Rādhikā Nandakumāra1
Aṣṭanāyikā
L’ottuplice rappresentazione dell’eroina
(Trad. di Maunya Saumya)
Lo scopo principale del presente articolo è delineare e illustrare gli otto tipi di eroina (aṣṭanāyikā) secondo le tradizioni della danza indiana. Intendiamo far apprezzare al lettore colto i diversi stili e tradizioni e, al tempo stesso, far cogliere la natura intrinseca che ne accresce il valore e ne amplifica la portata al di là dei confini culturali consolidatisi nel corso dei secoli nel grande Bhārata, l’India. Illustreremo ciascuna nāyikā per mezzo di elementi tratti dalla danza e dalla musica.
Il termine aṣṭanāyikā è impiegato per identificare gli otto aspetti principali della protagonista femminile. Aṣṭa significa otto e nāyikā è il personaggio femminile, ossia l’eroina. Nel linguaggio della danza tradizionale indiana, aṣṭanāyikā si riferisce agli otto aspetti dell’eroina innamorata (caratterizzata da śṛṅgāra2) o agli otto tipi di eroina o alle otto avasthā (situazioni, qualità caratteristiche) della protagonista. Con abhinaya si intende l’espressione scenica d’un singolo atteggiamento. La nāyikā esprime in otto modi l’amore verso il suo nāyaka (l’eroe, il protagonista maschile). Tali atteggiamenti sono rappresentati secondo modalità codificate dai testi e dalle tradizioni e sono conosciuti nel linguaggio della danza come hastābhinaya e āṅgikābhinaya. Gli hastābhinaya sono gesti delle mani; sono punti di convergenza delle posizioni corporee (rekhā) del danzatore. Āṅgikābhinaya è l’abhinaya compiuto con l’intero corpo oppure con una o più parti specifiche del corpo che creano una entità unica in grado di esprimere quanto deve essere rappresentato. Le aṣṭanāyikā sono i personaggi; le abhinaya che ne denotano le avasthā sono molteplici quanto a varietà e innovazione.
La natura degli atteggiamenti e delle emozioni umane è invero vasta e complessa. Le azioni e reazioni dell’uomo devono essere strutturate in modo ordinato e comprensibile se si desidera rappresentare determinati temi e concetti in una scena di abhinaya. Lo śāstra della danza indiana lo ha reso abilmente inserendo anche elementi poco comuni in tutte le variazioni di abhinaya e nelle espressioni emotive, codificandole secondo modalità fissate. È interessante notare come queste generalizzazioni e codificazioni abbiano attraversato i secoli e superato la prova del tempo. Questo è stato possibile grazie a un importante fattore chiamato sampradāya.
La caratterizzazione delle aṣṭanāyikā attraverso la danza (il Bharatanāṭyam per quanto riguarda questo articolo) ha assorbito il sampradāya ed è rimasta essenzialmente fedele alle prescrizioni rituali. Prada significa dare; il prefisso saṃ lo rende olistico. Quindi il termine sampradāya indica essenzialmente le modalità e le pratiche del passato consegnate al futuro come conclusione di tutti gli sforzi precedenti. È inoltre interessante notare come in questa sommatoria rientrino temi contenuti negli antichi purāṇa e come le descrizioni degli abhinaya e delle nāyikā si siano abilmente adattati ad essi. Ora i contenuti purāṇici sono diminuiti per lasciar spazio a temi e concetti più contemporanei; tuttavia le tecniche abhinaya sono rimaste pressoché le stesse del sampradāya. Così il sampradāya sembra aver codificato le sue tecniche orientandosi più verso l’essere umano in generale che verso argomenti e concetti contemporanei. Tra le due modalità principali, hastābhinaya e āṅgikābhinaya, la descrizione e lo scopo dell’hastābhinaya (sia in saṃyuta, cioè combinato, sia in asaṃyuta, ossia da solo) sono più specifici a causa delle sue espressioni corporee, vale a dire, limitate alle ‘mani’. La portata dell’āṅgikābhinaya è più ampia poiché le posizioni dell’intero corpo del danzatore-attore assumono significati e finalità che sono comunemente percepiti e acquisiti nella loro completezza, quindi immediatamente raffigurati secondo le modalità e le linee della danza-recitazione. L’aṣṭanāyikā abhinaya prende in considerazione entrambe queste modalità (che i trattati testuali sul nāṭya hanno adeguatamente classificato secondo i numerosi e ampi impieghi). Alcune attività teatrali tradizionali hanno dato maggior rilievo al mukhābhinaya, l’espressione del volto. In tempi recenti, maggiori sperimentazioni sono state fatte per accentuare l’aṅgabhāva, l’abhinaya per mezzo del corpo dell’attore-danzatore. Sono stati composti schemi di danza, nṛtta, in accordo con passaggi di solfeggio per rappresentare un avvenimento o una situazione (avasthā). In ogni caso, il sampradāya prende in considerazione anche questo e lo integra al resto del corpo in quasi tutti gli stili e le tradizioni indiane di danza.
