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10 Gennaio, 2021

58. La reazione cattolica. La controriforma

    58. La reazione cattolica. La controriforma

    Se si leggono i libri di storia contemporanei, le vicende che abbiamo descritto nei precedenti capitoli sono narrati con faziosità spudorata. La riforma protestante appare come una iniziativa per la palingenesi di un’Europa più libera e più giusta, ben presto aggredita dalla spietata reazione oscurantista della chiesa cattolica inquisitoria spalleggiata dalle mire espansionistiche della casa d’Asburgo. È esattamente l’opposto della verità. Fu l’eresia che sconvolse la cristianità e il Sacro Romano Impero con la caccia ai cattolici e con la violenza delle soldatesche dei principi tedeschi ribelli. Gli eversori si fingono vittime e i mantenitori dell’ordine sono dipinti come repressori1.

    La chiesa di Roma tentò in tutti i modi di dialogare con i fanatici, come anche l’Impero dimostrò pazienza e sopportazione verso i ribelli. Questo comportamento tollerante fu un errore e permise all’eresia e ai nazionalismi di stabilizzarsi. La scomunica a Lutero arrivò soltanto nel 1521, quattro anni dopo la pubblicazione delle sue tesi2. Come è già stato descritto, l’Imperatore Carlo V, per non mancare al salvacondotto che gli aveva elargito, consentì a Martin Lutero di eclissarsi con la protezione dei principi ribelli. Subito dopo cominciò l’aggressione delle soldatesche a conventi, monasteri, cattedrali, e alla città di Treviri, feudo del Vescovo Elettore. La rivolta dei cavalieri e dei contadini fu indirizzata contro l’Impero e la Chiesa, fino a quando questi insorti, ormai inutili, furono abbandonati e traditi da Lutero e dai feudatari che lo sostenevano.

    La controriforma iniziò dopo vent’anni di patteggiamenti, diplomazia, profferte di conciliazione e prese di posizione timide che rappresentarono un grave ritardo nella reazione alla provocazione teologica e alla devastazione dell’Europa centrale. Il movimento controriformistico ufficialmente iniziò nel 1542, con una prima incerta convocazione del Concilio di Trento e si concluse nel 1563. Tuttavia questi ventun anni furono caratterizzati da accelerazioni decise e da improvvise frenate: tutto dipendeva dalle posizioni politiche dei cinque papi che si alternarono in quegli anni3. Lo stesso Imperatore fu obbligato a prendere tempo nel reprimere all’interno la fellonia dei suoi vassalli, essendo costantemente aggredito all’esterno dalla ‘cristianissima’ Francia4, sempre pronta ad appoggiare i protestanti, e sotto la minaccia dall’Impero ottomano in espansione nei Balcani.

    Alla fine il Concilio di Trento stabilì che:

    1. La fonte della religione non poteva essere ridotta alla sola lettura della Bibbia, ma che era indispensabile la trasmissione ininterrotta dei riti e della dottrina che costituisce ciò che è la tradizione. Perché la tradizione fosse mantenuta intatta era necessario che la trasmissione avvenisse tramite persone ritualmente consacrate, ossia tramite i vescovi e i loro delegati, preti e diaconi. In questo modo la controriforma denunciava il carattere antitradizionale delle diverse sette protestanti, prive di clero regolarmente consacrato, perciò prive di trasmissione rituale e dottrinale.

    2. La lettura del testo sacro doveva seguire l’ininterrotta interpretazione della chiesa docente garantita dalla trasmissione dei pontefici e insegnata dal clero. Perciò le interpretazioni personali della Bibbia, basate sulle inclinazioni proprie a ciascun individuo, erano arbitrarie e prive di alcun valore.

    3. I sacramenti erano sette sulla base del Nuovo Testamento e delle disposizioni trasmesse dagli apostoli. I sacramenti erano rituali efficaci capaci di produrre effetti reali in questa vita e nella vita dopo la morte; non erano, perciò, soltanto vuote cerimonie commemorative, come gli unici due sacramenti riconosciuti dagli eretici.

    4. L’eucarestia era confermata quale sacramento centrale. Cristo era nato per sacrificarsi per l’umanità decaduta. Il rito di consacrazione del pane e del vino era l’effettivo rinnovarsi del sacrificio del venerdì santo e di quello della croce e non semplicemente una cerimonia in ricordo dell’ultima cena, come vuole il protestantesimo.

    5. Essendo i riti operativi, essi permettevano di accumulare meriti al fine di raggiungere i cieli dopo la morte. La fede, dunque, non era sufficiente per ottenere la salvezza, come invece sostenevano i protestanti. Come s’è già osservato, la negazione protestante dell’efficacia dei riti è strettamente connessa alla loro credenza nella predestinazione. L’individuo, perciò, se non ottiene da Dio la grazia della fede, non può agire per migliorare il proprio destino postumo.

    6. Il rito, quindi, per essere efficace, doveva essere preservato da ogni volontaria o involontaria modifica. Il prete celebrante, perciò, doveva seguire scrupolosamente il canone romano, a eccezione delle poche varianti rituali consacrate dalla tradizione5.

    7. La lingua usata ritualmente doveva essere obbligatoriamente il latino6 e la Vulgata latina di San Girolamo era dichiarata il testo canonico per la Bibbia. L’uso del volgare era interdetto7.

