Vai al contenuto

23. Gesù il Cristo

    Gesù il Cristo

    L’uso popolare ha fatto del binomio Gesù Cristo una sorta di nome e cognome. Nulla di più errato: Cristo in greco significa “Re unto” 1.
    Si tratta dunque della esatta traduzione del termine ebraico Messia (Ebr. māšīāḥ), e questo ci indica con precisione quale fosse la funzione di Gesù agli occhi dei suoi discepoli. Il Re che diventava tale per ereditarietà o per acclamazione, doveva essere confermato da parte dei sacerdoti del Tempio per mezzo del rito dell’unzione: Nel Tempio era conservata una ampolla di olio consacrato che era usata per “ungere” la testa di ogni persona che fosse nata nella tribù sacerdotale di Levi per dedicarsi al culto del loro Dio come sacerdote (Ebr. kohen). Solamente i più degni sovrani, che dovevano appartenere alla tribù guerriera di Giuda, erano scelti dai sacerdoti per essere unti Messia. In questo modo il Re assumeva anche alcuni poteri sacrali tipici del sacerdozio 2.
    Gesù apparteneva alla tribù di Giuda da parte di padre e a quella di Levi da parte di madre. Questo spiega come nel corso della sua breve vita pubblica ogni tanto egli si comportasse da pretendente al trono dei Giudei e altre volte come un Messia sacerdotale. Il leggendario cristiano ha sottolineato questa duplice origine con il racconto dell’adorazione dei Re-magi. In questo modo il bambino Gesù 3 veniva riconosciuto come pari da tre Re venuti da oriente, che erano anche dei sacerdoti (magi 4).
    Fino all’età di trenta anni Gesù non compì alcuna azione pubblica. Non è probabile, però, che egli avesse compiuto in quegli anni degli studi religiosi e che avesse ottenuto il titolo di rabbi, dottore della legge, come spesso è chiamato nel Vangelo. Egli doveva però essere diventato un rabbi Nazareo 5 e aver frequentato gli zeloti 6. Il battesimo di Gesù, che è l’episodio che dà inizio alla sua vita pubblica, non fu soltanto un rito iniziatico nazareo, ma fu chiaramente un evento concordato con Giovanni Battista 7, in modo tale da compiere con le profezie dell’Antico Testamento. Si ritirò, poi, per quaranta giorni nel deserto a digiunare e pregare come facevano gli Esseni 8, e lì fu tentato dal Diavolo.
    Finito quel periodo di preparazione spirituale, Gesù ritorno a condurre una vita sociale. Da quel momento Gesù cominciò a predicare il prossimo avvento del Regno di Dio sulla terra, assecondando l’aspettativa dei giudei della venuta del Messia e del domino del “popolo eletto” su tutto gli altri popoli. Egli stesso non si proclamò mai scopertamente Messia, ma neppure mai lo negò, lasciando ai suoi seguaci la responsabilità di dichiararlo alle masse. Inoltre Gesù assunse appositamente un comportamento e compì delle azioni in modo che “si adempissero le profezie” 9 bibliche sulla venuta del Messia. Radunò attorno a lui un gruppo di dodici apostoli e settenta o settantadue discepoli, scelti tra le classi più povere e umili della Galilea. Molti erano pescatori, altri esattori delle imposte, o zeloti che vivevano alla macchia. Dapprima li mandò a fare proselitismo tra gli ebrei della diaspora, proibendo loro di predicare a eretici o a stranieri. “Vi mando come pecore tra i lupi; perciò siate astuti come serpenti e prudenti come colombe.10. Questo primo tentativo di farsi riconoscere fu fallimentare perché i suoi seguaci tornarono indietro senza aver convertito nessuno. Per questa ragione Gesù maledisse le città che avevano rifiutato il suo messaggio 11. Cambiò allora i suoi piani, decidendo di farsi riconoscere Re nel cuore della Giudea, a Gerusalemme.
    Preparandosi a entrare a Gerusalemme come Re dei Giudei per farsi ungere Messia dai sacerdoti del Tempio, Gesù disse ai suoi seguaci: “Chi ha una borsa o una bisaccia la prenda con sé; e chi non ha una spada venda il suo mantello e se la compri. Perché vi dico che deve compiersi ciò che di me sta scritto: si è accompagnato a dei banditi. Infatti si sta compiendo [la profezia] che mi riguarda.” E quelli gli dissero: “Maestro, ecco qui due spade.” Ed egli disse: “Questo mi basta.” 12. Infatti come tutti gli zeloti, essi dovevano essere sempre armati della corta spada chiamata sica, che facilmente poteva essere nascosta sotto i vestiti. Non per nulla Gesù aveva dichiarato: “Non dovete credere che sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada.13.