L’ottuplice classificazione delle aṣṭanāyikā si basa sul bhāva, l’espressione delle emozioni. Lo scopo principale del bhāva è esprimere il rasa dell’amore-affetto, śṛṅgāra. Tra i nove rasa, śṛṅgāra è il principale, essendo gli altri otto complementari. Quindi è come se l’abhinaya delle aṣṭanāyikā fosse fatto di più livelli: śṛṅgāra è il primo livello, gli altri otto contribuiscono a precisare il soggetto e il tema principali.
Il testo più antico e autorevole sulla drammaturgia saṃskṛta è il Nāṭyaśāstra di Bharatamuni. In questo trattato l’eroina (nāyikā) è ben descritta e analizzata; prima e dopo quel trattato, molti altri testi poetici e drammaturgici avevano descritto l’eroina e le sue molteplici sfumature. Si dovette quindi redigere una classificazione delle innumerevoli tipologie così da rendere generale la loro conoscenza e poterne apprezzarne le varietà. Sulla base del Nāṭyaśāstra, molti trattati sulla musica e sulla danza hanno esaminato e descritto le nāyikā e le loro avasthā. Testi quali il Rasamañjarī di Bhānudatta (XV secolo d.C.), il Daśarūpaka di Dhanañjaya (X secolo d.C.) e il Bhāvaprakāśa di Śāradātanaya sono diventati fonti autorevoli per comprendere e apprezzare i diversi nāyikābhāva nei vari stili e nelle varie tradizioni di danza indiana.
Una trattazione esaustiva di tali testi e dei loro contenuti è fuori dai limiti del presente articolo. Una descrizione essenziale e alcune illustrazioni potranno soddisfare lo scopo fondamentale di questo scritto.
Innanzitutto, è importante classificare e comprendere i diversi generi di nāyikā. Bharata, nel suo Nāṭyaśāstra, le enumera come mogli di Re (nṛpa patnī), donne di buona famiglia (kulastrī) e cortigiane (gaṇikā). Questi tre tipi di donne sono conosciute come eroine dalle differenti nature: dhīrā (dotata di auto-controllo), lalitā (elegante), udāttā (gentile) e nibhṛtā (modesta).
Le eroine di buona famiglia, le kulastrī, sono degne di lode e docili; potrebbero essere quindi classificate sotto le categorie udāttā e nibhṛtā.
Le gaṇikā e le śilpakārikā [artiste] sono nāyikā eleganti (lalitā) e degne d’elogio (abhyudāttā).
È interessante notare come nell’India antica tutti i testi di danza abbiano classificato le nāyikā sulla base di un unico bhāva, vale a dire śṛṅgāra, l’amore. Lo scopo dello śṛṅgāra è invero l’unione coniugale con l’eroe, il signore. Questo ci permette di classificare ulteriormente le nāyikā secondo altre otto categorie, ognuna delle quali è ripartita secondo innumerevoli combinazioni di situazioni e di caratterizzazioni.
La classificazione di Bharata circa questi otto personaggi femminili è stata ampiamente apprezzata, studiata e aggiornata fino a giungere a tutte le espressioni che sono messe in scena attualmente. È invero sorprendente che tutte le espressioni tradizionali, come anche le sperimentazioni moderne e contemporanee, si basino su questa classificazione. Un breve accenno faciliterà l’illustrazione e la trattazione che verranno fatte più avanti in questo articolo:
- Vāsakasajjā : colei che è agghindata per l’unione (con l’eroe)
- Virahotkaṇṭhikā : colei che soffre per la separazione (dall’eroe)
- Svādhīnabhartṛkā : colei che ha l’eroe sotto il proprio controllo
- Kalahāntaritā : colei che è separata dall’eroe per un litigio
- Khaṇḍita : colei che è adirata con l’amante
- Vipralabdhā : colei che è stata delusa dall’amante
- Proṣitabhartṛkā : colei il cui amante è sempre in viaggio (dimora lontano e quindi non ha molto tempo da dedicare all’amore)
- Abhisārikā : colei che si reca all’incontro con l’amato.
