Vai al contenuto

Svāmī Prakāśānandendra Sarasvatī Mahārāja

11. LA LUCE DELLA REALTÀ

D. Le forme dell’Esistenza

64. Che l’Ātman sia Esistenza non duale non s’oppone ai tre livelli d’esistenza

   Domanda: l’idea che solo l’Esistenza dell’Ātman è l’esistenza del mondo (come da § 59) non è contraria al punto di vista dei tre livelli d’esistenza (§ 55)?

   Risposta: l’Ātman e il mondo non sono differenti. Così Ātman appare anche come gli stati e come il loro contenuto. Perciò è lo stesso Ātman, Pura Esistenza, che appare come tre livelli d’esistenza negli stati di veglia e di sogno. In altre parole, l’Esistenza reale e immutabile (pāramārthika sattā) del Sākṣin, l’esistenza di molteplici apparenze utili (vyāvahārika sattā) in forma di stati e i loro contenuti e l’esistenza di apparenze illusorie (prātibhāsika sattā), sempre negli stati di veglia e di sogno, tutte queste sono immerse nella esistenza totale chiamata Pura Esistenza. Sebbene in realtà non ci siano gradi o aspetti nell’unica Pura Esistenza, essi appaiono come tre livelli o gradi d’esistenza a causa dei punti di vista differenziati. Nell’Ātman appare come Esistenza reale, mentre negli stati appare come esistenza empirica e come esistenza apparente nella forma di oggetti illusori. Perciò solo l’Esistenza è la Realtà e le altre due sono solo sue variazioni. Quindi, il punto di vista di tre esistenze non può contrastare quello della Pura Esistenza.

65. Ciò che è conforme all’intuizione deve essere accettato anche se opposto alla logica della veglia

   Ora sorge un altro problema.

   Domanda: non è contraddittorio affermare che l’unica Esistenza esiste in quanto tale in sonno profondo, ma assume forme differenti negli stati di veglia e di sogno? Perché la Pura Esistenza nel sonno profondo è così diversa dalla forma dell’esistenza degli altri due stati? L’Esistenza nel sonno profondo è omogenea e libera da distinzioni; vale a dire non ha alcuna pluralità, differenza o relazione di generale e particolare, alcuna relazione di qualità e qualificato, alcuna azione, alcuna relazione soggetto-oggetto. Tutte queste sono nel mondo della veglia che è multiforme, in continuo cambiamento, in cui c’è la relazione di causa-effetto, che è luogo di nascite e morti. Stando così le cose, come possiamo credere che la stessa Realtà sia libera da ogni distinzione pur avendo variazioni? Ciò è contrario alla logica.

   Risposta: questo pensiero è naturale in coloro che non tengono a mente i punti salienti dell’indagine sui tre stati.

  1. Dal punto di vista della Realtà nella sua completezza, essi sono eguali l’uno all’altro e nulla è d’intralcio per accertare che la Pura Esistenza del sonno profondo è l’esistenza degli stati di veglia e di sogno. Poiché prendiamo l’intuizione (anubhava) del Sākṣin come base per questa indagine, non c’è nessun’altra esperienza che lo possa contraddire, com’è stato detto nel § 28.
  2. ‘Dire che la Realtà è immutabile e che allo stesso tempo cambia, è una contraddizione’, è una logica tratta dall’esperienza della veglia; ma, visto dal Sākṣin anubhava, la stessa Pura Esistenza del sonno profondo, che è senza distinzioni e cambiamenti, appare nella veglia con distinzioni e cambiamenti. Quindi si dovrà accettare il punto di vista dell’intuizione mettendo da parte la logica che le si oppone.
  3. Invece, se si preferisce la logica all’intuizione, l’argomentazione su una persona che siede davanti a noi sarebbe questa:
  4. egli non è seduto qui
  5. perché è un essere umano
  6. tutti gli altri esseri umani non sono seduti qui
  7. perciò non si può dire di lui che sia seduto qui, poiché è un essere umano.