    Infatti durante l’arresto di Gesù i suoi discepoli reagirono e S. Pietro con la sua spada mozzò un orecchio d’un servo del Sommo Sacerdote. Ma visto il numero soverchiante di soldati romani e di guardie del Tempio, Gesù diede ordine di deporre le armi: «Rimetti la tua spada, perché quelli che impugneranno la spada moriranno di spada» 14.
    Come si può notare Cristo non fu certamente pacifista, come vuole l’interpretazione cristiana moderna. Gesù scelse i giorni festivi precedenti la Pasqua per entrare in Gerusalemme. In quell’occasione numerose folle provenienti della Giudea e dalla Galilea accorrevano in pellegrinaggio al Tempio. Quella folla lo acclamava come Re dei Giudei e lo scortavano festosa per entrare per la porta delle mura della capitale. I pellegrini stendevamo a terra i loro mantelli e foglie di palma perché le zampe dell’asino che Gesù montava non toccassero la strada infangata. Quella ricorrenza è chiamata “domenica delle Palme”. È probabile che i soldati Romani non intervenissero per non rovinare l’ambiente festivo giudaico e per non provocare incidenti con gli zeloti mescolati alla folla.
    Gesù e i suoi entrarono allora nel cortile del Tempio, dove da sempre c’erano bottegucce che vendevano animali per il sacrificio e bancarelle di cambiavalute per l’uso rituale tradizionale. Egli, armato d’una frusta, cacciò i mercanti e fece rovesciare le loro bancarelle, impedendo che questi raccogliessero la loro mercanzia sparsa al suolo. Fu questo un chiaro tentativo di occupare il Tempio 15.
    Il Vangelo dà una spiegazione morale all’avvenimento, ma non dice nulla sulla reazione dei guardiani del Tempio e della guarnigione romana che occupava la torre Antonia, proprio a lato del Tempio. Sta di fatto che Gesù e i suoi seguaci uscirono di nascosto dalla città per andare a passare la notte in campagna. Il giorno dopo rientrarono a Gerusalemme, ma questa volta in segreto, evitando ogni festeggiamento e manifestazione popolare. Evidentemente il colpo di mano per impadronirsi del Tempio era fallito. Da quel momento Gesù e i suoi discepoli rimasero a Gerusalemme nascosti.
    In quelle giornate Gesù intensificò i suoi incontri con i suoi discepoli segreti, quelli che egli aveva iniziato all’esoterismo ebraico: Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e, soprattutto un misterioso kohen di nome Giovanni, nella cui casa si era rifugiato. Tuttavia la turbolenza che Gesù aveva scatenato aveva dato inizio a una vera rivolta con spargimento di sangue anche da parte di zeloti che non erano direttamente suoi seguaci. Intervenne l’esercito romano che soffocò l’ammutinamento e arrestò uno dei capi zeloti, Barabbas 16. La popolazione giudea di Gerusalemme rimase delusa dall’inattività di Gesù, mentre considerò Barabbas un eroe. Visto il fallimento del suo tentativo di impossessarsi del trono del regno di Giudea, Gesù fu preso da scoramento e, nei giorni successivi, cominciò a pensare di svolgere il ruolo di Messia sacerdotale, abbandonando le sue ambizioni d’essere riconosciuto Messia-Re. Questa sua scelta di una direzione più spirituale fu interpretata dai suoi seguaci zeloti come un tradimento 17. Giuda Iscariota decise di punire Gesù rivelando ai sacerdoti del Tempio dove si era nascosto.
    Durante la notte le guardie del Tempio assieme a seicento soldati romani 18 entrarono nell’orto di proprietà del kohen Giovanni, dove si era nascosto Gesù assieme ai suoi apostoli e discepoli. Dopo una breve resistenza, Gesù fu arrestato e gli altri si diedero alla fuga. Portato davanti al collegio (il Sinedrio) dei kohen del Tempio, fu accusato di empietà e deferito al giudizio di Pilato, il governatore romano.
