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42. Cavalieri, Trovatori e Fedeli d’Amore

    Cavalieri, Trovatori e Fedeli d’Amore

    Chi erano in realtà gli autori dei romanzi di re Artù e del Graal? Essi appartenevano a una categoria di poeti che si suole definire trovatori1. Erano tutti di estrazione nobiliare o clericale-monastica2. Come è stato ampiamente dimostrato, i trovatori costituivano la confraternita cavalleresca iniziatica dei Fedeli d’Amore3. All’inizio erano cavalieri erranti, ma dalla metà del secolo XII si integrarono nei ranghi degli ordini monastico-cavallereschi, in particolare tra i templari e tra i rami derivati dall’ordine del Tempio4. Essi rappresentavano la vera struttura iniziatica della cavalleria latina e si incontravano presso certi castelli, riunendosi nelle cosiddette Corti d’Amore.
    Com’era consuetudine, il signore del castello ogni mattina amministrava la giustizia ai suoi sudditi. Quale giudice del feudo, era consigliato da una corte composta dalla castellana sua moglie, da nobili vassalli, cavalieri, consiglieri chierici e qualche monaco. La Corte d’Amore era strutturata similmente, ma tutti i componenti dovevano appartenere alla medesima organizzazione iniziatica, chiamata la Fede Santa. Agli occhi di un profano o delle spie dell’Inquisizione, la corte d’Amore doveva apparire come la convocazione del Tribunale interno del feudo. Ma in realtà si trattava di ben altro. Durante le sessioni delle Corti d’Amore il giudice procedeva all’iniziazione degli aspiranti. Le fasi di questo rituale si svolgevano come segue: il maestro, che presiedeva la Corte e che rappresentava il Dio Amore, verificava la qualità di cavaliere senza paura 5 e la determinazione e sincerità di desiderio dell’aspirante all’Amore6.
    Come si è già detto, Amore era il nome con cui i Fedeli d’Amore chiamavano Dio. Amore significava in latino “Immortalità”, lo stato che i cavalieri desideravano raggiungere unendosi a Dio.

    ‘A’ significa, da parte sua, ‘senza’ e ‘mor’ significa ‘morte’: se le assembliamo otterremo ‘senza morte’7

    ​Verificata la sincerità del desiderio dell’aspirante, il maestro sceglieva una persona che potesse rappresentare la sua anima. Se il richiedente era un cavaliere, il maestro gli indicava una dama, se era una dama, un cavaliere. L’alter ego non doveva mai essere il marito o la moglie dell’aspirante, perché tra sposi natura vuole che si uniscano in una sola carne. Invece il cavaliere doveva amare la dama di amore esclusivamente spirituale, poiché doveva rappresentare per lui la sua stessa anima purificata8. Dopo di ciò, il maestro lanciava il suo Dolce Sguardo, acuminato come una lancia, nel petto del richiedente, infilzandogli il cuore. Il Dolce Sguardo strappava poi il cuore del cavaliere dal petto e lo consegnava alla dama. Questo rituale carico di significati simbolici, era denominato mercé, vale a dire iniziazione o grazia9. Il rito si concludeva con il sigillo d’un bacio tra i due contraenti, che rimaneva l’unico contatto corporeo tra loro. Il rappresentante del Dio Amore, poi, assegnava al neo iniziato un feudo celeste, cioè un dominio ch’egli doveva fare suo per mezzo di rituali e delle virtù corrispondenti.
    Questo feudo, nel seguito dell’esperienza interiore del cavaliere, doveva ingrandirsi e passare di grado fino a raggiungere lo stato di un Impero celeste. A differenza dei feudi terrestri, i feudi celesti, se si perseverava nelle virtù, non potevano mai essere perduti10. L’importanza e la vastità dei feudi celesti erano commisurate alle tappe del percorso interiore dell’iniziato. Queste erano sette, descritte dal fedele d’Amore Francesco da Barberino in un celebre disegno11. Le prime due segnavano il passaggio dalla religione cattolica esteriore all’esoterismo per mezzo di una duplice morte iniziatica (rappresentato dalle figure religioso-morta e religiosa-morto). Il terzo grado era la rinascita come fanciullo-fanciulla (corrispondente allo stato di bāla nelle vie iniziatiche hindū). Segue donzel che non cura12-donzella compiuta, corrispondente al grado di adolescenza spirituale; poi, huomo comune-donna maritata, cioè la maturità spirituale. Il sesto grado raffigura il cavaliere meritato13-vedova. L’ultimo e supremo grado spirituale corrisponde a moglier-marito, la realizzazione dell’androgino primordiale. La somiglianza con i sette cakra del Tantrismo è del tutto evidente: si consideri, inoltre, che moglier-marito coincide con la medesima unione androginica di Śiva-Śakti Ārdhanārīśvara14 nel settimo cakra, il loto dai mille petali. Quando l’iniziato aveva raggiunto il livello più alto della via cavalleresca, era riconosciuto identico a Percival, poiché aveva avuto la visione del Santo Graal15
    Il Dio Amore offre l’immortalità a tutti coloro che lo conoscono:

    Quindi è senza morte chi ha Amore e in lui tiene dimora; chi ha Amore ha vita, e ha morte chi ha invidia16.