    Questi punti riguardano la dottrina e la liturgia cattolica. Come si può notare il Concilio di Trento non modificò nulla in questo ambito; si limitò a riaffermare con forza la tradizione in netta contrapposizione con la riforma. I punti che seguono sono invece le innovazioni che consistono in modifiche organizzative e comportamentali per riparare ai difetti della chiesa e alle sue corruzioni che erano stati oggetto delle accuse moralistiche mossele dagli eretici8.

    8. Il clero doveva essere istruito nella dottrina, nella pratica rituale e nella morale. La dottrina doveva essere illustrata con chiarezza, semplicità e al di là d’ogni incertezza. A questo proposito la ponderosa teologia medievale veniva sintetizzata e unificata da articoli di fede insegnati dal catechismo. La centralizzazione del rito romano poneva fine alle diversità di prassi tra diocesi e tra nazioni. Nuova importanza era attribuita alla teologia morale per definire senza dubbi il comportamento dei consacrati. I vescovi erano preposti alla vigilanza sull’istruzione del clero, con il controllo dei nuovi centri di studi per aspiranti preti, i seminari.

    9. I vescovi dovevano promuovere una costante attenzione su seminari, monasteri e conventi, allontanando e punendo i soggetti indegni.

    10. Le parrocchie e le diocesi dovevano impegnarsi a coltivare e istruire i fedeli, adoperandosi per il recupero delle frange sociali deboli o moralmente deviate. A questo scopo sorsero numerosi ‘ordini religiosi’9 che si dedicarono a una azione di bonifica sociale.

    11. Garante unico e sovrano assoluto di tutti i cattolici si proclamava il pontefice romano, in piena continuità con la secolarizzazione iniziata cinque secoli prima da Gregorio VII; con l’aggravante che allora il prestigio del Sacro Romano Impero era insidiato dai regni nazionali che si erano venuti a formare in quei secoli. Il prestigio imperiale era ormai di ordine simbolico e morale, ma nella pratica non osservato. Il papa, rendendosi conto di ciò decise di allineare l’Imperatore nel numero dei diversi re e principi regnanti, tutti rigorosamente suoi subordinati. Purtroppo non si rese conto che anche l’autorità pontificia ormai era considerata alla stessa stregua e che, politicamente, lo Stato della Chiesa non aveva più un potere reale, ma solamente morale. Negando la primazia imperiale il papa demolì anche la sua stessa autorevolezza.

    Il risultato delle decisioni del Concilio di Trento fu un arroccamento del cattolicesimo in una nuova forma cristallizzata. La chiarezza della dottrina semplificata in catechismo si espresse nel proliferare dei dogmi, ossia di postulati di fede indimostrabili. La società cattolica, assumendo regole più austere, parve purificarsi. Tuttavia, senza rendersene conto, la conduzione della controriforma s’inclinò verso un comportamento moralistico che andava nella medesima direzione di quello protestante. L’educazione delle masse ignoranti al catechismo rappresentò un vantaggio per il popolino e per il basso clero; tuttavia, costituì una notevole limitazione intellettuale in comparazione con la scolastica del medioevo com’era stata coltivata da domenicani e francescani.

    L’assenza ormai da vari secoli di un esoterismo sapienziale cattolico diede origine a due fenomeni tra loro opposti. Il primo è quello a cui abbiamo dedicato i precedenti scritti di questa serie a partire dal 48° capitolo: il desiderio di supplire all’assenza di iniziazione conoscitiva o, almeno, devozionale, spinse gli umanisti alla creazione da fonti libresche di un occultismo magico anticattolico basato sul sincretismo ermetico-qabbalistico. Il secondo fu la nascita del misticismo, talvolta spontanea, talaltra, indotta con determinate pratiche. Gli ordini religiosi reagirono correttamente contro le pseudo iniziazioni protestanti o agnostiche. Tuttavia, in questo modo costruirono attorno alla chiesa cattolica un muro che avrebbe anche impedito qualsiasi interscambio con una iniziazione regolare. Qualsiasi forma d’una autentica iniziazione che sopravvivesse in Occidente da allora fu confusa dalla chiesa post-tridentina con l’occultismo e con il satanismo, tacciati tutti insieme senza alcuna seria discriminazione, di ‘gnosticismo’. Questo, di fatto, costituì una vera incompatibilità tra cattolicesimo e iniziazione.

    Misticismo10: diamo per scontato che il lettore sia a conoscenza che mistica e miste11 corrispondono a una condizione iniziatica, mentre misticismo e mistico descrivono un fenomeno spontaneo di ordine psicologico. Il mistico fin dalla nascita manifesta determinate caratteristiche e inclinazioni mentali che lo spingono a esperienze sottili involontarie e che, come tali, sono considerate elargite della grazia divina. Generalmente queste esperienze si intensificano durante l’adolescenza, determinando nei giovani scelte riguardanti la vita adulta. Le esperienze, sebbene molteplici e tipiche di ciascun soggetto, possono essere divise in due categorie: esperienze sensibili rimanendo in stato di veglia -diremmo noi-, come la percezione di visioni, voci e suoni, profumi, toccamenti12 ecc. Oppure esperienze definite contemplative, sperimentate durante l’estasi13.