    Pilato, svegliato all’alba, non trovò che Gesù avesse infranto alcuna legge dell’Impero. Inoltre voleva che i giudei risolvessero le loro beghe religiose tra di loro, senza coinvolgere l’autorità romana. Perciò, essendo Gesù galileo, lo mandò da Erode Antipa, Re di Galilea, che si trovava a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, perché lo giudicasse. Invece Erode lo riconobbe come Re di Giudea, lo fece coprire di un manto regale, gli mise in testa la corona regale di spine e il tradizionale scettro di canna, e lo rimandò da Pilato 19. I sacerdoti del Tempio, allora, accusarono Gesù di volersi proclamare Re di Giudea e di voler scatenare una guerra d’indipendenza contro Roma.
    Il Governatore romano della Giudea controvoglia condannò Gesù a essere crocifisso. La crocifissione era la pena riservata ai ribelli dell’Impero e, come voleva la legge romana, il suo capo d’accusa fu scolpito su una tavola inchiodata sulla cima della croce: Jesus Nazarenus Rex Judæorum: Gesù Nazareo Re dei Giudei. Nella traduzione in ebraico, le iniziali delle quattro parole formarono il nome di Yehovah:  יהוה.
    Dopo poche ore di supplizio Gesù morì sulla croce e fu sepolto nella tomba di famiglia di Giuseppe d’Arimatea. I Vangeli narrano che due giorni dopo, cioè alla domenica di Pasqua, la tomba fu trovata spalancata e il corpo di Gesù scomparso. Da allora i cristiani esteriori hanno celebrato la resurrezione di Gesù dalla morte. Secondo S. Paolo Gesù “era disceso nelle regioni infernali della terra. Colui che discese è lo stesso che poi anche ascese ai cieli20. Tuttavia la discesa agli inferi è un altro modo per indicare la morte iniziatica, ossia l’esperienza di morire rimanendo in vita. Basta pensare alla narrazione della discesa agli inferi di Naciketas nella Kaṭha Upaniṣad e al suo dialogo con Mṛtyu, per capire che questo esperienza deve essere spiegata nel corso della pratica di un sādhana 21.
    Non può quindi avere alcuna relazione con la morte ordinaria (dehānta). Perciò la discesa agli inferi e la salita di Gesù al cielo deve essere accaduta durante il suo ritiro nel deserto. Infatti anche le tentazioni a cui Gesù fu sottoposto da parte del Diavolo sono simili a quelle che Mṛtyu fece a Naciketas per farlo desistere dalla sua ricerca del Brahman. Cioè l’offerta di diventare il Re di tutti i regni del mondo se Gesù avesse accettato di dedicarsi a praticare i suoi poteri (siddhi) invece di cercare la verità. Poiché la morte iniziatica avviene durante la vita è ovvio che questo avvenimento di Gesù avvenne mentre era vivo e sperimentava la morte interiore facendo tapas nel Deserto. La resurrezione di Cristo dalla tomba è quindi una erronea interpretazione essoterica di quella che fu una tappa fondamentale nel suo percorso di realizzazione spirituale. Infatti tutto quello che il Nuovo Testamento afferma a proposito di quello che successe dopo la “resurrezione” è confuso e contraddittorio.
    Il fatto che Gesù risorto fosse riapparso ai suoi apostoli più intimi senza che quelli mai lo riconoscessero è la dimostrazione che il racconto descritto a posteriori è dubbio e incerto. Come si vedrà nei prossimi capitoli, l’interpretazione esteriore e superficiale di avvenimenti e realtà spirituali iniziatiche in un’ottica essoterica, hanno provocato non poche e gravi confusioni, scompensi e contraddizioni nella nuova dottrina cristiana.

