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43. I Romanzi d’Amore e la Fede Santa in Italia

    I Romanzi d’Amore e la Fede Santa in Italia

    I Trovatori-Fedeli d’Amore si erano dedicati a scrivere in rima sonetti, canzoni e ballate. Comunicavano tra loro in modo nascosto rispondendosi “per le rime”. La risposta era riconoscibile in quanto riproduceva con esattezza le medesime rime del messaggio ricevuto. Presentiamo come esempio due noti scambi rimati tra Fedeli d’Amore della scuola fiorentina del XIII secolo1:

    Dante a Cino da Pistoia

    Perch’io non trovo chi meco ragioni
    del signor a cui siete voi ed io,
    conviemmi sodisfare al gran disio
    ch’i’ ho di dire i pensamenti boni.
    Null’altra cosa appo voi m’accagioni
    del lungo e del noioso tacer mio,
    se non il loco ov’i’ son, ch’è sì rio,
    che ‘l ben non trova chi albergo li doni

    Risposta di Cino da Pistoia

    Dante, i’ non so in qual albergo soni
    Lo ben, ch’è da ciascun messo in oblio;
    è sì gran tempo che di qua fuggio,
    che del contraro son nati li troni;
    e per le variate condizioni,
    chi ‘l ben tacesse non risponde al fio:
    lo ben sa’ tu che predicava Iddio,
    e nol tacea nel regno de’ dimoni.

    Dante alle “Donne” (Fedeli d’Amore)

    Donne ch’avete intelletto d’Amore,
    i’ vo’ con voi de la mia donna dire,
    non perch’io creda sua laude finire,
    ma ragionar per isfogar la mente.
    Io dico che pensando il suo valore,
    Amor sì dolce mi si fa sentire,
    che s’io allora non perdessi ardire,
    farei parlando innamorar la gente.

    Risposta delle “Donne”

    Ben aggia l’amoroso e dolce core
    Che vol noi donne di tanto servire,
    che sua dolze ragion ne face audire,
    la quale è piena di piacer piagente;
    che ben è stato bon conoscidore,
    poi quella dov’è fermo lo disire
    nostro per donna volerla seguire,
    perché di noi ciascuna fa saccente,