    In termini specificamente iniziatici, l’uso del termine ‘esperienze contemplative’ è erroneo, in quanto la contemplazione è desiderio di conoscenza14 e non recezione passiva della grazia divina. La scolastica definisce l’estasi ‘separazione dell’anima dal corpo’, che è ugualmente un concetto inesatto, in quanto tale separazione porterebbe alla morte immediata. Tuttavia la descrizione teologica, per quanto limitata e fallosa, è utile per comprendere ciò che è il misticismo per il cattolicesimo. Per usare un linguaggio antropologico culturale, ormai dilagante nella pseudo teologia contemporanea, l’estasi è, dunque, uno stato alterato di coscienza15. Questo colloca correttamente il misticismo nel novero di analoghi fenomeni spontanei, quali la transe sciamanica, quella medianica e altri tipi di possessione passiva. Sarà dunque l’educazione religiosa del mistico a determinare se le sue esperienze sensibili o estatiche debbano essere considerate ortodosse16 o eterodosse17. Ciò nonostante, rimane sempre incerto, anche presso i mistici ortodossi, distinguere quali delle loro esperienze sottili debbano essere considerate di origine divina e quali di origine demonica18.

    Il misticismo spontaneo, già presente nel cattolicesimo verso la fine del medioevo quando l’iniziazione sapienziale si era ritirata, divenne piuttosto frequente in periodo rinascimentale, quasi a controbilanciare la diffusione della stregoneria a livello popolare e dell’occultismo rinascimentale tra gli eruditi.

    In questo stesso periodo apparve un altro tipo di misticismo cattolico, non spontaneo ma indotto da pratiche di preghiera e di ascesi ricalcate da ambienti ebraici. Ne sono esempi gli esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola19 e le pratiche per favorire l’estasi20 di S. Teresa d’Avila21. Non si deve però confondere questo misticismo con la qabbalah cristiana fondata dal marchese della Mirandola. Infatti quello dei mistici spagnoli fu una importazione di tecniche ebraiche a sussidio di pratiche religiose cattoliche del tutto essoteriche, mentre la qabbalah cristiana rappresentò una giudaizzazione della magia ermetica con pretese esoteriche. Gesuiti e carmelitani, in breve tempo, diffusero questo tipo di preparazione al misticismo in tutto il mondo latino al fine di contenere l’espansione protestantica.

