57. Ludibria Rosicruciana
57. Ludibria Rosicruciana
Cos’era andato a fare in Boemia John Dee dal 1583 al 1589, durante la sua missione segreta? Generalmente si dice che, assieme al suo compagno negromante e mago Edward Kelley, avesse visitato a Praga Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612). A corte, i due avrebbero coinvolto l’Imperatore in evocazioni di angeli e in riti di possessione, in cui Kelley svolgeva il ruolo di medium. Correva anche voce, mai confermata, che in quell’occasione Dee avesse incontrato Rabbi Judah Loew, qabbalista noto per il suo misticismo messianico e per le sue pratiche di magia. In realtà John Dee passò quasi tutto quel periodo a Trebon ospite del potente principe Villem von Rosenberg (1535-1592), dove fondò un circolo d’amici che, per la sua riservatezza, sarebbe meglio definire una società segreta. Certamente membro di questo circolo fu il fratello minore del suo ospite, Peter Vok von Rosemberg (1539-1611), che abbandonò il cattolicesimo in favore del calvinismo, il suo amico Christian von Anhalt (1568-1630) e il qabbalista ermetico paracelsiano Oswald Croll (1563–1609).
La sotterranea azione politica svolta da John Dee in Boemia coincide temporalmente con la sospetta presenza di Giordano Bruno alla corte di Rodolfo II nel 1588. Anche in questo caso, l’Imperatore rapidamente si liberò della presenza dello spione al servizio dell’Inghilterra, licenziandolo con una semplice elargizione di denaro. Anche Bruno, nel corso delle sue tappe in Germania e in Boemia, fondò delle società segrete ‘giordaniste’ che ricorrevano a rituali magici d’ispirazione ‘egizia’.
Nell’immediato, quelle due missioni segrete risultarono fallimentari. Tuttavia, come vedremo qui di seguito, esse gettarono i semi per una eversione su vasta scala che condurrà ai disastri della guerra dei trent’anni. Cosa si prefiggevano queste spie della neonata Intelligence inglese è presto detto: lo scopo era quello di ostacolare la controriforma cattolica che, lentamente, stava riconquistando larghe aree della Germania. Ma soprattutto cercavano di minare la vera potenza cattolica rappresentata dal Sacro Romano Impero. L’Inghilterra elisabettiana, nonostante le sue smodate ambizioni imperialiste, era ancora una potenza di terzo ordine. John Dee, anglicano ultranazionalista, durante la sua missione nell’Europa continentale, attenuò i toni della sua fede nella ‘chiesa’ d’Inghilterra, per predicare il superamento delle rivalità tra le diverse sette protestanti a nome di un fantasioso esoterismo universalistico riformatore radicato nell’humus dell’occultismo ermetico-qabbalistico. Lo scopo perseguito era quello di infiltrare nascostamente le sette protestanti e le potenze continentali al fine di fare della corona inglese il grande manovratore occulto dei destini dell’Occidente. Anche Giordano Bruno, ossia la spia inglese Henry Fagot, cospirò in tal senso. Totalmente agnostico, considerava le diverse correnti protestanti strumenti utili alla distruzione del cattolicesimo e del Santo Impero. Il suo interesse si concentrava sulla predicazione esplicita della magia ‘egizia’ quale strumento di riforma della mentalità.
A quanto pare lo scopo dei maghi a servizio dell’Intelligence inglese era quello di raggirare l’Imperatore Rodolfo, che era anche re di Boemia, in modo da ottenere il controllo del Sacro Romano Impero. Praga, dove Rodolfo aveva spostato la capitale dell’Impero, rappresentava un nodo strategico importante, in quanto il re di Boemia era uno dei sette elettori imperiali. In pratica si tentava per vie traverse di ottenere il controllo della cristianità dopo lo scacco del 1519, allorché né Francesco di Francia né Enrico VIII Tudor erano riusciti a farsi eleggere Imperatore.
