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1 Marzo, 2020

47. Il collasso della tradizione nell’Europa occidentale

    Dante anticipò a due papi ancora viventi il destino di finire all’inferno. Essi furono Bonifacio VIII1 e Clemente V2. Il primo fu il più fanatico sostenitore della supremazia temporale della Chiesa sull’Imperatore, re e principi della cristianità occidentale. Eminenza grigia durante il papato del suo predecessore, Celestino V, ebbe una importante influenza per indurre quel papa mite e schivo ad abdicare. In questo modo, con un conclave truccato, subentrò a Celestino, che era tornato a fare l’eremita. Tuttavia, timoroso di una reazione da parte dei sostenitori di Celestino V e sospettoso che il predecessore si pentisse del suo atto di rinuncia, lo fece imprigionare. Celestino morì in prigione. L’Impero era in crisi poiché il candidato Imperatore, il re di Germania Adolfo di Nassau, era stato deposto dagli stessi principi che lo avevano eletto, scatenando così una tragica guerra civile. Bonifacio, dunque, era consapevole che l’Impero non costituiva in quel mentre alcun pericolo per la sua politica; invece temeva la crescente potenza del re di Francia. A questo fine si avvicinò al re d’Inghilterra, che allora era anche duca d’Aquitania, spina nel fianco della Francia. Nonostante questa alleanza e la violenza con cui esercitò il potere sullo Stato della Chiesa3, il papa dovette venire a patti con Filippo di Francia: accettò di incoronare suo cugino Carlo d’Anjou a re di Napoli e a santificare suo nonno, Luigi IX. Usò senza scrupoli la scomunica, l’inquisizione e la canonizzazione4 come strumenti politici. Tuttavia le sue pretese di potere temporale furono frustrate proprio da quei sovrani nazionali che il papato, già da due secoli e mezzo, aveva istigato a rendersi autonomi dall’Impero. La morte lo colse in un momento in cui tutti i potenti dell’epoca, il senato e il popolo di Roma gli erano dichiaratamente avversi.

    Il secondo papa destinato da Dante all’inferno, Clemente V, fu un protagonista della persecuzione dei templari assieme al re di Francia. Dopo la caduta di San Giovanni d’Acri (1291), gli ultimi trecento monaci-cavalieri templari d’Oriente si ritirarono a Cipro, sotto la guida del Gran Maestro Jean de Montfort5. In quell’isola i sopravvissuti si dedicarono a condurre una vita ascetica: scemata l’energia guerriera, i templari avevano ripiegato sulla vita contemplativa. Anche i cavalieri che erano rimasti in Europa per amministrare feudi, commanderie e castelli dell’Ordine, persero progressivamente l’antica tensione ascetico-militare per ritirarsi a vita religiosa. Questa attitudine indebolì anche la funzione dell’Ordine, quella di presiedere e coordinare le organizzazioni iniziatiche d’Occidente. I templari, pur vivendo frugalmente la loro vita quotidiana, avevano ricevuto in donazione dai principi dell’epoca un immenso patrimonio. Anche il loro compito di controllo sulla monetazione degli stati cristiani6, li rendeva potenti e i diversi principi sempre più spesso si rivolgevano loro per ottenere prestiti e sostegno finanziario. Filippo IV, detto il Bello, re di Francia, allo scopo di rafforzare il potere regio7, si era indebitato pesantemente con l’Ordine. Consapevole di non essere in grado di restituire i prestiti e preso dalla cupidigia per le immense ricchezze dell’Ordine del Tempio, decise di impadronirsene8. Il 13 ottobre 1307, fece arrestare con l’inganno tutti i templari del regno di Francia in una sola notte9. Essi furono accusati di inesistenti colpe di eresia10, idolatria11 e sodomia. Clemente V, papa francese eletto nel 1305 per le pressioni di Filippo il Bello12, sebbene consapevole della falsità di quella montatura processuale, sospese l’Ordine, ordinando che il patrimonio fosse devoluto al rivale Ordine degli ospedalieri. Ovviamente in Francia fu il re a impadronirsi di tutto, compreso quanto era stato assegnato agli ospedalieri13. Il processo contro i templari durò fino al 1314. Sottoposti ai più spietati supplizi, una sessantina di cavalieri confessò colpe inesistenti, spesso ritrattando a fine tortura14. La tragedia si concluse con la condanna del Gran Maestro Jacques de Molay a essere bruciato vivo. Si dice che Molay, affrontando serenamente il supplizio, predicesse l’imminente morte dei responsabili di quell’orrore. Di fatto, nel giro d’un anno morirono sia il papa sia Filippo IV15. I cavalieri in fuga si rifugiarono in Inghilterra, in Scozia16, nei regni della penisola iberica, nei principati della Germania e dell’Italia. Essi furono accolti presso ordini cavallereschi locali o corporazioni di mestiere17.