    ​Per questa ragione i Fedeli d’Amore, dame o cavalieri che siano, sono tutti donne nei confronti del Dio, unico maschio assoluto17. Tuttavia con ‘Donna’ i Fedeli d’Amore intendevano definire, oltre a loro stessi, diverse altre cose che elenchiamo qui brevemente: 1) ‘Donna’ era il nome con cui chiamavano la loro organizzazione iniziatica; 2) Più comunemente ‘Donna’ indicava la propria anima, il proprio intelletto e il grado di comprensione raggiunto; 3) ‘Donna’ o ‘Madonna’ rappresentava la Vergine Maria, intesa come mediatrice tra il devoto e Dio18, ossia l’onnipotenza divina e la Santa Sapienza; 4) ‘Donne’ erano anche le potenze e virtù che agivano e si acquisivano come esperienze interiori nel corso della via iniziatica19; 5) La parola designava anche la dama che era stata incaricata dal maestro a rappresentare, per ogni singolo cavaliere, tutti i sensi sopra elencati, ossia le sue virtù, comportamenti e parole; 6) ‘Donna o cavaliere’ in generale indicava un iniziato (sādhaka).
    Ciò introduce un nuovo argomento: i Fedeli d’Amore, infatti, preferivano scrivere le loro rime in lingua parlata, considerando che il latino era una lingua ormai fissata, con significati precisi consacrati dall’uso di quasi duemila anni. Tuttavia nella lingua parlata nascondevano significati segreti, allusioni e simboli che potevano essere compresi solo da iniziati. Chiamarono questa lingua parler cloz, lingua segreta20. Oltre a ‘Donna’ altre parole di questo linguaggio cifrato erano, per esempio: 1- ‘Amore’, il Dio a cui l’iniziato poteva identificarsi per mezzo dei riti cavallereschi. 2- ‘Maestro d’Amore’, colui che rappresentava Amore, (sskrt. guru). 3 ‘Rosafiorebiancofiore’, la conoscenza di Amore che si doveva raggiungere. 4- ‘Gentile’, che significa gentilizio21, nobile, cioè la qualifica minima richiesta per ottenere l’iniziazione cavalleresca. 5- ‘Salutosalutare’ il rito dell’iniziazione (sskrt. dīkṣā), iniziare qualcuno. 6- ‘Mercé’, l’influenza spirituale (sskrt. anugraha) convogliata dal rito d’iniziazione. 7- ‘Sospiro’, insegnamento iniziatico o conoscenza raggiunta. 8- ‘Dolce sguardo’ la capacità del maestro di riconoscere le qualifiche in un aspirante discepolo. 9- ‘Orgoglio’, la superbia, l’inclinazione innata tra i nobili, che doveva essere vinta per accedere all’iniziazione. 10- ‘Invidia’, ‘gelo’ e ‘gelosia’, l’ambiente profano. 11- ‘senza Mercé’, il non iniziato (sskrt. adīkṣita). 12- ‘Falso sembiante’, l’autorità papale che si fingeva spirituale per affermarsi come potere mondano. 13- ‘Ventopioggia’, il pericolo o minaccia procedente dall’ambiente profano. 14- ‘Morte’, la nemica di Amore, l’Inquisizione. E molti altri termini ancora, il cui significato è rimasto segreto.
    L’ambiente in cui inizialmente fiorì maggiormente la Fede Santa fu la Provenza, dove l’antica trasmissione romano-celtica interagì con il cattolicesimo imperiale22. Nei vicini ducati d’Aquitania e d’Occitania, dal X secolo, cominciò a svilupparsi una eresia che dilagò a partire dai domini balcanici23 dell’Impero Bizantino. Si trattava di una religione di origine gnostica, il catarismo, completamente priva di ogni esoterismo. La segretezza della loro religione, che molti confondono con la riservatezza iniziatica, era motivata dal timore delle repressioni. La struttura del catarismo era ricalcata su quella della Chiesa: oltre ai semplici credenti, vi era una gerarchia ecclesiastica di ‘perfetti’ o catari (gr. καθάρoi, leggi cathàroi, i ‘puri’), con al vertice dei vescovi. I catari erano dualisti: consideravano che il mondo corporeo fosse stato creato da un Dio malvagio, Satana, identificato allo Yehovah dell’Antico Testamento, e che un Dio buono, predicato da Gesù nel Nuovo Testamento, avesse creato le anime.
    Lo sviluppo del mondo era la conseguenza dell’eterna lotta tra i due principi, il bene e il male. La pochezza intellettuale delle dottrine catare e la loro interpretazione esclusivamente moralistica fecero breccia tra gli strati più bassi della popolazione. La Chiesa cattolica, all’inizio, tollerò il diffondersi del catarismo, per tanti versi tanto simile alla Pataria che il papato aveva sostenuto a scopo antimperiale e per ridurre l’autonomia dei vescovi. Poi, però, con l’apostasia generalizzata delle masse aquitane e occitane, la gerarchia ecclesiastica cominciò un’opera di repressione che condusse alla crociata del 1209. La crociata raccolse un gruppo di feudatari della Francia settentrionale, bramosi non tanto di reprimere l’eresia, quanto di conquistare nuovi territori24. Di fatto divenne una guerra tra feudatari, intervallata anche da brutali episodi di massacri di popolani albigesi25. La crociata terminò nel 1244 con lo sterminio finale degli albigesi a seguito della conquista di Montségur, l’ultima fortezza degli eretici. Per la verità la nobiltà dell’Occitania e dell’Aquitania aveva inizialmente manifestato una tiepida ostilità nei confronti dei catari.
    Feudatari, cavalieri, trovatori e templari furono molto allarmati davanti alle orde fameliche di conquistatori provenienti dalla Francia settentrionale. Compresero che lo scopo vero della crociata era quello di impadronirsi dei loro territori, per cui all’inizio cercarono di difendersi da quella aggressione. Per questa ragione furono accusati di essere catari o protettori di catari26 e denunciati all’Inquisizione. A parte la lotta contro l’eresia voluta dalla Chiesa, la crociata fu sfruttata come un’occasione per i feudatari francesi e per il Re di Francia, per impossessarsi del mezzogiorno. Nell’invasione fu anche coinvolta la Provenza, che aveva una presenza minima di albigesi. Fu così che la Provenza, alla fine, fu sottratta al vassallaggio del Sacro Romano Impero, passando nel 1245 sotto il dominio della casa reale francese d’Anjou27. I cavalieri e i trovadori dei vasti territori invasi dalle orde barbariche della Francia settentrionale fuggirono altrove. Trovarono rifugio in Sicilia presso la corte dell’Imperatore Federico II, in Castiglia presso il re Alfonso X il Savio, in Inghilterra presso Enrico III e altri sovrani che erano ottimi trovadori e cavalieri perfetti28.

