1. L’Esoterismo della… Colla
1. L’Esoterismo della… Colla
Le medaglie
Al Concilio di Ferrara e Firenze che si svolse tra il 1438 e il 1439 partecipò una delegazione arrivata da Costantinopoli guidata dall’imperatore Giovanni VIII Paleologo, il patriarca Giuseppe II e al seguito molti consiglieri, tra i quali Giorgio Gemisto Pletone e il cardinal Bessarione metropolita di Nicea. In quell’occasione fu notificata l’unione delle due Chiese d’Oriente e Occidente e Pisanello coniò nel 1438 una medaglia commemorativa in onore del Paleologo.

Oltre che pittore Pisanello fu un abile medaglista e cercando tra i conii di altre sue produzioni numismatiche si trova ricorrente una delle due medaglie di cui parla R. Guénon ne L’esoterismo di Dante pubblicato nel 1925:
“Il museo di Vienna custodisce due medaglie: una raffigura Dante, l’altra il pittore Pietro da Pisa; sul rovescio di entrambe sono incise le lettere F.S.K.I.P.F.T.”.

Il nome che riscrive Guénon non è corretto, non si tratta di Pietro da Pisa, il vero nome del Pisanus è Antonio di Puccio più tardi detto Pisanello: l’errore non è grave, Vasari lo chiama Vittore*, ma prova come affidarsi a fonti dubbie o di seconda mano possa generare più di un’inesattezza. A discolpa di Guénon bisogna dire che la fonte della descrizione di questa medaglia è Eugène Aroux che cita Gabriele Rossetti che cita Giuseppe Pelli che cita Apostolo Zeno; l’errore del primo, ma non solo questo, viene ripetuto da tutti gli altri che seguono.

* Giorgio Vasari, Vite de’ più eccellenti Pittori Scultori e Architettori del 1550. Vasari scrive il capitolo dedicato alla vita di Pisanello assieme a quella di Gentile da Fabriano con il quale ha condiviso in parte la sua vita artistica. Il ritratto proposto da Vasari qui di seguito è certamente ispirato dalla medaglia. Nelle note di Giovanni Bottari alla Vite di Vasari da lui edite nel 1759 parla di una medaglia posseduta da un certo sig. Mariette che sul retro del ritratto di Pisanello porta l’acronimo F.S.K.I.P.F.T. su due righe.
Vale la pena riprodurre anche il disegno più chiaro in tutti i dettagli tratto da Memorie istoriche di Rimino e de’ suoi signori del conte Francesco Gaetano Battaglini che nessuno degli autori cita, riproduce Pisanello ma non Dante.

In realtà la prima fonte che tratta della Medaglia con l’acronimo F.S.K.I.P.F.T., l’attribuzione templare e l’uso del nome Kadosh non è Aroux, come scrive Guénon, ma Gabriele Rossetti ne Il mistero dell’amor platonico pubblicato nel 1840 che cita Giuseppe Pelli di ciò che avrebbe visto Apostolo Zeno al Museo di Vienna, solo nel 1854. Aroux in Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste cita le stesse fonti remote ma non Rossetti che è la fonte immediata: non è possibile capire l’uso di Aroux del titolo di Kadosh senza farlo precedere da Rossetti. Nella Vita di Dante, scritta dal Pelli che non interpreta F.S.K.I.P.F.T. si legge:
“Apostolo Zeno, nel volume secondo delle sue lettere, num. 224, ci dice, che nell’Imperial Museo di Vienna vi è una medaglia con la testa di Dante e le lettere, DANTES FIORENTINUS, nel rovescio della quale, fra due lauri, si leggono le seguenti lettere iniziali: F.S.K.I.P.F.T. Il medesimo Zeno avverte nello stesso luogo, che queste note (F.S.K.I.P.F.T.), distribuite appunto nella maniera suddetta, stanno in un’altra medaglia del Museo, che nel diritto rappresenta la testa di Pietro Pisano, artefice molto eccellente, intorno alla quale si legge PISANUS PICTOR”.
L’interpretazione di Aroux che, si è visto, in realtà è di Rossetti:
“Queste lettere si applicano a due uomini di merito diversi, non potendo esprimersi che con un titolo comune. Crediamo dunque poter, fino a migliore interpretazione, accettare questa: Fraternitatis Sacræ Kadosch, Imperialis Principatus, Frater Templarius”.