    Negli altri stati d’Europa lo scioglimento dell’Ordine del Tempio fu eseguito secondo i dettami papali, ma in nessuna parte si procedette con arresti e processi come stava accadendo nel regno di Francia. Tuttavia i templari avevano in Francia il loro centro principale, perciò l’azione antitradizionale di Filippo il Bello aveva decapitato l’intera gerarchia magistrale. La situazione generale delle organizzazioni iniziatiche collegate o subordinate al Tempio fu di massimo allarme e di sbandamento generale. Non è un caso che lo stesso Dante fosse presente a Parigi durante il processo ai templari; il capo segreto delle vie iniziatiche cristiane e appartenente al Terz’ordine del Tempio non poteva non accorrere per raccogliere un qualche legato. Questo è l’episodio più misterioso della sua vita, tant’è che molti accademici sono propensi a dubitare di questo soggiorno18.

    Nel frattempo altri avvenimenti si erano verificati. Nel 1308, alla morte di Alberto d’Asburgo, era diventato re di Germania e di Arles il templare Arrigo VII di Lussemburgo. Scese in Italia dopo aver ristabilito l’ordine in Germania, al fine di essere incoronato Imperatore. La spedizione militare, pur osteggiata da Filippo il Bello, da Roberto d’Anjou, re di Napoli e dai molti Comuni che si erano ribellati all’autorità imperiale dietro istigazione papale, fu in gran parte un successo. Arrigo fu incoronato re d’Italia, re dei Romani e, nel 1312, Imperatore. I Fedeli d’Amore e i templari italiani videro in quegli eventi la possibilità di una restaurazione dell’ordine tradizionale, proprio mentre a Parigi accadevano i gravi fatti sopra descritti. Dante stesso apparve quasi come l’ispiratore sapienziale di quella esaltante avventura. Il sogno s’interruppe bruscamente: nel 1313 l’Imperatore morì all’improvviso avvelenato con l’arsenico, probabilmente per mano del suo confessore francescano. Fu il crollo d’ogni speranza: templari e trovatori si dispersero. Molti di essi furono colpiti dall’inquisizione. Dante stesso, pur ospite di cavalieri di altissimo rango, si rese conto degli sfavorevoli segni dei tempi e trasformò la sua opera, la Divina Commedia, in un testamento di tutta la sapienza iniziatica occidentale per i tempi futuri. Vuole la tradizione che egli prevedesse che il significato del suo messaggio sarebbe stato compreso soltanto seicento anni dopo la sua morte. E così è stato.

    Dopo la scomparsa di Dante in tutta evidenza nessuno gli successe nella funzione di maestro, sebbene ci fosse una generazione di Fedeli d’Amore di grande rilevanza, quali Petrarca e Boccaccio. Quest’ultimo s’impegnò in modo particolare a confondere le idee dei profani sulla Fede Santa. Mentre in Europa la peste falcidiava la popolazione, si assisté all’ultimo tentativo di raddrizzamento della tradizione. Cola di Rienzo, di cui si dice fosse figlio naturale di Arrigo VII, prese il potere della città di Roma, in piena decadenza essendo abbandonata dai papi e in preda alle ruberie di potenti famiglie rivali. Il suo tentativo fu quello di restaurare la res publica dell’antica Roma, pur mantenendo l’Urbe come capitale dell’Impero e del papato. Ma i tempi erano cambiati. Dopo i primi successi, nonostante l’appoggio sia imperiale sia papale, egli rimase ucciso dall’ira del popolaccio romano19.

