53. Magia e stregoneria rinascimentale
Dmitrij Sergejevič Mereškovski1 inizia il suo romanzo La resurrezione degli Dei con un episodio di grande interesse. Alcuni contadini, assoldati da certi umanisti, scavano nella campagna attorno a Roma, alla ricerca di vestigia dell’antica paganità. Alla fine, dal terreno emerge, come un’apparizione spettrale, la diafana scultura di una divinità romana. «Gli Dei risorgono», pensano esultanti gli umanisti, e con essi progettano di riesumare la civiltà precristiana. In realtà, ciò che è diseppellito era una divinità nell’età classica, ma ora è soltanto un ricettacolo di influenze infere, che così si spargono ovunque mutando la mentalità generale.
Nella tradizione hindū le icone divine devono essere consacrate e animate con il rito della prāṇapratiṣṭhā. La forza vitale, che i brāhmaṇa celebranti infondono al materiale privo di coscienza, deve essere costantemente alimentata dalle offerte dei devoti e dai rituali che i pūjārī devono regolarmente ripetere. L’immagine (mūrti) di un Dio, abbandonato dai devoti e dai celebranti, perde progressivamente di efficacia, ritornando a essere un semplice ammasso di pietra o di metallo. Se poi quell’immagine è spezzata, mutilata o anche semplicemente scalfitta2, non rappresenta più la divinità e, attraverso la spaccatura, possono insinuarsi influenze nefaste, quelle stesse influenze che infestano santuari in rovina o templi abbandonati. Se una mūrti dissotterrata appare intatta, dopo opportuna riconsacrazione, potrà essere riutilizzata; ma se fosse lesa in qualche sua parte, essa sarà confinata in un luogo protetto, considerata una temibile entità sottile come piśāca, bhūta, bīr (vīra)o rākṣasa3.
È quanto effettivamente è accaduto a conclusione del Medioevo. In precedenza, la situazione era rimasta per lunghi secoli sotto il controllo delle organizzazioni iniziatiche e delle strutture ecclesiastiche e imperiali. In alcune aree periferiche e di recente conversione al cristianesimo erano rimaste leggende e superstizioni dell’antica religiosità latina, celtica e, soprattutto, germanica. Come spesso accade, tra gli strati più bassi del popolo rimanevano le ossessioni degli aspetti più truculenti delle antiche credenze. In modo particolare era ricordata la Dea romana Trivia4, divinità notturna che procura l’aborto, che conduce agli inferi i morti, ma che, debitamente invocata nei crocicchi nelle notti senza luna, favorisce la negromanzia e il ritorno delle larve nel mondo dei vivi. Le notti degli equinozi, in cui si dice che le porte degli inferi rimangano aperte, la Dea conduceva i morti a una caccia selvaggia. In quelle notti gli abitanti5 delle campagne si rinchiudevano in casa nell’attesa che arrivasse l’alba e, con essa, l’ordine normale6. Questa figura già nell’alto medioevo si sovrappose alla Frau Hölle, la Signora dell’Inferno del folclore germanico7.
Quello che è certo è che nel periodo medievale le credenze della plebe e le stesse influenze sottili di questi residui di religioni scomparse furono evitate e tenute sotto controllo. Infatti quando nel 1231 papa Gregorio IX istituì l’Inquisizione, per un lungo periodo questa nuova istituzione si impegnò soltanto a reprimere casi di culti religiosi anomali. La sua principale funzione fu, dunque, diretta a perseguire eresie quali, per esempio, quella albigese, la valdese, quella dolciniana o distorsioni dottrinali del tipo francescano spirituale o francescano gioachimita8. La stessa magia ermetica fu presa di punta più per la sua capacità di indurre i suoi seguaci ad assumere posizioni eterodosse, piuttosto che per conculcare o proibire la produzione di fenomeni paranormali. Solamente nel 1326 papa Giovanni XXII, promulgando la bolla Super illius specula, ordinava l’applicazione delle leggi contro gli eretici anche alle pratiche magiche, senza però definirle dottrinalmente e dogmaticamente come eretiche9. Sta di fatto che fino al 1420 circa i processi per magia non furono molto numerosi. Le accuse di stregoneria diabolica aumentarono solamente dopo il 145010. Con stregoneria s’intende la confluenza di due fenomeni tra loro diversi: il primo è quello della possessione, il secondo consiste nella magia quale scienza empirica. La possessione è generalmente connessa a uno squilibrio psichico da cui l’individuo è disturbato fin dalla nascita. Questa patologia può aggravarsi nel periodo adolescenziale, dando adito a una fenomenologia complessa e differenziata caso per caso. La persona ha la sensazione di ospitare in sé una presenza aliena tendente a controllare la volontà del posseduto. In taluni casi, quando si trova in balia di una tale suggestione sottile, sperimenta certi poteri paranormali. Tra questi è frequente la sensazione di volare nell’aria e di penetrare nelle viscere della terra, la facoltà di assumere forme animali11 e quella di udire voci proferite da esseri invisibili12. Tutto sommato il fenomeno della possessione, in altri contesti religiosi non monoteisti, avrebbe condotto alla pratica dello sciamanismo. Alla possessione si aggiungeva la pratica della magia sotto forma cerimoniale, a fini d’incantesimo, maledizione, chiaroveggenza, medicina e farmacopea, quest’ultima particolarmente mirata alla preparazione di filtri d’amore.