Il passaggio di Rossetti che Aroux copia è il seguente:
“Ognun sente che quelle iniziali puntate, applicate a due persone diverse, un poeta e un pittore, debbono esprimere un titolo comune. E quale? Finché i dotti non ci dicono che vagheggiamo, io leggerò: Fraternitas Sacræ Kaddosh, Imperialis Principatus, Frater Templarius, cioè DANTE FIORENTINO (o PISANO PITTORE) Frate Templario della Sacra Fraternità Kaddosh, Imperial Principato”
Rossetti continua fantasticando:
“Le citate medaglie del Museo Imperiale sono probabilmente una storica eredità di quell’Impero invisibile, che Dante chiamava in gergo, e con vezzo cinese, celeste Impero (Volg. Eloq.), regolato da «quell’Imperatore che lassù regge… ne l’aula più secreta co’ suoi conti” (Div. Com.). A un tal celeste Impero appartenevano que’ Principi celesti che son nel terzo cielo, i quali dicono: “Noi ci moviam co’ Principi celesti, Ai quali tu nel mondo già dicesti Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete (Parad.). È da notare che S∴P∴R∴☩∴, cioè, Sovrani Principi Rosa Croce si chiaman pure, nel citato libro massonico (n.d.r. Light on Masonry) questi della bicolore Aquila, caratterizzata dal bianco e dal nero”.
Disinvoltamente Rossetti passa dall’Imperatore cinese, al dantesco Imperatore che lassù regge, al massonico Imperial Principato… Senza discriminazione si rischia di far rientrare anche l’Imperator della Golden Dawn; non basta un nome per poter associare anche le stesse idee.
Stabilita la paternità corretta, che non è importante in sé ma fa capire la personalità di Aroux, Guénon lo corregge e aggiunge un particolare:
“Aroux interpreta nel modo seguente: Frater Sacrae Kadosch, Imperialis Principatus, Frater Templarius. Per le prime tre lettere questa interpretazione è palesemente sbagliata e non offre un significato intelligibile; il nostro parere è che si debba leggere Fidei Sanctæ Kadosch. La società della Fede Santa, della quale Dante fu probabilmente uno dei vertici, era un Ordine Terziario di affiliazione templare, e questo giustifica l’appellativo di Frater Templarius; e i suoi dignitari portavano il titolo di Kadosch, parola ebraica che significa «santo» o «consacrato», e che si è conservata fino ai nostri giorni negli alti gradi della Massoneria” .
Purtroppo, il ragionamento è debole: che sia presente negli alti gradi della Massoneria del XVIII e XIX secolo – fatto documentabile – non dimostra nulla riguardo la sua presenza in contesto medievale nel XIV secolo – fatto non documentabile –, periodo durante il quale questo termine Kadosh non è attestato in relazione a Templari o una Fede Santa. Ciò che è da capire è perché Aroux, e prima di lui Rossetti, abbiano scelto queste versioni dell’acronimo F.S.K.I.P.F.T.che Guénon eredita e modifica.
Esiste un altro articolo intitolato Un côté peu connu de l’œuvre de Dante apparso su La France Antimaçonnique; pur non essendo firmato è evidente che si tratta di una prima versione di ciò che Guénon ha poi pubblicato ne L’ésotérisme de Dante. Il testo presenta un’inesattezza palese in quanto esclude due lettere dell’acronimo; questo l’esordio:
“È noto che esiste una medaglia sulla quale l’effigie di Dante è accompagnata dalle lettere F.S.K.F.T.Si è tentato di dare varie interpretazioni di queste iniziali, ma la più probabile è la seguente, molto vicina a quella indicata da Aroux, se non del tutto identica ad essa: “Fidei Sanctæ Kadoch, Frater Templarius”.
Perché F.S.K.F.T.? Mancano le lettere centrali «I.P.» corrispondenti a «Imperialis Principatus», Aroux le riporta e non è neppure un errore tipografico perché la decifrazione «Fidei Sanctæ Kadoch, Frater Templarius» ignora le due parole centrali Imperialis Principatus corrispondenti alle lettere «I.P.». Il testo continua:
“l’associazione «della Fede Santa» alla quale il poeta apparteneva, era un Terz’Ordine di filiazione templare, ed era abbastanza simile, a quel tempo, a quella che fu poi la «Fraternità dei Rosacroce»”.