    La tradizione in Occidente s’era ormai interrotta. Da quel momento prevalse ovunque una civiltà mercantile, dedita alle peggiori perversioni dell’individualismo, della magia e del naturalismo20. Era nato il mondo moderno.

    Petrus Simonet de Maisonneuve

    1. Divina Commedia, Inferno, XIX.53-72.[]
    2. Divina Commedia, Inferno, XIX.79-117; Paradiso, XVII.82; Paradiso, XXX.142-148.[]
    3. La distruzione di Palestrina ne è un esempio. Anche Dante fu vittima dell’odio di Bonifacio: fu questo papa che richiese al Comune di Firenze di condannarlo a morte, di espropriarlo di tutti i beni, obbligando così il Poeta all’esilio dalla sua patria.[]
    4. Con la canonizzazione si riconosce la santità di una persona e se ne permette la venerazione pubblica. Si vedrà, più avanti, come la canonizzazione sia stata usata quale strumento politico fino all’epoca contemporanea.[]
    5. Per tutta la seconda metà del XIII secolo, l’incapacità bellica di Luigi IX, re di Francia, Edoardo I d’Inghilterra e Carlo I d’Angiò, re di Sicilia, condusse a dei disastri irreparabili, con molte vittime umane. I templari si prodigarono per riparare con le armi alle folli scelte strategiche di quegli avidi sovrani, pagando un caro prezzo in numero di caduti.[]
    6. Filippo il Bello aveva anche falsificato le monete d’oro e d’argento del suo Regno, contravvenendo al controllo dell’Ordine del Tempio. Paradiso, XXXIII.118-120.[]
    7. Per la verità la trasformazione del regno feudale di Francia in una monarchia nazionale centralizzata e assoluta era già stata in gran parte realizzata da Luigi IX. Costui aveva messo l’amministrazione della cosa pubblica nelle mani di giuristi plebei, riducendo e limitando i privilegi feudali e accentrando nelle sue mani il potere dello stato. Devoto a una religiosità tutta gallicana, insubordinato nei confronti delle pretese di egemonia politica papale, aveva appoggiato gli ordini mendicanti (soprattutto i francescani) in opposizione alle gerarchie ecclesiastiche. Filippo il Bello ereditò e aggravò questa frizione con Roma.[]
    8. Sulla cupidigia di Filippo per le ricchezze del Tempio si leggano i versi di Dante Purgatorio, XX.85-96. Sull’amorazzo illecito tra Filippo IV (il gigante) e la Chiesa (la puttana), Purgatorio, XXXII.148-160.[]
    9. Questo dimostra l’efficienza raggiunta dal regime “poliziesco” del sovrano assoluto. Non risultano resistenze da parte dei templari, ingannati dalle motivazioni “fiscali” della convocazione; questo però denota anche impreparazione, ingenuità e debolezza da parte loro. La manovra antitemplare fu predisposta fin dal 1305, quando il sovrano francese aveva raccolto le vendicative calunnie di alcuni cavalieri espulsi dall’Ordine per indegnità. Alcuni emissari regi furono allora infiltrati nell’Ordine come spie. A questi si devono le prime confessioni durante l’arresto; nondimeno, ciò non risparmiò anche a questi traditori d’essere condannati. Jules Michelet, Procès des Templiers, Paris, Imprimerie Nationale, 1851, vol. I, p. 458.[]
    10. Non fu provata alcuna eresia dottrinale. L’unica anomalia riscontrata fu la seguente: ogni giovedì santo i cavalieri ricevevano l’eucarestia soltanto con il vino. L’assenza del pane fu ritenuta eretica. In realtà un tale rito confermava che i templari continuavano la tradizione rituale iniziatica di bere il sangue di Cristo dalla coppa del Graal.[]
    11. Durante il processo si tentò di accusare i templari di adorare un idolo chiamato Bafomet, rappresentato da una testa. Gli inquisitori sostennero che si trattava di un culto rivolto a Maometto. Ora, è noto che Saladino faceva decapitare tutti i templari che aveva occasione di catturare perché era impossibile convertirli all’Islam. Probabilmente, sotto il nome di Bafomet, inventato dagli inquisitori, essi veneravano la Veronica o la Sindone ripiegata, reliquie che erano state in possesso dell’Ordine.[]
    12. Questo papa fu un vero burattino nelle mani del sovrano francese. Egli fu indotto ad abbandonare la tradizionale Sede romana, per trasferirla in Francia. Lì i papi rimasero dal 1313 al 1377 alla mercé della volontà politica dei re. La viltà di quel papa fu tale che permise le esecuzioni di massa di cavalieri che erano stati assolti religiosamente per non aver commesso alcuna colpa. I diversi studi di Barbara Frale, che vorrebbero assolvere Clemente V dalle sue responsabilità, al contrario sottolineano la viltà e la complicità del papa nell’eccidio. Con lettera circolare del 18 marzo 1311, il papa richiedeva a tutti i principi e agli inquisitori d’Europa di arrestare e sottoporre i templari alla tortura. Robert L. John, Dante Templare, Milano, Hoepli, 1991 (I ed. Dante, Wien, Springer-Verlag, 1946), p. 132.[]