    Gian Giuseppe Filippi

    1. Troubadours e trobairitz (donne) in lingua d’hoc; trouvères in lingua d’oïl; trovadores in spagnolo; minnesänger (cantore d’Amore) in tedesco. Generalmente l’etimo delle lingue romanze è messo in relazione con il verbo tróbar, trovare. I glottologi ne ipotizzano il senso in consonanza con la loro capacità d’intendere: per loro, trovare significa inventare una poesia, una canzone. Invece, come vedremo in seguito, per quei cavalieri il tróbar era in relazione con la cerca del Graal. Si trattava, quindi, molto più plausibilmente, di trovare la via che conduceva ad Amore.[]
    2. Essi erano compositori di ballate, canzoni e sonetti in rima. Chi non era nobile di nascita poteva diventare menestrello o giullare, e andare errando a cantare nei diversi castelli le opere composte dai veri trovatori. Solamente più tardi si manifestò presso i comuni il fenomeno degli imitatori borghesi dei trovatori, chiamati con disprezzo ‘frati gaudenti’ o ‘podestà trovatori’.[]
    3. Fiés d’Amors in lingua d’hoc. Il termine Fedeli d’Amore era diffusissimo in Italia per definire questa confraternita di cavalieri-rimatori. Solamente nella Vita Nova di Dante essi sono evocati con questo nome sette volte. È davvero incredibile l’abuso perpetrato dai critici letterari: nelle storie della letteratura italiana non si trova quasi mai questa denominazione. Al suo posto i critici usano il termine ‘stilnovista’ per definire tale corrente letteraria, sebbene il termine ‘dolce stil novo’ appaia storicamente una sola volta, e precisamente in Purgatorio, XXIV.57. Il contesto, inoltre, spiega che questa formula si applica esclusivamente al cambiamento stilistico operato da Dante, che abolisce il parler cloz trovadorico. Invece i critici letterari ne allargano l’uso per comprendere illecitamente sia i predecessori di Dante (corrente bolognese) sia i suoi successori toscani. In verità, in precedenza i Fiés d’Amors usavano un linguaggio criptico, comprensibile solo tra gli iniziati. Dante, da un certo momento, decise di parlare apertamente, consapevole che ormai i profani del suo tempo erano del tutto incapaci di capire anche le cose più chiaramente esposte. Ciò è simile a quanto ha deciso di fare anche chi collabora con questo Sito Web.[]
    4. Quali i cavalieri Teutonici, i Calatrava, gli Alcantara. “Le conseguenze che scaturiscono dall’aver noi fissato la diretta discendenza dei «fedeli d’Amore» dai cavalieri del San Graal, potrà orientare l’attenzione degli studiosi ai possibili rapporti tra questi «fedeli» e i Templari” (Alfonso Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore” 1. Le «corti d’Amore» e i «Fedeli d’Amore» in Francia, Milano-Genova-Roma-Napoli, Soc. An. Ed. Dante Alighieri, 1933, p. 78).[]
    5. Vale a dire che doveva essere come Lancillotto, il cavaliere della Tavola Rotonda più forte e più abile nelle armi (A. Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore”cit. p. 66).[]
    6. Cioè di avere “l’intelletto, la volontà e l’appetito del bene” (Luigi Valli, Il Linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore, Roma, Optima, 1928, I vol. p. 248).[]
    7. “‘A’ senefie en sa partie, ‘sans’, et ‘mor’ senefie ‘mort’: Or l’assemblons, s’aurons «sans mort»”. Jacques de Baisieux, Feudi d’Amore [Fiez d’Amor], vv. 94-96.[]
    8. Ne consegue che all’iniziando era assegnata una dama già iniziata per aiutarlo a superare i primi gradi dell’iniziazione. La dama, perciò, rappresentava simbolicamente un principio angelico, quelle che nel tantrismo sono le ḍākinī. Le rappresentanti umane delle ḍākinī, in certe correnti tantriche sono definite bhairavī. Tuttavia queste ultime sono usate realmente come amanti nelle vie della mano sinistra (vāmācāra mārga); non risulta però che nell’organizzazione iniziatica della Fede Santa fosse mai stato praticato qualcosa di paragonabile ai pañca makāra. Solamente presso alcuni dei più antichi Troubadours si trovano allusioni amorose più crude, come in Guilhèm IX di Poitiers, duca d’Aquitania (1071-1127). Si tratta dell’imitazione della lirica di amori campestri con contadinelle e pastorelle sullo stile di Virgilio e di altri poeti d’età augustea come Orazio, Ovidio e Properzio. In questo caso si può fare una comparazione con gli amori di Kṛṣṇa con le gopī, che, sebbene appaiano come narrazioni erotiche, in realtà devono anch’esse essere considerate altamente simboliche. È comunque importante sottolineare che queste poesie di amori popolareschi tradiscono una ininterrotta trasmissione iniziatica d’origine romana.[]
    9. A. Ricolfi, cit, pp. 66-68. Le Corti d’Amore, all’inizio del XIII secolo e in coincidenza con la fine della produzione dei romanzi del Graal, cominciarono a occultarsi. Furono riservate solamente ai membri della medesima organizzazione, dopo la condanna ecclesiastica del libro De Amore, di Andrea Cappellano (1150-1220), nel 1277. Questo libro scritto dal Cappellano (sskrt. purohita) della Corte d’Amore presieduta dalla contessa Maria di Champagne, fu il testo dottrinale fondamentale per tutti i Fedeli d’Amore.[]
    10. Jacques de Baisieux, Feudi d’Amore [Fiez d’Amor], vv. 139-159. Il Signore dei feudi rimaneva sempre Amore, che concedeva al Fedele d’Amore quel dominio soltanto in possesso temporaneo; ciò accadeva in analogia con i feudi terreni, il cui Signore era l’Imperatore. È interessante notare che l’etimo che i filologi attribuiscono alla parola ‘feudo’ è del tutto inadeguato al suo vero significato. Ciò dipende dal pregiudizio antimedievale dell’ideologia illuministica borghese, che considera il feudalesimo il sistema statale barbarico dei “secoli bui” paragonato al regime ‘illuminato’ come quello del Terrore prodotto dalla Rivoluzione Francese. Essi, infatti, fantasticano di una origine dal gotico ‘faihu’, che vorrebbe dire ‘proprietà di bestiame’. Il feudo, invece, non ha nulla a che fare con il bestiame e tanto meno con il concetto di ‘proprietà’. Invece l’occitano ‘fiez’, feudi, ricorda da vicino il termine usato per ‘Fiés d’Amors’. Poiché il sistema feudale si basava sulla concezione di ‘fedeltà’ (lat. fides), troviamo che a questo si doveva il vero significato di ‘feudo’. Se poi qualcuno considera questa una ‘falsa etimologia’ e si affida alla pochezza delle etimologie ‘scientifiche’, è libero di farlo in armonia con il suo grado d’intelligenza. Lo stesso valga per il Nirukta degli hindū, dileggiato come ‘pseudo etimologia’ da sanscritisti e indologi incapaci di comprenderne l’uso e il significato.[]