   Chi può essere d’accordo con questa logica? Nessuno. Quindi si deve rifiutare la logica contraria all’intuizione e non l’intuizione universale.

  • L’intuizione è più vasta e la logica più ristretta, essendo limitata solo alle cose della veglia. Nella veglia, infatti, non ci si imbatte in qualcosa che rimane com’è, poiché ogni cosa è in continuo cambiamento. Quando l’argilla diventa un vaso o il seme un albero, molte loro parti subiscono cambiamenti. Questa è la comune legge naturale che si trova negli oggetti della veglia. Al contrario, la Pura Esistenza, rimanendo ciò che è, appare come i mondi di veglia e di sogno, che sono oggetto di nostra esperienza; quindi, la logica della veglia per cui qualcosa continua a essere ciò che è, pur cambiando, non si deve applicare a questa esperienza universale più vasta.

Poiché la logica non arriva a una conclusione definitiva, la si dovrebbe conformare all’esperienza. Per questo i Brahma Sūtra (II.1.11) dicono che la verità non può essere trovata con la logica speculativa, non essendo mai conclusiva.

66. La Pura Esistenza è la causa dell’intero mondo

   Seguire il ragionamento basato sull’intuizione è il solo modo per evitare le limitazioni della logica. Questo è chiamato ‘ragionamento più ampio’ (§ 30). Applichiamolo ora all’argomento trattato di seguito.

   Gli stati non sono realmente tre: li si considera tre solo dal punto di vista della veglia (§ 42). Dal punto di vista dell’esperienza, il sonno profondo è puro Ātman, Pura Esistenza, senza alcuna relazione di tempo-spazio o causa-effetto. Considerare gli stati di veglia e di sogno differenti da esso, e tuttavia connessi all’esistenza, è la causa reale di questa contraddizione logica. Infatti, la mente della veglia non può capire alcunché se prescinde dalle relazioni. La relazione di tempo-spazio e causa-effetto sono idee naturali della mente; quindi, essa capisce le cose solo in quei termini ed è limitata da essi. La mente ha formulato certe leggi di logica e, in accordo con esse, pensa che i tre stati siano differenti e interrelati. Di fatto gli stati non sono lì né sono la causa uno dell’altro né sono interrelati in qualche altra maniera. Nonostante la Realtà sia una, poiché la mente afferma che i suoi stati sono tre, noi dobbiamo verificare, con il ragionamento basato sull’intuizione, come gli stati siano inseparabili dalla Realtà. Gli stati non sono le modificazioni della Pura Esistenza, perché non si è sviluppata in essi come un seme che si sviluppa in albero. Per qualsiasi modificazione sono richiesti tempo e spazio. Sebbene il tempo e lo spazio non si modifichino, essi aiutano la modificazione producendo il condizionamento (upādhi) conseguente. Ma la Pura Esistenza nel sonno profondo è libera da tempo e spazio ed essendo la loro essenza, appare come tempo e spazio. Quindi questa modificazione, non richiedendo tempo e spazio, è diversa dalle modificazioni del mondo come accade al seme che perde la sua forma per diventare un albero. La Pura Esistenza non perde la sua natura apparendo come sogno e veglia. In definitiva, ciò significa che non c’è alcuna relazione di causa-effetto come avviene in veglia, fra la Pura Esistenza e la veglia e il sogno. Così le parole ‘causa ed effetto’ assumono un nuovo significato tecnico. ‘Causa’ significa ciò che appare e non si modifica, ed ‘effetto’ significa ciò che appare e non è prodotto. Quindi il mondo non è quello in cui la Pura Esistenza si modifica, ma il modo in cui appare. Tutte le peculiarità, differenze o la diversità, l’idea di sostanza e di attributo, l’idea di atto e del suo agente, le varie relazioni e la nozione di ciò che è vero o falso, nessuna di queste cose sperimentate nel mondo sono un prodotto della Pura Esistenza, ma solo il modo in cui essa appare. Quindi non solo tutti questi vari oggetti, ma anche i fattori condizionanti (upādhi) come tempo e spazio, che sono responsabili delle loro diverse manifestazioni, non sono altro che Pura Esistenza. Rimanere indivisibile e tuttavia apparire differenziata è chiamato māyā o apparenza māyika. La corda, rimanendo sempre corda, appare come serpente a causa dell’errore. Il serpente, infatti, è di fatto soltanto corda; quindi immaginare una qualche relazione fra di essi è un errore. Che siano una sola cosa è l’unica realtà, e così la veglia e il sogno sono uno con la Pura Esistenza. Se si tiene a mente questo segreto, la spiegazione della relazione causa-effetto insegnata nelle Upaniṣad diventa chiara. Questo è il significato dei seguenti testi:

O fanciullo! Proprio come conoscendo la sostanza-argilla tutto ciò che è fatto d’argilla diventa conosciuto, perché ogni modificazione o effetto [come un vaso] è solo un gioco di parole (vācārambhaṇam) che appare semplicemente come nome e non come qualcosa realmente esistente; ciò che realmente esiste è solo argilla. (ChU VI.1.4)

Così la Realtà deve essere insegnata. (ChU VI.1.6)

Questo Essere è l’essenza del mondo. Tutto questo ha come sua essenza questo Essere. Questo è l’Ātman, tu sei Quello, o Śvetaketu. (ChU VI.8.7)

E. Il Reale e l’irreale

67. Divisioni nella Pura Esistenza

   L’obiettore sostiene quanto segue:

  1. a– Se tutto è solo una Pura Esistenza, come avviene la divisione tra reale e irreale? Senza tale divisione, come si può chiamare Vedānta uno śāstra che non distingue tra reale e irreale? Come può un ramo della conoscenza esistere senza trattare un tale argomento?

    b– Il Vedānta non può procedere senza presupporre la divisione tra il Sākṣin e gli stati. In tal caso, come può avvenire questa divisione? C’è una risposta a ciò? (risposta nel § 68)

  • Com’è che gli stati sono tre? (risposta nel § 68)
  • Perché negli stati avviene l a divisione tra me e ‘il resto’?
  • Il mondo ‘altro da me’ appare diviso in sostanza, qualità, azione ecc. Esso ha aspetti generali e particolari (sāmānya e viśeṣa) e contiene diversi tipi di relazioni tra i suoi oggetti. Come avviene tutta questa diversificazione? (risposta nei §§ 69-70).
  • Perché proviamo due diversi tipi di esperienze, cioè ‘questo è vero’ e ‘questo è falso’?
  • Che la veglia sia reale e il sogno irreale è un pensiero condiviso. Come s’accorda questo con la vostra dottrina per cui c’è solo una Pura Esistenza?
  • Generalmente si crede che la veglia ci presenti un mondo riconosciuto reale dai pramāṇa, mentre il sogno sarebbe uno stato che appare a causa di un difetto chiamato sonno1. Questo perché gli oggetti che usiamo e i risultati che otteniamo sono reali nella veglia, mentre nel sogno ogni cosa è solo apparenza.
  • L’esperienza della veglia è comune a tutti, mentre il sogno è personale, privato ed esclusivo per ognuno.
  • Il mondo della veglia è lo stesso mondo di prima, d’ora e di sempre; mentre il mondo del sogno ogni volta è diverso; talvolta, durante la stessa notte, si sognano parecchi mondi differenti.
  • Svegliandosi dal sogno, ci si rende conto che tutto quello era soltanto una mera apparenza; al contrario, non si ha mai l’esperienza di vedere lo stato di veglia come una falsa apparenza.

In base alle già menzionate esperienze, possiamo dire che il sogno ha una minore esistenza della veglia e, a buon diritto, possiamo affermare che il sogno è solo mera apparenza e non è affatto esistenza (risposta nei §§ 71-81).

  • Tutto ciò non va contro il vostro punto di vista per cui la Pura Esistenza è la sola Realtà e che non c’è esistenza oltre a quella? Come si può ragionevolmente negare l’evidente diversità e divisione tra reale e irreale? (risposta in §§ 82-87).