In questo passaggio l’autore segue la lezione di Aroux. La stessa versione da parte di Aroux e Rossetti pone in evidenza il fine, differente per i due autori, di sostegno per Rossetti e di accusa per Aroux; quest’ultimo fu fervente cattolico, dedica a papa Pio IX il suo testo su Dante con l’ossessione di dimostrare la sua eresia in quanto cataro:
“La Chiesa ha in seno abbastanza gloria e genio da respingere anche un Dante, se è vero che Dante è stato suo costante nemico” […] “si deve riconoscere in lui un ateo, uno di quegli uomini senza fede e senza generosità, che, nel misero interesse della loro egoistica vanità, sognano e macchinano rivoluzioni, per innalzare su sanguinose rovine l’edificio della loro fortuna”
Legittimo chiedersi se Aroux abbia la lucidità, il distacco sufficiente per interpretare correttamente anche solo l’acronimo F.S.K.I.P.F.T., oppure forzi l’interpretazione a favore della propria idea per dimostrare l’eresia di Dante; allora anche il titolo di Kadosh che trova in Massoneria, a quel tempo più che mai contrapposta alla Chiesa, può essere la «pistola fumante», funzionale, che serve allo scopo per accostare indebitamente Dante alla Massoneria e Rossetti gli fornisce la chiave; ma la sua proposta è gratuita senza un elemento che possa provarlo. Lo stesso vale per Rossetti ma con intenzioni opposte.Per entrambi, il ragionamento è sostenuto da un sillogismo inconsistente: “dato che in Massoneria il grado Templare è associato al titolo di Kadosh, allora anche i Templari medievali devono essere Kadosh” e così di seguito.La prova dell’accusa di catarismo di Aroux è debolissima, parte dall’interpretazione del termine ebraico Kadosh che significa “santo, purificato” per affiancarlo a “cataro e puritano”.
L’eredità di Rossetti e Aroux viene condivisa da Valli:
“Il Rossetti a p. 1383 del suo Il mistero dell’Amor platonico dette di quelle lettere la seguente interpretazione: «Fraternitatis Sacræ Kaddosh, Imperialis Principatus, Frater Templarius» e vide nella medaglia un argomento in mezzo a tanti altri per riaffermare i rapporti di Dante con i Templari (Kaddosh è un noto grado iniziatico). L’argomento fu ripreso dall’Aroux e poi dal Guénon (L’Esotérisme de Dante, p. 7), che modificò però l’interpretazione leggendo invece «Fidei Sanctae Kaddosh…»”.
Gabriele Rossetti
Gabriele Rossetti visse esule a Londra, sposò Frances Polidori sorella di John William Polidori, medico personale e segretario di Byron, autore di The Vampire del 1819, la prima storia di vampiri e prototipo del Dracula di Bram Stoker; il racconto fu scritto nello stesso contesto della gara letteraria delle serate svizzere del 1814 durante la quale Mary Shelley scrisse il suo Frankenstein. Dal matrimonio con Frances, Rossetti ebbe quattro figli, tra i quali Dante Gabriele, pittore preraffaellita fondatore nel 1848 della Pre-Raphaelite Brotherhood (Confraternita dei Preraffaelliti) composta da sette membri su modello del gruppo tedesco dei Nazareni di poco precedente.
È negli scritti di Gabriele Rossetti che si deve ricercare l’origine e la ragione dell’uso del titolo di Kadosh, il primo che ha interpretato la medaglia di Dante e l’acronimo F.S.K.F.T. in chiave massonica. Rossetti fu politicamente legato alla Carboneria e iniziato in Massoneria a Napoli nel 1809; come referenza massonica, citato anche in Guénon, usa quasi sempre il testo divulgativo antimassonico Light on Masonry di David Bernard, ministro battista ed ex-massone, segretario del primo congresso antimassonico americano. Il testo di Bernard segue il clamore per la scomparsa e forse assassinio di William Morgan, intenzionato a divulgare i segreti della Massoneria.