Rodolfo II, come spesso accade a coloro che sono affascinati dall’occulto, non era una persona molto equilibrata. In un periodo di gravi tensioni provocate dalla divisione protestante della cristianità e dalle guerre scatenate dai diversi principi, soprattutto tedeschi e olandesi, che approfittavano per ritagliarsi uno stato indipendente, Rodolfo rappresentava un vero problema. Invece di assumere la direzione della situazione, egli preferiva rinchiudersi nel suo castello di Praga, dedicandosi a tentativi di magia cerimoniale e a collezionare grimorii e automata, i giocattoli degli occultisti. Sinceramente cattolico e fautore della controriforma, non dava molto peso alla minaccia per la pace rappresentata dall’aggressività protestante. Non era neppure preoccupato per la propaganda degli eretici hussiti, esercitata nella stessa Praga. Fu così che nel 1608 un consiglio di famiglia lo destituì da ogni suo incarico.
Una volta ritornato in Inghilterra, il fallimento della missione europea costò a John Dee i favori della corona, costringendolo a una vita di privazioni e di oblio.
Alla morte di Elisabetta I successe al trono Giacomo VI Stuart, re di Scozia. Divenuto Giacomo I d’Inghilterra fu una figura di sovrano molto particolare che rappresentò una discontinuità rispetto ai sogni imperialistici dei Tudor. Fervente cattolico, rivendicava però ampie autonomie dal pontefice romano, coerentemente con l’idea di monarchia assoluta che si stava imponendo ovunque in Europa. Fu avverso alle teorie e pratiche della magia e ostile al protestantesimo, in particolare al puritanesimo. Tuttavia il suo potere fu parzialmente ostacolato dal Parlamento elisabettiano da cui i cattolici erano esclusi. Il Parlamento influì pesantemente sulle scelte protestanti dei figli del Re.
Nel frattempo, i semi velenosi sparsi da Dee e da Bruno negli ambienti protestanti della Germania avevano cominciato a germogliare. Nell’anno 1604 apparve un curioso libro intitolato Naometria di Simon Studion, tardo umanista paracelsiano. Il libro è un classico esempio di letteratura “profetica”, confezionato all’unico scopo di influenzare l’andamento degli avvenimenti in una determinata direzione. In esso si predice un’alleanza tra Giacomo I d’Inghilterra, Enrico IV re di Navarra e poi di Francia, e il duca Federico di Württemberg. Questi tre principi sarebbero riusciti in breve ad abbattere il potere dell’Anticristo, ossia la chiesa cattolica, e a sconfiggere l’islam, provocando così il ritorno di Cristo e l’inizio del millennio di pace protestante. Ovviamente tutto ciò non si verificò affatto. La Naometria potrebbe perciò essere considerata non degna d’attenzione, se non fosse per un unico particolare: in una pagina è riprodotto il sigillo di Lutero, in un contesto che è già rosacruciano.
Nel 1613 fu celebrato il matrimonio tra Elisabetta, figlia di re Giacomo, e un Elettore imperiale, il conte palatino Federico V. Francis A. Yates relata con minuzioso entusiasmo i festeggiamenti, le scenografie, le farse, le commedie teatrali e le pompose processioni che furono allestite per l’occasione. Il suo entusiasmo compartecipa delle speranze di tutte le sette eretiche anticattoliche di allora. È alquanto evidente che tutto questo contorno artificialmente allegorico del matrimonio principesco è il fatto storico a cui Andreæ s’ispirò per le sue Nozze chimiche di Christian Rosencreutz. Anche il castello di Heidelberg, sede dell’Elettore palatino, con i suoi giardini ‘simbolici’, con le sue collezioni di libri di magia, stregoneria e alchimia, con il suo museo di mirabilia e di automata, è stato il modello per il romanzesco castello in cui Rosencreutz fu ‘iniziato’ ai sette gradi dell’Ordine della Pietra d’Oro.
La coppia principesca, oggetto di vera adorazione da parte di tutte le sette protestanti, in realtà era composta da due giovinetti di debole carattere e del tutto in balia di chi li manovrava. Il loro burattinaio fu Christian von Anhalt, che già abbiamo trovato appartenente al circolo di Dee durante la sua permanenza al castello di Trebon. Egli fu il regista di tutta la pantomima delle nozze palatine e della loro rovina finale. Nel 1617 la Dieta di Boemia riconosceva il cattolico Ferdinando d’Asburgo quale re di Boemia. Tale successione non fu gradita agli hussiti che l’anno successivo defenestrarono i legati reali e si sollevarono contro la corona. Gli hussiti, dietro pressione del principe di Anhalt e dei suoi accoliti calvinisti, elessero come anti-re l’Elettore palatino Federico V.