    13. Ciò poteva accadere perché nel 1307 nei territori imperiali di Germania e Italia regnava il caos: infatti i feudatari, ormai quasi del tutto secolarizzati, e i Comuni autoproclamatisi liberi, lottavano tra loro per sottrarre all’Impero territori, mercati e ricchezze. Alberto I d’Habsburg, dopo aver vinto e ucciso Adolfo di Nassau in battaglia, riaccese la guerra civile in Germania. Nel tentativo di farsi incoronare Imperatore, s’alleò al re di Francia e abbandonò al suo destino il “Giardino dell’Impero”, l’Italia. Per tali misfatti, Dante lo maledisse nel Purgatorio, VI.100-102.[]
    14. Tra coloro che non sopravvissero alla tortura e quelli condannati al rogo morì un centinaio di cavalieri. Ma i circa duemila sopravvissuti furono condannati all’isolamento a vita. In questo modo si impedì la prosecuzione della paramparā. Georges Lizerand (Éd.), Le dossier de l’Affaire des Templiers, Paris, Soc. d’Édition «Les Belles Lettres», 1964, pp. III-XII.[]
    15. Guillaume Nogaret, ministro plebeo di Filippo, ispiratore di tanto scempio, morì misteriosamente perfino prima della sentenza finale.[]
    16. Furono accolti a braccia aperte dal re Robert Bruce.[]
    17. Per esempio, alcuni cavalieri furono “accettati” nella gilda dei tagliapietra di Kilwinning. “Accettazione”, nel linguaggio delle gilde, consisteva nel riconoscere un iniziato a una via diversa dalla propria, cavalleresca, corporativa o, anticamente, monastica. In epoca più tarda furono “accettati” anche ermetisti e qabbalisti ritenuti, a torto o ragione, come iniziati e che furono perfino ammessi a partecipare ai rituali; e, in epoca di decadenza, furono iniziati come “accettati” semplici profani che non esercitavano alcun mestiere corporativo (Daniel Ligou (éd.), Dictionnaire de la franc-maçonnerie, Paris, PUF, 2004, pp. 7-8). Nel medioevo chi era “accettato”, se estraneo al mestiere, poteva presenziare ai riti dell’arte senza parteciparvi attivamente. Facevano eccezione il cappellano e il medico che ricevevano l’iniziazione senza però poi assumere altri gradi o uffici (ibid. p. 224; Lorenzo Frau Abrines, Diccionario Enciclopédico de la Masonería, Chihuahua, Ed. Del Valle de Mexico, 1976, vol. I, p. 265). Perciò l’accettazione di templari nella suddetta loggia non aveva fatto diventare “cavalieri” tutti gli operai della gilda, come sosteneva Ramsey (René Le Forestier, La Franc-Maçonnerie Templière et occultiste, Paris, La Table d’Émeraude, 1987, vol. I, pp. 53-56; ibid. vol. II. p. 781, n. 54). Ciò dimostra che il “Templarismo” è una sorta di collegamento ideale, ma privo di una reale trasmissione (Gastone Ventura, Templari e Templarismo, Roma, “Atanòr”, 1980). Anche Dante dovette essere accettato nella corporazione dei medici e speziali di Firenze perché, in quanto aristocratico, non avrebbe potuto partecipare alla vita politica del regime comunale borghese.[]
    18. R. L. John ben argomenta questo soggiorno parigino del Poeta nel 1311 (cit. pp. 47-51). È tuttavia indicativo che Dante sia stato studente di teologia alla Sorbonne nell’anno 1294: nello stesso anno e nella medesima università era lector di teologia Meister Eckhart. Ed Eckhart era tornato come magister alla Sorbonne dal 1311 al 1313. Si vuole considerare casuale la contemporanea presenza a Parigi dei due massimi rappresentanti della sapienza iniziatica occidentale? Su Meister Eckhart è in elaborazione uno studio che sarà pubblicato su questo Sito.[]
    19. Carmela Crescenti, Cola di Rienzo. Simboli e allegorie, Parma, Ed. All’insegna del Veltro, 2003. L’autrice di questo ottimo saggio rende giustizia al personaggio, spiegando chiaramente che Cola di Rienzo non intendeva fondare un Comune borghese né una tirannide personale né una repubblica italiana, come è stato scritto negli ultimi due secoli. Il libro si sbilancia però a paragonare il tentativo di restaurazione tradizionale da parte d’un Fedele d’Amore, per quanto velleitario, con l’avventura del tutto sospetta di Giovanna d’Arco.[]
    20. È indicativo che al giorno d’oggi romanzi, film e giochi per ragazzi abbiano ripreso a descrivere i templari del Medioevo come la peggior accolita di criminali malvagi e corrotti della storia. La persecuzione, dunque, continua, al fine di seminare odio verso la tradizione e in difesa dei due ultimi peggiori secoli della storia dell’Occidente.[]

