78-79, p.22.[]