La fine del medioevo rappresentò la fine del controllo della tradizione sulla società, con la diffusione di una mentalità antireligiosa anche tra i più bassi strati della popolazione. Se in precedenza si teneva a distanza tutto ciò che era proibito o riprovevole, con l’inizio dell’umanesimo anche il popolino rivolse la sua attenzione all’acquisizione di poteri miracolosi che la religione pareva non poter più garantire. Invece di rinchiudersi in casa nel terrore del dilagare nell’aria delle anime purgatoriali al seguito della Signora Hölle, un proliferare di streghe e stregoni13 si impegnò a prender parte alla caccia maledetta. In assenza di un volo favorito da spiriti dell’aria, streghe e stregoni ricorrevano a certi unguenti magici. Tale espediente, ignoto nel medioevo, è in tutta evidenza tratto dalle Metamorfosi di Luciano di Samosata, che dimostra quanto l’influenza culturale umanistica agisse anche a livello popolare. Ben presto la paurosa processione atmosferica di anime in libera uscita dagli inferni della caccia medievale si trasformò in un grottesco sciame di streghe, che convergeva alla località del sabba orgiastico per incontrare Satana in persona14.
Come s’è detto, dalla fine del XIV secolo l’Inquisizione cominciò a indagare questo nuovo fenomeno15, con preoccupazione crescente a causa del suo diffondersi. Nel 1398 l’Università di Parigi affermò che i poteri magici erano reali e non puramente illusori, contraddicendo il Decretum di Graziano, che nel XII secolo, sulla base di S. Agostino e del Canon Episcopi aveva sostenuto l’illusorietà di fenomeni come il volo notturno, negando ogni efficacia ai vari maleficia orditi dalle streghe.
Un caso notissimo riguarda il processo per stregoneria a Giovanna d’Arco, sebbene le successive falsificazioni di documenti abbiano reso difficile, ad arte, l’esposizione dell’evidenza storica16. La condanna fu decretata soprattutto a causa delle misteriose voci che, fin dall’adolescenza, la pulzella d’Orléans dichiarava di udire presso l’“albero delle fate”, voci che ella attribuiva a S. Michele Arcangelo e alle sante Margherita e Caterina17. Varie circostanze attestano la correttezza del verdetto; inoltre il mandato divino per la missione di Giovanna appare del tutto insostenibile, in quanto è difficile comprendere per quale ragione Dio avesse dovuto essere avverso a borgognoni e inglesi e partigiano del Re di Francia; oltre a tutto, dal punto di vista della legittimità di successione, il vero Re di Francia non era di certo l’infingardo Carlo VII. Ciò che appare più inquietante, tuttavia, fu la collaborazione e l’amicizia di Giovanna con il maresciallo di Francia Gilles de Rais18.