    11. Il disegno si trova nella sua opera I documenti d’Amore. Le sei figure a sinistra e a destra di chi guarda rappresentano rispettivamente le tappe sulla via delle dame e dei cavalieri, essendo la settima comune ai due generi.[]
    12. “Che non ha paura”.[]
    13. Meritato sta per colui che ha realizzato appieno la mercé, l’influenza spirituale, ottenendo così la rosa della sapienza che porta in mano. Sul simbolismo della rosa presso i Fedeli d’Amore ritorneremo nel prossimo studio.[]
    14. L’immagine è tratta da A. Ricolfi, cit., p. 38.[]
    15. A. Ricolfi, cit., pp. 78-80. Rimaneva ancora da realizzare l’identificazione con Amore, rappresentato nel disegno come un fanciullo in piedi su un cavallo celestiale, ben al di sopra di tutti i gradi degli iniziati alla cavalleria. Come vedremo in seguito, solamente un personaggio storico riuscì a ottenere questo grado supremo, personificando così la funzione di Galahad dei romanzi del Graal.[]
    16. J. de Baisieux, cit, v. 101.[]
    17. In questo la Fede Santa ricorda da vicino la bhakti kṛṣṇaita. I bhakta di questa corrente, infatti, si considerano tutti gopī, le pastorelle amanti del Dio Kṛṣṇa, unico maschio (puṃdevata). Perciò l’iniziazione cavalleresca cristiana somiglia sia al bhakti mārga sia allo śaktismo dell’India medievale.[]
    18. In questo senso, secondo l’ideale templare di San Bernardo, la Madonna è quanto di più simile si possa immaginare alla funzione intermediaria della Śakti nei confronti del Dio Maheśvara.[]
    19. Abbiamo già fatto notare la somiglianza tra queste ‘donne angelicate’ e le yoginī ḍākinī delle vie tantriche.[]
    20. Anche in questo caso è sorprendente una ulteriore analogia con la sādhu bhāṣā, il gergo segreto usato da sādhu sant dell’India medievale. Luigi Valli, nel libro che abbiamo citato, ha fatto un ottimo lavoro per identificare le parole con senso nascosto. Purtroppo la sua ignoranza, così diffusa in Occidente, di cosa sia l’iniziazione non gli ha fatto cogliere i significati più spirituali. Egli, infatti, considera il parler cloz un gergo convenzionale, paragonabile a quello della malavita, assunto da cavalieri settari o eretici antipapali, al fine di non attirare l’attenzione dell’Inquisizione. Senza negare del tutto questa interpretazione politico-religiosa, il vero scopo del linguaggio segreto era quello di non divulgare segreti spirituali agli ignoranti e ai profani.[]
    21. Nella Roma antica solamente i patrizi erano riconoscibili per l’appartenenza a una delle gentes (sskrt. gotra). Perciò l’uomo gentile non ha nulla in comune con il gentleman dell’inglese, che designava soltanto un cliente dell’aristocrazia che ne imitava i comportamenti senza essere nobile.[]
    22. La Provenza era allora direttamente parte del Sacro Romano Impero, rappresentata dalla sua terza corona, quella del Regno di Arles.[]
    23. Nella Bulgaria e altri paesi balcanici questi eretici erano conosciuti come bogomili, ‘amici di Dio’.[]
    24. Lo stesso conte Simon de Montfort, capo della crociata, che aveva perduto il suo feudo di Leicester, usurpò quanti più feudi possibili durante la spietata guerra.[]
    25. Così erano conosciuti i catari, numerosissimi nei dintorni della città di Albi.[]
    26. C’è una corrente letteraria di ieri e di oggi che s’ostina a identificare i Fedeli d’Amore con i catari. Si confonde così una via iniziatica élitaria, di alto profilo intellettuale, con un movimento religioso plebeo, gravemente inquinato da concezioni antitradizionali (Eugène Aroux, Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste, Paris, Jules Renouard et C.ie, Lib. Éd, 1854; Otto Rahn, Kreuzzug gegen den Gral. Die Geschichte der Albigenser, Freiburg, Urban Verlag, 1933; Maria Soresina, Libertà vo cercando. Il catarismo nella «Commedia» di Dante, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009).[]
    27. Questo fu possibile per le grandi difficoltà che ebbe l’Imperatore Federico II a regnare, provocate dai continui intrighi orditi dal papa e dai suoi alleati.[]
    28. Alcuni scrittori sostengono che i Fedeli d’Amore cristiani siano stati una derivazione iniziatica di origine sufica. Per forzare questa interpretazione, taluni, tra cui Henry Corbin, si sono spinti a chiamare Fedeli d’Amore anche i poeti amorosi persiani. Come unica prova a loro sostegno, portano l’esempio degli ottimi rapporti dell’Imperatore Federico con Malik al-Kāmil, Sultano d’Egitto. Similmente, sulla base dell’apertura della corte di re Alfonso X, altri sostengono che i Fedeli d’Amore derivassero dalla contemporanea corrente poetica amorosa degli arabi e degli ebrei spagnoli. Il riconoscimento reciproco d’appartenenza a una scuola iniziatica, tuttavia, non è affatto prova della derivazione di una tradizione dall’altra. È curioso che proprio coloro che, a ragione, criticano la “teoria degli imprestiti”, poi vi facciano ricorso per sostenere la subordinazione della tradizione iniziatica cristiana a quella islamica. Gli unici contatti non bellici tra musulmani e crociati su cui s’appoggiano, però, sono tardi e non implicano necessariamente scambi iniziatici. Addirittura sono contemporanei all’occultamento della produzione letteraria sul Graal e alla ritrazione delle Corti d’Amore. Nemmeno la sporadica alleanza militare tra la setta ereticale shi‘ita degli “assassini” e i crociati può essere invocata per dimostrare il passaggio di una qualsiasi trasmissione ai Fedeli d’Amore. Tali alleanze non provano nulla sulla pretesa dipendenza iniziatica della cavalleria cristiana dalla ‘cavalleria’ musulmana (futuwwa). È invece un fatto che non ci sia traccia né scritta né orale di trasmissione e di monitoraggio del sufismo nei confronti delle vie iniziatiche cristiane. Sarebbe stato meglio interrogarsi sulla contemporanea comparsa sul proscenio della storia della poesia amorosa tantrica e bhākta che coinvolse tutte le tradizioni, dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente, nel corso di ciò che convenzionalmente chiamiamo Medio Evo. Si tratta di una autentica svolta ciclica che ha provocato un adattamento delle diverse forme della Tradizione universale.[]