तत्र वासकसज्जा च ववरहोत्कण्ठितावि वा ।
स्वाधीन-त्ररुका चावि कलहान्तररतावि वा ॥
खण्ठिता ववप्रब्धा वा तथा प्रोवित-त्ररुका ।
तथा-साररका चैवा ज्ञेयास्त्वष्ठौतर नावयका ॥
Nāṭya è la rappresentazione della condizione dei tre mondi descritti nel pensiero e nella filosofia indiana. Bharatamuni l’ha definita bhāvānukīrtana. Il nāṭya intende rappresentare la natura della società in cui esso fiorisce e si evolve; quanto vasta è la società, tanto vasta è la sfera del nāṭya! La varietà umana – sia essa considerata in modo ampio o, invece, ridotto – è pur sempre complessa quanto alle espressioni emotive e inclinazioni intime. Per inserire tutte queste disposizioni d’animo e produrre l’effettiva illustrazione di uno stato d’animo in modo da elevarlo a esperienza artistica, il testo deve procedere con la classificazione del personaggio. Bharatamuni fornisce una classificazione universale dei protagonisti maschili e femminili. Essi sono di tre tipi:
- Uttama
- Madhyama
- Adhama
Quasi tutti i poeti e retori (ālaṃkārikā) successivi utilizzarono questa classificazione quando trattarono di nāyaka (eroe) e nāyikā (eroina).
समासतस्तु प्रकॄतिस्त्रिविधा परिकीॄर्तिता ।
पुरुषाणामथ स्त्रीणामुत्तमाधम मध्यमा ॥
(NŚ XXIV)
Bharata così descrive ed estende le qualità di ciascuna di queste categorie. “Uttama indica una persona dalle qualità eccelse, madhyama indica una persona dalle qualità medie e adhama una con qualità inferiori”. Nāyaka, il protagonista maschile, è definito da Abhinavagupta, nel suo commentario al Nāṭyaśāstra nel modo seguente:
नयति प्राप्नोतीतिव्रुत्तं फलं वेति नायक: ॥
“L’eroe conduce l’azione e ottiene alla fine il risultato”, perciò egli è il protagonista principale della storia, prasaṅga. Il Daśanipāka di Dhanañjaya elenca i tratti distintivi della personalità del nāyaka:
नेता विनीतो मधुरस्याही दक्ष: प्रियंवद: ञञ र− लोकश्युचिर्वाग्मी रोढवंश: स्थिरो युवा ञञ बुद्धुत्साह स्म्रुति प्रज्ञाकलामान समन्वित:ञञ शुरो दृढश्च तेजस्वी शास्त्रचक्षुश्च धार्मिक:॥
“Il nāyaka è virtuoso, attraente, generoso, abile, gentile nel parlare, amato da tutti, puro, buon oratore, nato in una famiglia nota, costante, giovane, intelligente, coinvolgente, si appassiona facilmente, è esperto, è un esteta, è dotato di autostima, coraggioso, saldo nelle convinzioni, brillante, attento agli śāstra, retto.” Bharata classifica inoltre il nāyaka secondo quattro categorie (i quattro tipi di nāyaka appartengono alle tipologie elevata e media):
अत्र चत्वार एवस्युर्नायका: परिकीर्तिता: ञ
मध्यमोत्तमप्रक्रुतौ नाना लक्षणालक्षिता: ञञ
धीरोद्धता धीरललिता धीरोदात्तास्तथैव च।
धीरप्रशान्तकास्चैव नायका: परिकीर्तिता: ञञ
Ecco la traduzione della classificazione:
- Dhīroddhata : è rappresentato da dèi o personaggi divini
- Dhīralalita : è rappresentato da Re
- Dhīrodātta è rappresentato da capi o ministri
- Dhīrapraśānta è rappresentato da un brāhmaṇā o da mercanti (vaiśya)