    Gli argomenti di tale corrispondenza erano dei più vari: richieste d’un consiglio su come usare il metodo (sskrt. prakriyā); domande sulla dottrina; esposizione del grado di realizzazione raggiunto; ingiunzioni (sskrt. vidhi) ai discepoli da parte del maestro; denuncia di un pericolo imminente; convocazione della Corte d’Amore; accuse di deviazioni dottrinali presso qualche condiscepolo, ecc.
    Nella Fede Santa vi fu però anche un altro genere letterario in vernacolo: il romanzo. Questa forma mista di prosa e poesia si richiamava direttamente alla tradizione romanzesca del ciclo di re Artù e del Graal e, indirettamente, alla trattatistica latina d’Amore che, tramite Andrea Cappellano (De Amore), risaliva a Severino Boezio (De consolatione Philosophiæ) fino a Ovidio (Ars Amatoria)2. Il primo romanzo ad apparire fu Le roman de la Rose. Si tratta d’un racconto allegorico iniziato nel 1237 da un autore, Guillaume de Lorris, e rimasto incompiuto. Dopo quarant’anni un secondo poeta, Jean de Meun, proseguì e portò a termine la narrazione. Il protagonista del romanzo si prefigge di mettersi alla cerca di una donna sconosciuta che egli ama dopo averla vista in sogno. Questa dama è misteriosamente identificata a una rosa bianca, pura e profumatissima, che è rinchiusa in un castello3. È del tutto evidente che la Donna-Rosa rappresenta la santa sapienza, la conoscenza iniziatica che usa specchiarsi nella “fontana dell’insegnamento”4. Il protagonista del Roman s’inoltra nel regno di Amore, guidato da Cupido e accompagnato dalle contrastanti fate Venere e Castità. Lungo il percorso il cavaliere è in continuazione ostacolato da Povertà e da Papelardie (Papa/pappa lardo). Povertà è la personificazione degli ordini mendicanti, francescani e domenicani; in particolare qui ci si riferisce all’ordine domenicano, che amministrava le attività dell’Inquisizione. Il secondo termine, invece, è un nomignolo spregiativo per indicare il Papato bramoso d’ingrassarsi di beni terreni. La prosecuzione e il successo finale della cerca è narrato da Jean de Meun. Nella seconda parte del Roman de la Rose, il cavaliere deve superare gli ostacoli che Falso Sembiante (Faux-Semblant) sparge sulla sua via, fino a conquistare la Rosa-Santa Sapienza. Questa prima narrazione della conquista della Rosa o di Biancofiore è caratterizzata da una serrata satira del cattolicesimo essoterico, caratteristica che continuerà sempre più sferzante nei romanzi dello stesso filone. Il più importante libro di questa corrente5 è Il Fiore, di ser Durante Fiorentino, che a detta di tutti i critici, è attribuito a Dante Alighieri. In questo romanzo allegorico il protagonista è introdotto nel giardino d’Amore dalla sua dama Bel Acuel (Bell’accoglienza) e riesce a baciare il Fiore. Bel Acuel è evidentemente il maestro (sskrt. guru), il giardino è l’organizzazione iniziatica (sskrt. kula), e il bacio è il rito d’iniziazione (sskrt. dīkṣita kriyā), come si è già detto nel capitolo precedente. Da quel momento il cavaliere si trova osteggiato da Malebouche (Malabocca) e Jalusie (Gelosia), che rappresentano rispettivamente la falsa accusa di eresia e la profanità che considera l’amore come una passione terrena. Più avanti nel percorso per conquistare il Fiore, il protagonista s’imbatte in Falso Sembiante e Costretta Astinenza, rispettivamente il clero ipocrita e i nuovi ordini pauperistici, francescani e domenicani. Vinte tutte queste resistenze, alla fine il cavaliere riesce a cogliere il Fiore. Il racconto simbolico sulla conquista della conoscenza è dunque così colmo di spunti polemici contro gli essoterici che molti studiosi accademici vi vedono erroneamente una prova di eresia o addirittura di catarismo. Invece ne Il Fiore di Dante6 si distinguono chiaramente, tra i perseguitati dall’Inquisizione, semplici credenti del catarismo e catari ‘perfetti’ (che hanno ottenuto il consolamentum) da altri che sono semplicemente ribelli alle imposizioni esteriori7. Dopo la crociata contro gli albigesi e con l’ostilità scatenata dal papato contro l’Imperatore Federico II, gli iniziati di tutte le correnti esoteriche, in tutta evidenza, dovettero occultarsi sempre di più. Da questo momento essi dovettero assumere un aspetto profano (mal sembiante), o una copertura assunta falsamente. Anche gli iniziati dunque si camuffarono da Falso Sembiante. Durante e dopo la crociata contro i catari, trovatori e Fedeli d’Amore cercarono rifugio presso le corti dei sovrani che simpatizzavano con loro o che erano essi stessi degli iniziati. Di particolare importanza fu l’accoglienza che l’Imperatore Federico II concesse ai fuggiaschi provenzali nel suo regno dell’Italia meridionale. Attorno a lui si radunarono i trovatori e così si fondò la scuola siciliana dei Fedeli d’Amore. I poeti siciliani cantarono alla maniera provenzale la Donna, il Fiore e la Rosa, ma usando il volgare italiano di Sicilia8.
    Federico II di Svevia, allevato dai templari della Puglia e dal vescovo di Troia, ricevette fin dall’infanzia una educazione profonda e vasta. Parlava sei lingue: latino, italiano di Sicilia, tedesco, provenzale, greco e arabo. Fu poeta raffinatissimo, diventando ben presto uno dei trovatori più quotati del suo regno. Egli fondò a Palermo una Magna Curia, una corte di intellettuali, la scuola di medicina di Salerno, l’Università di Napoli e la scuola di retorica a Capua. La scuola poetica, che fu anche Corte d’Amore e organizzazione iniziatica (sskrt. gurukula), ebbe come maestro (sskrt. dīkṣā guru) il grande trovatore Jacopo da Lentini9. La grandezza della sua sapienza, che per riflesso diede nascita a così importante sviluppo culturale, lo fece riconoscere da tutti come Stupor Mundi (meraviglia del mondo, sskrt. lokādbhuta).
    I papi che si succedettero durante il regno di Federico intrapresero una politica a lui ostile. Il papato non tollerava che l’Imperatore controllasse la Germania, l’Italia settentrionale e il meridione d’Italia. Lo Stato della Chiesa era così circondato completamente. D’altra parte Federico II non nascondeva il desiderio di impadronirsi di Roma in qualità di Imperatore romano. Fu così ripetutamente scomunicato, in modo da sciogliere il giuramento di fedeltà che gli prestavano i suoi vassalli. Federico II capeggiò la sesta crociata contro l’occupazione islamica della Palestina. Recatosi in Oriente, l’Imperatore s’incontrò con il sultano di Siria ed Egitto Malik al-Kamil. I due sovrani si riconobbero reciprocamente come iniziati delle loro rispettive religioni, simpatizzarono e giunsero a un compromesso10. In questo modo l’Imperatore ottenne la restituzione di Gerusalemme all’Impero Romano senza colpo ferire. Anche questo successo fu pretesto per una nuova scomunica papale. A seguito di queste sue continue espulsioni dalla comunità cattolica, anche l’Ordine del Tempio dovette prendere le distanze da Federico II. Ciò comportò tutta una serie di dissapori tra i templari e la causa imperiale. Tra i monaci-cavalieri solamente i teutonici mantennero rapporti piuttosto buoni con l’Imperatore, essendo il loro Gran Maestro Hermann von Salza amico intimo e consigliere di Federico II. Le vicende politiche provocate dalla continua ostilità papale impedirono all’Imperatore Federico di far dilagare il prestigio della sua saggezza sul resto d’Europa. Egli però rappresenta uno dei cardini della tradizione iniziatica e, alla sua morte, passò nella leggenda11.
    Come si è detto recentemente, i trovatori provenzali godettero di buona accoglienza, oltre che in Sicilia, Spagna e Portogallo, anche nell’Italia settentrionale. Essi furono all’origine di una scuola di Fedeli d’Amore che ebbe come centri principali prima Bologna e poi Firenze. A Bologna spicca per importanza Guido Guinizzelli (1235-1276), che è stato il maestro dei Fedeli d’Amore del centro Italia. La sua poesia “Al cor gentil rempaira sempre Amore” è una vera dichiarazione dottrinale fuori del parler cloz, che qui parafrasiamo:

