8. Atlantide: altre fonti (II)
Atlantide: altre fonti (II)
Non è solo Platone a ragguagliarci su Atlantide, ci sono anche altre fonti greche, egiziane, ebraiche e indiane.
A) Altre fonti greco-romane
Platone ci informa che per gli Atlantidi la vittima sacrificale preferita era il toro. Nella mitologia greca, il sacrificio del toro è stato stabilito durante l’Età del Bronzo dal Titano Prometeo, fratello di Atlante. Il sacrificio del toro accomuna gli Atlantidi a diverse popolazioni del bacino del Mediterraneo dove navigavano, avevano colonie, commerci e dove alcuni di loro fuggirono dopo il cataclisma, diffondendo la loro discendenza e assicurando così la sopravvivenza della loro Tradizione. La lotta con un toro o il suo sacrificio era presente ovunque si fosse diffusa l’influenza di Atlantide: nell’isola di Creta, nei rituali orgiastici greci del Dio Dioniso, nei Misteri persiani di Mitra, in Egitto, tra i Sumeri, fino alla Civiltà Indo-Sarasvatī. Ancora oggi in Spagna sopravvive la corrida che ha mantenuto molte caratteristiche rituali arcaiche. Evidentemente, la fase più crudele della storia di Atlantide coincise con la fine dell’Età del Bronzo (Dvapara yuga), quando il Punto equinoziale primitivo era in Toro (vṛṣabha, 4300-2200 a. C.).
In altre narrazioni, il crollo di Atlantide sembra coincidere con il diluvio di Deucalione, che inaugurò l’attuale Età del Ferro (kali yuga), dominata dall’ignoranza, dall’ira e dall’avidità.
Il lungo periodo di degenerazione di Atlantide interruppe la trasmissione regolare delle iniziazioni e delle conoscenze proprie ai guerrieri e richiese una punizione esemplare per coloro che (giganti, guerrieri ribelli, kaurava, mānuṣya, rākṣasa) avevano deviato dalla retta via e non si erano prodigati per un ritorno alla giustizia. La punizione fu inflitta attraverso guerre di sterminio e inondazioni che distrussero la progenie dei giganti: era l’era in cui Śrī Kṛṣṇa discese, alla conclusione di Dvapara yuga, per ristabilire la giustizia nel mondo.
Il già citato titano Prometeo era stato incatenato da Zeus a est del Mediterraneo, sui monti del Caucaso, nel territorio scitico (cioè del popolo Śāka), mentre suo fratello Atlante era stato esiliato a ovest dello stesso mare, sui monti dell’attuale Marocco, che da lui furono chiamati Atlante. Ciò indica l’estensione della conquista atlantidea dell’Europa. Discendenti di Prometeo furono le Amazzoni, un feroce popolo di donne guerriere.
Riguardo ad Atlantide non abbiamo solo informazioni da Platone. Gli storici greci Ecateo di Mileto ed Erodoto chiamavano “Atlantidi” i berberi che vivevano sulle pendici dell’altopiano africano dell’Atlante.
È anche importante la testimonianza dello storico greco Marcello (ricordato dal neoplatonico Proclo) che, riferendosi a storici più antichi, riporta che nell’Oceano Atlantico esterno c’erano sette piccole isole, consacrate a Proserpina (gr.: Persefone) e tre più grandi, una delle quali era sacra a Poseidone, Dio del Mare.
B) Fonti egizie
Da numerosi testi epigrafici sappiamo che l’Egitto è stato ripetutamente attaccato per oltre un secolo da una coalizione di popolazioni provenienti dalle coste occidentali dell’Africa e dell’Europa. Gli egiziani li chiamavano “popoli del mare”. I greci li chiamavano anche Pelasgi. Si trattò di un’impresa strategica di proporzioni immani: una parte dei Popoli del Mare invase tutta l’Europa e, dopo aver attraversato l’attuale Turchia e la Palestina, alla fine attaccò l’Egitto da oriente. Un’altra parte dei popoli del mare invase tutto il Nord Africa per attaccare l’Egitto da occidente. La loro potente flotta alla fine conquistò tutte le isole del Mediterraneo e attaccò la costa egiziana da settentrione. Durante il periodo necessario a portare a compimento questo movimento a tenaglia perfettamente coordinato, durato più di un secolo, crollarono molti regni antichi: Malta, Creta, Cipro, Rodi, la Grecia pre-ellenica, l’Impero ittita, il regno di Ugarit, la Palestina. Alla fine il faraone egiziano riuscì a sconfiggere la coalizione vicino alla città di Sais, verso il 1180 a.C. Malgrado ciò, tutti i paesi invasi dai popoli del mare subirono la loro influenza. Persino l’Egitto fu in seguito governato da due dinastie libiche appartenenti ai Popoli del Mare (X-VIII secolo a.C.).