    42. Knights, Troubadours and Faithful of Love

      Knights, Troubadours and Faithful of Love

      Who were in reality the authors of the novels of King Arthur and the Holy Grail? They were poets who belonged to a category usually known as troubadours1. They were all of noble or clerical-monastic descent2. As already demonstrated, the troubadours were the initiatic knightly brotherhood of the Faithful of Love3. At the beginning they were errant knights, but towards the middle of the 12th century they were integrated in the ranks of monastic-knightly Orders, in particular among the Templars and the other branches derived from the Order of the Temple4. They represented the true initiatic structure of the Latin chivalry and they gathered in certain castles, meeting in the so-called Courts of Love.
      As it was customary at the time, every morning the Lord of the castle would administered justice for his subjects. As Judge of the fiefdom, he was advised by a Law Court composed of his wife the chatelaine, noble vassals, knights, clerical advisers and some monks. The Court of Love was similarly structured, but all the members had to belong to the same initiatic organization, called the Holy Faith. In the eyes of a profane or of the spies of the Inquisition, the Court of Love had to appear as the convocation of the internal fief’s Law Court. In reality, it was something else. During the Court of Love sessions, the Judge proceeded to initiate the aspirants. The phases of this ritual took place as follows: the master who presided over the Court and who represented the God of Love, verified the chivalrous quality of bravery5, the determination and the sincerity of desire of the aspirant to Love6.
      As it has already been said, Love was the name that the Faithful of Love used to call God. In Latin ‘Love” (Amor) meant “Immortality”, the state that the knights wanted to reach by uniting themselves with God.

      ‘A’ means ‘without’ and ‘mor’ means ‘death’: if we assemble them together, we will obtain ‘without death’7.

      ​Once verified the sincerity of the aspirant’s desire, the master chose a person who could represent his soul. If the applicant was a knight, the master would point out a lady, or a knight if the aspirant was a lady. This alter ego could had never been the husband or wife of the aspirant, because between married nature wants them to be unite in one flesh. Instead the knight had to love the lady with exclusively spiritual love, since she had to represent for him his own purified soul8. After this, the master cast his Dolce Sguardo (Sweet Look), sharp as a spear, into the applicant’s chest, piercing his heart. The ‘Sweet Look’ then ripped the knight’s heart from his chest and handed it to the lady. This ritual, loaded with symbolic meanings, was called ‘mercé’ (mercy), which means initiation or grace9. The ritual ended with the seal by a kiss between the two parties, the only bodily contact between them. The representative of the God of Love, then assigned to the new initiate a heavenly fiefdom, a domain that he had to conquer by means of rituals and their corresponding virtues.
      This fiefdom, in the aftermath of the knight’s inner experience, had to grow bigger and to advance up to the status of a heavenly Empire. Unlike terrestrial fiefdoms, heavenly fiefs could never be lost if one upheld those virtues10. The importance and expanse of the heavenly fiefdoms were commensurate to the stages of the inner journey of the initiate. The steps were seven, as described by Francesco da Barberino, a Faithful of Love, in one of his famous drawings11. The first two steps marked the transition from the external Catholic religion to the esoterism by means of a dual initiatic death (represented by the figures of a ‘he religious-dead’ and a ‘she religious-dead’). The third degree was the rebirth as a ‘child’ and ‘maiden’ (corresponding to the state of bāla in the hindū initiatic ways). It followed the ‘fearless squire-of-honour’(donzel) and the ‘perfect damsel’, corresponding to the degree of spiritual adolescence; then, ‘common man’ and ‘married woman’, i.e. spiritually adult ones. The sixth grade depicts the ‘merited12 knight’ and the ‘widow’. The last and supreme spiritual degree corresponded to ‘wife-husband’, the realization of the primordial androgyne. It is quite evident the resemblance to the seven cakras of the Tantrism: moreover, the ‘wife-husband’ coincides with the same androgynous union between Śiva-Śakti, the ārdhanārīśvara13 that in the seventh cakra is represented by the thousand-petalled lotus. When the initiate had reached the highest level of the chivalrous way, he was recognized as identical to Percival, since he had the vision of the Holy Grail14.
      The God of Love offers immortality to all who know him:

      Then, who has Love and dwells in Him is without death; whoever has Love has life, and who has envy has death15.