    Amore sempre si rifugia nel cuore nobile, come l’uccello si ripara nel verde del bosco. Natura non creò l’Amore prima del cuore nobile, né il cuore nobile prima d’Amore: quando fu creato il sole, il suo splendore risplendette subito e non prima della creazione del sole. Amore prende posto nella nobiltà in modo così naturale come il calore nella luce del fuoco. Il fuoco d’Amore si accende nel cuore nobile come il potere nella gemma. Tale potere non discende dalla stella [corrispondente]12 prima che il sole non l’abbia nobilitata: dopo che il sole, grazie alla sua forza, ha espulso ciò che in lei è vile, la stella la carica di potere. Così il cuore che è stato reso dalla natura eletto, puro e nobile, lo fa innamorare della donna ch’è simile alla stella. Amore dimora nel cuore nobile come il fuoco sta sulla torcia; lì, chiaro e sottile, splende a suo piacimento. Tanto è indomabile che nessun altro ricettacolo potrebbe accoglierlo. Invece una nascita ignobile è contraria ad Amore, come l’acqua, che per natura è fredda, è opposta al calore del fuoco. Amore prende dimora nel cuore nobile, come in un luogo che gli è simile, come il diamante nella miniera di ferro. Il sole colpisce il fango per tutto il giorno: eppure, esso resta vile e il sole non perde il suo calore; l’uomo orgoglioso dice: “Sono nobile di nascita”. Costui è simile al fango, e la virtù della nobiltà è come il sole, in quanto non si deve credere che la nobiltà per sola dignità ereditata possa essere priva di un cuore virtuoso. Se il cuore nobile ha virtù è come l’acqua che si lascia attraversare dal sole e come il cielo che risplende per la luce delle stelle che contiene. Dio creatore splende nell’intelletto angelicato, più di quanto risplenda il sole ai nostri occhi: esso [l’intelletto] conosce il suo Creatore al di là del movimento dei cieli e, facendoli girare, Gli ubbidisce. Come senza indugio compie il disegno divino, così, in verità, la bella donna dovrebbe ispirarlo; dopo che ella ha fatto luce attraverso gli occhi del suo innamorato, viene il desiderio di non disobbedirle mai13. Quando la mia anima starà davanti a Lui, Dio mi dirà: “Donna [il Fedele d’Amore], che presunzione hai avuto? Hai attraversato il cielo e sei giunto fino a me prendendo vanamente Amore come se fosse Me. Le lodi si addicono soltanto a Me e alla regina del vero regno [la Madonna], grazie alla quale ogni illusione svanisce”. Potrò rispondergli: “Aveva l’aspetto di un angelo del Tuo regno; non fu un errore se posi in lei il mio amore”.

