Svāmī Prakāśānandendra Sarasvatī Mahārāja
17. La luce della Realtà
118. Il ricordo del sogno in veglia non è un vero ricordo
Obiezione: C’è qualche altra difficoltà. Durante lo stesso sogno, il Dr. Rāmanārāyaṇa aveva pensato ‘questo è un sogno’. Questa era la sua esperienza e non una semplice ipotesi. Egli stesso dichiarò che era il risultato della sua pratica di autosuggestione durante la veglia1. Egli aveva anche altri tipi di sogno. Dopo aver letto la pubblicazione di una conferenza di sister Devamātā2 sul ‘sonno e samādhi’, mettendo in pratica le istruzioni ivi indicate, egli non sognò più i suoi familiari, ma sādhu e sant, con cui conversò. Svegliatosi, trascrisse ciò che ricordava di quelle conversazioni. Anche nei nostri testi tradizionali si può leggere che ci sono gli svapnasiddha (interpreti di sogni). Dunque, come puoi dire che gli stati di sogno e di veglia non hanno alcuna relazione tra loro, trascurando le esperienze e le testimonianze di tali svapnasiddha? Se tutto questo è vero, risulta che sogno e veglia non sono completamente differenti e senza relazione. Come si risolve questo problema?
Risposta: la causa di tutti questi problemi è solo il punto di vista della veglia. La divisione di coscienza in veglia e sogno non è possibile senza il pregiudizio della veglia. Ci sono varie opinioni in proposito:
- ho avuto in sogno tale e talaltra esperienza;
- nella maggior parte dei sogni non c’è né il ricordo né l’idea che quello sia un sogno. Tuttavia, con una certa pratica possiamo riuscire ad averli entrambe nel sogno;
- con la pratica possiamo anche procurarci sogni buoni e desiderabili;
- possiamo ricevere in sogno gli insegnamenti di sādhu e sant;
- possiamo ricordare quegli insegnamenti dopo esserci svegliati.
Alla base di tutte queste opinioni c’è l’identificazione con lo stato di veglia e null’altro. Con l’identificazione alla veglia non intendiamo che si mantiene il pregiudizio della veglia volontariamente e che difendiamo testardamente la nozione errata, ma che guardiamo ogni cosa, inclusi il sogno e il sonno profondo, solo dal suo punto di vista. Tutte quelle relazioni avvengono solo in veglia, e questo punto di vista e la sua logica sono utili per la nostra vita quotidiana. Tuttavia questo punto di vista e la sua logica non possono condurci all’ultima Realtà, come è stato spiegato nei §§ 30-33. Solo coloro che indagano i tre stati per mezzo della riflessione comprensiva, possono intuire la Verità. Venendo alla presente questione, si dovrà considerare che parlare del ricordo della veglia nel sogno dipende dal ricordo del sogno nella veglia. Dal punto di vista comprensivo del Sākṣin si capisce che la veglia non può essere ricordata nel sogno, perché in quel tempo solo il sogno era la veglia ed è impossibile immaginare un’altra veglia. Quando si è già svegli, come si potrà ricordare ciò? Questa veglia, sperimentata nel presente, ovviamente sembra reale e prende il controllo; quindi, la mente della veglia pensa di essere sempre esistente e di essere ricordata anche negli altri stati. Di fatto, la veglia è limitata solo alla veglia e non continua dopo che la veglia se n’è andata. Quindi, ogni pensiero in sogno si presenta nuovo nel sogno. Che si porti qualcosa dal di fuori del sogno o che ci sia connessione con qualcosa fuori del sogno, è sempre solo parte del sogno. Il ricordo della veglia, essendo falso, non può essere base di verità. Dobbiamo tenere a mente lo scopo della discussione, altrimenti ci perdiamo in dettagli secondari. Non stiamo cercando di provare che l’idea ‘questo è sogno’ non accade mai in sogno e neppure l’idea ‘le cose qui sono simili alla veglia’. In breve, il punto di vista della veglia è responsabile di molte idee. Dando per certo che c’è un reale stato di veglia diverso da ciò che consideriamo sogno, cerchiamo di valutare quest’ultimo col metro di misura del primo; cioè il cosiddetto sogno con la cosiddetta veglia. Invece noi prendiamo lo stesso sogno come metro di misura per definire che quello, che comunemente è preso come veglia, è solo sogno. In altre parole, definire che quello che appare sogno non è differente da ciò che ora si considera veglia è il giusto mezzo per demolire il pregiudizio della veglia. Perciò arriviamo a vedere veglia e sogno solo dal punto di vista del sogno. Allora capiamo che entrambi sono uno e non differenti. Sebbene sia vero che abbiamo pensieri di sogno e di veglia, la veglia non può pretendere una maggiore importanzadel sogno; si stabilisce questo assumendo il giusto punto di vista. Questo è ciò che si vuole dimostrare.