      ​For this reason, the Faithful of Love, ladies or knights, they all are women in relation to God, who is the only absolute male16. However, with ‘Dame’ they defined, in addition to themselves, several other things that we briefly list here: 1) ‘Dame’ was the name used to call the initiatic organization; 2) More commonly, a ‘Dame’ indicated their soul, their intellect and their achieved degree of understanding; 3) ‘Dame’ or ‘Madona’ represented the Virgin Mary, understood as a mediator between the devotee and God17, in the sense of divine omnipotence; 4) ‘Dames’ were also the powers and virtues that acted and were acquired as inner experiences during the initiatory path18; 5) This word also designated the lady who had been appointed by the master to represent, for each individual knight, all the senses listed above, namely his virtues, behaviours and words; 6) “Dame or knight” in general indicated an initiate (sādhaka).
      This introduces a new subject: the Faithful of Love, in fact, preferred to write their rhymes in spoken language, because they considered that Latin had become fixed, with precise meanings consecrated by its use for almost two thousand years. However, in this spoken language they hid secret meanings, allusions and symbols that could be understood only by the initiates. They called this language parler cloz, secret language19. In addition to ‘Dame’ some other words of this coded language were: 1- ‘Love’, the God to whom the initiate can identify himself by means of the knightly rituals. 2- ‘Master of Love’, the one who represented Love, (sskrt. guru). 3 ‘Rose, Flower or Whiteflower’, the knowledge of Love that had to be obtained. 4- ‘Gentle’, which means gentilitial20, noble, that is the minimum qualification required to obtain the knightly initiation. 5- ‘Greeting, to greet’ the rite of initiation (sskrt. dīkṣā), to initiate someone. 6- ‘Mercy’, the spiritual influence (sskrt. anugraha) conveyed by the initiation rite. 7- ‘Sigh’, the initiatic teaching or the achieved knowledge. 8- ‘Sweet Look’, the ability of the master to recognize the qualifications in an aspiring disciple. 9- ‘Pride’, the haughtiness, the innate inclination among the nobles, which must be overcome to access initiation. 10- ‘Envy’, ‘ice’ and ‘jealousy’, the profane environment21. 11- ‘Without Mercy’, the uninitiated (sskrt. adīkṣita). 12- ‘False Appearance’, the papal authority that pretends to be spiritual to affirm itself as a worldly power. 13- ‘Sigh’, the danger or threat arising from the profane environment. 14. ‘Death’, the enemy of Love, the Inquisition. And many other words, whose meaning has remained secret.
      Initially the Holy Faith mainly flourished in Provence, where the ancient Roman-Celtic transmission interacted with the Imperial Catholicism22. From the 10th century in the nearby duchies of Aquitaine and Occitane, a heresy began to develop spreading from the Balkan domains23 of the Byzantine Empire. It was the Catharism, a religion of Gnostic origin, completely devoid of any esotericism. The secrecy of this religion, which many confuse with the initiatic confidentiality, was motivated by fear of repressions. The structure of Catharism was modelled on that of the Church: in addition to the simple believers, there was an ecclesiastical hierarchy of “perfects” or Cathars (gr. Καθάρoi, read cathàroi, the ‘pure ones’), headed by their bishops. The Cathars were dualists: they considered that the bodily world was created by an evil God, Satan, identified with the Yehovah of the Old Testament, while the good God, preached by Jesus in the New Testament. The development of the world was the consequence of the eternal struggle between the two principles of good and evil. The intellectual lack of the Cathar doctrines and their exclusively moralistic interpretation breached into the lower strata of the population. The Catholic Church initially tolerated the spread of Catharism, in many ways so similar to the Pataria that the papacy had supported for anti-imperial purposes and to reduce the autonomy of the bishops. However later, due to the generalized apostasy of the Aquitan and Occitan masses, the ecclesiastical hierarchy began a repression that led to the crusade of 1209. The crusade gathered a group of feudal lords of Northern France, eager not to suppress heresy, but to conquer new territories24. In fact, it became a war between feudal lords, interspersed also with brutal episodes of massacres of Albigensian commoners25. The crusade ended in 1244 with the last extermination of Albigensians after the conquest of Montségur, the last heretic fortress. In truth, the nobility of Occitane and Aquitaine at first had expressed a lukewarm hostility towards the Cathars.
      Feudal lords, knights, troubadours and Templars became very alarmed in front of the ravenous hordes of conquerors from northern France. They realized that the true purpose of the crusade was to seize their territories, so at first, they tried to defend themselves from that aggression. For this reason, they were accused of being Cathars or Cathar protectors26 and therefore reported to the Inquisition. As already mentioned, apart from the fight against the heresy promoted by the Church, the crusade was exploited by the French feudal lords and the King of France as an opportunity to invade the South. Provence was also involved in the invasion, even though there the presence of Albigensians was minimal. This is how Provence eventually was taken away from the vassalage towards the Holy Roman Empire, passing in 1245 under the dominion of the French royal House of Anjou27. The knights and troubadours of the vast territories invaded by the barbarian hordes of northern France fled elsewhere. They found refuge in Sicily, at the Court of Emperor Frederick II, in Castile (Spain) near King Alphonse X the Wise, in England under Henry III and other rulers who were excellent troubadours and perfect knights28.