    Gian Giuseppe Filippi

    1. Nei prossimi capitoli entreremo nel merito del significato di tali rime.[]
    2. Questo filone letterario s’ispirò parzialmente alla Psychomachia di Prudenzio (348-405 d.C.), dove vizi e virtù appaiono rappresentati come personaggi in epica lotta fra loro; e all’anonimo De Jherusalem la cité (XI sec.), in cui Gerusalemme, considerata un centro iniziatico, è raffigurata come fosse una donna minacciata da forze del male, mentre è meta ambita di virtuosi cavalieri; tra i precedenti ricordiamo anche il Pamphilus de Amore, di anonimo spagnolo del XII secolo e Li Fablel dou Dieu d’Amours, in lingua d’Oc.[]
    3. Si riconosce in questa allegoria la somiglianza con i romanzi della cerca del Graal. La Dama-Rosa bianca corrisponde a Blanchefleur, figlia del Re Pescatore, che vive nel castello di Corbenic e che va in sposa al cavaliere che conquista il Santo Graal. Il racconto trova in India un archetipo nel Rāmāyaṇa, l’epica che narra la spedizione de Rāma, Re perfetto e avatāra di Viṣṇu, per liberare Sītā tenuta prigioniera nella fortezza del demone Rāvaṇa. Con molte varianti, come il Mālavikāgnimitram di Kālidāsa, questo racconto allegorico si perpetuò in India proprio fino all’epoca in cui Guillaume de Lorris lo metteva per iscritto. Infatti, a metà del XIII secolo, il principe rājaput Ratan Singh si recò a Ceylan per liberare la principessa Padmavati (che significa Loto bianco). In quella contingenza, le forze del male che ostacolarono l’impresa erano rappresentate dalle orde musulmane. Tre secoli più tardi, il racconto orale fu messo per iscritto nel celebre poema Padmavāt dal sufi Malik Muhammad Jāyasī (1477-1542). Questo pīr della tariqa Chištiyya continuò ad attribuire ai musulmani dell’India la funzione di ostacoli alla cerca di Padmavati, la sapienza sacra.[]
    4. Seguendo le usanze cavalleresche, i Fedeli d’Amore dedicavano le loro attenzioni a una dama appartenente alla medesima corrente iniziatica, fungendo da ‘cavalier servente’. La dama simboleggiava la sapienza che il cavaliere desiderava raggiungere e, allo stesso tempo, questo comportamento celava sotto la finzione di una passione amorosa terrena l’ardente desiderio di conoscenza. Non si può giustificare l’insistenza di uno studioso serio come Alfonso Ricolfi a sottolineare di continuo la carnalità di questa categoria di dame. Egli arriva persino a intravedere allusioni lubriche nella Rosa di Jean de Meun (A. Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore II. – Dal problema del gergo al crollo d’un Regno”, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello, Soc. A. Ed. Dante Alighieri, 1940, pp. 25-26). Naturalmente gli storici convenzionali della letteratura italiana condividono questa convinzione sulla sottintesa lussuria, che invero esiste come tendenza soltanto nella loro mente.[]
    5. A questa corrente appartiene anche l’eruditissimo Tesoretto di Brunetto Latini e alla sua versione in lingua d’oïl, Li livres dou Tresor, che narra d’un viaggio iniziatico fino alla vetta del monte Olimpo.[]
    6. Considerata l’importanza tradizionale del Sommo Poeta, tralasciamo di trattarne in questo capitolo; dedicheremo, infatti, maggior spazio a Dante nei prossimi capitoli.[]
    7. Così Dante fa parlare Malabocca: “Sed i’ truovo in cittade o in castello / Colà ove Patarin [cataro] sia riparato / credente ched’ e’ o consolato, / od altri uom ma che sia mio [delle Chiesa] rubello” (Il Fiore, CXXIV).[]
    8. Alcuni sostengono che si trattava di volgare siciliano. Ma “Rosa fresca aulentissima ch’appari in ver l’estate, le donne ti desiano pulzelle e maritate…” del giullare Cielo d’Alcamo non somiglia in nulla alla parlata siciliana.[]
    9. I più importanti discepoli di Jacopo furono, oltre allo stesso Imperatore, i suoi figli re Enzo e Manfredi, Pier della Vigna, Ruggieri d’Amici, Odo delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Arrigo Testa, Guido delle Colonne, Stefano Protonotaro, Filippo da Messina, Mazzeo di Ricco, Jacopo Mostacci, Percivalle Doria, Tommaso di Sasso, Giovanni di Brienne, Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana, Folco di Calavra e Pietro da Eboli.[]
    10. Malik al-Kamil fu discepolo del maestro sufi ‘Umar ibn al-Farid, anch’egli poeta d’amore. Il sultano ebbe anche occasione di incontrare due volte il più grande dei maestri sufi, Muḥiddin Ibn ‘Arabi. San Francesco tentò di convertire Malik al-Kamil al cristianesimo, ma ebbe la sfortuna di affrontare un personaggio di ben altra statura.[]
    11. Federico, come suo nonno, il grande Imperatore Federico I Barbarossa, Carlo Magno e re Artù, è uno dei personaggi che si dice dormano in attesa della fine del ciclo. Allora questi grandi guerrieri si risveglieranno per instaurare il regno universale di pace e di giustizia. Non c’è dubbio alcuno che lo Stupor Mundi non soltanto fu Sacro Romano Imperatore, ma anche Imperator delle vie iniziatiche della tradizione occidentale. Antonino de Stefano, Federico II e le correnti spirituali del suo tempo, Parma, Ed. all’insegna del Veltro, 1981, pp. 145-158; A. de Stefano, L’idea imperiale di Federico II, Parma, Ed. all’insegna del Veltro, 1981, pp. 223-234; Nuccio D’Anna, Il segreto dei trovatori. Sapienza e poesia nell’Europa medievale, Rimini, Il Cerchio, 2005, pp. 72-76.[]
    12. Esattamente come nella concezione indiana le virtù dei nove pianeti [sskrt. navagraha] si riflettono nei poteri delle nove pietre prezione [sskrt. navaratna].[]
    13. La Dama è come un raggio del sole d’Amore che fa risplendere la luce solare sulla superficie dell’intelletto purificato nel cuore nobile. Si noti la somiglianza con la ābhāsavāda (dottrina del riflesso) della Brahma vidyā insegnata dall’Induismo.[]