Bharatamuni elenca otto principali descrizioni di temperamento (sattavajālaṅkarā) che sono considerati di qualità sāttvika da Dhanañjaya, Viśvanātha, Siṃhabhūpāla e altri. Il sentimento o l’emozione esperita con mente concentrata è chiamata sattva. La sua estrinsecazione è chiamata sāttvikābhinaya (NS VII). Il Bhāvaprakāśa di Śāradātanaya menziona quattro tipi di nāyaka. Essi sono: anukūla [benevolo], dakṣiṇa [sincero], śaṭha [infido], dhṛṣṭa [traditore]. Bhānudatta nel suo Rasamañjarī segue tale classificazione. E così anche il Sāhityadarpaṇa e il Rasārṇavasudhākara. Ulteriori nāyaka sono classificati quali pati [marito], upapati [amante] e vaiśika [depravato] nel Rasamañjarī e nel Rasārṇavasudhākara. Il Bhāvaprakāśa fornisce un totale di quarantotto varietà di nāyaka utilizzando quattro combinazioni di dhīroddhata e anukūla con uttama, madhyama e adhama. Nel Rasamañjarī troviamo come prima classificazione pati, upapati e vaiśika anziché anukūla, dakṣiṇa, dhṛṣṭa e śaṭha. Vi sono inoltre altre categorie chiamate māni e catura: l’orgoglioso e l’intelligente. Qui il catura è ulteriormente suddiviso in vākcatura (abile nella parola) e ceṣṭacatura (abile nell’azione). Bhānudatta, inoltre, menziona le categorie pati, upapati e vaiśika secondo una diversa classificazione: proṣita pati, proṣita upapati e proṣita vaiśika. Proṣita indica il nāyaka che si allontana dalla nāyikā.
La summenzionata descrizione della classificazione dei vari nāyaka è stata fornita allo scopo di avvalorare, tramite riferimenti autorevoli, i soggetti principali di questo articolo, le nāyikā. Bharata applica la regola generale e definisce la nāyikā come uttama (superiore), madhyama (dai pregi medi) e adhama (dalle caratteristiche inferiori). Bharata fornisce anche altre classificazioni della nāyikā: divyā (donna celeste), nṛpapathni (principessa o Regina), kulastrī (donna di nobile famiglia) e gaṇikā (cortigiana):
दिव्याच न्रुपपत्नीच कुलस्त्री गणिका तथा॥
एतास्तु नायिका ज्ञेया नाना प्रक्रुतिलक्षणा:॥
धीराच ललिताचस्यादुदात्ता निभ्रुता तथा॥
दिव्या राजाङ्गनाश्चैव गुणैर्यु−ा -वन्ति हि॥
उदात्ता निभ्रुता चैव -वेत्तु कुलजाङ्गना॥
ललितेचा-ुदात्तेच गणिका शिल्पकारिके॥
(NŚ XXIV)
Bharatamuni fornisce altre tre classificazioni: bāhyā (cortigiana), ābhyantarā (moglie) e bāhyābhyantarā (donna che unisce in sé le caratteristiche delle due appena menzionate). In base alla suddivisione fornita da Bharata, i teorici successivi hanno classificato le nāyikā nel modo seguente: 1) svīyā [unica moglie], 2) prakīyā o anyā [moglie principale] 3) sāmānyā o sādhāraṇā [donna di tutti, cortigiana]. Svīyā presenta ulteriori suddivisioni: a) mugdhā [nel fiore dell’età], b) madhyā [adolescente], c) prauḍhā o pragalbhā [matura]. A loro volta madhyā e pragalbhā si suddividono nelle tipologie jyeṣṭhā [moglie più anziana] e kaniṣṭhā [moglie più giovane]. Secondo il Bhāvaprakāśa di Śāradātanaya, anche madhyā e pragalbhā hanno tre sottoclassi: udāttā [appassionata], lalitā [licenziosa] e śāntā [pacificata]. Infine, il famoso Kāmasūtra di Vātsyāyana affronta le tipologie di donna secondo ulteriori prospettive. Le nāyikā sono classificate come: 1) padmini [pura come un loto], 2) citriṇī [appassionata come un’artista], 3) śāṅkhiṇī [sfrenata e dura come una conchiglia], 4) hastinī [spudorata e irascibile come una elefantessa]. Si tratta di categorie basate sull’attitudine sessuale. Vātsyāyana fornisce anche la seguente classificazione: 1) kanyā, fanciulla, 2) punarbhū, donna maritata una seconda volta 3) veśyā, cortigiana.
