🇮🇹🇫🇷🇪🇸🇬🇧 Avinash Chandra: The Scientist and the Saint. The Limits of Science and the Testimony of Sages
🇮🇹 Avinash Chandra: The Scientist and the Saint. The Limits of Science and the Testimony of Sages (Lo Scienziato e il Santo. I limiti della scienza e la testimonianza dei saggi), Bartlow, Cambridge, Archetype Chetwynd House, 2018. ISBN 978-1-901383-54-6. Pp. 666. https://thescientistandthesaint.com/
Diviso nettamente in due parti speculari e tra loro opposte, questo cospicuo volume è basato su una metodica cernita di citazioni tratte da numerosi scrittori, tra loro collegate dalle riflessioni dell’Autore. Come è esplicito dal titolo, il raffronto è tra la mentalità scientista che, partendo dall’Occidente, s’è diffusa come un melanoma su tutta la superficie del pianeta, e la visione sacrale della tradizione, con particolare attenzione alla situazione dell’India contemporanea. Molto correttamente Avinash Chandra distingue tra quelle che sono le scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecnologiche, spesso utili e benefiche per la vita mondana, e l’ideologizzazione che ne è stata tratta artificialmente quale strumento di sradicamento della tradizione. Nei diversi capitoli iniziali, infatti, è analizzato severamente l’uso dei successi della scienza moderna per convalidare una cultura materialista che negli ultimi secoli è montata come una inarrestabile marea per contrapporre la ragione alla fede, la scienza alla religione. Tale contrapposizione tra un sapere limitato e una saggezza universale è evidentemente falsa e mal posta, ma facilmente accettabile proprio per l’elementarità istintiva delle limitazioni mentali dell’attuale umanità massificata. Il trionfo, per lo meno nell’emisfero occidentale, dell’ideologia scientista è stato garantito dalla rinuncia a qualsiasi resistenza ragionata da parte degli esponenti di quello che fu il cattolicesimo. In questo libro il primo tema oggetto di critica è rappresentato dall’evoluzionismo darwinista e dalla sua variante neodarwinista promossa dai genetisti evoluzionisti. L’Autore ha buon gioco a dimostrare la totale inconsistenza di quelle ipotesi, soprattutto sulla base delle dimostrazioni ineccepibili di Roberto Fondi e di Giuseppe Sermonti. Non ci soffermeremo su questo argomento, avendo già pubblicato un paio di recensioni in questo stesso Sito. Del tutto nuova è, invece, la trattazione successiva che riguarda soprattutto la meccanica quantistica e le sue diramazioni misticheggianti. È credenza diffusa che, da Max Plank in poi, la scienza in generale e la fisica in particolare si siano avvicinate notevolmente alle dottrine cosmogoniche tradizionali; qualcuno è arrivato perfino a sostenere che la ricerca contemporanea ha dimostrato scientificamente ciò che era stato oscuramente intuito soprattutto dalle dottrine dell’induismo. Tutto ciò è partito dall’osservazione che i risultati degli esperimenti compiuti in laboratorio erano influenzati da chi presenziava all’esperienza. Da ciò si è dedotto che l’oggetto modificato nel corso dell’esperimento non prescindesse dalla coscienza del soggetto agente. In breve, la scienza avrebbe così dimostrato che soggetto-oggetto tra loro interagenti non sono null’altro che due aspetti dell’unica Coscienza. Questa “evidenza” dimostrata empiricamente convaliderebbe le “astruse” argomentazioni dell’Advaita śaṃkariano e, allo stesso tempo, le sostituirebbe alla luce della meccanica per la felicità degli allocchi che cascano in questa trappola rudimentale. Il punto, che Avinash Chandra illustra con autorevolezza, è che i moderni capaci di simili fatiche mentali non hanno la più pallida idea di cosa sia la Coscienza, confondendola con il senso dell’ego, quando va bene; altrimenti con qualche indefinita inclinazione subconscia, se non con la stessa massa cerebrale. Gli scienziati non sognano forse la possibilità di applicare una “coscienza” artificiale anche alle macchine? L’Autore, poi, dimostra come i sostenitori della fisica quantistica, del tutto incapaci di spiegare l’influenza del soggetto sui risultati dei loro esperimenti, siano ricorsi alla lettura di testi vedāntici, taoisti e buddhisti per cercarne una soluzione “misticheggiante”. Senza capire nulla di dottrine troppo raffinate per menti abituate soltanto a esperienze empiriche, si sono aggrappati al concetto di Coscienza svilendolo a livello di materia grossolana. Cosicché non sono stati gli scienziati a dimostrare sperimentalmente la correttezza di certe dottrine tradizionali, ma, al contrario, sono loro che hanno cercato in modo equivoco la soluzione alla loro impasse teoretica, diventando, spesso “figli dei fiori”. In ogni caso, questo anomalo sviluppo della meccanica quantistica, che ha convinto anche molti “tradizionali” o “perennialisti”, è un valido strumento per propagandare l’universalità della scienza materialista che riuscirebbe a rimpiazzare la metafisica della Coscienza non duale (advitīya Caitanya) indimostrabile in laboratorio.