    Gian Giuseppe Filippi

    1. Si vuole anche addossare all’Impero il sacco di Roma, quando invece Carlo V e il papa Clemente VII erano ancora alleati. La responsabilità dell’accaduto va, invece, addossata al connestabile di Borbone che era al comando dei mercenari lanzichenecchi. Fu ucciso durante l’assalto alle mura romane, per cui le sue truppe, prevalentemente protestanti, prive di ogni controllo si scatenarono in un terrificante saccheggio. (André Chastel, Il sacco di Roma 1527, Torino, Einaudi, 2010)[]
    2. Per inciso, la scenografica affissione delle tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg nel 1517 storicamente non è mai avvenuta, anche se è un episodio immancabile nei testi scolastici di storia. L’episodio, infatti fu narrato solo trent’anni dopo da Melantone, unica fonte che, oltretutto, in quella data non era nemmeno presente a Wittenberg. “Præfatio Melanthonis in ‘Tomum secundum omnium operum R. D. Martini Lutheri”, in Corpus Reformatorum 6, Halis Saxonum, C. A. Schwetschke, 1839, pp. 161 e segg.[]
    3. I papi del ‘partito mediceo’, profondamente influenzati dalla cultura laica rinascimentale e simpatizzanti per la Francia, si adoperarono a ostacolare la naturale alleanza con il Santo Impero, dimostrandosi tiepidi nei confronti dell’eresia protestante, favorendo in questo modo il suo consolidamento. Al contrario, i papi del ‘partito spagnolo’, più rigorosi nelle tematiche religiose, spingevano decisamente per l’eradicazione dell’eresia con l’aiuto imperiale.[]
    4. Ricordiamo che il papa attribuì il titolo di Re cristianissimo a Carlo VII di Francia, come riconoscimento per aver combattuto conto gli inglesi e i borgognoni, entrambi cattolici, durante l’inquietante avventura di Giovanna d’Arco.[]
    5. Per esempio si erano mantenuti gli antichissimi riti ambrosiano, valido nel milanese, quello greco, nel ravennate, quello di Braga, in Portogallo e quello medievale dell’Ordine Certosino.[]
    6. L’insieme dei rituali cristiani che il prete consacrato celebra in favore dei fedeli è denominato ‘liturgia’. Letteralmente significa azione in favore del popolo (Gr. λαίτος-οὐργία). Poiché il latino era usato anche per i riti individuali sia parlati sia mentali, è riduttivo considerarlo una lingua liturgica. Finché nel medioevo esistette una pratica iniziatica, questa usava formule in latino o, alternativamente, in greco. Il latino, perciò, deve essere considerato a tutti gli effetti la lingua sacra del cristianesimo romano. L’apparizione dell’ebraico nelle iscrizioni pseudoiniziatiche o nelle evocazioni magiche rinascimentali è tarda ed è da attribuire al sincretismo della qabbalah cristiana.[]
    7. Pietro Sforza Pallavicino, Istoria del concilio di Trento: con aggiunte inedite e note tratte da varii Autori, [Reprint] (1846), Delhi, True World of Books, 2020.[]
    8. Si ricorderà che il movimento sovversivo luterano partì dalla pretestuosa critica alla vendita delle indulgenze. Nel caso specifico si trattava della raccolta di fonti per la costruzione della basilica di San Pietro a Roma. Senza quelle indulgenze la basilica non sarebbe stata costruita a meraviglia dei secoli futuri. I moralisti protestanti, invece, s’impadronirono delle chiese già cattoliche trasformandole in ‘templi’ riformati, distruggendo dipinti e sculture antiche, invisi alla loro iconoclastia e all’odio per il culto dei santi. Questo spiega l’angosciante squallore da hangar o da garage dei loro ‘templi’. Invece il moralista in capo, Martin Lutero, preferì trasformare il monastero in cui visse da frate agostiniano in lussuosa residenza per la sua famiglia.[]
    9. Con il declinare del medioevo gli ‘ordini monastici contemplativi’ avevano perduta la scienza sacerdotale, la dottrina della patristica e l’iniziazione corrispondente. Per ovviare a questa perdita sorsero gli ‘ordini pauperistici mendicanti’ del tutto essoterici, il francescano e il domenicano; certamente alcuni di quei frati ottennero una iniziazione, ma cavalleresca o di mestiere e del tutto al di fuori dell’ordine di cui facevano parte. I francescani si dedicavano alla conduzione delle anime nelle città, indicando una vita retta e semplice; i domenicani, invece, si specializzarono nell’insegnamento della teologia e della speculazione filosofica. Entrambi conversero nella fondazione delle Università e nella professione della scolastica. I nuovi ‘ordini religiosi’ cinquecenteschi, invece, si dedicarono ad attività sociali come, per esempio, l’insegnamento basico del catechismo per bimbi, mense per sfamare gli indigenti, asili per il recupero delle prostitute, assistenza ai carcerati, istituti per la raccolta dei trovatelli ecc. Questa tendenza al sociale con l’andare dei secoli è diventato l’unico scopo del cattolicesimo a discapito di tutte le altre attività realmente religiose.[]
    10. Argomento in parte già trattato nel terzo articolo di questa serie “Iniziazione e misticismo”.[]
    11. San Tommaso d’Aquino con mistica intendeva l’interpretazione non letterale dei misteri della religione: “E in questo senso abbiamo di essi ragioni di ordine figurale o mistico: sia che vengano desunte da Cristo e dalla Chiesa, dando luogo all‘allegoria, sia che si riferiscano ai costumi del popolo cristiano, concretandosi in ragioni morali, sia che riguardino lo stato della gloria futura in cui Cristo ci introduce, dando luogo all‘anagogia.” (Summa T. CII.2.3). Dante perciò, pur con una interpretazione più precisamente iniziatica, si era rifatto a questa definizione teologica tomista. È perciò corretto considerare mistica la dottrina di Eckhart e lui stesso come miste, sebbene i suoi seguaci, Taulero, Suso, gli ‘Amici di Dio’, nonché il beghinaggio, siano da annoverare più correttamente tra le correnti del misticismo.[]
    12. In alcuni casi si sono manifestate le stimmate cristiche o altre ferite riportate da santi martiri del passato. Come tutti coloro che ricevono esperienze in stato di passività, anche il mistico, nel caso che il fenomeno non si produca, è spinto alla frode e alla simulazione dei ‘segni divini’.[]
    13. San Tommaso d’Aquino (Summa T., XXVIII. 3) distingue tre gradi dell’estasi: sospensione dei sensi esterni, sospensione sia dei sensi esterni sia di quelli interni, diretta contemplazione dell’essenza divina. Significativamente però l’Aquinate sottolineava: “L‘estasi implica una certa alienazione. L‘amore invece non sempre produce alienazione: ci sono infatti degli amanti in piena coscienza.” (Ibid. XXVIII.3.1). Ciò è molto significativo se interpretato nell’ottica dei Fedeli d’Amore.[]
    14. Ricordiamo che la jijñāsā è pur sempre un’attività mentale (mānasa kriyā) nonostante che sia considerata non azione (akarma) in quanto non produce altra azione (karma phala).[]
    15. Quanto gli pseudo teologi cattolici contemporanei siano corrotti dallo scientismo è provato dalla seguente esposizione: “Questa necessità è così determinante che per l’Aquinate: È chiaro che le facoltà sensibili ci sono necessarie per pensare, non solo nella fase di acquisizione del sapere ma anche nell’utilizzare la conoscenza già acquisita. Qui Tommaso ha un’intuizione che solo le moderne scienze mediche, in particolare la neurofisiopatologia, hanno acquisito. […] Oggi sappiamo come e perché una lesione di parti del cervello comporti serie difficoltà nel suo funzionamento complessivo…” (Don Sergio Simonetti, “La conoscenza mistica in San Tommaso d’Aquino”, Roma, Teresianum 57, 2006/2, pp. 599-612).[]
    16. Queste considerazioni sono valide per le religioni monoteiste, fatta eccezione per il cristianesimo ortodosso orientale e per la sunnah islamica, dove il fenomeno non s’è manifestato. Perciò è lecito considerare mistiche le tendenze post qabbalistiche dell’ebraismo e quelle della shi῾a islamica a seguito del declino del sufismo in ambiente imamita.[]
    17. Ossia riformate: tra queste ultime sono noti casi come quelli di Jakob Böhme, George Fox, Emanuel Swedenborg e altri ancora.[]
    18. Da un punto di vista metafisico non si può affatto accettare la paternità di certi fenomeni psichici a Dio o al diavolo, come si fa in ambito teologico. Noi preferiremo interpretarli come proiezioni delle tendenze sāttvika, rājasa o tāmasa della natura propria (svabhava) del singolo individuo.[]
    19. Ignazio era un hidalgo discendente da una famiglia ebrea convertita al cristianesimo ed il suo segretario, Diego Laínez, era ebreo di nascita. (C. Carrete y C. Fraile, Los judeoconversos de Almazán. 1501-1505. Origen familiar de los Laínez, Salamanca, Universidad Pontificia, 1987). L’isolamento meditativo richiesto per gli esercizi spirituali di S. Ignazio è la trasposizione cristiana dell’hitbonenuth qabbalistico.[]
    20. Le evidenti caratteristiche sensuali di questi stati estatici ha sempre lasciato il dubbio che fossero influenze della lubrica corrente eretica degli alumbrados di Toledo; pur se Santa Teresa fu spesso tenuta sott’occhio dal Santo Offizio per questa ragione, il tribunale ecclesiastico non riuscì mai a provare la veridicità di tale sospetto.[]
    21. “Nel corso delle indagini, emerse che l’ebreo Juan Sánchez, ricco mercante di sete vivente a Toledo e convertito al cristianesimo, cioè converso, era accusato di essere ritornato di nascosto alla pratica dell’ebraismo e quindi considerato marrano. Dopo una retata della Suprema, cioè del Tribunale dell’Inquisizione, Juan Sánchez aveva scelto per la confessione e quindi, giudicato colpevole, aveva espiato la sua colpa il 20 luglio 1485: fustigato in pubblico, costretto a rivestirsi del sambenito nero (sacco benedetto) pagò una notevole multa. Dopo questa amara vicenda, Juan Sánchez, con tutta la famiglia, si trasferì ad Ávila, cambiò cognome e i suoi figli vissero da nobili e sposarono donne appartenenti alla cerchia sociale più importante di Ávila. Il marrano altri non era che il padre di don Alonso de Cepeda, quindi nonno di doña Teresa de Cepeda y Ahumada. […] Teresa era a conoscenza di questo passato familiare, ma non ne parlò mai nei suoi scritti, anche se alcuni segnali rivelano i legami con la tradizione religiosa della sua famiglia. Si notano infatti delle consonanze fra l’ebraismo e la mistica teresiana, quali la preghiera ebraica e l’orazione teresiana; il «faremo e ascolteremo» della Torah e «le opere» teresiane; la halachà, il cammino dell’ebreo nell’esistenza e il Cammino di perfezione di Teresa; la kavannáh e la deveqúth come adesione alla divina Presenza, alla shekinah, e il raccoglimento che Teresa pratica e insegna; la berachà, la benedizione che ritma la giornata del pio ebreo e che costella tutte le opere della carmelitana; il tzimtzum, il contrarsi di Dio nella propria essenza profonda per lasciare spazio e autonomia alla creazione a cui corrisponde la contrazione nella vita di Teresa in uno spazio delimitato, accettando lo tzimtzum del proprio corpo e del proprio spirito nel celibato. Tutto vissuto all’interno della storia per restaurare il mondo, nel tikkun ‘olam, nella comunione con l’Altissimo. (Vito Luigi Valente, “Nonno marrano”, L’Osservatore Romano, 2.10.2014)[]