    47. The collapse of tradition in Western Europe

      The collapse of tradition in Western Europe

      Dante predicted that two popes, who that time were still alive, were destined to hell. They were Boniface VIII1 and Clement V2. The former was the most fanatical supporter of the temporal supremacy of the Church over the Emperor, the kings and princes of western Christianity; the grey eminence behind the papacy of his predecessor, Celestine V. Boniface played an important role in inducing that mild and shy pope to abdicate. In this way, with a rigged conclave, he took over the power from Celestine, who had returned to hermit life. However, dubious of Celestine’s sincere renunciation and fearful of a possible reaction from his supporters, he threw him in imprison where he eventually died. Meanwhile, the Empire was going through a period of crisis because the candidate Emperor, Adolf of Nassau, King of Germany, had been deposed by the same princes who had him elected, thus triggering a tragic civil war. Therefore, Boniface VIII was well aware that the Empire did not pose any threat to his politics. Instead, he feared the growing power of the King Philip IV of France. For this reason, he approached the King of England, who was then also Duke of Aquitaine, and thus more than a simple nuisance to France. Despite this alliance and the violence with which he exercised power over the State of the Church3, the pope had no choice but to come to terms with Philip IV. He agreed to crown the king’s cousin, Charles of Anjou, as king of Naples and to sanctify his grandfather, Louis IX. Therefore, he unscrupulously used excommunication, inquisition and canonization4 as political instruments. However, his claims of temporal power were frustrated precisely by those national sovereigns that the papacy, for two and a half centuries, had instigated to become autonomous from the Empire. Death caught him at a time when all the major powers, the senate and the people of Rome were openly averse to him.

      The second pope placed in hell by Dante, Clement V, was the protagonist, together with the King of France, of the infamous persecution against the Knights Templar. After the fall the city of Acre (1291), the last three hundred monks-knights stationed in the East withdrew from the Holy Land to Cyprus under the guidance of Grand Master Jean de Montfort5. On that island, these survivors dedicated themselves to ascetic life. Once dissipated their warrior zeal, the Knights Templar had turned to contemplative life. Even the knights who had remained in Europe to administer fiefdoms, commanderies and castles, gradually lost the ancient ascetic-military inclination and retired to religious life. This drift contributed to the weakening of the Order’s function, that of presiding over and coordinating the initiatory organizations of the West. While living their daily lives in frugality, the Templars had accumulated an immense fortune from donations and offerings from the princes and lords of the time. Their function of controlling the coinage of the Christian States6 also made them powerful; and thus numerous rulers increasingly turned to them for loans and financial support. King Philip IV of France, known as ‘the Fair’, got heavily into debt with the Order in order to strengthen the royal power7.