La seconda parte del libro è dedicata alla descrizione di varie caratteristiche del mondo tradizionale. Tra questi capitoli è molto importante proprio l’esame del concetto di Coscienza sia nell’ottica della metafisica sia nelle varie sue applicazioni. Vi è illustrata la tecnica dell’adhyāropāpavāda per discriminare il Reale dal non-reale e diversi metodi per far emergere spontaneamente la verità altrimenti non ottenibile razionalmente. Curiosamente l’Autore si affida spesso a fonti “tradizionaliste” europee, forse nell’intento di attirare l’attenzione dei suoi lettori occidentali. Ciò può portare a qualche confusione diffusa da Guénon, Schuon e dai loro attuali seguaci, come quella di considerare l’intelletto (buddhi) come una realtà informale (arūpin tattva), mentre si tratta più semplicemente della funzione raziocinante e volitiva della mente individuale (antaḥkaraṇa).
Complessivamente, si tratta di un testo impegnativo, interessante e utile a coloro che desiderano staccarsi dalla società a una sola dimensione per affacciarsi al mondo della tradizione, specificatamente quella hindū. Le ripetute comparazioni con altre forme religiose danno la possibilità di un approccio graduale a una mentalità sovente molto distante, senza per questo indulgere a visioni sincretiche. Lo sguardo alle varie civiltà non le appiattisce in una “unità trascendente”, ma le ripartisce secondo le loro singole prospettive sapienziali.
Il libro casualmente ha 666 pagine. Ci attendiamo perciò i commenti gratuiti dei soliti mitomani.
Gian Giuseppe Filippi
🇫🇷 Avinash Chandra: The Scientist and the Saint. The Limits of Science and the Testimony of Sages, (Le Savant et le Saint. Les limites de la science et le témoignage des sages), Bartlow, Cambridge, Archetype Chetwynd House, 2018. ISBN 978-1-901383-54-6. Pp. 666. https://thescientistandthesaint.com/
Nettement divisé en deux parties spéculaires et opposées, ce considérable volume repose sur une sélection méthodique de citations de nombreux écrivains, reliées entre elles par les réflexions de l’auteur. Comme son titre l’indique, la comparaison se fait entre la mentalité scientiste laquelle, à partir de l’Occident, s’est répandue comme un mélanome sur toute la surface de la planète, et la vision sacrée de la tradition, avec une attention particulière à la situation de l’Inde contemporaine. À juste titre, Avinash Chandra établit une distinction entre les découvertes scientifiques et leurs applications technologiques – souvent utiles et bénéfiques pour la vie mondaine – et l’idéologisation qui en a été artificiellement tirée en tant que moyen pour déraciner la tradition. Dans les différents chapitres initiaux, l’on examine de façon stricte l’utilisation des réalisations de la science moderne pour valider une culture matérialiste laquelle, au cours des derniers siècles, s’est levée comme une marée irrépressible pour opposer la raison à la foi, la science à la religion. Cette opposition entre connaissance limitée et sagesse universelle est évidemment fausse et déplacée, mais facilement acceptable, précisément en raison de la nature simpliste et instinctive des limitations mentales de l’humanité massifiée d’aujourd’hui. Le triomphe, au moins dans l’hémisphère occidental, de l’idéologie scientiste était assuré par le renoncement à toute résistance réfléchie de la part des représentants de ce qui fut le catholicisme. Dans cet ouvrage, le premier sujet de critique est l’évolutionnisme darwiniste et sa variante néo-darwiniste, promue par les généticiens évolutionnistes. L’auteur a de bons arguments pour démontrer l’incohérence totale de ces hypothèses, s’appuyant notamment sur les démonstrations irréfutables de Roberto Fondi et Giuseppe Sermonti. Nous ne nous attarderons pas sur