La Massoneria napoletana fu riunita e ordinata dal duca Raimondo di Sangro, principe di San Severo che rivendicava la propria discendenza da Carlo Magno e dalla famiglia di san Bernardo di Chiaravalle sostenitore dell’Ordine del Tempio per il quale scrisse una sorta di Statuto «spirituale», De laude novae militiae ad Milites Templi; allo stesso modo Raimondo scrisse per la Massoneria napoletana degli Statuti Preliminari dai quali emergeva una chiara impronta templare, importando i gradi di «vendetta» templare in seno ad una massoneria scozzese ancora in formazione; in tutti i suoi ritratti conosciuti sono presenti le insegne dell’Ordine di San Gennaro di cui era membro, la cui Croce è identica a quella Templare; all’entrata della sua famosa Cappella è visibile la statua dell’antenato Cecco di Sangro le cui gesta sono raccontate in un grande cartiglio di marmo; narra la leggenda che durante la campagna delle Fiandre si fece rinchiudere in una cassa e grazie a questo stratagemma entrò furtivo in Amiens sotto assedio e riuscì a cogliere di sorpresa i nemici; in realtà avendo tutte le statue della Cappella un carattere allegorico e non storico anche la figura del cavaliere che esce dalla «tomba» con un pugnale ricorda i simboli della «vendetta» massonico/templare. L’ingresso in Massoneria di Raimondo di Sangro fu sollecitato dal Principe Gaetano Carafa, a sua volta affiliato alla Loggia Zelajia, con l’intento di impiantare la Massoneria scozzese, allora sconosciuta a Napoli; fino a quel tempo nel contesto partenopeo esistevano solo logge militari da campo austriache e logge di derivazione inglese, sotto l’influenza protestante e in soli tre gradi. È nella tipografia del Principe di San Severo che fu stampato un rituale di Maestro Scozzese, allora sconosciuto dalla Massoneria inglese, al quale presto si doppiò quello di Maestro Eletto e Sublime Filosofia. Gli Alti Gradi scozzesi e a seguire gli altri Sistemi, furono la porta per introdurre in Massoneria ogni sorta di cultura e dottrina, magia, cabbala, templarismo, rosacrucianesimo; Raimondo di Sangro, in particolare, diede un impulso ermetico/alchemico testimoniato dall’allestimento della sua Cappella; tra i seguaci del Principe vi fu Henri Théodore de Tschoudy, autore de L’Etoile Flamboyante un rituale massonico di impronta fortemente alchemica. Il governo e la direzione della scuola di Raimondo di Sangro passarono al primogenito Vincenzo e da questi a Paolo d’Aquino, principe di Palena, poi al nipote Pietro d’Aquino conte di Caramanico morto nel 1831. All’inizio del XIX secolo, durante il soggiorno di Rossetti a Napoli, il personaggio di spicco di questo ambiente esoterico partenopeo fu Domenico Bocchini erede di una Massoneria alchemica ed egizia, culla di un occultismo che di lì a poco si diffonderà in Europa; Bocchini fu affiliato alla loggia di rito scozzese I Figli della Libertà nel 1795, entrò nella Loggia La Vigilanza del Rito Egiziano di Cagliostro diretta a quel tempo del barone Lorenzo de Montemayor, ultimo Gran Cofto conosciuto nel Regno di Napoli, poi affiliato alla Loggia La Folgore di Napoli del Rito di Misraïm dei Bédarride; è da Napoli che s’irradiò una corrente di esoterismo rosacrociano che in Inghilterra faceva capo a Bulwer-Lytton, autore di Zanoni. Bocchini visse a Napoli, fu avvocato, letterato, classicista e massone, pubblicò il foglio Geronta Sebezio firmandosi con questo stesso nome ovvero Vecchio del Sebeto o con l’anagramma Nicodemo Occhiboni. I testi usano un linguaggio bislacco che contrasta con la grammatica profana e la filologia, Bocchini la chiama scienza palladia aporrezia, una sorta di Trobar-clus «parlare chiuso»simile alla Cabala fonetica ed etimologica che sembra anticipare il programma dantesco di Rossetti:
“analizzando la radice e la desinenza delle parole – o le singole sillabe – nell’ottica ermetica in cui furono scritte, e poi ascendendo dal senso letterale, a quello allegorico fino all’ermetico, era possibile ritrovare chiavi di lettura perse”.
Questo significato arcano va ritrovato nella lingua delle Sirene e nel 1822 scrive La Sapienza Nuova o La Sapienza Arcana ossia il Mistero delle Sirene svelato che tratta tra l’altro del mistero della Arcana Sirena Partenope e del fiume sotterraneo Sebeto del quale aveva già parlato Iacopo Sannazzaro nella sua Arcadia. Nel sonetto contenuto ne Gli arcani gentileschi svelati del 1834, stabilisce infine i tre sensi da attribuire alle opere, chiamati Demotico, Hieratico e Geroglifico. Giustiniano Lebano, noto come lo stregone di Torre Annunziata, più tardi scriverà di questa «corrente» esoterica in Del Nilo Arcano:
“La Palladia è la suprema Dottrina di insegnare le Scienze. La conoscenza della Dottrina Palladia era il filo d’Arianna che portava alla conoscenza delle Syrenusie, ossia delle Usie arcane con cui si perveniva alla porta della Luce. Questa Palladia veniva insegnata con i parlari semantici, ossia con segni, e geroglifici che i greci dicevano A-Fonos cioè senza essenzia di voce. Le Supreme Dottrine racchiuse nel Palladio, o Vello d’Oro, costituivano la parte più sacra che ogni Urbe aveva, e venivano custodite nella parte più segreta dell’Olimpo Maggiore, conosciuta dai soli Palladii, ossiadagli Istituiti di Pallade Minerva, cioè l’Istitutrice arcana degli Alunni di Giove”.