119. Il ricordo del sogno nella veglia è inaffidabile
Tutto quello che si conosce del sogno è attraverso il suo ricordo nella veglia; questo si propone per provare che la veglia è più importante del sogno, perciò è necessario dimostrare quanto il resoconto del ricordo sia lungi dall’essere affidabile. Per prima cosa esaminiamo brevemente la natura del ricordo come conoscenza in generale. Nella veglia abbiamo due tipi di conoscenze: la conoscenza presente e il ricordo. Il ricordo nasce dalle impressioni e la conoscenza presente è ogni tipo di conoscenza diversa dal ricordo.
- Quando sono suscitate da qualche stimolo le impressioni latenti, lasciate nella mente da esperienza o conoscenza, sorgono come il ricordo di ‘questo l’ho già sperimentato’. Può essere un ricordo generale senza alcun riferimento a quando lo si è sperimentato. In ogni modo, dato che l’oggetto ricordato si suppone che di regola non sia lì presente, c’è sempre nella mente il dubbio se questo ricordo sia corretto o no. Quindi il ricordo è considerato corretto o non corretto. Se l’esperienza o conoscenza corrisponde all’oggetto, il suo ricordo è definito veridico, altrimenti è un ricordo erroneo. Tuttavia, è anche difficile sapere se il ricordo è corretto o no, perché dimentichiamo alcuni suoi aspetti e, a esso, ne aggiungiamo altri non sperimentati davvero. Per questa ragione si stilano documenti scritti con un testimone vivente che li possa confermare. E, anche così, dipendiamo ancora dal ricordo altrui o dal nostro stesso ricordo allorché li redigiamo.
- Un altro punto, che riguarda la memoria, è che nessun ricordo può riportare al momento presente la cosa o l’evento sperimentato precedentemente. È vero che lo sperimentiamo e lo identifichiamo come se fosse lo stesso visto in precedenza. Questo è chiamato pratyabhijñā o rievocazione. La rievocazione è senza dubbio utile per la nostra vita di relazioni, ma ciò che è implicato in essa non può essere accettato come realmente Reale (paramārtha), perché nella rievocazione dobbiamo dipendere o credere a quello che ci dice la memoria. Non c’è alcuna possibilità di verificare la veridicità del ricordo, perché l’esperienza non può ritornare. Quindi, la conoscenza di ‘quello è questo’ è dubbia. Essendo il ricordo dubbio per natura, non è accettato come pramāṇa da chi indaga sulla conoscenza, sebbene sia considerato come parte inevitabile della vita.
- Anche i pramāṇa accettati come validi, come la percezione ecc., non sono completamente liberi da un elemento di memoria implicito in essi. La percezione significa una conoscenza quando i sensi incontrano un oggetto. La deduzione è la conoscenza nata dall’osservazione di qualcosa prodotto da una percezione diretta. Per esempio, il fuoco è dedotto dal fumo percepito. La conoscenza scritturale (śābda jñāna) viene dall’insegnamento di una persona autorevole e affidabile. Anche la conoscenza proveniente dagli altri pramāṇa può essere inclusa in questi tre.