    43. Novels of Love and the Holy Faith in Italy

      Novels of Love and the Holy Faith in Italy

      Troubadours and Faithfuls of Love used to write sonnets, songs and ballads in rhyme. They communicated with each other in a hidden way, responding in kind (literally “responding in rhymes”). The answer was recognizable as it reproduced exactly the same pattern of rhymes of the received message. We report as an example, two well-known exchanges among Faithfuls of Love of the Florentine school of the thirteenth century1:

      Dante to Cino da Pistoia

      Perch’io non trovo chi meco ragioni
      del signor a cui siete voi ed io,
      conviemmi sodisfare al gran disio
      ch’i’ ho di dire i pensamenti boni.  
      Null’altra cosa appo voi m’accagioni
      del lungo e del noioso tacer mio,
      se non il loco ov’i’ son, ch’è sì rio,   
      che ’l ben non trova chi albergo li doni.

      Reply from Cino da Pistoia

      Dante, i’ non so in qual albergo soni
      Lo ben, ch’è da ciascun messo in oblio;
      è sì gran tempo che di qua fuggio,
      che del contraro son nati li troni;
      e per le variate condizioni,
      chi ’l ben tacesse non risponde al fio:
      lo ben sa’ tu che predicava Iddio
      e nol tacea nel regno de’ dimoni.

      Dante to the Dames (Faithfuls of Love)

      Donne ch’avete intelletto d’Amore,
      i’ vo’ con voi de la mia donna dire,
      non perch’io creda sua laude finire,
      ma ragionar per isfogar la mente.
      Io dico che pensando il suo valore,
      Amor sì dolce mi si fa sentire,
      che s’io allora non perdessi ardire,
      farei parlando innamorar la gente

      Reply from the Dames

      Ben aggia l’amoroso e dolce core
      Che vol noi donne di tanto servire,
      che sua dolze ragion ne face audire,
      la quale è piena di piacer piagente;
      che ben è stato bon conoscidore,
      poi quella dov’è fermo lo disire
      nostro per donna volerla seguire,
      perché di noi ciascuna fa saccente