    Gian Giuseppe Filippi

    1. Si deve ricordare che le uniche fonti originali che parlano esplicitamente di Gesù sono i testi del Nuovo Testamento della Bibbia che ci sono pervenuti soltanto nella loro versione greca, mentre gli originali aramaici ed ebraici sono stati fatti sparire. I testi del Nuovo Testamento sono i numerosi Vangeli, gli Atti degli apostoli, le Lettere degli apostoli e alcune Apocalissi (Rivelazioni). Con l’andare dei secoli molti di questi testi sono stati messi da parte e non più riconosciuti come autorevoli dalle autorità ecclesiastiche; sono i cosiddetti testi occulti, apocrifi.[]
    2. Si noti una certa analogia con il rito vedico di vājapeya.[]
    3. I cristiani danno una importanza particolare alla nascita miracolosa di Gesù da una vergine che non era stata fecondata dal marito, ma direttamente da Dio. In realtà questo miracolo non è stato affatto l’unico: S. Clemente di Alessandria nelle sue Stromata (I.15) accanto al concepimento prodigioso di Gesù, cita anche quelli di Platone e di Buddha. S. Clemente conosceva bene il pitagorismo; inoltre ad Alessandria nel I-II secolo dC esisteva un monastero buddhista. Concepimenti miracolosi erano ben noti fin dall’antichità tra le civiltà non monoteistiche, come quello di Zoroastro tra i persiani, Hou Chi, Lao Tzu e Confucio tra i cinesi, Pitagora e Orfeo tra i greci e Śrī Kṛṣṇa tra gli hindū.[]
    4. Mago era il titolo con cui si denominavano i sacerdoti nella religione di Zoroastro.[]
    5. Gesù fu chiamato nazareo certamente per questa ragione e non perché aveva vissuto per un periodo nello sconosciuto villaggio di Nazareth. “Un ramo uscirà dal tronco di Jesse e un rampollo (netser) spunterà dalle sue radici” (Isaia, XI.1) smentisce: “venne ad abitare in una città chiamata Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti «sarà chiamato Nazoreo» (Vangelo di S. Matteo, II.22-23)[]
    6. Quando Gesù era ancora un ragazzo quattro erano le correnti dell’ebraismo. Gli esseni, che conducevano una vita d’ascesi monastica lontani dalla società. I farisei conducevano una vita sociale seguendo molto strettamente le regole della legge esteriore (Tōrāh), ma seguivano privatamente una sādhanā iniziatica. Tutte e due queste correnti rappresentavano l’esoterismo giudaico dell’epoca ed entrambi potevano essere definite come nazaree. La terza corrente era quella degli zeloti, provenienti indifferentemente sia dagli esseni sia dai farisei. Gli zeloti non avevano alcuna attitudine contemplativa, ma predicavano e mettevano spesso in pratica la rivolta armata contro i non ebrei. Erano chiamati anche sicari perché andavano armati di una corta spada, chiamata sica, o iscarioti, assassini. I romani li consideravano dei volgari banditi e terroristi. Tra i discepoli di Gesù si riconoscono i rappresentanti di tutte e tre queste correnti. La quarta corrente era quella dei sadducei, che erano in maggioranza tra i kohanim del Tempio. Essi erano influenzati dalla visione misterica del mondo ellenistico e perciò avevano un punto di vista iniziatico di tendenza gnostica. I sadducei furono i più seri avversari di Gesù e furono loro che lo fecero imprigionare e giustiziare. Samuel G. F. Brandon, Gesù e gli Zeloti, Milano, Rizzoli Ed., 1983 (I ed. Unversiy of Manchester, 1967), pp. 43-47.[]
    7. L’accordo non fu difficile da stipulare dato che Gesù e Giovanni Battista erano secondi cugini.[]
    8. Però, a differenza degli Esseni, egli non passò tutta la vita nel deserto, né si astenne da bere vino e mangiare carne.[]
    9. Questa frase tra virgolette si ritrova ripetutamente nel Vangelo; questo ci fa capire che Gesù seguiva volutamente un copione prestabilito affinché la gente credesse ch’era il Messia.[]
    10. Vangelo di S. Matteo, X.1-19.[]
    11. Vangelo di S. Matteo, XI.20-24.[]
    12. Vangelo di S. Luca, XXII. 36-38.[]
    13. Vangelo di S. Matteo, X.34.[]
    14. Vangelo di S. Matteo, XXVI. 51-52.[]
    15. Vangelo di S. Marco, XI.7-19; Vangelo di S. Matteo, XXI.8-19; Vangelo di S. Luca, XIX.35-48; Vangelo di S. Giovanni, II.12-25. La spiegazione moralistica che i Vangeli danno è che i mercanti avevano trasformato il Tempio in un luogo di interessi lucrativi: “L’avete trasformato in una spelonca di ladri!” non ha alcuna ragione d’essere. Infatti i negozi che Gesù devastò con violenza erano del tutto necessari per l’attività sacrificale del Tempio. Inoltre, poiché la religione giudea era rigidamente aniconica, nel tempio era vietato l’uso di monete romane con l’effige dell’Imperatore. Quindi anche i cambiavalute erano necessari per fornirsi di monete prive di immagini. I Vangeli, quindi, chiaramente vogliono occultare il tentativo insurrezionale di Gesù.[]