La manovra politica era spudoratamente evidente: gli Elettori dell’Imperatore erano sette di cui tre ecclesiastici e quattro laici. Tre Elettori laici erano protestanti, il re di Boemia, un Asburgo, era cattolico. Con il colpo di stato in favore dell’Elettore palatino, Federico avrebbe disposto di due voti, rovesciando la maggioranza a favore degli eretici. Così si poteva realizzare lo stravolgimento del Santo Impero in una confederazione di stati protestanti e anticattolici. L’avventura durò meno di un anno: il comandante in capo dei rivoltosi, il principe Christian von Anhalt si dimostrò pessimo stratega e l’esercito luterano-calvinista-hussita fu massacrato nella battaglia della Montagna Bianca, l’8 novembre 1620. La notizia del rovescio raggiunse i due giovani usurpatori della corona di Boemia mentre pranzavano nel castello di Praga. Si diedero a disordinata fuga, abbandonando tutti i loro averi. Così Federico V e Elisabetta persero non soltanto la corona di Boemia, ma anche la contea elettorale del Palatinato, rafforzando la cattolicità dell’Impero. Vissero in esilio a spese di qualche feudatario olandese e tedesco ancora legato alla causa sfortunata e di qualche aiuto da parte del Parlamento inglese.
Quella fu la prima di una serie di vittorie imperiali; se più tardi non fosse intervenuto il re di Svezia a sostegno dei protestanti, la riforma sarebbe stata spazzata via del tutto. Ma lasciamo il terreno della semplice politica e ritorniamo a esaminare i risvolti pseudo-iniziatici di quegli accadimenti. Ciò che appare chiaro è che i tre documenti rosacruciani, sull’onda delle missioni sovversive di Bruno e di Dee, volevano ispirare una riforma occultistica dell’Europa; essi si presentavano come la continuazione profetica della Naometria di Studion, allo scopo di influenzare occultamente la mentalità corrente per accettare come provvidenziali i cambiamenti socio-politici da loro perseguiti. Tuttavia qualcosa non era andato per il verso giusto.
È curioso che perfino lo stesso Andreæ, autore delle Nozze Chimiche, anche prima del disastro della Montagna Bianca avesse preso le distanze dal movimento rosacruciano. Nelle sue opere successive definì la Fama, la Confessio e la Chymische Hochzeit con il termine latino di ludibria. Il significato immediato di ludibrium è quello di scherno, beffa, presa in giro, ma nel linguaggio drammatico era usato per definire la farsa, che non toglie nulla al suo senso poco serio. Nel suo Mythologiæ Christianæ Libri Tres del 1619, usando ancora il linguaggio teatrale, Andreæ affermava: “Non ho assolutamente nulla a che vedere con essa [la fraternità R+C]. Non molto tempo fa, quando accadde che alcuni letterati stavano preparando una rappresentazione di certi circoli intellettuali, mi sono avvicinato loro per osservarli, dato che la moda attuale è quella di cercare avidamente le notizie più nuove. Da spettatore, non senza un certo piacere, ho assistito a una diatriba tra scritti, ma, subito dopo, ho visto un completo cambiamento di protagonisti. Siccome il teatro è ormai pieno di litigi, con violenti scontri di opinione, anche se espressi per mezzo di allusioni ambigue e congetture maligne, ho deciso di tirarmene fuori completamente, per non avere alcun ruolo in una vicenda così sospetta e rischiosa”. Così egli rinnegava spudoratamente la sua partecipazione in prima persona alla farsa rosacruciana in quanto autore delle Nozze Chimiche, aggiungendo tutta la sua riprovazione per il cambiamento di rotta, di personaggi ispiratori e di fini, avvenuto nella fraternità.