      Such correspondence had the most varied subjects: requests for advice on how to use the method (sskrt. prakriyā); questions about the doctrine; declaration on the achieved degree of realization; injunctions (sskrt. vidhi) by the master to the disciples; warning of imminent danger; convocation of the Court of Love; accusations of doctrinal deviations of some fellow disciples, etc.
      In the Holy Faith, however, there was also another literary vernacular genre: the novel. This mixed form of prose and poetry referred directly to the novel tradition of the cycle of King Arthur and the Grail and, indirectly, to the Latin treatises of Love which, through Andreas Capellanus (De Amore), went back to Severinus Boethius (De consolatione Philosophiæ) up to Ovid (Ars Amatoria)2. The first novel that we know of was Le roman de la Rose (The novel of the Rose). It is an allegorical tale begun in 1237 by Guillaume de Lorris, that remained unfinished. After forty years, a second poet, Jean de Meun, continued and completed the narration. In the novel the protagonist decides to look for an unknown woman he fell in love with in a dream. This Lady is mysteriously identified with a white rose, pure and fragrant, locked in a castle3.
      It is quite clear that the Rose-Lady represents the holy wisdom, the initiatic knowledge that reflect itself in the “fountain of teaching”4. The protagonist of the Roman enters the kingdom of Love, led by Cupid and accompanied by the contrasting fairies Venus and Chastity. The knight is continually hindered along the way by Poverty and Papelardie (Lard-eater). Poverty is the personification of the mendicant orders, Franciscans and Dominicans; in particular the last one who led the activities of the Inquisition. The second term, on the other hand, is a derogatory nickname for the Papacy desire of fatten up on earthly goods. The continuation of the quest, and eventual success, is narrated by Jean de Meun. In this second part of the Roman de la Rose, the knight must overcome the obstacles that False Appearance (Faux-Semblant) puts on his way, until he finally conquers the Rose-Holy Wisdom. This first narration of the conquest of the Rose, or of the Whiteflower, is characterized by a blunt satire towards the exoteric Catholicism, a characteristic that will continue and become more and more scathing in the following novels of the same genre.
      The most important book of this kind5 is Il Fiore (The Flower), by Sir Durant Florentine, which according to all the critics, is Dante (contraction of Durante) Alighieri. In this allegorical novel the protagonist is introduced in the garden of Love by his Dame Bel Acuel (Nice Welcoming) and attains to kiss the FlowerBel Acuel is evidently the master (sskrt. guru), the garden is the initiatic organization (sskrt. kula), and the kiss is the initiation rite (sskrt. dīkṣita kriyā), as already mentioned in the previous chapter. From that moment on, the knight is opposed by Malebouche (Badmouth) and Jalusie (Jealousy), who represent respectively the false accusation of heresy, and the profanity that considers Love as an earthly passion. During the journey to conquer the Flower, the protagonist runs also into False Appearance and Compulsory Abstinence, who represent the hypocritical clergy and the new pauperistic orders, Franciscans and Dominicans. After having overcome all these obstacles, the knight eventually achieves to pick up the Flower. This symbolic narrative of the conquest of knowledge is so full of polemical hints against the exotericism that many academic scholars wrongly see it as a proof of heresy or even of Catharism.
      This indeed is not the case in Dante’s Il Fiore6. In the novel, the difference between the persecuted by the Inquisition is actually quite clear: on one side the simple followers of Catharism and “perfect” Cathars (who obtained the consolamentum) and, on the other, those who rebel against the exoteric impositions of the Church7. After the crusade against the Albigensians and because of the hostility unleashed by the papacy towards the Emperor Frederick II, the initiates of the different esoteric currents had to increasingly hide themselves. From this moment on they had to hide behind a profane appearance (Mal Sembiante, viz. Ugly Appearance), or an assumed cover. Even the initiates therefore disguised themselves as Falso Sembiante (False Appearance). During and after the crusade against the Cathars, troubadours and Faithfuls of Love took refuge in the Courts of the Sovereigns who sympathized with them or who were themselves initiates. It was particularly important the welcome that Emperor Frederick II granted to the Provençal fugitives in his kingdom of southern Italy. Troubadours gathered around him and henceforth the Sicilian school of the Faithfuls of Love was founded. The Sicilian poets sang in the Provençal manner the Dame, the Flower and the Rose, using now the Italian vernacular of Sicily8.
      Frederick II of Swabia, who was raised by the Templars of Apulia and the bishop of Troia, received since young age a profound and vast education. He spoke six languages: Latin, Sicily Italian, German, Provençal, Greek and Arabic. He was a very refined poet, soon to become one of the most popular troubadours of his kingdom. He founded a court of intellectuals called Magna Curia in Palermo, the School of medicine in Salerno, the University in Naples and the school of rhetoric in Capua. The master (sskrt. dīkṣā guru) of the poetic school, which was also a Court of Love and initiatic school (sskrt. gurukula), was the great troubadour Jacopo da Lentini9. The greatness of the Emperor’s wisdom, that stimulated such an important cultural growth, made him known to all as Stupor Mundi (Wonder of the World, sskrt. lokādbhuta).
      The popes who succeeded one another during Emperor Frederick’s reign undertook a hostile policy towards him. The papacy did not tolerate the Emperor’s control over Germany, northern Italy and the south of Italy, the Church State being thus completely surrounded. On the other hand, Frederick II did not hide his desire to take over Rome as Roman Emperor. Hence, he was repeatedly excommunicated, in order to dissolve the oath of loyalty his vassals had with him. Frederick II led the sixth crusade against the Islamic occupation of Palestine. While in the Middle East, the Emperor met with Malik al-Kamil, Sultan of Syria and Egypt. The two sovereigns recognized each other as initiates of their respective religions, sympathized and reached a compromise10.
      In this way the Emperor obtained the return of Jerusalem to the Roman Empire without a fight. This success was used as pretext for a new papal excommunication. Due to these continuous expulsions from the Catholic community, even the Order of the Temple had to distance itself from Frederick II. This led to several disagreements between the Templars and the Imperial cause. Among the monk-knights only the Teutonic Order maintained rather good relations with the Emperor, as their Grand Master Hermann von Salza was a close friend and counsellor of Frederick II. The political events caused by the continuous papal hostility prevented the prestigious wisdom of the Emperor to reach the rest of Europe. But he represents one of the cornerstones of the initiatic tradition and after his death, he remained into the legend11.
      As previously mentioned, the Provençal troubadours had a warm welcome not only in Sicily, Spain and Portugal, but also in northern Italy. They gave birth to a school of Faithfuls of Love which had its main centres first in the city of Bologna and then in Florence. In Bologna Guido Guinizzelli (1235-1276) was the master of the Faithfuls of Love of central Italy and without any doubt he was one of the most important poets. His poem “Al cor gentil rempaira sempre Amore” is a true doctrinal statement outside the parler cloz (hidden language), which we paraphrase here:

      Love always takes refuge in the noble heart, as the bird shelters in the green of the forest. Nature did not create Love before the noble heart, nor the noble heart before Love: when the sun was created, its splendour shone immediately and not before the creation of the sun. Love takes its place in nobility in such a natural way as heat in the light of fire. The fire of Love lights up in the noble heart as the power in the gem. This power does not descend from the [corresponding] star12 before the sun has not ennobled it: when the sun, thanks to its strength, has expelled what is vile in it, the star charges it of its own power. Thus, the heart that was by nature chosen, pure and noble, makes him fall in love with the Dame who is similar to the star. Love dwells in the noble heart as the fire in the torch; there, clear and subtle, it shines at its will. It is so indomitable that no other receptacle could accept it. Instead, an ignoble birth is contrary to Love, like water, which by nature is cold, is opposite to the heat of fire.
      Love takes dwelling in the noble heart, as if this place was similar to itself, like the diamond in the iron mine. The sun hits the mud all day long: yet it remains worthless and the sun does not lose its heat; the proud man says: “I am noble by birth”. He is similar to mud, and the virtue of nobility is like the sun, because it should not be believed that inherited nobility can be deprived of a virtuous heart. If the noble heart has virtue, it is like the water that lets the sunbeam pass through and like the sky that shines of the light of the stars it contains. God, the Creator shines in the angelic intellect, more than the sun shines before our eyes: it [the intellect] has knowledge of its Creator beyond the movement of the heavens and it obeys Him13 by making them move. In truth, the beautiful Lady should inspire him in the same way he fulfills the divine plan; after she has shed light in the eyes of her lover, the desire rises of never disobey her. The moment my soul will stand before Him, God will tell me: “Dame [i.e. the Faithful of Love], what was your presumption? You have crossed the heavens and have come to me vainly thinking of Love as if it were Me. Praises are only suited to Me and to the Queen of the true Kingdom [the Virgin Mary], before whom every illusion vanishes “. I will be able to answer him: “She had the appearance of an angel of Your Kingdom; it was not a mistake if I placed my love in her”.