ce sujet, ayant déjà publié quelques critiques sur ce Site même. En revanche, le sujet suivant est totalement nouveau et concerne principalement la mécanique quantique et ses ramifications mystiques. La croyance est largement répandue que, depuis Max Plank, la science en général et la physique en particulier se sont considérablement rapprochées des doctrines cosmogoniques traditionnelles ; certains sont même allés jusqu’à prétendre que la recherche contemporaine a scientifiquement démontré ce que les doctrines hindoues avaient au premier abord confusément pressenti. Tout cela est parti de l’observation que les résultats des expériences menées en laboratoire étaient influencés par les personnes présentes lors de l’expérience. On en a déduit que l’objet modifié au cours de l’expérience n’était pas indépendant de la conscience du sujet agent. En bref, la science aurait ainsi démontré que l’interaction sujet-objet n’est rien d’autre que deux aspects de la seule Conscience. Cette « preuve » démontrée empiriquement validerait les arguments « abscons » de l’Advaita śaṃkarien et, par la même occasion, les remplacerait à la lumière de la mécanique pour le plus grand plaisir des imbéciles qui tombent dans ce piège rudimentaire. Le problème, qu’Avinash Chandra expose avec autorité, est que les modernes capables de tels efforts mentaux n’ont pas la moindre idée de ce qu’est la Conscience, vu qu’ils la confondent avec le sens de l’ego, avec un peu de chance, sinon avec une tendance indéfinie vers le subconscient, voire encore avec la masse cérébrale elle-même. N’est-il pas le rêve des scientifiques de pouvoir également donner une « conscience » artificielle aux machines ? L’auteur démontre ensuite comment les partisans de la physique quantique, totalement incapables d’expliquer l’influence du sujet sur les résultats de leurs expériences, ont eu recours à la lecture de textes védiques, taoïstes et bouddhistes pour trouver une solution en quelque sorte « mystique ». Sans rien comprendre aux doctrines trop raffinées pour des esprits habitués à la seule expérience empirique, ils se sont raccrochés au concept de Conscience, l’avilissant au niveau de la matière brute. Ainsi, ce ne sont pas les scientifiques à avoir expérimentalement démontré la justesse de certaines doctrines traditionnelles, mais, au contraire, ils ont assurément cherché de manière équivoque, la solution à leur impasse théorique, devenant souvent des « enfants fleurs ». En tout cas, ce développement anormal de la mécanique quantique, lequel a également convaincu de nombreux « traditionnels » ou « pérennialistes », est un outil valable pour propager l’universalité de la science matérialiste qui serait à ce point capable de remplacer la métaphysique de la Conscience non-duelle (advitīya Caitanya), chose indémontrable dans un laboratoire.
La deuxième partie du livre est consacrée à la description de diverses caractéristiques du monde traditionnel. Parmi ces chapitres, le concept de Conscience revêt une grande importance, tant du point de vue métaphysique que dans ses diverses applications. La technique de l’adhyāropāpavāda y est illustrée pour discriminer le Réel du non-réel et diverses méthodes afin que la vérité émerge spontanément, ce qui serait autrement impossible à atteindre. Curieusement, l’auteur s’appuie souvent sur des sources européennes « traditionnelles », peut-être dans le but d’attirer l’attention de ses lecteurs occidentaux. Cela peut conduire à certaines confusions répandues par Guénon, Schuon et leurs disciples actuels, comme celle de considérer l’intellect (buddhi) comme une réalité informelle (arūpin tattva), alors qu’il s’agit plus simplement de la fonction de raisonnement et de volition de l’esprit individuel (antaḥkaraṇa).