    16. Barabbas invece di significare “figlio del padre” (Bar-abbas), nome privo di senso, vuol dire “figlio di un sacerdote del Tempio” (Bar-Rabbas). Questo spiega perché il suo arresto provocò tanta agitazione tra gli abitanti di Gerusalemme.[]
    17. Anche S. Pietro era tra questi: era infatti conosciuto come Simone lo zelota. Egli non volse del tutto le spalle a Gesù, come aveva fatto Giuda; ma per tre volte rinnegò il suo maestro nella notte in cui fu arrestato.[]
    18. Una coorte. Evidentemente il gruppo di seguaci di Gesù non era proprio considerato composto da pacifisti.[]
    19. I Vangeli danno una interpretazione di questo episodio come se si trattasse di una sacrilega presa in giro. Invece tutto fa pensare che quello di Antipa fosse un riconoscimento all’autenticità della pretesa al trono da parte di Gesù. Infatti la canna era lo scettro dei Re unti e corona di spine era chiamato il diadema degli antichi Re d’Israele. Non si trattava dunque affatto della sadica imposizione di un supplizio consistente nel circondare il capo con rami spinosi.[]
    20. S. Paolo, Lettera agli Efesini, 4.10.[]
    21. Nel nostro libro Discesa agli Inferi: la morte iniziatica nella tradizione Hindū, Aprilia, Novalogos, 2014, abbiamo paragonato i racconti della discesa agli inferi e l’ascesa ai cieli della tradizione hindū con numerosissime simili narrazioni iniziatiche: tra questi menzioniamo Naciketas, Bhṛgu, Uttaṅka, Buddha e Māra e, più recentemente, Ramaṇa Maharṣi per l’India, Odisseo, Orfeo e Persefone per la Grecia, Enea per Roma, Gesù e Dante per il Cristianesimo ecc.[]

    23. Jesus the Christ

      Jesus the Christ

      In the popular use the binomial “Jesus Christ” has become a sort of name and surname. Nothing is more wrong: Christ in Greek means “anointed King” 1. It is therefore the exact translation of the Hebrew word Messiah (Heb. māšīāḥ), and it indicates the function of Jesus to the eyes of his disciples. The King who became such by inheritance or acclamation, had to be confirmed by the Temple priests (Heb. kohen, Sskr: pujārī) with the anointing ritual. A cruet of consecrated oil was kept in the Temple. It was used to “anoint” the head of every member of the priestly tribe of Levi who decided to devote his life to priesthood. Only the worthiest sovereigns of the regal tribe of Judah were chosen by the priests to be anointed Messiah, assuming in this way some priestly powers 2 as well. Jesus belonged to the tribe of Judah on his father’s side and to that of Levi on his mother’s. This is why during his short public life sometimes he behaved as a Messiah pretender to the throne of the Jews and sometimes as a priestly Messiah. The Christian legend has emphasized this twofold origin with the story of the Three Magi. In this way the child Jesus 3 was recognized as peer by the three King Priests proceeding from the East, the Magi 4.
      Up to the age of thirty, Jesus did not perform any public action. Probably, in that period he had carried out religious studies and obtained the title of rabbi (Master of Jewish Law), as he was often called in the Gospel. Presumably, he also became Nazorean 5 and frequented Zealots 6. The baptism of Jesus, the episode inaugurating his public life, was not just a Nazorean initiatic ritual, but also an event agreed upon with John the Baptist 7 in order to accomplish the Old Testament prophecies. Following the Essenic tradition 8, he withdrew for forty days in the desert to fast and pray, where he experienced the Devil’s temptations. After that period of spiritual preparation, Jesus returned to social life. From that moment he began to preach the coming of God’s Kingdom on earth, fulfilling the Jews expectation of the Messiah’s arrival and of the dominion of the “chosen people” over all the others. Even if he never patently proclaimed himself to be the Messiah, he never denied either, delegating his followers to declare it to the masses. Moreover, Jesus assumed a specific behaviour to fulfil “the biblical prophecies” 9 related to the Messiah. He gathered around him a group of twelve apostles and seventy or seventy-two disciples, chosen among the poor and humble classes in Galilee. Many of them were ignorant fishermen, one was a tax collector, and the rest were zealots who lived on the run. At first, he sent them to proselyte among the Jews of diaspora 10, forbidding to preach to Samaritans (heretic Jews) or to the “Gentiles” (foreigners). “I am sending you out like sheep among wolves. Therefore be as shrewd as snakes and as cautious as doves.” 11 He failed this first attempt to be recognized as Messiah because his followers came back without converting anyone. For this reason Jesus cursed the cities that had rejected his message 12. Because of that he changed his plans and decided to be recognized as King in Jerusalem, the heart of Judea.