- La percezione necessita delle impressioni (saṃskāra) di esperienze precedenti. Per esempio una pietra o un albero che stiamo vedendo possono essere conosciuti solo con l’aiuto di loro precedenti impressioni. Così il ricordo ha un ruolo necessario per rendere la percezione produttiva.
- Anche la conoscenza deduttiva, che ha in sé un elemento di ricordo, dipende dalla percezione.
- La conoscenza verbale (śābda jñāna) dipende dalla percezione delle parole che, a loro volta, implicano il ricordo.
Perciò tutta la nostra vita dipende dalla memoria che a sua volta dipende dall’esperienza precedente. Quindi si stabilisce che la nostra conoscenza (tramite intelletto) dipende dal vacillante e inaffidabile terreno del ricordo. Non è, dunque, sufficiente per accertare la verità.
Obiezione: è vero che c’è un difetto nel ricordo non veritiero, ma ci sono anche ricordi esatti e veri. Perché respingere anche questi?
Risposta: effettivamente si classificano i ricordi in veri e non veri. Tuttavia non si vede alcuna distinzione nella forma del ricordo. Non abbiamo alcun mezzo per determinare se un dato ricordo è vero oppure no. Anche per provarlo e determinarlo è coinvolto un elemento di ricordo.
Obiezione: si può accettare un certo ricordo come vero con l’aiuto di molte altre prove e con il consenso della maggioranza.
Risposta: questo può essere sufficiente per la vita pratica, ma anche in quelle prove e nel consenso della maggioranza esiste un elemento di ricordo, quindi non c’è alcuna speranza per accertare un vero ricordo. Se questo riguarda il ricordo della veglia, non c’è niente di diverso da aggiungere per il ricordo del sogno.
120. La memoria del sogno nella veglia non è vera memoria
Fin qui abbiamo trovato i difetti del ricordo in generale, quando si prende il ricordo del sogno come reale. Se guardiamo attentamente, sarà chiaro che il ricordo del sogno non è dello stesso tipo di quello della veglia. Le condizioni del ricordo sono: chi lo sperimenta dovrebbe essere lo stesso che ricorda. Esse dovrebbero accadere in due punti diversi di una stessa serie temporale lineare; l’esperienza dovrebbe essere stata un evento del passato e il suo ricordo dovrebbe avvenire in un periodo successivo della stessa serie temporale e dovrebbe essere risvegliato dalle impressioni di quella stessa esperienza. Quando diciamo: ‘Ciò che ho sperimentato da giovane non posso sperimentarlo ora da vecchio’, la nozione di io e la sua coscienza di fondo rimane la stessa, sebbene tutto il resto sia cambiato. Che cosa hanno in comune gli stati di veglia e di sogno? Corpo, sensi, mente, intelletto, ricordo, senso dell’io, nessuno di questi è comune a entrambi. Neppure tempo e spazio sono comuni, perciò non sono in sequenza. Su che base diciamo che il sogno può essere ricordato in veglia? Non intendiamo dire che non abbiamo affatto il pensiero di aver avuto un sogno. Dato che è un pensiero universale, nessuno può negarlo. Tuttavia, possiamo considerarlo un ricordo del sogno e su questa base determinare che il sogno è falso? Abbiamo già discusso sulle difficoltà di accettarlo come ricordo. Perciò è sbagliato concludere che, sulla base di questo cosiddetto ricordo, ci sia stata un’esperienza corrispondente. Non appena ci svegliamo, generalmente pensiamo di aver avuto un sogno. Se fosse un vero ricordo, perché durante il sogno non avevamo l’esperienza di stare sognando? Non abbiamo alcuna risposta a questa domanda. Tutti sappiamo che la nostra esperienza nel sogno era come fosse in veglia. Dopo esserci svegliati, definendolo sogno lo consideriamo in modo differente; quindi come possiamo chiamarlo ricordo dell’esperienza?
Obiezione: ogni tanto in sogno si può avere l’esperienza di essere in sogno.