Non c’è dubbio che i popoli del mare provenissero dalle colonie di Atlantide; stavano riprendendo il malvagio piano di conquista atlantidea di tutto il mondo. Gli egizi chiamavano se stessi Rutennu, il “popolo rosso”, e “uomini rossi” è il significato del nome “fenici”, antichi abitanti dell’odierno Libano, uno dei popoli del mare. La tradizione di Atlantide era appunto quella della civiltà della razza rossa, il colore del sole quando raggiunge la sua massima intensità scendendo nel cielo occidentale; è anche il colore del sangue della vittima che gli Atlantidi bevevano durante i loro riti. Anche l’adorazione dell’asino rosso, di cui parleremo più avanti, mostra questa presenza inquietante nella tradizione egizia a dimostrazione di quanto gli Egizi furono influenzati dalla civiltà di Atlantide. Infatti, nel periodo più antico, l’Egitto era diviso in due regni. Il Regno meridionale, o alto Egitto, era dedicato al culto di Seth, l’asino considerato come un anti-Dio (asura), mentre il Regno settentrionale, o basso Egitto, aveva come principale divinità Horus, il falco, Re degli dei celesti. Il faraone Meni unificò i due regni e promulgò una legislazione unica intorno al 3500 a.C. Tuttavia, nella Tradizione egizia continuarono a sussistere due correnti: la prima di origine atlantidea che perseguiva l’adorazione magica di Seth, la seconda; il sacro Dharma di Horus, di origine iperborea. Secondo la mitologia egizia, quest’ultimo era arrivato sulle coste dell’Africa da un paese orientale d’oltremare che non è azzardato pensare fosse l’India. Ci sono molti indizi che provano questa origine, fra cui il modo in cui vestivano i sacerdoti di Horus: avevano una śikhāsulla loro testa rasata e indossavano una dhotibianca sotto una pelle di leopardo, come gli asceti śaiva.
Al contrario, il culto malvagio di Seth trasmise a tutte le altre civiltà occidentali una sādhanādi stregoneria. Questa è la radice di ogni male che affligge ancora oggi l’Occidente e che si sta propagando in tutto il pianeta. Seth, sotto la forma di asino rosso, era l’asura delle tempeste ardenti del deserto africano. I Greci lo chiamavano Tifone, (Τυφωέυς, leggi Typhéus), il bruciante. Quando la tradizione egizia si estinse, le sue scienze continuarono nelle altre religioni mediterranee sotto forma di ermetismo o alchimia; in seno a queste trasmissioni tradizionali si propagò in modo celato anche l’influenza malefica di Seth.
C) Fonti bibliche
Nella Bibbia è scritto che Dio creò il primo uomo con argilla rossa e lo chiamò Adamo. Il suo nome in ebraico, Adam, ha proprio il preciso significato di “fatto di argilla rossa”, di conseguenza tale colorazione attesta che Adamo è ricollegabile alla tradizione di Atlantide, infatti il colore degli Iperborei era il bianco come quello distintivo dei brāhmaṇa dell’India. La tradizione esoterica ebraica, la Qabbalah, riferisce anche della presenza di una prima coppia umana vissuta antecedentemente ad Adamo ed Eva, non menzionata nella Bibbia: un “Primo Adamo” e sua moglie Lilith. È forse questo un ricordo dell’umanità primordiale iperborea? Tuttavia, si deve pure rilevare che Adamo ed Eva cominciarono a concepire i loro primi figli solo dopo essere stati espulsi dal Paradiso terrestre: dieci furono le generazioni dei discendenti di Adamo, come dieci furono i re di Atlantide. Le loro figlie erano così belle che gli angeli (in ebraico Ben Elohim, figli di Dio) si innamorarono di loro e da quelle unioni nacquero dei terribili giganti (in ebraico nephilim). I giganti erano empi, violenti e arroganti verso Dio ed è facile riconoscere da ciò il tratto distintivo della razza degli Atlantidi. Per tale ragione Dio scatenò un diluvio per farli morire tutti. Comandò a Noè, l’unico uomo giusto tra loro, di costruire un’arca per salvarsi, cosicché l’umanità avrebbe potuto continuare a riprodursi dopo il diluvio universale.