      Aware of not being able to repay the loans and fuelled by the greed for the immense wealth of the Order of the Temple, he decided to take possession of it8. On October 13th, 1307, he had all the Templars of the Kingdom of France arrested in a single night9. They were incriminated with unfounded charges of heresy10, idolatry11 and sodomy. Clement V, the French pope elected in 1305 thanks to the pressure exercised by Philip the Fair12, although aware of the one-sidedness of this farce trial, suspended the Order and disposed that all its patrimony were to be donated to the rival Hospitaller Order. Unsurprisingly, in France it was the King who took over everything, including what had been assigned to the Hospitaller Knights13. The trial against the Templars lasted until 1314. By means of the most ruthless tortures, false confessions were extorted from about sixty knights, often retracting at the end of torture14. The tragedy ended with the condemnation of the Grand Master Jacques de Molay, who was burned at the stake. Molay is said to have serenely faced the torture and predicted the imminent death of those responsible for that horror. In fact, within a year both the pope and Philip IV died15. The fleeing knights took refuge in England, Scotland16, in the kingdoms of the Iberian peninsula and in the principalities of Germany and Italy, where they were welcomed into local chivalric orders and craft guilds (sskrt. śreṇi)17.

      In the other States of Europe, the dissolution of the Order of the Temple was carried out according to papal dictates; without, however, the same iron fist that marked the arrests and trials ordered in the kingdom of France. Yet, the Templars’ main centre had always been in France, therefore the anti-traditional action of Philip the Fair had successfully beheaded the entire magisterial hierarchy. The general situation of the initiatic organizations connected or subordinated to the Temple was of maximum alarm and widespread confusion. It is no coincidence that Dante himself happened to be present in Paris during the Templar trial; the secret head of the Christian initiatic ways and member to the Third Order of the Temple could not help rushing to pick up some legacy. This is, indeed, the most mysterious episode of his life; so much so that many academics are inclined towards the unlikeliness of his stay in Paris18.

      In the meantime, other events had occurred. In 1308, after the death of Albert of Habsburg, the Templar Henry VII of Luxembourg became king of Germany and of Arles. After re-establishing order in Germany, he descended in Italy to be crowned Emperor. The military expedition of the monarch, although opposed by Philip the Fair, by Robert of Anjou, King of Naples, and by the many Communes that, at the papal instigation, had rebelled against the Imperial authority, was largely a success. Henry was crowned King of Italy, King of the Romans and, in 1312, Emperor. While the dreadful events of Paris described above were unfolding, the Faithfuls of Love and the Italian Templars saw in Henry’s crowning the possibility of a restoration of the traditional order. Dante himself appeared almost as the sapiential inspirer of that thrilling adventure. However, the dream came to an abrupt end. In 1313 the Emperor suddenly died, poisoned with arsenic, probably at the hands of his Franciscan confessor. It was the collapse of all hope. Templars and Troubadours dispersed. Many of them fell into the hands of the Inquisition. Dante himself, although under the protection of knights of the highest rank who hosted him as a guest, became aware of the unfavourable signs of the times and transformed his work, the Divine Comedy, into the Testament to all Western initiatic wisdom for future times. Tradition wants that he predicted that the meaning of his message would only be understood six hundred years after his death. And so it happened.