Fin dall’inizio del rinascimento si assistette a un improvviso incremento della stregoneria. La svolta storica fu segnata da due prese di posizione ecclesiali: la bolla Summis desiderantes affectibus di papa Innocenzo VIII del 1484 e la pubblicazione nel 1487 del Malleus Maleficarum dai domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger19. Questi due documenti testimoniano una improvvisa diffusione del fenomeno stregonesco in tutta Europa. La bolla dava ordine all’Inquisizione di intensificare la repressione del nuovo fenomeno, mentre il Malleus Maleficarum20 rappresentava un manuale d’istruzione per inquisitori sulla variabile casistica della stregoneria. In entrambi i casi i fenomeni paranormali erano descritti in termini reali, a dimostrazione della scarsa discriminazione dei teologi cattolici dell’epoca rinascimentale. Ciò, invece, su cui non è lecito dubitare è il propagarsi incontrollato di pratiche pseudoreligiose paganeggianti o dichiaratamente diaboliche a livello popolare, contemporaneo all’insorgere della magia pseudoesoterica dell’ermetismo presso le classi colte. La reazione ecclesiastica, perciò, fu giustificata nella prassi, sebbene non sostenuta da altrettanta chiarezza dottrinale.
Si calcola che dalla metà del secolo XV alla fine del XVIII siano stati condannati per stregoneria circa cinquantamila persone. Non è chiara la percentuale di condanne a morte con cui si conclusero tali processi. Quello che è certo è che la sfacciata propaganda protestante riversò tutto il suo livore contro il cattolicesimo e, in particolare, contro l’Inquisizione spagnola21. Tuttavia la realtà è del tutto diversa: se nella sola Catalogna dal 1450 al 1630 furono eseguite poco più di cento condanne capitali, nel resto di Spagna esse furono appena quarantanove22. Inoltre, un’abbondante documentazione comprova la costante esortazione ecclesiastica rivolta ai tribunali del Regno23, di non ricorrere alla tortura.
Al contrario, nei paesi controllati dalla riforma protestante, roghi e torture furono all’ordine del giorno, all’insegna della stessa crudeltà descritta nel precedente articolo “La Riforma protestante. Gli emuli di Lutero”. La mentalità inflessibile e moralistica delle varie sette protestanti si diffuse anche oltre oceano, dove la spietata repressione della stregoneria assunse forme di alienazione collettiva24.
Gian Giuseppe Filippi
- Poeta e romanziere (San Pietroburgo 1865 – Parigi 1941), uno dei fondatori del movimento simbolista russo. Non si deve confondere tale movimento con quello omonimo che, sorto in Francia, si diffuse in tutta Europa latore di tutte le peggiori tendenze neospiritualiste, intriso di ogni morbosità e vizio del decadentismo romantico. Per questo movimento, il simbolo rappresentava una realtà alternativa degenerata, allucinata, occulta e individualista, una fuga infraumana dall’ottusità positivista. Il simbolismo russo, al contrario, rappresentò la ricerca del significato dei simboli sacri presenti nelle differenti religioni e tradizioni del passato e del presente, interpretati principalmente alla luce dell’esicasmo ortodosso. Questi simbolisti, con la ricerca della ‘Divina Sofia’, volevano così reagire alla corruzione anticristica della civiltà moderna. Tra i principali esponenti sono noti Vladimir Soloviev, il monaco Pavel Aleksandrovič Florenskij (fucilato poi per ordine di Stalin), Jurgis Baltrušaitis, Vyacheslav Ivanov, Nikolái Berdiáyev e Zinaida Gippius che divenne poi moglie di Mereškovski. Questo autore, dichiaratamente anticomunista, non fu certamente ciò che oggi si definisce, con un barbarismo, politically correct, ragion per cui i regimi democratici e i loro servi hanno ordito attorno a lui una vigile congiura del silenzio.[↩]
- Ciò è ben noto agli accaniti propagandisti delle religioni che invasero l’India sull’onda delle diverse conquiste militari. È stata cura maligna di quegli invasori distruggere o, quantomeno, sfregiare le mūrti dell’induismo, del jainismo e del buddhismo, al fine di impedirne l’uso rituale. E tale insania non si è ancora placata, come è dimostrato da episodi accaduti anche di recente.[↩]