    58. The Catholic Reaction. The Counter-reformation

      58. The Catholic Reaction. The Counter-reformation

      In contemporary history books the events we have described in the previous chapters are narrated with shameless factiousness. In fact, the Protestant Reformation is shown as an initiative for the palingenesis of a freer and fairer Europe, that soon after had been attacked by the ruthless obscurantist reaction of the inquisitorial Catholic church backed, of course, by the expansionist ambitions of the house of Habsburg. But all this is exactly the opposite of the truth. It was actually the heresy that shook Christendom and the Holy Roman Empire by hunting down Catholics and by the use of violence of the soldiers under the orders of the rebellious German princes. The subversives pretended to be the victims and those who maintained the order were portrayed as repressors1.

      The Church of Rome tried to talk in any possible way to the fanatics, and in the same manner the Empire showed patience and forbearance towards the rebels. This tolerant behaviour was a mistake and allowed heresy and nationalism to stabilize. The excommunication of Luther came only in 1521, four years after the publication of his theses2. As already described, Emperor Charles V, in order not to dishonour the safe-conduct he had granted him, allowed Martin Luther to slip away and seek the protection of the rebellious princes. Immediately afterwards began the aggression of the princes’ armies towards convents, monasteries, cathedrals, and the city of Trier, feud of the Electoral Bishop. The revolt of the knights and peasants was directed against the Empire and the Church, until the insurgents became useless and were abandoned and betrayed by Luther and the feudal lords who supported him.

      The Counter-Reformation began after twenty years of bargaining, diplomatic efforts, proffers of conciliation, and timid stances that caused a serious delay in reacting to the theological provocation and the devastation of central Europe. The Counter-Reformation movement officially began in 1542, with a first hesitant convocation of the Council of Trent, and ended in 1563. However, these twenty-one years were characterized by strong accelerations and sudden stops: it all depended on the political positions of the five popes who alternated during those years3. The Emperor had to slow down the internal repression against his vassals’ felony because of the constant external attacks from the “most Christian” France, always ready in supporting the protestants, and of the threat of the expanding Ottoman Empire in the Balkans.

      Finally, in the Council of Trent was decided what follows:

      1. The source of religion could not be reduced to the sole reading of the Bible, and it was indispensable the uninterrupted transmission of rites and doctrine that forms the only base of tradition. In order for the tradition to be kept intact, the transmission had to happen through ritually consecrated persons, in other words through bishops and their delegates, priests and deacons. In this way, the Counter-Reformation denounced the anti-traditional character of the various Protestant sects, which lacked of regularly consecrated clergy and therefore lacked of ritual and doctrinal transmission.