68. Il punto di vista della veglia è responsabile delle differenze che appaiono nella Pura Esistenza

   Risposta alla prima obiezione: è impossibile rispondere alla serie di obiezioni se si trascurano le caratteristiche del metodo dei tre stati esposte prima. Rispondiamo in ordine.

  1. L’‘uno’ [riferito alla Pura Esistenza] non è un numero.

   La prima domanda era: se tutto è solo ‘una’ Pura Esistenza, come avviene la divisione tra reale e irreale?

   Risposta: questa domanda presuppone che la Pura Esistenza sia una e la divisione tra reale e irreale sia ‘altro’: quindi ci sarebbe contraddizione. Ma chi ha detto che la Pura Esistenza è una? La Pura Esistenza è oltre tempo, spazio e causalità. Non può essere enumerata come una di molte. I numeri uno, due ecc. si riferiscono a cose vicine nello spazio o a eventi che accadono in sequenza nel tempo. Essendo così, come può la Pura Esistenza essere una? È vero che l’Upaniṣad la chiama ekamevādvitīyam, una senza secondo (ChU VI.2.1). Questo implica solo che l’Esistenza non è ‘una’ rispetto a qualcosa che viene seconda a essa, cioè una di molte. Non capendo questo, la gente ingenua lo ha preso per il numerale ‘uno’. La ragione sta nel pregiudizio della veglia.

   La Verità non implica l’esistenza del falso

  • Similmente, quando si dice ‘solo la Pura Esistenza è reale’ la gente con una mente condizionata dalla dualità pensa che ci sia un’altra entità falsa (mithyā). In realtà non ci sono due entità, una vera (satya)e una falsa (mithyā) (B. Vartika, I.3.52).

   Il Sākṣin e lo stato

  • Quando si dice che “l’Ātman, la Pura Esistenza, è il Sākṣin degli stati”, la gente pensa che gli stati siano una entità e il Sākṣin che li conosce un’altra.
  • Anche questo non è esatto, perché non ci sono né Sākṣin né stati diversi dalla indivisibile Esistenza. Non è che il Sākṣin sia uno e gli stati un altro. Un mango sommato a un altro fa due manghi, ma gli stati messi accanto al Sākṣin non fanno due e non appartengono alla stessa specie.
  • Il Sākṣin è Pura Esistenza e non c’è alcuna Sākṣitva (Testimonianza) che sia sua proprietà.
  • Quando non è capito lo stato è una apparenza di esistenza; in altre parole, lo stato è ciò che appare alla mente che non conosce l’Esistenza. La mente, incapace di comprendere l’Esistenza, la vede come uno stato; oppure lo stato è il modo in cui l’Esistenza appare alla mente che non vede che tutto è soltanto Pura Esistenza. Come una persona che non conosce la corda, la vede come serpente e non considera quest’ultimo come un’attribuzione aggiunta, così lo stato non può essere altro per l’Ātman. Come il serpente, visto per errore, non è separato dalla corda, così anche lo stato non è diverso dall’Esistenza.
  • Le varie parti del serpente illusorio, come la coda, il cappuccio ecc., sono invero uno con la corda, essendo il serpente, in realtà, la corda. Allo stesso modo, gli stati e il mondo negli stati, con le sue innumerevoli divisioni-oggetti, come sostanza, qualità ecc., cioè, in breve, l’intera serie di apparenze, è solo una immaginazione sovrapposta alla Realtà assoluta. È come immaginare sempre la stessa argilla nelle forme di vaso, di giara, di boccale ecc. per impiegarli per le nostre diverse utilità, pur essendo essi di fatto solo argilla (ChUŚBh VI.2.3).