- È significativo che ancor oggi nei musei archeologici le immagini intatte ivi esposte siano oggetto di adorazione, con il dono di fiori e di ghirlande.[↩]
- Tale divinità era chiamata Ecate dai greci, l’ipostasi tenebrosa della Dea Diana-Artemide. Come quest’ultima era la divinità cacciatrice accompagnata da una muta di segugi, così anche Trivia era associata a cani. Ma in questo caso si trattava del cane-sciacallo, divoratore di carogne. Questi due aspetti, in seguito, si sono fusi insieme.[↩]
- In ambiente anglosassone si è mantenuta la tenebrosa festività di Halloween e, come tutte le aberrazioni che da lì provengono, sta dilagando ovunque come una moda irragionevole. Sebbene la cultura omologata voglia che sia un termine celtico per indicare la vigilia dell’Ognissanti (All Hallow’s Eve) del cristianesimo, è evidente che Halloween si riferisca a un periodo precedente: è molto più probabile che il termine indichi l’apertura delle porte dell’inferno germanico (hell, hall, hölle).[↩]
- Julio Caro Baroja, Las brujas y su mundo, Madrid, Revista de Occidente, 1961, cap. IV.[↩]
- L’inferno nordico è collegato all’idea del ghiaccio e della neve. Per questa ragione Frau Hölle, come anche la sua omologa Frau Perchta o Signora Bertha, è la nivea regina dell’inverno che induce alla ‘morte bianca’ per assideramento. È nota per i suoi grandi piedi o per i piedi da oca. Anche le sue innumerevoli aiutanti patiscono della medesima deformità.[↩]
- Come il lettore avrà già letto, l’incapacità intellettuale dei teologi cattolici di distinguere le eresie dell’essoterismo dalle dottrine iniziatiche fu la causa dell’accanimento inquisitorio contro l’esoterismo templare e della Fede Santa.[↩]
- Joseph Hansen, “Credenze magiche, eresia e Inquisizione”, in La stregoneria in Europa, Marina Romanello (a cura di), Bologna, Il Mulino, 1975. Per la verità fino a questa fase finale del medioevo la magia non era presa eccessivamente sul serio e i fenomeni che essa pretendeva di produrre erano considerati pure illusioni. Perciò i maghi erano sanzionati per le loro teorie ingannevoli e non per le loro opere.[↩]
- Andrea Del Col, L’Inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Milano, Oscar Mondadori, 2006, parte I, cap. V. I processi avvenuti a Tolosa tra il 1335 e il 1350, i cui dettagli sul sabba paiono anticipare quelli contenuti nei verbali dei secoli successivi, sono in realtà dei falsi fabbricati nella prima metà dell’Ottocento (Norman Cohn, I demoni dentro. Le origini del sabba e la grande caccia alle streghe, Milano, Unicopli, 1994, capp. I-II).[↩]
- Questi fenomeni in seguito vennero scorporati dando origine alla credenza della licantropia e del vampirismo.[↩]
- Il Canon Episcopi del X secolo considerava questi eventi prodigiosi come semplici fantasie, sogni o allucinazioni.[↩]
- Nella presente atmosfera di totale imbecillità, si è diffusa la credenza che le streghe fossero esclusivamente donne a causa della misoginia della società patriarcale di allora. In realtà nei processi di stregoneria in Scozia, Islanda ed Estonia, la massima parte dei condannati furono di sesso maschile (Wolfgang Behringer, Witches and Witch-Hunts: A Global History, Wiley Editing Services, 2004, pp. 147-164).[↩]
- La relazione tra stregoneria, evocazioni diaboliche e cultura rinascimentale è assai ben dimostrata dagli episodi descritti dal Cellini nella sua autobiografia (Benvenuto Cellini, La vita, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1983, pp. 170-174). Il lettore avrà modo di informarsi ulteriormente su questo tema nei prossimi capitoli.[↩]
- Matteo Duni e Dinora Corsi (a cura di) Non lasciar vivere la malefica : le streghe nei trattati e nei processi (secoli XIV-XVII), Firenze, Firenze University Press, 2009.[↩]