      Gian Giuseppe Filippi

      1. Troubadours and the trobairitz (women) in langue d’Oc or Occitan language; trouvères in Oïl language or ancient French; trovadores in Spanish; trovatori in Italian; minnesänger (singer of Love) in German. Generally, that etymology of the Romance languages is related to the verb tróbar, to find. The glottologists hypothesize its meaning according to their capacity to understand. Therefore, for them, ‘to find’ means to invent a poem, a song. Instead, as we will see later, for those knights the tróbar was related to the quest for the Grail. Therefore, much more plausibly the ‘to find’ dealt with the path that led to Love.[]
      2. They were composers of ballads, songs and sonnets in rhyme. The ones who were not noble by birth could become a minstrel or jester, and wander to different castles singing the works composed by the real troubadours. Only later the phenomenon of the bourgeois imitators of the troubadours, appeared in the Communes. They were called with contempt ‘reveller friars’ (frati gaudenti) or ‘mayor troubadours’ (podestà-trovatori).[]
      3. Fiés d’Amors in Occitan language. The term Faithful of Love (Fedeli d’Amore) was very widespread in Italy to define this brotherhood of knight-rhymers. Only in Dante’s Vita Nova (New Life) they are evoked seven times with this name. The abuse perpetrated by literary critics is indeed incredible: in the Italian Literature History texts this denomination is almost never found. In its place the critics use the term ‘stil novo’ (new style) to define this literary current, although the term ‘dolce stil novo’ (sweet new style) appears historically only once, and precisely in Dante’s Purgatory, XXIV.57. In this context it is clear that this formula applies only to the stylistic change made by Dante, who abolished the parler cloz of the troubadour poetry. Instead, literary critics broaden its use to wrongly include both the predecessors of Dante (the Bolognese troubadour poetry current) and his Tuscan successors. In fact, previously the Fiés d’Amors used a cryptic language, understandable only among the initiates. Dante, from a certain moment, decided to speak openly, aware that the profanes of his time were completely incapable of understanding even the most clearly exposed things. This is similar to what those who collaborate with this website have decided to do.[]
      4. Such as the Teutonic, the Calatrava and the Alcantara knights. “The consequences arising from having determined the ‘Faithful of Love’ as the direct descendants from the Saint Grail knights, will direct the attention of scholars to the possible relations between these ‘Faithful’ and the Templars” (Alfonso Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore” 1. Le «corti d’Amore» e i «Fedeli d’Amore» in Francia, Milano-Genova-Roma-Napoli, Soc. An. Ed. Dante Alighieri, 1933, p. 78).[]
      5. That meant that he had to be like Lancelot, of the strongest and most skilled knight of the Round Table (A. Ricolfi, Studi sui “Fedeli d’Amore”, cit. p. 66).[]
      6. Namely to have “the intellect, the will and the ‘appetite’ of good” (Luigi Valli, Il Linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore, Roma, Optima, 1928, I vol. p. 248).[]
      7. “’A‘ senefie en sa partie, ‘sans’, et ‘mor’ senefie ‘mort’: Or l’assemblons, s’aurons «sans mort»”. Jacques de Baisieux, Fiefs of Love [Fiez d’Amor], vv. 94-96.[]
      8. It follows that an already initiated lady was assigned to the aspirant initiate, to help him to overcome the first degrees of initiation. The Dame, therefore, symbolically represented an angelic principle, similar to the ḍākinīs and yoginīs in the Tantrism. The human representatives of ḍākinīs, in certain tantric currents are called bhairavīs. However, the latter are actually used as lovers in the paths of the left hand (vāmācāra mārga); it does not seem, however, that in the initiatic organization of the Holy Faith something comparable to the pañca makāra had ever been practiced. Only among some of the oldest Troubadours there are more crude amorous allusions, as in Guilhèm IX of Poitiers, duke of Aquitaine (1071-1127). This was an imitation of the Latin lyrics on rural loves with peasant girls and shepherdesses following the style of Virgil and other poets of the Augustan Age such as Horatius, Ovidius and Propertius. In this case we can compare them with the love affairs of Kṛṣṇa with the gopīs, which, although they appear as erotic narratives, they actually must also be considered highly symbolic. However, it is important to emphasize that these poems of folksy loves reveal an uninterrupted initiatic transmission of Roman origin.[]
      9. A. Ricolfi, cit, pp. 66-68. At the beginning of the 13th century, simultaneously with the end of the production of the Grail novel, the Courts of Love began to hide. They were reserved only to members of the same organization, especially after the ecclesiastical condemnation in 1277 of the book De Amore, by Andreas Cappellanus, (Andrew the Chaplain) (1150-1220). This book, written by the chaplain (sskrt. purohita) of the Court of Love chaired by the Countess Marie de Champagne, represented the fundamental doctrinal text for all the Faithful of Love.[]
      10. Jacques de Baisieux, Fiefs of Love [Fiez d’Amor], vv. 139-159. Love always remained the Lord of the fiefs, and He gave to the Faithful of Love only temporary possession of that dominion; this happened similarly with the terrestrial feuds, whose Lord was the Emperor. It is interesting to note that the etymology that philologists attribute to the word ‘feud’ is completely inadequate to its true meaning. This is due to the anti-medieval bias of the bourgeois Enlightenment ideology, which considers feudalism a barbarian state system of the “dark ages” compared to the “enlightened” regime like that of the Terror produced by the French Revolution. In fact, they fantasize about an origin from a Gothic word ‘faihu’, which would mean ‘property of cattle’. The fiefdom, on the other hand, has nothing to do with cattle and even less with the concept of ‘property’. Instead the Occitan ‘fiez’, feuds or fiefs, closely resembles the term used for ‘Fiés’ d’Amors. Since the feudal system was based on the concept of fidelity (lat. fides), we believe that this was the true meaning of ‘feud’. If someone then considers this as a “false etymology” and relies on the inadequacy of “scientific” etymologies, he is free to do so in harmony to his degree of intelligence. The same holds true for the Nirukta of the Hindūs, ridiculed as a “pseudo-etymology” by Sanskritists and Indologists who are incapable of understanding its use and meaning.[]