   Ancora sul Sākṣin e gli stati

   Quando si vedono gli stati non c’è coscienza dell’Ātman. Quando c’è la coscienza di Ātman non siamo consapevoli dello stato. Allora, l’intelletto non rimane nella sua forma d’intelletto, ma diventa veramente Ātman (ulteriori spiegazioni in §135). Oscuramente, l’intelletto non ha mai considerato l’Ātman e lo stato come due cose, tuttavia crede che ciò che è indicato dalle due parole ‘Sākṣin’ e ‘stato’ siano due oggetti differenti. Restando in questa credenza, l’intelletto si può chiedere come avvenga la divisione tra Sākṣin e stato. Dal punto di vista dell’intuizione, lo stato che appare al Sākṣin è come il riflesso della faccia nello specchio. In realtà solo la Pura Esistenza è l’essenza del Sākṣin e non esiste separatamente. La condizione implicita nell’esempio è che il riflesso richiede uno specchio come base e la faccia deve trovarsi separata e davanti a esso; ma l’Ātman non è davanti a niente. Essendo al di là del tempo e dello spazio, non ha alcuna relazione di causa ed effetto. Quindi, non si può dire che l’Ātman in modo inesplicabile (anirvacanīya) si modifichi negli stati. Ātman è solo Pura Esistenza e gli stati non esistono. Perciò è una sciocchezza intestardirsi ad affermare che l’Ātman e gli stati costituiscano una dualità solo perché si usano le due parole Ātman e stati, e perché parliamo dell’Ātman come esistente e degli stati come non esistenti. Se gli stati non esistessero, non si sarebbe parlato di essi nemmeno come non esistenti. Ed è una sciocchezza perché:

Solo usando una parola e pensando alla sua idea, non viene in esistenza alcuna cosa reale2. (BSŚBh II.2.15)

   Risposta alla seconda obiezione: allo stesso modo si dovrebbe considerare falsa anche la triplicità degli stati. Una nonna racconta una storia a un bambino: «Un Re aveva tre figli. Due non erano mai nati e il terzo non era mai stato concepito». L’innocente bambino, udendo due e uno, li somma facendone tre, tre bambini. Similmente, la nostra mente di veglia, elencando i tre nomi veglia, sogno e sonno profondo, considera che gli stati siano tre. Di fatto l’errore della mente è proprio lo stato. Cosa dire della ottusità della mente che considera che questi tre pensieri errati avvengano nello stesso tempo, appaiano allo stesso soggetto della veglia e riguardino lo stesso oggetto? Tuttavia, non si può biasimare la mente, perché essa non può esistere senza un oggetto e questo oggetto deve esserle separato. Conoscere le cose in modo separato è proprio della natura della mente. Anche quando la cosa è una, la mente la può conoscere soltanto dividendola in parti. Quando si arresta la divisione, la mente cessa di esistere.

   Una breve risposta alle rimanenti obiezioni.

   Allo stesso modo dobbiamo intendere 3- la divisione tra me e ‘il resto’ nello stato, 4- la divisione del mondo oggettivo in sostanza, qualità, azione e 5- la divisione di veglia e sogno.

   La terza e la quarta obiezione sono trattate in dettaglio nei §§ 69-70 e la quinta dal § 71 al § 81. Ci si limiterà qui a una breve risposta. Dal punto di vista dell’intuizione del Sākṣin non c’è alcuna divisione o dualità; solo l’Ātman esiste, essendo Pura Esistenza senza distinzione. Tuttavia, lo stesso, visto dall’intelletto, appare diviso e molteplice. Coloro che pensano che l’intuizione sia la conoscenza della mente della veglia sono ingannati dalla Māyā dualistica ossia dalla falsa apparenza. Coloro che guardano dal punto di vista del Sākṣin o dell’intuizione universale usano un ragionamento più vasto affermando che solo la Pura Esistenza è la Realtà, senza alcuna gradazione di alto e basso, di veglia e sogno, senza alcuna divisione di sostanza, di attributo, d’azione, e senza alcuna dualità tra io e il resto.


  1. Il difetto (o la limitazione) chiamato sonno è ‘il dormire’ (nidrā), da non confondere con il sonno profondo (suṣupti) [N.d.C.].[]
  2. Si tratta di un’altra applicazione di nome (abhidhānam) e di nominato (abhidheyam), come unico concetto mentale qual è esposto in MUŚBh 1. Ciò che è reale non è né l’uno né l’altro (nirviśeṣam) [N.d.C.].[]