Tutti i trattati di drammaturgia generalmente esaminano kanyā e veśyā, ma non analizzano punarbhū (a eccezione di Bhoja). In quattro sezioni separate, Vātsyāyana si occupa anche di kanyā, bhāryā [moglie legittima], paradāra [adultera] e veśyā.
Tutte le varie categorie possono essere così riassunte:
- Svīyā (13 tipologie)
- Mughdā
- Madhyā
- Pragalbhā, jyeṣṭhā e kaniṣṭhā (suddivisioni delle categorie madhyā e pragalbhā), (4 tipologie in tutto)
- Dhīrā [che dissimula la gelosia], adhīrā [incapace di dissimulare la gelosia] e dhīrādhīrā [che talvolta dissimula, talaltra scoppia di gelosia] (suddivisioni delle categorie madhyā e pragalbhā), (6 tipologie in tutto)
- Anyā o parakīyā (con 2 varietà all’interno delle due sottoclassi ūḍhā e kanyā)
- Sāmānyā o sādhāraṇā (con una sola tipologia)
Si arriva a una sommatoria di 16 categorie che rappresentano le principali tipologie di nāyikā accettate da quasi tutti i trattati, compresi il Rasamañjarī e il Rasārṇavasudhākara di Simhabhūpāla. È interessante notare come Rudrabhaṭṭa, nel primo capitolo del suo Kāvyālaṅkāra, porti il numero delle nāyikā a 384! Se Bhānudatta avesse accettato l’ulteriore classificazione delle nāyikā secondo le tre varietà principali di divyā [celestiale], adivyā [terrena] e divyādivyā [celestiale e terrena al tempo stesso], il numero totale sarebbe salito a 1152! Moltiplicando i 16 generi di eroine per le loro 8 differenti avasthā (condizione, situazione o stato) arriviamo alla somma di 128 tipologie di nāyikā. Se classifichiamo questi 128 tipi di nāyikā secondo le tre categorie di uttama, madhyama e adhama, avremo un totale di 384 diverse categorie. Classificando ulteriormente secondo le tre categorie di divyā, adivyā e divyādivyā otteniamo un totale di 1152 tipi di nāyikā. Per dare degli esempi, divyā è Indrāṇī, la moglie del Re degli Dei, adivyā è Mālatī3 e divyādivyā è Sītā, la moglie di Śrī Rāma. Nel nāṭya, la classificazione del nāyaka (eroe) è basata principalmente sulla sua condizione (avasthā). Comunque, se consideriamo la sua nascita e altre caratteristiche specifiche, anche il nāyaka può essere così illustrato: Indra come divya, Mādhava come adivya e Arjuna come divyādivya.
In questo contesto, è opportuno aggiungere un’osservazione sulla nāyikā mugdha [ingenua]: ella non può essere classificata come dhīrā o adhīrā perché è priva di un’adeguata esperienza e anche perché le otto classificazioni di aṣṭavidha nāyikā bhāva non possono esserle applicate. Cionondimeno, in accordo con i testi antichi, queste classificazioni devono essere tenute in considerazione nel caso della nāyikā navoḍha, la sposa novella.
Passiamo ora a descrivere gli otto generi di nāyikā, le aṣṭanāyikā, su cui principalmente si basa il presente articolo.
- Vāsakasajjā: l’eroina trepidante, vestita e ornata di tutto punto in attesa di incontrare l’amato. La danza indiana ha un repertorio enorme che riguarda questa avasthā. L’eroina è dipinta come una donna perfettamente agghindata in attesa del nāyaka o come una donna vestita in modo tale da permettere al nāyaka di spogliarla con facilità per unirsi a lei. Nel Bharatanāṭyam il repertorio dei generi jāvaḷī, padam, aṣṭapadi, śṛṅgārakīrtana abbonda in numero e varietà di raffigurazioni per questo nāyikābhāva. Vāsakasajjā, la donna che è in attesa dell’amante, è uno dei soggetti prescelti dagli abhinaya del nāṭyāṅganā, poiché ha insita in sé la possibilità di descrivere un situazione con solennità e maestria. Nella pratica generale e anche nella descrizione testuale, la vāsakasajjā è ritratta come un’eroina che, pregustando i piaceri dell’amore, abbellisce gioiosamente se stessa nell’attesa di portare a compimento l’unione coniugale (da cui la parola vāsaka, coabitare).