      2. The reading of the sacred text had to follow the unbroken interpretation of the Church’s teachings guaranteed by the transmission of the pontiffs and taught by the clergy. Therefore, personal interpretations of the Bible, based on each individual’s own inclinations, were arbitrary and of no value.

      3. The sacraments were seven, they were based on the New Testament and the conditions conveyed by the apostles. The sacraments were effective rituals that produced real effects in this life and in the life after death; they were not, therefore, merely empty commemorative ceremonies, like the only two sacraments recognized by the heretics.

      4. The Eucharist was confirmed as central sacrament. Christ was born to sacrifice himself for the fallen humanity. The rite of consecration of the bread and wine was the actual renewal of the Good Friday sacrifice and the sacrifice of the cross and not simply a ceremony in memory of the Last Supper, as used by Protestantism.

      5. Since the rites were operative, they allowed the accumulation of merits in order to reach heaven after death. Faith, therefore, was not sufficient to obtain salvation, as the Protestants claimed. As already noted, the Protestant denial of the efficacy of the rites is closely linked to their belief in predestination. In fact, in Protestantism the individual, without the grace of faith given by God, cannot act to improve his posthumous destiny.

      6. The rite, therefore, in order to be effective, must be preserved from any voluntary or involuntary modification. The celebrating priest, had to scrupulously follow the Roman canon, with the exception of the few ritual variations consecrated by tradition4.

      7. The ritual language had to be Latin5, and St. Jerome’s Latin Vulgate was declared the canonical text for the Bible. The use of the vernacular was interdicted6.

      These points concern the Catholic doctrine and liturgy. Actually, the Council of Trent did not change anything in this area; it merely reaffirmed the tradition in strong opposition to the Reformation. The following points, on the other hand, are innovations that consisted in organizational and behavioural changes in order to repair the defects of the church and the corruption that had been the cause of the moralistic accusations of the heretics7. The Clergy had to be instructed in doctrine, ritual practice, and morality. The doctrine had to be explained with clarity, simplicity and beyond all uncertainty. In this regard, the ponderous medieval theology was synthesized and unified in articles of faith taught by the catechism. The centralization of the Roman rite put an end to the diversity of practice among the various dioceses and nations. More importance was given to the moral theology in order to define without any doubt the behaviour of all consecrated people. Bishops were responsible for overseeing the education of the clergy, by keeping under their supervision and control the new centres of study for the aspiring priests, the seminaries.

      9. Bishops were to keep a constant attention onto seminaries, monasteries, and convents, by removing and punishing unworthy individuals.

      10. Parishes and dioceses had to commit themselves to nurture and instruct the faithful, working for the recovery of the weaker or morally stray fringes of society. To this end, numerous ‘religious orders’8 were created and dedicated to an action of social relief.

      11. The Roman Pontiff was proclaimed the sole guarantor and absolute sovereign of all Catholics, in complete continuity with the secularization begun five centuries earlier by Gregory VII; with the aggravating circumstance that at that time the prestige of the Holy Roman Empire was threatened by the national kingdoms born during those centuries. The imperial prestige was now of a symbolic and moral order, but in practice it was not followed. The pope, realizing this, decided to align the Emperor alongside the various reigning kings and princes, all strictly subordinate to him. Unfortunately, he did not realize that even the papal authority was now perceived in the same way and that, politically, the State of the Church had no longer real power, but only a moral one. By denying the imperial primacy, the pope also demolished his own authority.

      The decisions made by the Council of Trent resulted in an entrenchment of Catholicism in a new crystallized form. The clarity of doctrine simplified in the catechism brought to the proliferation of dogmas, i.e., indemonstrable postulates of faith. Catholic society, by assuming more austere rules, seemed to purify itself. However, without realizing it, the conduct of the Counter-Reformation towards a more moralistic behaviour became similar to the Protestant one. The education of the ignorant masses through catechism indeed benefited the common people and the lower clergy; however, it led to a considerable intellectual impoverishment in comparison with the scholasticism of the Middle Ages as pursued by the Dominicans and Franciscans.

      The absence of a Catholic sapiential esotericism for several centuries resulted in to two opposing phenomena. To the first one we have dedicated our previous writings of this Series starting from chapter 48: the lack of cognitive or, at least, devotional initiation, pushed the humanists to create from book-based sources an anti-Catholic magical occultism founded on the hermetic-qabbalistic syncretism. The second was the birth of mysticism, sometimes spontaneous, sometimes induced by certain practices. The religious orders reacted correctly against Protestant or agnostic pseudo-initiations. However, in doing so they built a wall around the Catholic Church that would also prevent any interchange with a regular initiation. In fact, from that moment on, the post-Tridentine Church confused any form of authentic initiation, that was still surviving in the West, with occultism and Satanism, all branded indiscriminately as ‘Gnosticism’. From then on, this constituted a true incompatibility between Catholicism and initiation.

      Mysticism9: we assume that the reader is aware that mystica and mystes10 correspond to an initiatic condition, while mysticism and mystic describe a spontaneous phenomenon of a psychological order. The mystic manifests from birth certain characteristics and mental inclinations that provoke in him involuntary subtle experiences and that, as such, are considered bestowed on him by the divine grace. Generally, these experiences intensify during the adolescence, determining in the youth choices regarding their future adult life. These experiences, although multiple and specific to each individual, can be divided into two categories: sensory experiences while remaining in a waking state, such as the perception of visions, voices and sounds, smells, touches11, etc. Or experiences that are defined contemplative and that are experienced during the ecstasy12.