      While preparing his entrance in Jerusalem as King of the Jews and to be anointed Messiah by the Temple’s priests, Jesus said to his followers: “«But now if you have a purse, take it, and also a bag; and if you don’t have a sword, sell your cloak and buy one. For I tell you that this Scripture must be fulfilled in me: “And He was numbered with the bandits.” For what is written about me is reaching its fulfilment..» And they replied, “«Master, here we have two swords.» Then he said: «That’s enough for me.»” 13 In fact all zealots had to be armed with a short sword called sica, easily concealed under their garments. Indeed Jesus had declared: “«Think not that I am come to send peace on earth; I came not to send peace, but a sword.»” 14 In fact during the arrest of Jesus, his disciples reacted and St. Peter raising his sword cut off an ear to a servant of the High Priest. But due to the overwhelming number of Roman soldiers and Temple guards, Jesus gave orders to stand down their weapons saying: “«Put the sword back into its place. All those who use the sword will die by the sword.»” 15 Clearly the Christ was certainly neither peaceful nor pacifist, as the modern Christian interpretation. Jesus chose the days before Easter to enter in Jerusalem. On that occasion crowds of pilgrims coming from the Judaea and from Galilee gathered in the Temple. He was then hailed King of the Jews and escorted joyfully to the Gate of Jerusalem. The pilgrims laid down their cloaks and palm leaves so that his donkey’s hooves wouldn’t touch the muddy road. Until today this is called “Palm Sunday”. Supposedly Roman soldiers did not intervene not to spoil the Jewish festive atmosphere and cause accidents with the Zealots blended into the crowd.
      Then, Jesus and his followers entered the Temple courtyard, where since immemorial time there were little shops selling animals and doves for the sacrifice and money changers for traditional ritual use. Armed with a whip, he drove out the merchants and threw away their stands, preventing them from gathering their merchandise from the ground. This was a clear attempt to occupy the Temple 16 by arms. The Gospel gives a moral explanation to the event, but doesn’t say anything about the reaction of the Temple guards and mostly of the Roman garrison stationed in the Antonia Tower, just next to the Temple. Undoubtedly, after this event Jesus and his followers fled the city to spend the night in the nearby countryside. The next day they returned to Jerusalem, but this time they entered in secret avoiding any popular celebration and demonstration. Evidently, the surprise attack of the previous day with the purpose of taking the control of the Temple had failed. From that moment Jesus and his disciples remained hidden in Jerusalem 17. In those days he intensified his discreet meetings with his secret disciples initiated by him to the Essenian dīkṣā: Nicodemus, Joseph of Arimathea, and mostly with a mysterious kohen named John who was sheltering him. However, the turmoil of the Temple unleashed a very bloody revolt also provoked by some zealots who were not his direct followers. The Roman army intervened, suppressed the mutiny and arrested one of the Zealot leaders, Barabbas 18. The Jewish population of Jerusalem was disappointed by the inactivity of Jesus, and instead considered Barabbas as a hero. Jesus was downhearted after failing to seize the throne of the kingdom of Judea. In the following days he then decided to play the role of the priestly Messiah, giving up his ambitions of becoming Messiah-King. His choice of a more spiritual direction was interpreted by his Zealot followers as a betrayal 19. Thus, Judas Iscariot decided to punish Jesus by revealing to the priests of the Temple where he was hiding.
      During the night, the guards of the Temple together with six hundred Roman soldiers 20 broke into the garden of the kohen John, where Jesus was hiding with his apostles and disciples. After a brief resistance, Jesus was arrested and the others fled away. Led before the College of the kohens of the Temple (the Sanhedrin), he was accused of impiety and referred to trial before the court of Pilate, who was the Roman Governor. Pilate, awakened at dawn, did not find Jesus guilty of breaking any law of the Empire. He also wanted the Jews to resolve their religious quarrels among themselves, without involving Roman authorities. Therefore, being Jesus Galilean, he sent him to Herod Antipas, King of Galilee, who was in Jerusalem to celebrate Easter, so that he might judge him. On the contrary, Herod recognized him as King of Judea, made him cover a royal cloak, put on his head the royal crown of thorns, gave him the traditional cane sceptre, and sent him back to Pilate 21. The priests of the Temple, then, accused Jesus of wanting to be proclaimed as King of Judea and to wage a Jewish war of independence against Rome. Thus, the Roman Governor of Judea reluctantly condemned Jesus to be crucified. The crucifixion was reserved for the rebels of the Empire and, as was required by Roman law, his indictment was carved on a table nailed to the top of the cross: JNRI, i.e. Jesus Nazarenus Rex Iudaeorum: Jesus Nazarene King of the Jews. After a few hours of torment, Jesus died on the cross and was buried in the family tomb of Joseph of Arimathea 22.