- Virahotkaṇṭhitā: l’eroina afflitta dalla separazione dal nāyaka. È la nāyikā prediletta dai danzatori. Il suo impiego è prevalente nella danza tradizionale, ma è anche abbondantemente messo in scena sui palcoscenici contemporanei. La parola può essere suddivisa in due parti: viraha (il dolore della separazione) e utkaṇṭhita (un grido acuto). Ut significa acuto e kaṇṭha significa dare voce alla sofferenza. Vi è un ben noto principio che indica l’insieme di elementi comuni alla voce e al corpo umani, entrambi definiti śarīra: questo sūtra è “śarīram śārīram” e significa “la voce è come il corpo”. Ut qui si riferisce al grido emesso attraverso la voce oppure reso manifesto attraverso l’intero corpo. Quindi l’abhinaya del virahotkaṇṭhita è realizzato con frasi musicali dai suoni più acuti, nell’ottava superiore, eseguiti per un aṅgabhāva che vede il collo teso come centro della linea (rekhā) del corpo. Vi sono innumerevoli elementi nell’esecuzione della danza che esprimono questo nāyikā bhāva la cui efficacia e la cui esteriorizzazione possono superare il significato primario di śṛṅgāra e culminare nello stato di bhakti (devozione). In generale, si tratta di una eroina il cui amato non si è presentato all’appuntamento al momento o nel giorno stabilito perché era impegnato in altre faccende; questo diventa per l’eroina motivo di grande tristezza.
- Svādhīnabhartṛkā: la nāyikā il cui marito è sottomesso. L’eroina fa molte raccomandazioni al nāyaka. Questi la ascolta pazientemente e in molte occasioni cerca di consolarla. Questa nāyikā è chiamata anche svādhīnapatika. Svādhīna significa colui che è soggetto al comando e patika colei che ha fatto questo al suo pati, suo marito, signore o amante. Il pati o bhartṛ è completamente affascinato dai gesti d’amore (surata) o dalla bellezza (saundarya) dell’amata. Questa nāyikā è generalmente dipinta come un’eroina il cui marito, amante o signore è attratto dalla sua condotta e dai piaceri d’amore (surata) che lei procura, perciò rimane al suo fianco; ha qualità gradevoli perciò si assoggetta a lei. Tradizionalmente questi elementi sono rappresentati nell’abhinaya (volto risplendente di piacere rivolto all’amato, grande fascino e notevole bellezza fisica) e con āharya (abiti e gioielli vistosi e sgargianti).
- Kalahāntaritā: l’eroina separata dall’amato per colpa di un litigio. Il nāyaka (sventurato) se n’è andato per colpa dell’alterco. La nāyikā è inquieta perché l’amato si è allontanato per un bisticcio o per gelosia e non torna immediatamente da lei. Tale eroina è normalmente rappresentata da un abhinaya che descrive apprensione, sospiri, svogliatezza, cuore in fiamme, conversazioni strazianti con l’amica (sakhī), auto-commiserazione, debolezza, prostrazione, lacrime, insorgere dell’ira, rinuncia degli ornamenti, rifiuto dei linimenti rinfrescanti e purificanti, dolore e pianto. Questa era invero la nāyikā prescelta in molti spettacoli del passato. Kalaha significa litigare e antaritā indica colei che è incline al bisticcio. Dalla combinazione di questi due elementi emerge un motivo poetico e la corrispondente espressione emotiva.
- Khaṇḍita: è la raffigurazione di un’eroina adirata. Qui khaṇḍa (come parte della parola) significa ‘profondamente colpito’. L’eroina è arrabbiata perché l’amante-marito-signore non è arrivato al momento prestabilito perché, almeno così ella crede, probabilmente ha un affaire con un’altra donna e persino, forse, si è legato a una donna inferiore; l’amato quindi non arriva per unirsi all’amata come aveva promesso e la nāyikā ne è estremamente adirata e turbata. Questa eroina è rappresentata colta da forte agitazione; sospira, è debole, ha il cuore infranto per l’affanno, conversa con l’amica (sakhī) rimproverando l’amato, commisera se stessa, esprime sfinimento e afflizione con il pianto provocato dall’estrema ira, abbandona gli ornamenti (talvolta li getta via) e singhiozza sconsolatamente.