A questo proposito, la Yates ha tutte le ragioni per affermare che l’idea iniziale di una fraternità immaginaria era stata dirottata sul terreno dello scontro politico, religioso e bellico. Si era formata una società segreta concreta che, invece di promuovere una mentalità pseudo esoterica protestante, interveniva fattivamente per alterare gli equilibri dell’Occidente a favore di nuovi e sconosciuti padroni. La ricercatrice del Warburg Institute afferma che la nebulosa non organizzata di occultisti, che avevano fantasticato di ‘adepti’ rosacroce e di Fraternità rosacrociana, era stata infiltrata da ‘superiori sconosciuti’, diremmo noi, e trasformata in una organizzazione reale e inaccessibile. Questi infiltrati, presumibilmente estranei al cristianesimo, indussero Andreæ a ritornare precipitosamente sui suoi passi e, in contrapposizione, a dar vita a una Societas Christiana,di cui scrisse il manifesto di fondazione intitolato Reipublicæ Christianopolitanæ Descriptio. L’ipotesi dell’infiltrazione estranea è rafforzata dalla condotta di Michael Maier (1568-1622), che taluni considerano essere stato l’autore della Fama e della Confessio. Maier aveva sostenuto a più riprese che i rosacroce formavano una confraternita reale, pur protestando di non esserne affiliato. Dopo il disastro dell’avventura rosacruciana in Boemia, nel 1622 pubblicò il libro Cantilenæ intellectuales de Phœnice redivivo. In quest’opera egli riduceva l’importanza della cospirazione rosacruciana a uno scherzo, affermava che gli ideali di riforma universale erano stati traditi da infiltrazioni estranee e profetava di una imminente resurrezione del movimento, questa volta vincente.
L’ultimo rosacruciano dell’epoca che stiamo indagando fu l’inglese Robert Fludd. Medico paracelsiano ed ermetista anglicano, da giovane viaggiò in Europa. In particolare si fermò in Germania dove entrò in contatto con Michael Maier e con gli editori De Bry. Non c’è dubbio che Fludd avesse così continuato l’opera di persuasione occulta iniziata da John Dee, di cui era grande ammiratore. In seguito aveva affermato di aver tentato invano di mettersi in contatto con gli autori della Fama e della Confessio Fraternitatis. Soprattutto dopo il fallimento del movimento di ‘Riforma rosacrociana’ dell’Europa, egli insistette a dire di non essere mai riuscito ad avere contatti con i veri rosacroce. In questo modo prendeva le distanze da quell’impresa, pur confermando la sua simpatia per le idee originali del movimento. In qualche modo, anch’egli come Andreæ e Maier, testimoniava di una intromissione estranea che aveva condotto a una deviazione dagli ideali originali la quale, a sua volta, aveva provocato la rovina dell’avventura boema.
Nonostante la confusione, spesso creata ad arte, a proposito della rosacroce e dei rosacruciani, è necessario tirare le giuste somme dai dati che abbiamo esposto nella nostra indagine sulla fine del medioevo e l’inizio dell’evo moderno.
1. Nell’ambito della tradizione cattolica, ovvero nell’area europea coincidente con l’Impero d’Occidente (Sacro Romano Impero), dopo il ritiro dell’iniziazione monastico-sacerdotale, la distruzione dell’Ordine del Tempio segnò la fine delle vie iniziatiche cavalleresche. Rimasero viventi le organizzazioni iniziatiche di mestiere.
2. Il vuoto lasciato dalla scomparsa del sapere sacerdotale fu surrogato dall’affioramento del misticismo, fenomeno non iniziatico e, in qualche modo, ‘spontaneo’.
3. L’ermetismo ‘cristiano’ fu una ricostruzione libresca operata da eruditi occultisti rinascimentali, senza alcuna trasmissione reale dall’ermetismo alessandrino né da quello arabo.
4. Chi si pose il problema della trasmissione iniziatica si rivolse alla qabbalah ebraica. Anche in questo caso non avvenne alcuna trasmissione. Anzitutto perché gli ermetisti rinascimentali furono attratti dalla deviazione mistica, magica e apocalittica della qabbalah; in secondo luogo, poiché non si convertirono al giudaismo, ma inventarono una qabbalah cristiana che avrebbe avuto lo scopo inverso, quello di convertire gli ebrei. Non avendo più alcuna nozione circa la trasmissione iniziatica, gli intellettuali del rinascimento sovrapposero la magia qabbalistica sulla magia ermetica ‘cristiana’, di dubbia regolarità persino ai loro occhi.
5. Il nuovo pensiero fu costruito come un marchingegno per distruggere tutto ciò che rimaneva della tradizione medievale: le vie iniziatiche di mestiere ancora esistenti, la struttura ecclesiale con la sua teologia e l’ideale del Santo Impero.