      The Gospels narrate that two days after these events, that is to say on Easter Sunday, the tomb was found wide open and the body of Jesus had disappeared. Since then, the exterior Christian believers have celebrated the resurrection of Jesus from death. According to St. Paul, Jesus “had descended into the infernal regions of the earth. The one who descended is the same who then also ascended to the heavens” 23. However, the descent into hell is another way to indicate initiatic death, that is, the experience of dying remaining alive. If we think only to the tale of the descent into the underworld of Naciketas in the Kaṭha Upaniṣad and his dialogue with Mṛtyu, we might understand that such experience has to be reached through the practice of a sādhana 24. Therefore, it cannot have any relation with ordinary death (dehānta). That means that the descent of Jesus into the underworld and his ascent to heaven must have happened during his retreat in the desert. In fact, even the temptations to which Jesus was submitted by the Devil appear similar to those that Mṛtyu did to Naciketas with the purpose of diverting him from his quest for Brahman. That is to say, the offering to become the King of all the worldly Realms had Jesus agreed to devote himself to the practice of his powers (siddhis) instead of seeking the Truth. Since the initiatic death can occur only in life, it is obvious that this event happend to Jesus while he was still alive, when he experienced his inner death while practicing his tapas in the desert. The resurrection of Jesus from the tomb is therefore an erroneous exoteric interpretation of a fundamental step in his path of spiritual realization. In fact, everything mentioned by the New Testament about the happenings after the “resurrection” is confused and contradictory. The fact that the resurrected Jesus reappeared to his most intimate apostles but no one among them recognized him testifies to the doubtfulness and uncertainty of the later account. As it will be demonstrated in the next chapters, the outward and superficial interpretation of initiatic spiritual events depicted from an exoteric point of view have created several serious confusions, failures and contradictions in the newborn Christian doctrine.

      Gian Giuseppe Filippi

      1. It must be remembered that the only original sources that explicitly speak of Jesus are the texts of the New Testament of the Bible that have come to us only in their Greek version. On the other hand, the original Aramaic and Hebrew texts disappeared. The New Testament texts were the numerous Gospels, the Acts of the Apostles, the Letters of the Apostles and some Apocalypses (Revelations). Over the centuries many of those texts have been set aside and no more recognized by ecclesiastical authorities; they are the so called “apocryphal” (occult) texts. []
      2. See a certain analogy with the Vedic rite of vājapeya.[]
      3. For the Christians the miraculous conception and the virginal birth of Jesus is of great importance. Actually this miraculous event is not unique: in his Stromata (I.15), Saint Clement of Alexandria mentions other two prodigious conception of Plato and Buddha. At his time Alexandria was an important Neoplatonic centre and also had a Buddhist monastery. Miraculous conceptions were well known in ancient civilizations: Zoroaster among the Persians, Hou Chi, Lao Tzu and Confucius in China, Pythagoras and Orpheus in the Greece and last but not least, Śrī Kṛṣṇa in India.[]
      4. Magus was the title of the Zoroastrian priests.[]
      5. The Gospels try to hide the fact that Jesus was a Nazorean, saying that he was an inhabitant of Nazareth: “He went and lived in a town called Nazareth. So was fulfilled what was said through the prophets, that he would be called “a Nazarene” (St. Matthew 2. 22-23). However, the prophet doesn’t speak of a city called Nazareth: “A shoot will come up from the stump of Jesse; from his roots a branch (netser) will bear fruit” (Isaiah 11.1). []
