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L) Ātman è saccidānanda svarūpa

Obiezione: Diciamolo pure. Si deve avere preliminarmente la conoscenza dell’Ātman, o no? Chi non abbia già conosciuto la natura della corda stessa, non può affermare d’aver preso la corda per un serpente, vero? Se è vero, allora noi, che non abbiamo già conosciuto l’Ātman, possiamo porci ragionevolmente la domanda: «Come avviene questo anātman bhrama o illusione del non-Sé?»

Risposta: Non c’è nessuno che non abbia conosciuto Ātman. Tutti hanno conosciuto il loro Ātman come “Io”.

Obiezione: Cioè vuoi che questo stesso “Io” è conosciuto a tutti come Ātman? Allora, qual è la necessità del Vedānta śāstra per aiutarci a conoscere l’Ātman? Se anche quelli che hanno conosciuto l’Ātman sono illusi, allora quale utilità o beneficio ci viene dall’Ātmajñāna?

Risposta: Tutti noi conosciamo l’Ātman nella comune forma dell’“Io”; ma non l’abbiamo conosciuto come Realtà assoluta che è della natura di Verità, Coscienza e Beatitudine (satya jñāna ānanda rūpa Śiva). Non abbiamo riconosciuto, cioè, che “Io” sono proprio Quello [Tat tvam asi]. Quando confondiamo la corda con un serpente, poiché non abbiamo riconosciuto come “corda” ciò che abbiamo visto e oggettivato come “questo” (idam), siamo illusi pensando che si tratti d’un serpente o d’una fessura per terra. Non è così? Perciò dobbiamo discriminare in modo analogo anche in questo contesto. Quando si dice che il nostro Ātman è l’Essere, Satya, ciò vuole significare che la nostra natura essenziale sussiste eternamente com’è. E quando si afferma che il nostro Ātman è unicamente jñāna svarūpa, si vuole intendere che è proprio dell’essenza della pura, assoluta Coscienza-intuizione. La dichiarazione che il nostro Ātman è ānanda svarūpa indica che quello è della natura essenziale della pura beatitudine. Un insegnamento così elevato va conosciuto intuitivamente. Questo insegnamento è esposto in modo evidente nei Vedānta śāstra.

Obiezione: Se Satya significa ciò che esiste com’è, allora non è forse anche così per una pietra, un albero ecc. che esistono come sono? Se sono Ātman in quelle forme, allora dobbiamo dire che noi tutti sappiamo già d’essere satya svarūpa, non è vero?

Risposta: Non è così. In verità nessun oggetto esiste come è. Anche le pietre, le rocce ecc. subiscono grandi cambiamenti nel corso del tempo. Esse si frantumano e diventano sabbia. Se le rocce rimanessero com’erano, allora come potrebbero avvenire simili cambiamenti? Perciò bisogna dire che esse subiscono mutazioni in fasi susseguenti durante migliaia di anni. Così, anche nel nostro mondo quotidiano alcune cose appaiono alla nostra percezione grossolana come se esistessero quali sono: per esempio, sebbene dalla creta possano essere plasmati molti oggetti diversi, vasi, piatti, boccali ecc., tuttavia la creta rimane solo creta. Perciò in questo modo se guardiamo da una certa angolatura, possiamo dire che anche tali cose sono satya cioè reali. Ma quando diciamo che: «Ātman è Satya» non intendiamo che è reale in senso manifestato (vyāvahārika). Egli è reale in senso vero e assoluto.

Oltre a questo non c’è nessuna regola per cui le cose empiricamente reali debbano necessariamente essere dotate di jñāna o di coscienza. Per esempio le pietre, la sabbia ecc. sono prive di coscienza (acit). Invece il nostro Ātman è jñāna svarūpa, ovvero dell’essenza della pura Coscienza.  Noi sperimentiamo la coscienza in questo modo: «Io conosco questo oggetto»; ma la conoscenza dell’Ātman non è di questo tipo. Quella conoscenza infatti si riferisce a un oggetto particolare, a come appare e scompare, perciò esso non è assolutamente e metafisicamente reale (paramārtha satya). Ātman è reale esattamente come lo è la conoscenza-Coscienza (jñāna). Perciò la conoscenza-Coscienza riferita ad Ātman, vale a dire la sua vera natura di Essere, non è come la conoscenza-coscienza empirica che talora appare [nello stato di veglia] e talora scompare [nello stato di sonno profondo]. Essa esiste nella natura essenziale di Coscienza immutabile e assoluta (kuṭaṣṭha jñāna) al di là d’ogni cambiamento.
Un altro punto da tenere d’acconto è che se dobbiamo ottenere una conoscenza rivolta all’esterno, dobbiamo sforzare il nostro intelletto e, solo dopo aver ragionato con l’intelletto concentrato su un oggetto, raggiungiamo la sua conoscenza. Ma nella natura essenziale della pura Coscienza di Ātman non c’è alcuno sforzo o tensione né c’è alcun dolore o sofferenza per raggiungere alcunché. Essa è per natura assoluta felicità e beatitudine (ānanda). La conoscenza che noi ci sforziamo di raggiungere non può essere Ātman, soltanto perché proviamo piacere o felicità, allorché si fruisce degli oggetti esterni. Quando si dice che Ātman è ānanda s’intende ben altra cosa. Il piacere che nasce dalla fruizione degli oggetti esterni è di natura transitoria, perché sorge e poi finisce; inoltre è un’esperienza che dipende da qualcosa di esterno, come un effetto dipende dalla causa. Ma Ātman è eternamente unico, indipendente e autoluminoso di beatitudine. Così, quando osserviamo certi oggetti del mondo esterno, dal nostro punto di vista grossolano (sthūla dṛṣṭi) può sembrare che per essi siano appropriate le qualità di satya jñāna e ānanda. Ma se esaminiamo le cose per mezzo della visione intuitiva, eccetto Ātman nulla è satya jñāna e ānanda in senso assoluto, per quanto sottile possa apparire. Se è intuita davvero la reale, assoluta natura di Ātman in quanto satya jñāna e ānanda, solo allora è smascherato ed eliminato quel binomio formato da “io” e il mondo (jīva jagatrūra) che gli sovrapponiamo erroneamente.
3- e 4- Adesso esaminiamo insieme la terza e la quarta obiezione, che suonano come segue: è possibile confondere la corda, in quanto oggetto diverso da noi, con un serpente, che, anch’esso, è un oggetto. Ma è possibile ingannare me stesso, che sono il soggetto, e considerare come se avessi un’altra forma? Come si può davvero credere che tutti si sbaglino nel vedere in Śiva una molteplicità di jīva e di oggetti grossolani? Come possiamo credere che se si prescinde dall’Ātman, il mondo, che è della natura di anātman, sia un inganno? Inoltre, nessuno di questi insegnamenti s’adatta all’esempio della corda e del serpente.
Questo, in poche parole, è l’idea che sta dietro alle due obiezioni. Inoltre, nell’obiezione degli oppositori è anche sottinteso il dubbio che se Ātman è per natura satya jñāna e ānanda, come mai in lui può apparire questo mondo pieno di irrealtà (asatya), ottusità (jaḍa) e sofferenza (duḥkha)?