Risposta: possiamo chiamare il pensiero del sogno fatto in veglia un suo vero ricordo? È vero che il Dr. Rāmanārāyaṇa aveva tale ricordo, ma era dovuto a una pratica particolare. Avendola praticata in veglia e avendo tale ricordo in veglia, si può ragionevolmente accettare che la causa e l’effetto appartengono allo stesso stato in cui tempo, spazio ecc. sono gli stessi. Al contrario, come si possono ragionevolmente mettere in connessione gli stati di sogno e di veglia semplicemente per mezzo di una anomala esperienza di sogno? L’esperienza di sogno del Dr. Rāmanārāyaṇa è più che sufficiente per mostrare che la veglia non ha alcuna connessione con il sogno. Sebbene egli abbia visto in sogno la sua casa, moglie, figli, mobilio ecc. del tutto simili a quelli della veglia, li aveva sognati, perciò non erano della veglia. Come si può dire che la mente della veglia, in un certo modo si sia insinuata nel sogno e che, quindi, egli con il suo aiuto abbia avuto un vero ricordo? Tutto questo è solo esperienza personale del Dr. Rāmanārāyaṇa; perciò non dovremmo accettarla prima di averla armonizzata con la nostra propria esperienza. Non vogliamo dire che le affermazioni o le esperienze altrui debbano essere rifiutate. Dobbiamo dar loro la dovuta importanza, ma non a discapito dall’esperienza comprensiva e di un più vasto ragionamento basato su tale esperienza.
Il Dr. Rāmanārāyaṇa e altri hanno immaginato una mutua relazione fra la veglia e il sogno solo dal punto di vista della veglia e non da quello comprensivo del Sākṣin. Come la spada della veglia non è utile per attaccare la tigre del sogno, così anche quest’ultima non può essere la causa della paura del vegliante. È il pensiero in veglia di essersi svegliato temendo una tigre, che è la causa della paura. Questo pensiero è semplicemente un pensiero di veglia, come qualsiasi altro. È come chi si immagina qualche pericolo futuro e se ne preoccupa. In questo caso, non possiamo dire che questo evento futuro puramente immaginato e non esistente, sia la causa della paura. La causa è solo la sua attuale immaginazione. Lo stesso dicasi per il ricordo del sogno.
121. Il Sākṣin è la base del ‘ricordo’ della veglia e del sogno
Nell’esperienza di sogno del Dr. Rāmanārāyaṇa, il sogno e la veglia non sono affatto in mutua relazione. Sebbene la moglie, i figli, la casa che aveva visto in sogno fossero simili a quelli della veglia, nel sogno si era reso conto che non erano gli stessi. Perciò egli vide che i mondi della veglia e del sogno sono differenti e che uno non entra nell’altro né è in relazione con l’altro. Tuttavia, egli pensò che il suo stesso io, che aveva sperimentato la veglia, fosse andato in sogno e che avesse immaginato la casa, la moglie e i figli del sogno. Ora la questione è: in quale mente, della veglia o del sogno, accadono i pensieri come ‘sono venuto dalla veglia’ e ‘questo è sogno’? Egli non ha specificato se il suo corpo, mente ecc. fossero passati dallo stato di veglia o se fossero differenti e nuovi nel sogno. Ammettiamo pure che avesse conosciuto in sogno il suo corpo e la mente ecc. come portati dallo stato di veglia. Anche in tal caso, il corpo e la mente del sogno sarebbero stati trovati differenti dal corpo e dalla mente della veglia e avrebbe chiaramente capito che l’intero sogno, inclusa la mente ecc., che appariva come veglia, non era altro che una mera illusione. Anche se la casa del sogno appariva come quella della veglia, non avevano alcuna relazione; così anche il corpo e la mente del sogno, sebbene apparissero come quelli della veglia, non potevano esserlo. Se il Dr. Rāmanārāyaṇa, prima della sua pratica, avesse pensato ‘questo è sogno’, lo avrebbe considerato veglia proprio come gli altri. È solo dopo aver fatto alcuni esercizi che cominciò ad avere il ricordo della veglia in sogno. Invece è stato tutto un pensiero in veglia. Possiamo definire questa cognizione memoria? L’io della veglia non vede il sogno né l’io del sogno vede la veglia.