Gli ebrei hanno tratto questa storia da un precedente mito sumero che ha probabilmente avuto la stessa origine della storia di Manu. L’umanità fu distrutta, ma il seme malvagio dei giganti passò al nuovo ciclo attraverso Cam, uno dei tre figli di Noè. Dalla sua progenie venne il re Nemrod, che desiderò conquistare il mondo intero; voleva persino conquistare i cieli e spodestare Dio dal suo trono. A tal fine costruì persino una torre molto alta per raggiungere il cielo, ma Dio mandò una tempesta così violenta (Typhoon?) che quando cessò gli uomini non potevano più comunicare tra loro. In questo modo l’umanità fu divisa per lingua, nazione e tradizione. È così che la Bibbia narra l’inizio del kali yuga, con la divisione dell’umanità in razze, lingue, civiltà e religioni, il tutto stabilito su un fondamento storico.
D) Il Libro di Enoch
Il libro di Enoch è un testo canonico della Chiesa copta etiope. In esso sono descritte le visioni di Enoch, profeta della sesta generazione dopo Adamo. Enoch racconta che un gruppo di angeli si ribellò alla volontà di Dio perché desideravano sposare le meravigliose “figlie degli uomini”. Da allora furono chiamati egregori (ἐγρήγοροι, egrégoroi), i Vigilanti come sono i rākṣasa. I loro figli erano i giganti Nephilim, uomini forti e gloriosi. Ma con il succedersi delle generazioni, il segno della loro origine spirituale scemò ed emerse il loro carattere sempre più violento, degenerato e diabolico. Scoprirono le proprietà dei metalli e i poteri magici che ne potevano derivare; in questo modo poterono coltivare e praticare le scienze della stregoneria e della magia nera. Per questa ragione Dio scatenò il diluvio universale, per annientare questa razza dannata; ma attraverso uno dei figli di Noè, le cattive inclinazioni dei Nephilim sopravvissero al Diluvio.
E) Fonti indiane
Rāvaṇa, il re-demone del celebre poema epico Rāmāyaṇa, quando è in collera viene raffigurato con dieci teste e venti braccia e spesso anche con un’undicesima testa d’asino che sovrasta le altre. Il bisnonno di Rāvaṇa era Yātudhāna o Nairṛta, nomi che significavano “pieno di male” e “figlio della distruzione”. La cavalcatura di Nairrta era un asino ed era il genius che governava il punto cardinale del sud-ovest. Rāvaṇa proveniva da lì quando invase Laṅkāed esiliò suo cognato Kubera; fu così che fu chiamato Nairṛpatiḥ, il Signore del Sud-Ovest. Da ciò si deduce che veniva dal mare, da qualche regione a ovest dell’India, probabilmente da isole come le Maldive o le Laccadive, o più lontane ancora come le Seychelles. Quindi doveva possedere una potente flotta per navigare in sicurezza e trasportare numerose truppe: infatti il Rāmāyaṇa ci narra che i suoi sudditi, i rākṣasa, estesero i loro domini a partire dalle coste.
I rākṣasa sono demoni che appaiono in forma umana, di carnagione nera o rossiccia, in grado di generare figli indifferentemente con asurī, yakṣinīo donne umane. Con queste ultime hanno generato rākṣasa umani, allo stesso modo dei Ben-Elohim della Bibbia che, unendosi alle donne umane hanno generato i giganti Nephilim. Secondo il Rāmāyaṇa, i rākṣasa erano esseri umani che avevano tradito il loro svadharma e quindi erano stati banditi dallo stato umano e degradati in condizioni di rākṣasatva. Per la stessa ragione, quando gli kṣatriya commettono atti sacrileghi e spargimenti di sangue ingiustificati e incorrono così nella maledizione di qualche ṛṣi, si dice che si trasformino in rākṣasa. Come atti sacrileghi si possono ricordare i terribili sacrifici umani di massa compiuti dagli Aztechi nell’antico Messico o gli atti di cannibalismo dei giganti biblici. Nel Rāmāyaṇa molto spesso viene sottolineato che i rākṣasa, divorano la carne dei loro nemici (nāra māṃsaśīlaḥ) e bevono il loro sangue (śoṇita bhojanaḥ), esattamente come i Re di Atlantide bevevano il sangue delle loro vittime.