      In specific initiatic terms, the use of the definition ‘contemplative experiences’ is erroneous, since in the initiatic path contemplation is a desire for knowledge13 and not a passive reception of the divine grace. Scholasticism defines the ecstasy as the separation of the soul from the body, which is equally an inaccurate concept, since such separation would lead to immediate death. Nevertheless, the theological description, however limited and fallacious, is useful for understanding the meaning of mysticism in Catholicism. To use a cultural anthropological language now widespread in contemporary pseudo-theology, ecstasy is an altered state of consciousness14. This correctly places mysticism together with similar spontaneous phenomena, such as the shamanic transe, the mediumistic transe and other types of passive possession. Consequently, the religious upbringing of the mystic would determine whether his or her sensory or ecstatic experiences should be considered orthodox15 or heterodox16. However, even among orthodox mystics, it remains uncertain how to differentiate which of their subtle experiences should be considered of divine origin and which of a demonic one17.

      Spontaneous mystic phenomena were already present in Catholicism towards the end of the Middle Ages when sapiential initiation had receded, and they became quite common in the Renaissance period, as if to counterbalance the spread of witchcraft among common people and the Renaissance occultism among scholars.

      In this same period another kind of Catholic mysticism appeared, not spontaneous but induced by prayers and ascetic practices that can be traced back to the Jewish environment. Examples are the spiritual exercises of St. Ignatius of Loyola18 and the practices to promote the ecstasy19 of St. Teresa of Avila20. However, this mysticism must not be mistaken with the Christian Qabbalah founded by the Marquis of Mirandola. In fact, Spanish mystics borrowed the Jewish techniques to aid Catholic religious and completely exoteric practices, while the Christian Qabbalah represented a Judaization of the hermetic magic thus showing its esoteric pretensions. Jesuits and Carmelites, rapidly spread these preparatory techniques to mysticism throughout the Latin world in order to contain the Protestant expansion.