- Jeanne des Armoises (1412-1431?) non era certamente, come vuole la pia leggenda, una contadinella al servizio del nazionalismo francese, bensì persona ben nota alla corte del Delfino e, probabilmente, imparentata con la casa reale dei Valois. Non solamente la sua storia è stata manipolata gravemente, ma anche la sua missione religiosa non fu altro che una copertura per una macchinazione politica. È davvero sospetto che sia stata beatificata soltanto nel 1910 e canonizzata nel 1920, cinque secoli dopo i fatti! André Bourrier, Grillot de Givry et Han Ryner, La vérité sur le supplice de Jeanne d’Arc, victime de l’Église: la Pucelle a-t-elle été brûlée? S’est-elle échappée et mariée?, Conflans-Sainte-Honorine, L’Idée libre, 1925. Un altro argomento poco chiaro è legato all’ambiente di esoteristi rumeni di stanza a Parigi, già militanti della Guardia di Ferro e discepoli dell’inquietante veggente Petrache Lupu; Vasile Lovinescu collegava la figura di Giovanna d’Arco a un presunto centro iniziatico situato nella “Dacia iperborea”. Seppure in termini molto più prudenti, anche Vâlsan attribuiva alla Pulzella d’Orléans una supposta importante “funzione iniziatica”, del tutto indimostrabile.[↩]
- S. Margherita d’Antiochia e S. Caterina d’Alessandria, come furono identificate a posteriori; si tratta di due vergini e martiri di cui si sa pochissimo e che, comunque, non hanno avuto nulla in comune con la pretesa “missione patriottica” di Giovanna.[↩]
- Nel 1440 il barone Gilles de Rais fu condannato a morte per magia nera, sacrifici umani, evocazioni diaboliche e sodomia (Jean Benedetti, Gilles de Rais, New York, Stein and Day, 1971); Olivier Bouzy, “Le Procès de Gilles de Rais. Preuve juridique et “exemplum””, Connaissance de Jeanne d’Arc, n° 26, jenvier 1997, pp. 40-45.[↩]
- Non c’è da stupirsi che i due frati si fossero recentemente convertiti dall’ebraismo. L’eccesso di zelo e il fanatismo sono un risultato psicologico tipico delle conversioni da una religione monoteista all’altra, come è stato anche il caso del famoso inquisitore Tomás de Torquemada OP.[↩]
- Fino al XVII secolo fu in uso il termine di maleficae per definire le streghe. La stessa denominazione “stregoneria” entrò in uso a partire dall’Illuminismo al fine di stigmatizzare il comportamento e le posizioni religiose.[↩]
- “Nell’epoca di maggiore voga della tortura, in Spagna, a Valenza, su duemila processi dell’Inquisizione, nell’arco che va dal 1480 al 1530, sono stati ritrovati dodici casi di tortura” (Jean Dumont, L’Église au risque de l’histoire, Parigi, Critérion, 1981, pp. 378-379). Già abbiamo fatto notare in altre occasioni l’artificiosa costruzione della Leyenda negra contro la Spagna cattolica, soprattutto per opera dell’Inghilterra elisabettiana e dei suoi vassalli protestanti olandesi e tedeschi. Sulla Leyenda negra dovremo ritornare in forma più dettagliata, considerato che solo pochi coraggiosi storici si sono espressi su questa falsificazione storica che continua a essere alimentata dai popoli protestanti anglosassoni d’Europa e Nord America.[↩]
- In Italia furono trentasei e in Portogallo quattro. Nella cattolicissima Irlanda non vi fu nemmeno una condanna. P. Portone, “Il giudice zelante e l’inquisitore tollerante”, in AAVV, La causa delle streghe di Triora, Arma di Taggia, Pro Triora Ed., 2014, p. 33.[↩]
- È noto che il diritto canonico era affidato a inquisitori domenicani, mentre l’aspetto civile, penale e poliziesco era direttamente gestito dal ‘braccio secolare’, ossia dal tribunale di Sua Maestà Cattolica. Marina Montesano, Caccia alle streghe, Roma, Salerno Ed., 2012; Jean-Baptiste Guiraud, Elogio dell’inquisizione, Rino Cammilleri (a cura di), Milano, Diffusione Libraria, 1994; Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996; Rino Cammilleri, La vera storia dell’Inquisizione, Casale Monferrato, Piemme, 2006.[↩]
- Paul Boyer e Stephen Nissenbaum, La città indemoniata, Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, Torino, Einaudi, 1986; Mary Beth Norton, In the devil’s snare, the Salem crisis of 1692, New York, Alfred A. Knopf, 2003.[↩]