      6. At the time of Jesus, there were four currents of Judaism. The Essenes, who led a life of monastic asceticism avoiding society. The Pharisees had a social life strictly ruled by external law (Tōrāh), but privately they followed an initiatic sādhanā. Both these currents represented the Jewish esoterism and both could be defined as Nazoreans. The third current was the one of the Zealots, who proceeded from the Essenes as well as from the Pharisees. The Zealots had no contemplative attitude, on the contrary they preached and continuously practiced armed revolt against non-Jews. The Zealots were also called Sicarii (assassins) because they were armed with a short sword, called sica, or Iscariots, (killers). The Romans considered them as common bandits and terrorists. Among Jesus’ disciples we find members of all these three currents. The fourth one were the Sadducees, mostly widespread among the kohens of the Temple. They were influenced by the Hellenistic Mysteric doctrines and therefore they had a Gnostic initiatic view. The Sadducees, who were the fiercest enemies of Jesus, plotted his imprisonment and execution. Samuel G. F. Brandon, Gesù e gli Zeloti, Milan, Rizzoli Ed., 1983 (1st Ed. Jesus and the Zealots, University of Manchester, 1967), pp. 43-47. []
      7. Since Jesus and St. John the Baptist were second cousins, the deal was not a difficult one to stipulate.[]
      8. However, unlike the Essenes, he did not spend his whole life in the desert, nor did he avoid drinking wine and eating meat.[]
      9. This quotation is repeatedly found in the Gospel; this confirms that Jesus deliberately followed a pre-established script to convince people that he was the Messiah. []
      10. Diaspora refers to the dispersion of Jews throughout the world after the deportations by both Assyrians (721 BC) and Babylonians (586 BC). []
      11. St. Matthew, X.1-19.[]
      12. St. Matthew, XI.20-24.[]
      13. St. Luke, XXII. 36-38.[]
      14. St. Matthew, X.34.[]
      15. St. Matthew, XXVI. 51-52.[]
      16. St. Mark, XI.7-19; St. Matthew, XXI.8-19; St. Luke, XIX.35-48; St. John, II.12-25. It is completely out of place the moralistic explanation that the Gospels give of this incident; namely, that the merchants had transformed the Temple into a place of lucrative interests only: “You have turned it into a den of thieves!”. Such interpretation has no reason to exist. In fact, the shops that Jesus devastated with violence were unquestionably necessary for the sacrificial activity of the Temple. Furthermore, since the Jewish religion was rigidly aniconic, the use of Roman coins with the image of the Emperor was forbidden in the temple. Therefore, even the money changers were needed to provide coins without images. Consequently, the Gospels clearly only want to justify the insurrectional attempt of Jesus.[]
      17. Hugh J. Shonfield, The Pentecost Revolution: The Story of the Jesus Party in Israel, AD 33-66, London, Element Books Ltd, 1974, pp. 267-338.[]
      18. The true meaning of Barabbas is “son of a priest of the Temple”, Bar-Rabbas and not “son of the father”, Bar-abbas, as usually translated (G. Bastia, E. Qimron, A. Israel, Y. Menachem Cochav, Note relative al nome Barabbahttp://digilander.libero.it/Hard_Rain/Barabba.pdf, 29.04.2018, pp. 23-39). This explains why his arrest brought so much trepidation among the inhabitants of Jerusalem.[]
      19. Also St. Peter was among them: he was in fact known as Simon the Zealot. He did not become completely unfaithful to Jesus, as Judas did; but he repudiated his master three times on the night of his capture.[]
      20. A cohort. Evidently the group of followers of Jesus was certainly not considered just composed of pacifists.[]
      21. The Gospels give an interpretation of this episode as if it were a sacrilegious mockery. Instead, everything suggests that Antipas’s decision was a recognition of the authenticity of Jesus’ claim to the throne. In fact, the cane was the sceptre of the anointed Kings and “crown of thorns” was called the diadem of the ancient kings of Israel. Therefore, it was not at all the imposition of a sadistic torture consisting in surrounding his head with thorny branches.[]
      22. Hugh J. Schonfield, The Passover Plot: a New Interpretation of the Life and Death of Jesus, New York, Bernard Geis Associates, 1965, pp. 114-157.[]
      23. St. Paul, Letter to the Ephesians, 4.10.[]
      24. In our book Discesa agli Inferi: la morte iniziatica nella Tradizione Hindū, Aprilia, Novalogos, 2014, we compared the stories of the descent into the hell and the ascent to the heavens of the Hindū Tradition with many examples of similar initiatic tales: among these we mention Naciketas, Bhṛgu, Uttaṅka, Buddha and Māra and, more recently, Ramaṇa Maharṣi for India, Odysseus, Orpheus and Persephone for Greece, Aeneas for Rome, Jesus and Dante for the Christianity etc.[]