      11. The drawing is found in his work I documenti d’Amore (The documents of Love). The six figures on the left and right of the viewer, respectively represent the stages on the path of the dames and knights, being the seventh common to the two genders.[]
      12. ‘Deserved’ means that he has fully realized the Mercy, the spiritual influence, and thus obtained the rose of wisdom that he carries in his hand. On the symbolism of the rose at the Faithful of Love we will return in the next study.[]
      13. The image proceeds from A. Ricolfi, cit., p. 38.[]
      14. A. Ricolfi, cit., pp. 78-80. The identification with Love still remained to be fulfilled. The God is represented in the drawing as a child standing on a celestial horse, well above all the degrees of the chivalry initiates. As we will see later, only a historical figure has been able to obtain that supreme degree, personifying in this way the Galahad’s function of the Grail novels.[]
      15. J. de Baisieux, cit, v. 101.[]
      16. In this aspect the Holy Faith closely resembles the Kṛṣṇa bhakti. All the bhaktas of this particular current, in fact, consider themselves as gopīs, the beloved shepherdesses of God Kṛṣṇa, who is the only male (puṃdevata). Thus, the Christian knightly initiation resembles both bhakti and śakta mārgas of medieval India.[]
      17. In this sense, according to the Templar ideal of Saint Bernard, Madona manifests an intermediary function very similar to that of the Śakti towards Lord Maheśvara[]
      18. We have already pointed out the similarity between these ‘angelic women’ and the yoginīs and ḍākinīs of the tantric paths.[]
      19. Even in this case it is surprising a further analogy with the sādhu bhāṣā, the secret jargon used by sādhus and sants of medieval India. Luigi Valli, in the quoted book, did a great job to identify words with a hidden meaning. Unfortunately, his ignorance, of what initiation indeed is, so widespread in the West, did not make him grasp the more spiritual meanings. In fact, he considers the parler cloz to be just a conventional jargon, comparable to that of the underworld, assumed by sectarian knights or anti-papal heretics, in order not to attract the Inquisition’s attention. Without completely denying this political-religious interpretation, the real purpose of the secret language was to not divulge spiritual secrets to ignorant and profane people.[]
      20. In ancient Rome only the patricians were recognizable for belonging to one of the gentes (clan, sskrt. gotra). Therefore, the gentle man has nothing in common with the ‘gentleman’ in modern English, who just designated a client of the aristocracy who, without being noble, imitates its behaviour.[]
      21. For the Faithful of Love the use of the terms gelo and gelosia is a wordplay between ice/cold -that refers to the profane world- and jelousy as opposite of love – the sacred dominion.[]
      22. Provence was then directly part of the Holy Roman Empire, represented by its third crown, that of the Kingdom of Arles.[]
      23. In Bulgaria and other Balkan countries these heretics were known as Bogomils, “friends of God”.[]
      24. Count Simon de Montfort himself, leader of the crusade, who had lost his fief of Leicester, usurped as many fiefs as possible during the ruthless war.[]
      25. This is how the Cathars were known as they were very numerous around the city of Albi,[]
      26. There is a literary current, both of the past and todays, that obstinately identifies the Faithful of Love with the Cathars. This confuses an initiatic elite path of high intellectual profile with a plebeian religious movement, seriously contaminated by anti-traditional concepts (Eugène Aroux, Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste, Paris, Jules Renouard et C.ie, Lib. Éd, 1854; Otto Rahn, Kreuzzug gegen den Grail, Die Geschichte der Albigenser, Freiburg, Urban Verlag, 1933, Maria Soresina, Libertà vo cercando. Il catarismo nella «Commedia» di Dante, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009).[]
      27. This was possible because of the great difficulties that the Emperor Frederick II had while reigning, provoked by continuous intrigues carried out by the Pope and his allies.[]
      28. Some writers claim that the Christian Faithful of Love was an initiatic derivation of Sufi origin. To force this interpretation, some, including Henry Corbin, went so far as to call also the Persian love poets Faithful of Love. They give the example of the excellent relations between the Emperor Frederick II and Malik al-Kāmil, Sultan of Egypt, as their only supporting proof. Similarly, on the basis of the openness of the Court of King Alphonse X, others claim that the Faithful of Love derived from the contemporary love poetry of the Spanish Arabs and Jews. The mutual recognition of belonging to an initiatic school, however, is not at all a proof of the derivation of one tradition from the other. It is curious that precisely those who, rightly, criticize the “theory of cultural lending”, then use it to support the subordination of the Christian initiatic tradition to the Islamic one. The only non-war contacts between muslims and crusaders on which they lean, however, are late and do not necessarily involve initiation exchanges. They even supposedly happen at the same time with the concealment of the literary production on the Grail and the retraction of the ‘Courts of Love’. Not even the sporadic military alliance between the islamic heretical sect of the “assasins” and the crusaders can be invoked to demonstrate the passage of any transmission to the Faithfuls of Love. These alliances do not prove anything about the alleged initiatic dependence of Christian chivalry on the Muslim one (futuwwa). It is instead a fact that there is no trace, neither written nor oral, of transmission and monitoring of Sufism towards the Christian initiation paths. Instead it would have been better to wonder about the appearance on the contemporary historical proscenium of the tantric and bhākta love poetry that involved all traditions, from the Far East to the Far West, during what is conventionally called the Middle Ages. It is an authentic cyclic change that has provoked an adaptation of the different forms of the universal Tradition.[]