      After Dante’s passing, no one evidently succeeded him in the role of guru, although there was a new generation of Faithful of Love of great importance that include Petrarch and Boccaccio. The latter made a special effort to confuse the ideas of the uninitiated with regard to the Holy Faith. While the Black Death, the plague of 1348, was ravaging the population of all Europe, one last attempt to restore the tradition was made. Cola di Rienzo, who is said to have been the natural son of Henry VII, took over the city of Rome, which was in a state of absolute decline after being abandoned by the popes and prey to the depredations of powerful rival families. His attempt was to re-establish the res publica of ancient Rome, while maintaining Rome as the capital of both the Empire and papacy. But times had changed. After the first successes, despite both Imperial and papal support, he was killed by the wrath of the Roman populace19.

      The tradition in the West had now interrupted. From that moment on, a mercantile civilization prevailed, dedicated to the worst follies of individualism, magic and naturalism20. The modern world was born.

      Petrus Simonet de Maisonneuve

      1. Divine Comedy, Inferno, XIX.53-72.[]
      2. Divine Comedy, Inferno, XIX.79-117; Paradiso, XVII.82; Paradiso,XXX.142-148.[]
      3. The destruction of the city of Palestrina is an example. Also Dante became victim of Boniface’s hatred. It was this very pope who asked the Commune of Florence to condemn him to death, to expropriate him of all his possessions, thus forcing the Poet to exile from his homeland.[]
      4. With the canonization, the sanctity of a person is officially recognized and his public veneration is permitted. It will be seen later how canonization has been used as a political tool until the contemporary era.[]
      5. Throughout the second half of the 13th century, the military incompetence of Louis IX of France, Edward I of England and Charles I of Anjou, king of Sicily, led to irreparable disasters, at the cost of many human lives. The Templars did their best to repair the delirious strategic decisions of these greedy sovereigns, paying a high price in the number of fallen knights.[]
      6. Philip the Fair was also responsible for tampering with the minting of gold and silver coins of his kingdom, contravening the control of the Order of the Temple. Paradiso, XXXIII. 118-120.[]
      7. Indeed, the transformation of the feudal kingdom of France into a centralized and absolute national monarchy had already been largely accomplished by Louis IX. He had placed the administration of public affairs in the hands of plebeian jurists, reducing and limiting feudal privileges and centralizing the power of the State in his hands. Devoted to an entirely Gallican religiosity, insubordinate to the pretensions of the papal political hegemony, he supported mendicant orders (especially the Franciscans) in opposition to ecclesiastical hierarchies. Philip the Fair inherited and aggravated this friction with Rome.[]
      8. The verses of Dante (Purgatorio, XX.85-96) testify to Philip’s greed for the riches of the Temple. On the illicit love affair between Philip IV (the giant) and the Church (the whore), see Purgatory XXXII.148-160.[]
      9. This shows the efficiency achieved by the “police regime” of the absolute sovereign. There was no resistance from the Templars, deceived by the “fiscal” motivations of the summons. This however also denotes unpreparedness, naivety and weakness on their part. The anti-Templar operation was prepared as early as 1305, when the French ruler had gathered the vindictive slanders of some knights expelled from the Order for unworthiness. Some royal emissaries were then infiltrated into the Order as spies. These were the architects of the first confessions during the arrests. Nevertheless, these traitors were not spared from being convicted. Jules Michelet, Procès des Templiers, Paris, Imprimerie Nationale, 1851, vol. I, p. 458.[]
      10. No doctrinal heresy was ever proved. The only anomaly found was the following: every Holy Thursday the knights received the Eucharist only with wine. The absence of bread was considered heretical. In reality such a rite confirmed that the Templars continued the initiatic ritual tradition of drinking the blood of Christ from the Grail vessel.[]
      11. During the trial, attempts were made to accuse the Templars of worshiping an idol called Baphomet, represented by a head. The inquisitors argued that it was a cult addressed to Muhammad (in French Mahomet). Now, it is known that Saladin had beheaded all the Templars he had occasion to capture because it was impossible to convert them to Islam. Probably, under the name of Baphomet – altogether made up by the inquisitors – the Templars venerated the “The Veronica” or the folded Shroud, holy relics that had been in the possession of the Order.[]