Domanda: noi tutti, però, pensiamo di ricordare il sogno. Come si spiega ciò?
Risposta: questo non può essere spiegato senza accettare un principio comune alla veglia e al sogno. È solo la coscienza del Sākṣin che testimonia sempre tutti gli oggetti interni o esterni. Questo Sākṣin non può essere immaginato come fosse uno per il sogno e un altro per la veglia. In quel caso si richiederebbe un altro Sākṣin per conoscere entrambi. Stiamo parlando proprio del Sākṣin reale che è l’essenza dell’esistenza e della conoscenza di noi stessi e del mondo che vediamo. Solo grazie al Sākṣin è possibile pensare di aver avuto il sogno. Incapace di discriminarlo dalla nozione dell’io, la gente comunemente pensa che l’io della veglia sia lo stesso io del sogno.
Obiezione: perché ci riferiamo al sogno al passato se l’io che ha visto il sogno è solo il Sākṣin? Se il Sākṣin è anche il Sākṣin del tempo, esso è senza tempo.
Risposta: è solo il Sākṣin, Coscienza reale, che illumina il sogno. Tuttavia la gente non conosce questa verità nella sua vita empirica. Erroneamente mescola il Sākṣin e l’io della veglia dicendo ‘io ho avuto un sogno’. Essendo l’io della veglia nel tempo, ciò che non è nel presente appare spontaneamente un ricordo del passato o un’aspettativa futura. Poiché il Sākṣin non è discriminato dall’io della veglia, le esperienze passate degli stati di veglia, di sogno e di sonno profondo ci appaiono ricordi. Questa istintiva mescolanza erronea del Sākṣin con l’io della veglia, e lo scambio delle loro reciproche proprietà, è chiamato adhyāsa, sovrapposizione, o avidyā, ignoranza (§ 132).
Questo adhyāsa è la causa della ferma credenza di aver sognato e dormito profondamente più volte e di essere sveglio ora.
Obiezione: anche se mettiamo il sogno, il sonno profondo e la maggior parte della veglia nel passato, perché consideriamo reale solo la veglia, falso il sogno e non degno di considerazione il sonno profondo?
Risposta: l’eccessiva importanza attribuita alla veglia è responsabile di questa credenza (§ 142). Dobbiamo tenere a mente che abbiamo sempre una nozione di io sia in veglia sia in sogno. Questo io dà sempre preminenza allo stato con cui s’identifica, pensando ‘solo questo è veglia; l’intero mondo di questo stato è reale; molte veglie reali come questa ci sono state prima e ancora ce ne saranno’. Allo stesso tempo sminuisce l’importanza degli altri stati e delle altre esperienze. Solo questo io è responsabile di considerare differenti la veglia e il sogno. Non lo estende al sonno profondo, perché lì non vede alcun mondo. Per questo non gli dà alcun valore. Di fatto è solo il Sākṣin che connette questi tre stati, non l’io. Mescolando questi due, l’io erroneamente li attribuisce a sé e falsamente pretende di aver dormito, di aver sognato e di essere sveglio. Ma solo il Sākṣin soggiace realmente a tutti questi.