Dans l’ensemble, il s’agit d’un texte stimulant, intéressant et utile pour ceux qui souhaitent rompre avec la société unidimensionnelle et entrer dans le monde de la tradition, plus précisément de la tradition Hindū. Les comparaisons répétées avec d’autres formes religieuses offrent la possibilité d’une approche progressive vers une mentalité souvent très éloignée, sans pour autant se laisser aller à des visions syncrétiques. Son regard vers les différentes civilisations ne les aplatit pas en une «unité transcendante» ou «fondamentale», mais les partage en fonction de leurs perspectives sapientielles particulières.
Il se trouve que par hasard ce livre a 666 pages. Nous nous attendons donc les commentaires gratuits des mythomanes habituels.
Gian Giuseppe Filippi
🇪🇸 Avinash Chandra: The Scientist and the Saint. The Limits of Science and the Testimony of Sages (El Científico y el Santo. Los límites de la ciencia y el testimonio de los sabios), Bartlow, Cambridge, Archetype Chetwynd House, 2018. ISBN 978-1-901383-54-6. Pp. 666. https://thescientistandthesaint.com/
Dividido claramente en dos partes especulares y opuestas, este amplio volumen se basa en una metódica selección de citas de numerosos escritores, enlazadas por las reflexiones del autor. Como indica el título, la comparación es entre la mentalidad científica que, partiendo de Occidente, se ha extendido como un melanoma por toda la superficie del planeta, y la visión sagrada de la tradición, con especial atención a la situación de la India contemporánea. Con mucho acierto, Avinash Chandra distingue entre los descubrimientos científicos y sus aplicaciones tecnológicas, a menudo útiles y beneficiosas para la vida mundana, y la ideologización que se ha extraído artificialmente de ellos como medio para desarraigar la tradición. Los primeros capítulos analizan con severidad la utilización de los logros de la ciencia moderna para validar una cultura materialista que en los últimos siglos se ha levantado como una marea imparable para oponer la razón a la fe, la ciencia a la religión. Esta oposición entre el conocimiento limitado y la sabiduría universal es claramente falsa y fuera de lugar, pero fácilmente aceptable precisamente por la naturaleza elemental instintiva de las limitaciones mentales de la humanidad masificada de hoy. El triunfo, al menos en el hemisferio occidental, de la ideología cientificista ha sido garantizado por la renuncia a toda resistencia razonada por parte de los exponentes de lo que fue el catolicismo. En este libro, el primer tema de crítica es el evolucionismo darwinista y su variante neodarwinista promovida por los genetistas evolutivos. El autor demuestra facilmente la total inconsistencia de esas hipótesis, especialmente a partir de las demostraciones intachables de Roberto Fondi y Giuseppe Sermonti. No insistiremos en el tema, ya que hemos publicado un par de reseñas en este mismo Sitio. Por lo contrario, la discusión siguiente es completamente nueva y se refiere principalmente a la mecánica cuántica y a sus ramificaciones místicas. Es muy compartida la creencia que, desde Max Plank, la ciencia en general y la física en particular se hayan acercado considerablemente a las doctrinas cosmogónicas tradicionales. Algunos han llegado a afirmar que la investigación contemporánea ha demostrado científicamente lo que las doctrinas del hinduismo habían intuido oscuramente. Todo ello empezó con la observación que los resultados realizados en laboratorio eran influidos por los que