In una recensione così si descrive la materia insegnata da Bocchini nel Geronta Sebezio:
“La scienza gerontica non è altro che la scienza Cabalistica, o sia quella del rabbino Akiba-ben-Joseph, o quella di Simeon-ben-Ischay, o quella di Errico Cornelio Agrippa; che la pretesa Scienza palladia non è che la Cabbala rabbinica accomodata alla teologia gentilezza; e infine che l’alfabeto cabalistico riportato è spiegato ne’ num. IV e XX del Geronta non differisce che poco o nulla da quello che l’Akiba pubblicò”.
Questo fu l’ambiente in cui Rossetti fu iniziato e partecipò della vita massonica nel suo periodo di permanenza a Napoli; indice di questa comunanza fu l’appartenenza all’Accademia Sebezia di Napoli che attesta nella sua Autobiografia e tra i titoli che elenca all’inizio de Il Mistero dell’Amor Platonico.
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Il blasone di Raimondo di Sangro portava la divisa Unicum Militiæ Fulmen («Fulmine Unico della Cavalleria») motto che potrebbe avere un riscontro nel grado di Kadosh della Massoneria. Il simbolo principale di questo grado è la «scala misteriosa» o «scala mistica» formata da due montanti ognuno composto di sette gradini; sul primo sono distribuite le sette arti liberali del Trivio e del Quadrivio mentre sul secondo sono distribuite sette virtù. Nelle istruzioni del grado di Knight of Kadosh nel testo Light on Masonry, si leggono i nomi di questi due montanti della «scala misteriosa»; il primo si chiama O Lebur Eloe e il secondo, almeno in alcune verioni, O Leb Barabac; il termine storpiato barabac si può riferire alla
“enigmatica parola abrac, che […] in realtà sembra proprio dover significare la folgore o il lampo (in ebraico ha-baraq, in arabo el-barq)”.
In questo caso il montante «discendente» della scala si riferirebbe al fulmine che, in effetti, esprime l’immagine della discesa dal cielo di ciò che il sufismo chiama baraqah, l’influenza spirituale.
Rossetti fu un lettore di Light on Masonry per cui conosceva ciò che l’autore diceva riguardo al Knight of Kadoshe al suo simbolismo della scala a sette gradini:
“è chiaramente indicato nella Chiave della Massoneria con quelle precise parole che qui van ripetute «Le sette stelle rappresentano i sette principali e diversi gradi, pei quali dovete passare, onde conseguire la sommità della gloria»”
La sommità della Gloria corrisponde alla divisa Nec plus ultra, posta e associata al termine della «scala misteriosa» del 30° grado Kadosh che Guénon così commenta:
“Il 30º grado, che è considerato come nec plus ultra, deve logicamente sottolineare, proprio per questa ragione, il termine della «salita», di modo che i gradi successivi non possono se non riferirsi propriamente ad una «ridiscesa», in virtù della quale vengono apportate a tutta l’organizzazione iniziatica le influenze destinate a «vivificarla»”.
A Rossetti basta poco per associare Dante a Kadosh leggendo questi versi del Paradiso:
Col viso ritornai per tutte quante
le sette spere, e vidi questo globo
tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante
Interpreta ritornai come una ricapitolazione del percorso celeste compiuto fino a quel momento per cui associa a questo particolare ciò che legge in Light on Masonry dove l’iniziando Kadosh
“ascende la scala [di sette gradini] e riconsidera tutti’ i gradi precedenti, ecc.; e così Dante, pervenuto al segno de’ Gemelli”.
Nel testo Rossetti propone inoltre una frettolosa corrispondenza tra le Corti d’Amore medievali e la Massoneria d’Adozione, le cui Logge, come le prime, sono rette da sette donne, figurate entrambe dalle le sette ninfe descritte nel Purgatorio di Dante. Abbiamo qui l’esempio classico: ci si trova, come al solito, con una dimostrazione di ciò che è anteriore per mezzo di ciò che è posteriore.