6. La contemporanea diffusione delle eresie ‘cristiane’, hussite, luterane, calviniste e anglicane diede lo spunto per considerare l’inizio di una nuova era e di una nuova ‘religione laica’ adattata ai nuovi tempi. I maghi rinascimentali, convinti di rappresentare un’élite intellettuale, manovrarono per innestare il loro occultismo qabbalista-ermetico come un nuovo pseudo esoterismo all’interno e al di sopra della nuova pseudo religione. Il problema era: come compattare tra loro le varie sette ereticali per farne una ‘religione universale’?
7. Davanti all’efficacie reazione antiprotestante e anti rinascimentale della controriforma cattolica, le diverse sette cominciarono ad accordarsi. Di questa situazione si avvantaggiò l’Inghilterra elisabettiana.
8. Similmente, le diverse correnti occultistiche trovarono nella leggenda rosacruciana il loro punto di aggregazione.
Quello che è certo è che fino alla comparsa dei manifesti rosacruciani nessuno aveva mai sentito parlare di una tale fraternità: oltre alla Fama, alla Confessio e alle Nozze Chimiche, non esiste alcun altro documento attribuibile ai rosacroce che ne attesti l’esistenza. Gli altri scritti che furono pubblicati nel medesimo periodo e che citano i rosacroce sono, almeno ufficialmente, letteratura di supporto. I loro autori se ne dichiarano ammiratori, ma confessano di non far parte del ‘Collegio Invisibile’. Perciò, per esaminare l’argomento, ci si deve attenere rigorosamente soltanto a quelle tre fonti. Che rosacroce definisca un grado di realizzazione corrispondente al perfezionamento dello stato umano e non una organizzazione definita è una pura illazione, in piena contraddizione con i tre documenti summenzionati. Infatti i rosacroce vi appaiono come coloro che sono associati alla medesima Fraternitas o ‘Collegio Invisibile’.
Non è nemmeno possibile sostenere che i rosacroce siano stati gli iniziati cattolici sopravvissuti alla distruzione dell’Ordine del Tempio, che si riorganizzarono in accordo con gli iniziati all’esoterismo islamico per mantenere un legame apparentemente interrotto, anzitutto perché dal 1314 al 1616 non è mai stato menzionato il nome di rosacroce e, in secondo luogo, perché i tre documenti trasudano odio sia nei confronti del cattolicesimo sia dell’islam. Al contrario, per i rosacroce l’unica fonte di sapere menzionata è la qabbalah.
Non è neppure accettabile che i rosacroce siano stati degli iniziati di così elevata realizzazione da sfuggire a qualsiasi indagine storica: sarebbero forse stati costoro tanto al di sopra di Lao Tze, Chuang Tze, Lie Tze, di Gauḍapāda, Śaṃkara, Sūreśvara, di Abd al-Qādir Jīlānī, Ibn ‘Arabi, Abd al-Karīm al-Jīlī, di Origene, Eckhart, Dante, che hanno lasciato chiare tracce della loro esistenza terrena assieme a opere celeberrime? Dichiarare di non trovare le tracce di personaggi così importanti per le sorti umane ricorda quelle dei mahātmā teosofisti o dei bābājī himalayani della new age indiana. Vale a dire che richiede una fede cieca da parte degli ingenui nei confronti di chi espone tesi prive di ogni fondamento. E che questo sia un retaggio occultistico, è dimostrato dal fatto che si dà per certo che i ‘veri rosacroce’ avrebbero abbandonato l’Europa per l’Asia, attorno al 1648, data della pace di Westfalia. C’è da chiedersi se il rifugio asiatico dei rosacroce non debba essere identificato con la misteriosa Damcar. I ‘veri rosacroce’, in questo modo, si sarebbero ritirati in quel luogo a leccarsi le ferite dell’insuccesso boemo, per poi ritentare l’infiltrazione dell’Europa qualche decennio più tardi. Tra le fonti è citato infatti anche l’occultista Saint-Yves d’Alveydre. Evidentemente gli occultisti possono aver avere accesso a notizie storiche segrete, negate perfino agli iniziati!
Gian Giuseppe Filippi