      Gian Giuseppe Filippi

      1. We will write more on the content and meaning of these rhymes in the following chapters.[]
      2. This literary current was partly inspired by Prudentius’s Psychomachia (348-405 AD), where vices and virtues are represented as characters in an epic struggle between them; and by the anonymous De Jherusalem la cité (11th century), in which Jerusalem, considered an initiatic centre, is depicted as a woman threatened by evil forces, while virtuous knights try to reach her; we would also like to mention the Pamphilus de Amore, by a Spanish anonymous of the 12th century and Li Fablel dou Dieu d’Amours, in the Oc language.[]
      3. It is evident the resemblance between this allegory and the novels on the search for the Grail. The white Rose-Lady corresponds to Blanchefleur, daughter of the Fisher King, who lives in the castle of Corbenic and who marries the knight conqueror of the Holy Grail. In India this archetype can be found in the Rāmāyaṇa, the epic that tells the expedition of Rāma, perfect King and avatāra of Viṣṇu, to free Sītā who is held captive in the fortress of the demon Rāvaṇa. With many variations, such as Kālidāsa’s Mālavikāgnimitram, this allegorical story was perpetuated until the very time when Guillaume de Lorris wrote down his novel. In fact, in the middle of the 13th century, in India the rājaput Prince Ratan Singh went to Ceylan to free Princess Padmavati (which means white lotus). In that contingency, the forces of evil that hindered the quest were represented by the Muslim hordes. Three centuries later the oral narration was put into words in the famous poem Padmavāt by the sufi Malik Muhammad Jāyasī (1477-1542). This pīr of the tariqa Chištiyya continued to depict the Muslims of India as obstacles to the search for Padmavati, the sacred wisdom.[]
      4. Following the chivalrous customs, the Faithfuls of Love devoted themselves to a Lady belonging to the same initiatic tradition, acting as a ‘devoted admirer’. The Dame is the symbol of the wisdom that the knight wanted to achieve, and in the same way his ardent desire for knowledge was concealed behind an earthly love. On this note it is not justifiable that a serious scholar like Alfonso Ricolfi constantly and insistently underlines the carnality of these Dames. He even finds lubricious hints in the Rose of Jean de Meun (A. Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore II. – Dal problema del gergo al crollo d’un Regno”, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello, Soc. A. Ed. Dante Alighieri, 1940, pp. 25-26). Obviously, the ordinary historians of Italian literature share this idea of an underlying lust in these writings, which indeed is a inclination existing only in their minds.[]
      5. The erudite Tesoretto of ser Brunetto Latini and its version in the language of oïl, Li livres dou Tresor, also belongs to this current: these poems tell of an initiatic journey to the top of Mount Olympus.[]
      6. Given the traditional importance of the Greatest Poet, we will not write about him at this point, but we will dedicate more space to Dante in the next chapters.[]
      7. So Dante makes Badmouth talk: “Sed i’ truovo in cittade o in castello / Colà ove Patarin [cataro] sia riparato / credente ched’ e’ o consolato, / od altri uom ma che sia mio rubello…” (If I find in a city or in a castle where a Cathar took refuge, whether he is a simple believer or one who has obtained the consolamentum, or anyone else who is rebellious to me…[the Church]) (Il Fiore, CXXIV).[]
      8. Some argue that it was a Sicilian vernacular. But “Rosa fresca aulentissima ch’appari in ver l’estate, le donne ti desiano pulzelle e maritate…” wrote by the jester Cielo d’Alcamo looks nothing like Sicilian dialect.[]
      9. The most important disciples of Jacopo were, in addition to the Emperor himself, his sons King Enzo and Manfred, Pier della Vigna, Ruggieri d’Amici, Odo delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Arrigo Testa, Guido delle Colonne, Stefano Protonotaro, Filippo da Messina, Mazzeo di Ricco, Jacopo Mostacci, Percivalle Doria, Tommaso di Sasso, Giovanni di Brienne, Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana, Folco di Calavra and Pietro da Eboli.[]
      10. Malik al-Kamil was a disciple of the sufi master ‘Umar ibn al-Farid, also a poet of love. The Sultan had met twice the greatest of the sufi masters, Muḥiddin Ibn ‘Arabi. Saint Francis tried to convert Malik al-Kamil to Christianity, but he had the misfortune to face a character of a very superior stature.[]
      11. Frederick II, like his grandfather, the great Emperor Frederick I ‘Barbarossa’, Charlemagne and King Arthur, is one of the characters who are said to be sleeping and waiting to return at the end of the cycle. When the time comes those great warriors will awaken to establish the universal kingdom of peace and justice. No doubt that Stupor Mundi was not only a Holy Roman Emperor, but also an Imperator of the initiatic paths of the Western tradition. Antonino de Stefano, Federico II e le correnti spirituali del suo tempo, Parma, Ed. all’insegna del Veltro, 1981, pp. 145-158; A. de Stefano, L’idea imperiale di Federico II, Parma, Ed. all’insegna del Veltro, 1981, pp. 223-234; Nuccio D’Anna, Il segreto dei trovatori. Sapienza e poesia nell’Europa medievale, Rimini, Il Cerchio, 2005, pp. 72-76.[]
      12. Exactly as in the Indian conception, the virtues of the nine planets [sskrt. navagraha] are reflected in the powers of the nine precious stones [sskrt. navaratna].[]
      13. The Dame is like a sunbeam of Love that makes the sunlight shine on the surface of the purified intellect in the noble heart. Note the similarity with the ābhāsavāda (doctrine of the reflex) of Brahma vidyā taught in Hinduism.[]