122. Il vantaggio di vedere uno stato dal punto di vista di un altro
Per conoscere la Verità si deve evitare l’ostacolo del punto di vista della veglia. Dopo aver osservato qualcosa dalla veglia, si dovrebbe fare lo stesso dal punto di vista di un altro stato coglierne il cambiamento e comprenderlo. Dopo aver considerato la veglia e il sogno dal punto di vista della veglia, sarà di grande utilità esaminarli dal punto di vista del sogno. Considerare la veglia dalla veglia non è un punto di vista comprensivo, perché essendoci soggetto e oggetto in essa, ognuno è relativo all’altro ed è impossibile ridurli a uno. Questo perché il soggetto dovrebbe includere se stesso nell’oggetto mentre guarda, il che è impossibile. Quindi per vedere l’intero stato, incluso il soggetto, si deve cercare di guardarlo dal punto di vista del sogno, non come una persona inclusa in esso, ma pensando che tutto era solo un sogno. Allora si guarda soggetto e oggetto come un unicum. È esperienza comune che soggetto e oggetto del sogno sono oggettivati come un tutto quando si guarda lo stato di sogno con il pensiero di veglia, cioè pensando che era tutto un sogno. Similmente si dovrebbe guardare lo stato di veglia non da vegliante, ma da sognatore, cioè con un pensiero di sogno. Allora entrambi gli stati sono solo apparenze di realtà e la comprensione che ne emerge è che la verità del sogno e della veglia è la stessa Realtà. Questo punto di vista comprensivo è libero dei difetti che si trovano nella visione ristretta, in cui la realtà suddivisa è esaminata analiticamente.
Obiezione: in veglia possiamo esaminare il sogno perché ne abbiamo il ricordo. Com’è possibile esaminare la veglia nel sogno se in esso non c’è ricordo della veglia? Anche se fosse possibile, il problema è che la conoscenza della veglia oggettiva solo l’oggetto e non soggetto e oggetto insieme. In tal caso il soggetto rimane fuori dall’esame. Inoltre, tutte le indagini avvengono solo in veglia; quindi non stiamo forse riconoscendo più realtà alla veglia?
Risposta: questa obiezione insorge solo quando il punto di vista dei tre stati non è capito esattamente. Una persona, che si domanda come si può vedere uno stato dal punto di vista dell’altro, per il fatto che il sogno è ricordato nella veglia, mentre la veglia non è ricordata nel sogno, non ha prestato la dovuta attenzione alla propria esperienza. Visto dalla veglia, il sogno appare uno stato inferiore. Tuttavia, dal suo punto di vista, appare solo veglia e quindi è naturale che nessuno pensi a un altro stato come a un grado più alto. Così, visto dal sogno, non c’è affatto veglia; o meglio, entrambi gli stati sono solo veglia e hanno lo stesso valore. Il nostro scopo non è mostrare il ricordo del sogno nella veglia o viceversa, ma dimostrare che ciò che appare ricordo non è un vero ricordo ma solo fantasia (vikalpa). Un vikalpa è un pensiero a cui non corrisponde un oggetto. Per esempio, il pensiero delle corna della lepre è una mera fantasia perché la lepre non le ha. Quindi, che ci sia un ricordo della veglia nel sogno o no, questo non contraddice la verità degli stati. Qualcosa in noi ci fa sperimentare e dire che mentre il sogno è ricordato nella veglia, nessun ricordo della veglia esiste in sogno. Questo è la coscienza-Testimone, comune a entrambi gli stati. Ciò è quanto emerge dall’esame del ricordo, che sia mutuo oppure no. Perciò è bene consigliare al cercatore di guardare gli stati dal punto di vista di entrambi, in modo da rimuovere il pregiudizio riferito a un particolare stato.
Obiezione: se ogni cosa è solo oggetto, il soggetto è fuori dall’indagine. Come può questo aiutare a conoscere il segreto di tutto?
Risposta: è vero che in sogno o in veglia non è possibile esaminare qualcosa senza oggettivarla. Tuttavia, quando cerchiamo di oggettivare il sogno dal punto di vista della veglia e la veglia da quello del sogno, noi riusciamo a escludere il soggetto e l’oggetto dei rispettivi stati e rimanere nel Sākṣin. Allora il soggetto-oggetto e il Sākṣin del sogno assieme, appaiono istantaneamente uguali al soggetto-oggetto e al Sākṣin della veglia dal punto di vista della Realtà più elevata. Lasciando da parte il Sākṣin,che è comune a essi, rimangono gli stati. Se li paragoniamo, non c’è alcuna differenza tra essi: quando c’è l’uno, l’altro non esiste da nessuna parte. La grande verità che appare alla mente è che il Sākṣin assume queste due forme senza soggiacere ad alcun cambiamento. Il segreto del soggetto e dell’oggetto come un tutto diventa allora chiaro. Perciò l’obiezione che sia conosciuto solo l’oggetto e non il soggetto non è esatta.