      Gian Giuseppe Filippi


      1. They also want to blame the Empire for the sack of Rome, when in reality Charles V and Pope Clement VII were still allies. The responsibility of the event must be put on the Constable of Bourbon who was in command of the mercenary lansquenets. He was killed during the assault on the Roman walls, so his troops, mostly Protestants, lacking all control went on a terrifying barbaric plundering spree (André Chastel, Il sacco di Roma 1527, Torino, Einaudi, 2010).[]
      2. Incidentally, the scenic posting of theses on the door of the cathedral of Wittenberg in 1517 historically never happened, even though it is an unfailing episode in school history texts. The episode, indeed, was narrated only thirty years later by Melanchthon, the unique source who, moreover, at that date was not even present in Wittenberg. “Præfatio Melanthonis in ‘Tomum secundum omnium operum R. D. Martini Lutheri”, in Corpus Reformatorum 6, Halis Saxonum, C. A. Schwetschke, 1839, p. 161 and following pages.[]
      3. The popes of the ‘Medici party’, profoundly influenced by the secular culture of the Renaissance and sympathetic towards France, hindered the natural alliance with the Holy Empire showing a mild reaction towards the Protestant heresy, and thus favouring its consolidation. On the contrary, the popes of the ‘Spanish party’, more rigorous on religious matters, pushed decisively with the Imperial help for the eradication of the heresy.[]
      4. For example, the ancient Ambrosian ritual used in the Milan area, the Greek ritual of the Ravenna area, the Braga ritual in Portugal, and the medieval ritual of the Carthusian Order, were all maintained.[]
      5. The whole of Christian rituals that the consecrated priest celebrates on behalf of the faithful is called ‘liturgy’. Literally it means “action on behalf of the people” (Gr. λαίτος-oὐργία). Since Latin was also used for individual rites both spoken and mental, it is reductive to consider it only as a liturgical language. During the Middle Ages, when the initiatic practice still existed, Latin formulas, or alternately the Greek ones, were used. Latin, therefore, must be considered to all effects the sacred language of Roman Christianity. The appearance of Hebrew in pseudo-initiatic inscriptions or in Renaissance magical evocationscame later and can be attributed to the syncretism of Christian Qabbalah.[]
      6. The episode, indeed, was narrated only thirty years later by Melanchthon, the unique source who, moreover, at that date was not even present in Wittenberg. “Præfatio Melanthonis in ‘Tomum secundum omnium operum R. D. Martini Lutheri”, in Corpus Reformatorum 6, Halis Saxonum, C. A. Schwetschke, 1839, p. 161 and following pages.[]
      7. It will be recalled that the Lutheran subversive movement began with the specious criticism of the sale of indulgences. The specific case was the collection of funds for the construction of St. Peter’s Basilica in Rome. Without those indulgences, the basilica would have never been built to marvel the following centuries. Protestant moralists, on the other hand, took over Catholic churches and transformed them into reformed ‘temples’, destroying ancient paintings and sculptures, as result of their iconoclasm and hatred for the cult of saints. This explains the distressful hangar or garage-like squalor of their ‘temples’. On the other hand, the moralist-in-chief, Martin Luther, preferred to convert the monastery in which he lived as an Augustinian monk into a luxurious residence for his family.[]
      8. With the Middle Ages decline, the ‘contemplative monastic orders’ lost their sacerdotal science, the patristic doctrine and the corresponding initiation. In order to overcome this loss, the ‘pauperistic mendicant orders’ such as the Franciscan and the Dominican, appeared; certainly, some of these friars had obtained an initiation, but a knightly or a trade one that were completely foreigner to the orders they belonged to. The Franciscans devoted themselves to the guidance of souls in the cities by indicating a righteous and simple life; the Dominicans, on the other hand, specialized in the teaching of theology and philosophical speculation. Both concurred in founding universities and in professing scholasticism. The new ‘religious orders’ of sixteenth-century on the other hand, devoted themselves to social activities such as, for example, the basic teaching of catechism to children, canteens to feed the indigent, asylums for the recovery of prostitutes, assistance to prisoners, institutes for the reception of foundlings, etc. Over the centuries, this tendency towards social work has become the sole purpose of Catholicism, to the detriment of all other truly religious activities.[]
      9. Subject partly already covered in the third article of this series “Initiation and Mysticism”.[]
      10. It is therefore correct to regard Eckhart’s doctrine as mystica and him as mystes, although his followers, Tauler, Suso, the ‘Friends of God’, as well as Beguinage, are more correctly to be counted among the currents of mysticism.[]
      11. Some of them manifested the Christic stigmata or other wounds as suffered by holy martyrs of the past. Like all those who passively receive these experiences, also the mystic, in the event that the phenomenon does not occur, is driven to fraud and simulation of the ‘divine signs’.[]
      12. St. Thomas Aquinas (Le questioni disputate. IV: De anima, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2001, II.II, q. 175 a. 3) distinguishes three degrees of ecstasy: suspension of the external senses, suspension of both external and internal senses, direct contemplation of the divine essence.[]
      13. Note that jijñāsā is still a mental activity (mānasa kriyā) despite the fact that it is considered non-action (akarma) because it does not produce other action (karma phala).[]
      14. The extent of the corruption of thinking, due to scientism, of contemporary Catholic pseudo-theologians is proven by the following exposition: “This necessity is so decisive that for Aquinas: It is clear that the sensitive faculties are necessary for us in order to be able to think, not only in the phase of acquiring knowledge but also in using the knowledge already acquired. Here Thomas has an insight that only the modern medical sciences, particularly neurophysiopathology, have acquired. […] Today we know how and why a lesion of parts of the brain leads to serious difficulties in its overall functioning…” (Don Sergio Simonetti, “Mystical Knowledge in St. Thomas Aquinas,” Rome, Teresianum 57, 2006/2, pp. 599-612).[]
      15. These considerations are valid for monotheistic religions, with the exception of Eastern Orthodox Christianity and the Islamic Sunnah, where the phenomenon did not happen. Therefore, it is fair to assume that the post-Qabbalistic tendencies of Judaism were mystical experiences as well as were those of the Islamic Shi῾a after the decline of Sufism in the Imamite environment.[]
      16. Meaning reformed: among the latter are known the cases of Jakob Böhme, George Fox, Emanuel Swedenborg and others.[]
      17. From a metaphysical point of view, we cannot accept at all as origin of certain psychic phenomena neither God nor the devil, as it is assumed in theological circles. We prefer to interpret them as projections of the sāttvika, rājasa or tāmasa tendencies of the individual’s own nature (svabhava).[]
      18. Ignatius was a hidalgo descended from a Jewish family converted to Christianity and his secretary, Diego Laínez, was Jewish by birth. (C. Carrete y C. Fraile, Los judeoconversos de Almazán. 1501-1505. Origen familiar de los Laínez, Salamanca, Universidad Pontificia, 1987). The meditative isolation required for the spiritual exercises of St. Ignatius is the Christian transposition of the Qabbalistic hitbonenuth.[]
      19. The evident sensual characteristics of these ecstatic states has always casted doubt on whether these were influences of the lubricious heretical current of the alumbrados of Toledo; although St. Teresa was kept under control by the Holy Office for this reason, the ecclesiastical tribunal was never able to prove the truth of this suspicion.[]
      20. “In the course of the investigation, it emerged that the Jew Juan Sánchez, a wealthy silk merchant living in Toledo and a convert to Christianity, i.e., converso, was accused of having secretly returned to the practice of Judaism and therefore considered a marrano [crypto-Jews]. After a raid by the Suprema, the Inquisition Tribunal, Juan Sánchez had chosen to make a confession and therefore, having been judged guilty, had atoned for his guilt on July 20, 1485: he was flogged in public, forced to put on the black ‘sambenito’ (blessed sackcloth) and paid a considerable fine. After this bitter matter, Juan Sánchez and his family moved to Ávila, changed their surnames, and his sons lived as nobles and married women from the most important social circles in Ávila. The marrano was none other than the father of don Alonso de Cepeda, therefore grandfather of doña Teresa de Cepeda y Ahumada. […] Teresa was aware of this family background, but never mentioned it in her writings, although some signs revealed a connection with the religious tradition of her family. In fact, similarities are appreciable between Judaism and Theresa’s mysticism, for example between the Jewish prayer and Theresa’s oration; the “we will do and listen” of the Torah and Teresa’s “works”; halacha, the path through existence of the Jew and Teresa’s Path of Perfection; kavannáh and deveqúth as participation to the divine Presence, the shekinah, and the concentration as taught and practiced by Teresa; berachà, the blessing that gives rhythm to the day of the pious Jew and that is similarly present in  all the works of the Carmelite; tzimtzum, the contraction of God in the individual own profound essence leaving space and autonomy to creation corresponds to the contraction of Teresa’s life in a delimited space, accepting the tzimtzum of one’s own body and spirit in celibacy. All experienced within history in order to restore the world, in tikkun ‘olam, in communion with the Most High. (Vito Luigi Valente, “Nonno marrano,” L’Osservatore Romano, 2.10.2014)[]