asistían a los experimentos. De ello se dedujo que el objeto modificado en el curso del experimento no era independiente de la consciencia del sujeto. En resumen, la ciencia habría demostrado así que el sujeto y el objeto que interactúan no son más que dos aspectos de la única Consciencia. Esta ‘evidencia’ empíricamente demostrada validaría los argumentos ‘abstrusos’ del Advaita śaṃkariano y, al mismo tiempo, los sustituiría con la mecánica para los ingenuos que caen en esta trampa. Avinash Chandra ilustra con autoridad que los modernos capaces de tales esfuerzos mentales no tienen alguna idea de lo que es la Consciencia, confundiéndola tal vez con el sentido del ego. Pero más a menudo lo confunden con una indefinida inclinación subconsciente, o incluso con la propia masa cerebral. ¿No sueñan los científicos con la posibilidad de dar consciencia hasta a las máquinas? A continuación, el autor demuestra cómo los partidarios de la física cuántica, totalmente incapaces de explicar la influencia del sujeto en los resultados de sus experimentos, hayan recurrido a la lectura de textos védicos, taoístas y budistas para buscar una solución ‘mística’. Sin comprender nada de las doctrinas demasiado refinadas para mentes acostumbradas sólo a la experiencia empírica, se aferraron al concepto de Consciencia, degradándolo al nivel de la materia bruta. Por lo tanto, no fueron los científicos los que demostraron experimentalmente las doctrinas tradicionales, sino todo lo 6 contrario, fueron ellos los que buscaron la solución a su impasse ideologico, convirtiéndose a menudo en ‘hijos de las flores’. En cualquier caso, este desarrollo anómalo de la mecánica cuántica, que ha convencido también a muchos ‘tradicionalistas’ o ‘perennialistas’, es una herramienta válida para propagar la universalidad de la ciencia materialista capaz de sustituir la metafísica de la Consciencia no dual (advitīya Caitanya) que es indemostrable en laboratorio. La segunda parte del libro está dedicada a la descripción de diversas características del mundo tradicional. En estos capítulos, es muy importante el examen del concepto de Consciencia, tanto desde el punto de vista de la metafísica como en sus distintas aplicaciones. Ilustra la técnica de adhyāropāpavāda para discriminar lo Real de lo irreal y varios métodos para sacar espontáneamente la verdad que no se puede obtener racionalmente. Curiosamente, el autor recurre a menudo a fuentes europeas ‘tradicionalistas’, quizá con la intención de atraer la atención de sus lectores occidentales. Esto puede llevar a algunos malentendidos difundidos por Guénon, Schuon y sus seguidores actuales, como la de considerar el intelecto (buddhi) una realidad informal (arūpin tattva), mientras que es más simplemente la función razonal y volitiva de la mente individual (antaḥkaraṇa). En definitiva, se trata de un texto estimulante, interesante y útil para aquellos que deseen romper con la sociedad unidimensional y adentrarse en el mundo de la tradición, concretamente en la tradición Hindū. Las repetidas comparaciones con otras formas religiosas ofrecen la posibilidad de un acercamiento gradual a una mentalidad a menudo muy distante, sin caer en visiones sincréticas. El examen de las distintas civilizaciones no las aplana en una ‘unidad trascendente’ o ‘fundamental’, sino que las divide según sus singulares perspectivas sapienciales. El libro tiene por casualidad 666 páginas. Por lo tanto, son de esperar los comentarios gratuitos de los mitómanos de siempre.