A Laṅkā, la principale Dea dei rākṣasa era Nikumbhila, aspetto terrificante di Bhadrakālī, adorata con sacrifici umani, danze orgiastiche, vino e libagioni di sangue. Cosa importante che si deve evidenziare è che i rākṣasa, anche quando seguano il loro dharma e pratichino persino l’ascetismo, è solo per ottenere potere e siddhi per scopi malvagi.
Anch’essi sono divisi in caste: Rāvaṇa e i suoi fratelli appartenevano alla casta brāhmaṇica; il loro dharma prevedeva il matrimonio attraverso il rapimento di donne sposate o non sposate. Seguono il loro istinto senza scrupoli e esprimono tutto quanto vi è di irrazionale, oscuro e distruttivo nell’animo umano. Un’altra somiglianza con il mito di Atlantide è rappresentata dalla descrizione di Laṅkāpura, la capitale di Laṅkā: la città fu costruita nel centro dell’isola, su una montagna con tre cime, Trikūṭa; sul picco centrale c’era la fortezza del Sovrano, circondata da una triplice cinta di pareti metalliche, la più interna delle quali era di oro ardente. I rākṣasa portavano scintillanti armature, dimostrando la loro abilità nella metallurgia, ed erano esperti nelle arti magiche che usavano diffusamente per perseguire i loro propositi. Durante un consiglio con i ministri, Malayavan, nonno e consigliere di Rāvaṇa, gli ricordò che nel mondo ci sono due categorie di esseri coscienti: quelli divini e quelli demoniaci. Il Dharma è il segno distintivo della prima categoria, l’adharma della seconda. Rāvaṇa e i rākṣasa rappresentano l’adharma, allo stesso modo dei Nephilim, degli Atlantidi e dei loro discendenti sparsi in tutto l’Occidente e in tutta la Terra.
La ribellione contro le leggi divine accelera la rovina e l’inarrestabile decadenza del ciclo e certamente i rākṣasa ne sono consapevoli. I manuṣya rākṣasa sono chiaramente gli agenti della contro-iniziazione e alcuni tra loro sono anche rākṣasa–avatāra, incarnazioni adhārmika della controiniziazione. Tutte queste numerose somiglianze e incredibili coincidenze mostrano un’influenza innegabile e una chiara conferma dell’origine atlantidea del regno di Laṅkā. Infatti, Laṅkā significa “ramo”; non era forse un ramo dell’Impero Atlantide-Nirṛti in Oriente?
Non si pensi che l’apparente discrepanza coi dati storici basti a tacciare di falso tutto ciò; del resto il lettore è già stato avvisato riguardo al “pregiudizio storiografico”. Le storie tradizionali seguono una tendenza ciclica, ma tutte hanno un medesimo significato. La lotta di Paraśurāma contro la ribellione del kṣatriya; la spedizione di Rama contro Laṅkā; la discesa di Kṛṣṇa come punizione per i Kaurava sono i diversi episodi di un’unica storia. La storia della lotta tra deva e asura, tra Dharma e Adharma.
Ricordiamo infine ai lettori che nel 1995 è stato scoperto nel sud-est della Turchia il sito di Göbekli Tepe risalente al 11000 a.C. È un complesso di almeno quindici santuari megalitici adornati da raffinati bassorilievi. La scoperta si è rivelata molto imbarazzante per gli archeologi; infatti secondo i loro pregiudizi evolutivi, gli uomini di quel millennio avrebbero dovuto essere ancora selvaggi, nutrirsi di bacche e selvaggina, vivere come nomadi, nudi, famelici e bestiali. L’intero complesso abbandonato fu volutamente seppellito intorno al 8000 a. C. Ciò sembra indicare che dopo la sconfitta degli Atlantidi menzionata da Platone, i vincitori abbiano voluto cancellare perfino il ricordo dei loro antichi despoti.
Durgādevī