Obiezione: l’ultima obiezione era che il nostro esame avviene solo in veglia.
Risposta: non c’è alcun motivo per cui l’indagine non debba essere fatta in veglia. Dato che tutti i nostri dubbi sorgono solo in veglia, è naturale che siano chiariti solo in veglia. L’errore sta nell’adottare solo il punto di vista della veglia per capire la verità. Il difetto è corretto adottando il diverso punto di vista spiegato in questo capitolo. Se osserviamo ognuno dei tre stati dal punto di vista degli altri due, il ristretto punto di vista di considerare solo la veglia come reale è rettificato.
123. Risultato della comparazione tra sogno e veglia
Continuiamo con il paragone tra veglia e sogno. Lasciando da parte l’abitudine di guardare il sogno dal punto di vista della veglia, cerchiamo di vederlo con gli occhi del sogno; e con gli stessi occhi guardare anche la veglia, in modo da raggiungere le seguenti conclusioni:
- troviamo che la conoscenza degli oggetti per mezzo dei pramāṇa avviene durante il sogno allo stesso modo della veglia;
- come in veglia, anche in sogno pensiamo che ci sono due tipi di conoscenza, quella corretta e quella errata. È errata conoscenza quando è conseguita attraverso strumenti difettosi, come sensi e mente. Una volta verificata, la si riconosce illusoria e diversa dalla corretta conoscenza;
- la divisione di conoscitore, mezzi di conoscenza, oggetti di conoscenza, e corretta conoscenza esiste anche in sogno;
- conoscere le cose con vari pramāṇa come la percezione, la deduzione e la testimonianza scritturale, è comune a entrambi gli stati;
- le varie conoscenze, quali la comprensione, la meditazione, il dubbio, la determinazione, l’immaginazione, l’errore ecc. ci sono anche nel sogno;
- il ricordo passato, la conoscenza presente e la futura aspettativa, esistono anche in sogno;
- anche in sogno c’è la conoscenza che appare veritiera in un certo momento e che poi si rivela falsa;
- anche in sogno si ha un pensiero di veglia e di sogno, e la certezza che quello che si vede è veglia;
- il ricordo di vari sogni passati, la decisione che tutti sono falsi e la forte credenza che la presente veglia è reale e che mai sarà cancellata, tutto questo si trova anche lì.
Il sogno è un’esatta copia della veglia anche se non pensiamo a questa somiglianza quando siamo in sogno. Da questo punto di vista non c’è alcuna differenza nell’esperienza della veglia e del sogno. Quando dal sonno profondo veniamo in un altro stato, non disponiamo di un elemento sicuro per stabilire se si tratta di un sogno in cui si afferma di essere svegli o di una veglia; perché non esiste un elemento che permetta di determinare che si tratti di un livello più alto, in quanto l’esperienza del sogno appare in ogni aspetto come veglia. Da questo punto di vista, non abbiamo esperienza di alcuno stato se non della veglia. Dato che entrambi gli stati appaiono al Sākṣin, non c’è alcuna differenza tra loro, essendo illuminati dal Sākṣin. Il Sākṣin può solo conoscerli uno dopo l’altro, ma non li può conoscere simultaneamente. Se li mettiamo uno vicino all’altro davanti al Sākṣin noi rimaniamo solo come Sākṣin, senza alcuna conoscenza di stati e neppure del Sākṣin, ma solo Pura Coscienza. Perciò, fra sogno e veglia non c’è un grado più alto o più basso. Entrambi hanno un’esistenza equivalente.
Quindi, la conclusione è che non sono differenti dal Sākṣin che è cosciente di essi; o meglio, essi sono solo il Sākṣin.