      12. That pope was a real puppet in the hands of the French ruler, who induced him to abandon the traditional Roman See and to move it to France. There the popes remained from 1313 to 1377 at the mercy of the political will of the kings. The cowardice of Clement V was such that he allowed the mass executions of knights who had been acquitted religiously for not having committed any fault. The various studies by Barbara Frale, who would like to absolve Clement V of his responsibilities, underline instead the cowardice and complicity of the pope in the massacre. In a circular letter dated March 18th, 1311, the pope asked all the princes and inquisitors of Europe to arrest and subject the Templars to torture. Robert L. John, Dante Templare, Milan, Hoepli, 1991 (1st ed. Dante, Wien, Springer-Verlag, 1946), p. 132.[]
      13. This could happen because in 1307 chaos reigned in the imperial territories of Germany and Italy. In fact, the feudal lords, now almost completely secularized, and the Communes that declared themselves free, fought one another for the control of Imperial territories, markets and assets. Albert I of Habsburg, after winning and killing Adolf of Nassau in battle, rekindled the civil war in Germany. In an attempt to be crowned Emperor, he allied himself to the king of France and abandoned the “Garden of the Empire”, Italy, to his fate. For such misdeeds, Dante cursed him in Purgatorio (VI.100-102).[]
      14. Between those who did not survive the torture and those who were sent to the stake, around one hundred knights died. However, the approximately two thousand survivors were sentenced to life isolation. This prevented the continuation of the paramparā. Georges Lizerand (Éd.), Le dossier de l’Affaire des Templiers, Paris, Soc. d’Édition «Les Belles Lettres», 1964, pp. III-XII.[]
      15. Guillaume Nogaret, Philip’s plebeian minister, inspirer of such a massacre, died mysteriously before the final sentence.[]
      16. They were welcomed with open arms by King Robert Bruce.[]
      17. For instance, some knights were “accepted” into the Kilwinning stone-cutter guild. “Acceptance”, in the language of the guilds, consisted of recognizing an initiate of a different way, chivalrous, corporative or, in ancient times, monastic (in later times, hermetists and qabbalists were also “accepted” and considered, rightly or wrongly, as initiates and were even allowed to participate in rituals. In times of decadence, also simple profanes who did not exercise any corporative craft were considered as “accepted”). Those who were “accepted” could attend the art rituals without actively participating because they were foreign to the profession. Contrary to what Ramsey claimed, the “acceptance” of Templars in the aforementioned lodge did not made all the guild workers “knights” (René Le Forestier, La Franc-Maçonnerie Templière et Occultiste, Paris, La Table d’Émeraude, 1987, vol. I, pp. 53-56; ibid. vol. II. p. 781, n. 54). This shows that “Templarism” is a sort of ideal link that lacks, however, a real transmission (Gastone Ventura, Templari and Templarismo, Rome, “Atanòr”, 1980). Dante too had to be accepted into the guild of physicians and apothecaries in Florence; or else, as an aristocrat, he could have no longer participated in the political life of the bourgeois communal regime.[]
      18. R. L. John presents well his argumentation on the Parisian stay of the Poet in 1311 (cit. pp. 47-51). However, it is indicative that Dante had been a student of theology at the Sorbonne in the year 1294; in the same year and in the same university where Meister Eckhart was lector of theology. Eckhart returned to the Sorbonne as master (magister) where he taught from 1311 to 1313. Therefore, is it possible to consider the simultaneous presence in Paris of the two greatest representatives of Western initiatic wisdom a mere coincidence? An article on Meister Eckhart is underway and will be published on this Site soon.[]
      19. Carmela Crescenti, Cola di Rienzo. Simboli e allegorie, Parma, Ed. Insegna del Veltro, 2003. The author of this excellent essay does justice to the character, clearly explaining that Cola di Rienzo did not intend to found a bourgeois Commune nor a personal tyranny, let alone an Italian republic, as it has been described in the past three centuries. However, the book overbalances when comparing the attempt at the traditional restoration by a Faithfuls of Love, however unrealistic, with the utterly suspicious adventure of Joan of Arc.[]
      20. It is indicative that nowadays novels, films and videogames have resumed the defamation of the Templars of the Middle Ages portraying them as the worst acolytes of evil and corrupt criminals in history. The persecution, therefore, continues with the only purpose of sowing hatred against tradition and in defence of the last two dreadful centuries of western history.[]