Gian Giuseppe Filippi
🇬🇧 Avinash Chandra: The Scientist and the Saint. The Limits of Science and the Testimony of Sages, Bartlow, Cambridge, Archetype Chetwynd House, 2018. ISBN 978-1-901383-54-6. Pp. 666. https://thescientistandthesaint.com/
Clearly divided into two specular and opposing parts, this large volume is based on a methodical selection of quotations from numerous writers, linked together by the author’s reflections. Already explicit in the title, the aim of the book is the comparison between the scientistic mentality that, from the West, has spread like a melanoma over the entire surface of the planet, and the sacred vision of tradition, with particular attention to the situation in contemporary India. Very correctly, Avinash Chandra distinguishes between scientific discoveries and their technological applications, often useful and beneficial for worldly life, and the ideologization that has been artificially drawn from them in order to uproot tradition. In the first several chapters, the author sternly analyses the use in recent centuries of the achievements of modern science to validate the unstoppable rise of a materialist culture that sets reason against faith, science against religion. This opposition between limited knowledge and universal wisdom is obviously false and misplaced, but it is easily accepted by today’s massified humanity because of a mental limitation that has a basic and instinctive nature. The triumph, at least in the western hemisphere, of the scientistic ideology has been guaranteed by the representatives of what once was Catholicism who abandoned any sort of reasoned resistance. In this book, the first topic under criticism is Darwinist evolutionism and the neo-Darwinist variant promoted by evolutionary geneticists. The author can easily demonstrate the total inconsistency of those hypotheses, especially on the basis of the unexceptionable demonstrations of Roberto Fondi and Giuseppe Sermonti. We will not dwell on this subject, having already published a couple of reviews in our same site on this matter. On the contrary, the following discussion is completely new and concerns mainly quantum mechanics and its mystical branches. It is a widespread belief that, since Max Plank, science in general, and physics in particular, have come considerably closer to the traditional cosmogonic doctrines; some have even gone so far as to claim that contemporary research has scientifically demonstrated what had been obscurely intuited mostly by the doctrines of Hinduism. All this started from the observation that the results of experiments carried out in the laboratory were influenced by those who attended the procedures. From this it was deduced that the object modified during an experiment was not independent from the consciousness of the acting subject. In short, science would thereby have demonstrated that the interacting subject and object are nothing more than two aspects of the one Consciousness. This empirically demonstrated ‘evidence’ would validate the ‘abstruse’ arguments of the Advaita of Śaṃkara and, at the same time, replace them in the light of mechanics to the delight of the fools who fall into this rudimentary trap. The point here, which Avinash Chandra authoritatively illustrates, is that modern-day people capable of such mental exertions have not the faintest idea of what Consciousness is. At best they mistake it for the sense of ego, if not with the brain mass itself due to some unclear subconscious inclination. Is it not true that scientists do dream of possibly applying an artificial ‘consciousness’ to machines as well? The author then demonstrates how the supporters of quantum physics, totally unable to explain the influence of the subject on the results of their experiments, have resorted to reading Vedic, Taoist, and Buddhist texts in order to seek a «mystical» solution. Without utterly understanding these doctrines, too refined for minds accustomed only to empirical experience, they clung to the concept of Consciousness, debasing it to the level of gross matter. Thus, it was not the scientists who demonstrated on experimental basis the correctness of certain traditional doctrines, but, on the contrary, it was they who sought an ambiguous solution to their theoretical impasse, often becoming ‘flower children’. This anomalous development of quantum mechanics, which seduced many ‘traditionalists’ or ‘perennialists’, is a valid tool to propagandise the universality of materialist science with the aim of taking the place of the metaphysics of non-dual Consciousness (advitīya Caitanya) which cannot be substantiate through trivial laboratory experiments.
The second part of the book describes various characteristics of the traditional world. In these chapters, the examination of the concept of Consciousness is very important, from the point of view of both metaphysics and its various applications. It illustrates the technique of adhyāropāpavāda used to discriminate the Real from the non-real and the different methods to bring out spontaneously the Truth otherwise not obtainable through mere reasoning. Curiously, the author often relies on ‘traditionalist’ European sources, perhaps with the intention of attracting the attention of Western readers. This, however, may lead to some confounding idea spread by Guénon, Schuon and by their present-day followers, such as that of considering the intellect (buddhi) as an informal reality (arūpin tattva), while it is more simply the reasoning and volitional function of the individual mind (antaḥkaraṇa).
All in all, this is a challenging, interesting, and useful text for those who wish to break away from the one-dimensional society and enter the world of tradition, specifically the Hindū tradition. The repeated comparisons with other religious forms provide the possibility of a gradual approach to a mentality that is often very distant, without indulging in syncretic visions. Looking at the various civilisations does not flatten them into a ‘transcendent’ or ‘fundamental unity’ but divides them accordingly to their individual sapiential perspectives.
The book by chance has 666 pages. Therefore, we are expecting gratuitous comments from the usual mythomaniacs.
Gian Giuseppe Filippi