- Vipralabdhā [indispettita]: è l’eroina che l’amato non raggiunge per una qualche ragione, nonostante che la messaggera fosse stata inviata (con un messaggio d’amore e l’invito a un incontro furtivo) e l’appuntamento fosse già stato concordato. Questa eroina si sente ingannata. È interessante notare che l’abhinaya di questa nāyikā è eseguito con tutti i tipi di eroine khaṇḍita e kalahāntaritā, anche se le modalità del movimento sono differenti per ciascuna di esse. Il vipralabdhā abhinaya è eseguito per esprimere lo stato d’animo di una persona ferita; quindi le espressioni del viso e le posture del corpo si adeguano a quello stato d’animo.
- Proṣitabhartṛkā (o apatika): l’eroina il cui sposo, amante, signore o amato vive lontano (sono separati da un’enorme distanza geografica) perché è obbligato a essere impegnato da varie incombenze. L’eroina è raffigurata con i capelli sciolti; è in uno stato di afflizione e, allo stesso tempo, di attesa. L’acconciatura è in effetti la caratteristica più significativa della raffigurazione di questa eroina. Molti antichi componimenti poetici e opere teatrali presentavano proprio questa eroina come personaggio principale.
- Abhisārikā: è colei che, per amore o infatuazione, è così attratta dall’amante da abbandonare ogni modestia pur di andare (abhisaraṇa) a incontrarlo. La si mostra mentre fa questo furtivamente (la caratterizzazione del movimento rivela proprio questa segretezza). Questa eroina è uno dei personaggi maggiormente rappresentati; i trattati ne dibattono ampiamente e ne illustrano le possibili suddivisioni di caratteri:
- La cortigiana: mentre si muove verso l’amato deve avere il corpo magnificamente abbellito con ornamenti sgargianti. Incede lentamente (garvita) in compagnia delle sue attendenti (sakhī). E così facendo rende evidente la travolgente passione (sa-madanā) e il diletto (tuṣṭhi).
- Madhyamā: la donna appartenente a una famiglia di stirpe illustre. Si copre il volto con il velo, avanza timidamente con le membra del corpo contratte e spesso guarda dietro di sé colta dal timore e dal dubbio.
- Sakhī: l’ancella; cammina con passo incerto (āviddha gati) e lo sguardo raggiante per le gioie dell’amore. Si muove disorientata a causa dell’ebrezza (madaskhalita saṃlāpa).
Il Nāṭyaśāstra enumera anche le diverse situazioni e i diversi livelli di incontro tra gli amanti, quelli di unione coniugale e del comportamento durante l’unione; molte altre situazioni analoghe sono ben definite. Bharatamuni fu ben consapevole delle responsabilità verso la società e della richiesta modestia nel comportamento. Quindi egli stabilì quali azioni devono essere proibite sul palcoscenico durante la rappresentazione dei personaggi. La raffigurazione dell’estasi, per esempio, deve essere un’azione allusiva e non una esibizione esplicita dei corpi. Bharata proibisce le seguenti azioni corporee: salire sul letto, fare il bagno, spalmare unguenti e creme, decorare il corpo, afferrare i seni o i capelli. Egli ripete che le donne uttamā e madhyamā non devono mostrasi svestite (apārṛlā), non devono indossare un’unica veste (ekavastrā) e non devono tingersi le labbra.
Schemi riassuntivi e immagini si trovano nel Pdf scaricabile.
- Celebre danzatrice di Bharatnāṭyam, in particolare dello stile sviluppatosi presso la Corte dei Re di Mysore. Ha fondato una sua scuola di danza a Mysore, dove istruisce numerose giovani donne. È sposata con il famoso cantante Śrī Dr. Nandakumāra ed è perciò nuora e śiṣya del Guru di Śrī Vidyā, Mahāmahopādhyāya Dr. R. Sathyanarayana Mahārāja [N.d.T.].[↩]
- Il sentimento (rasa) amoroso della retorica sanscrita [N.d.T.].[↩]
- La protagonista del dramma Mālatīmādhava di Bhavabhūti [N.d.T.].[↩]