40. La Tavola Rotonda e la cerca del Graal – I
La Tavola Rotonda e la cerca del Graal – I
Dal punto di vista storico i romanzi della Tavola Rotonda e del Graal fanno pensare ad una corrente sotterranea affiorata ad un dato momento, ma subito ritrattasi e resasi nuovamente invisibile, come se si fosse avvertito un ostacolo o un pericolo preciso. Infatti, tali racconti appaiono in un breve lasso di tempo che, approssimativamente, inizia nell’ultimo quarto del XII secolo e termina nel primo quarto del XIII, periodo che, in Europa, segna l’inizio del declino della tradizione medievale.
Da dove proveniva questa corrente sotterranea? Tutti i personaggi e gli avvenimenti che si incontrano in questi testi si manifestano in una precisa area geografica: Irlanda (Iweriu, lat. Hiberia o Scotia), Galles (Cymru, lat. Cambria), Scozia (Caled, lat. Caledonia) Inghilterra (Prydain lat. Britannia Major) e Bretagna (Prydain, lat. Britannia Minor o Armorica). Questi luoghi corrispondono al cuore della Tradizione Celtica. Chi trasmise queste leggende al cristianesimo furono i Druidi (corrispondenti ai brāhmaṇa dell’India). In particolare, furono i Bardi, la categoria sacerdotale (sskrt. jāti) che manteneva i rapporti con i cavalieri (come purohita), che si dedicava allo svolgimento dei riti regali, alla composizione dell’epica, dei poemi mitici e al mantenimento della memoria delle genealogie (sskrt. vaṅśacarita) della casta guerriera (sskrt. kṣatriya). Come vedremo, pur essendo la coppa del Graal un simbolo esoterico di origine cristiana, anche nella tradizione druidica c’era il “Calderone del Dagda” che svolgeva funzioni analoghe, essendo il ricettacolo della bevanda d’immortalità.
Le storie narrate in questi romanzi iniziano nel periodo del collasso dell’Impero Romano. La terra era sconvolta dalla violenza e dal disordine delle invasioni barbariche e appariva necessario ristabilire l’ordine cosmico con la fondazione di un nuovo Impero che riportasse pace e giustizia. Predestinato a questa restaurazione fu Artù, figlio illegittimo del re Uther Pendragon. Crebbe nell’anonimato fino a quando non riuscì a sfilare una spada confitta verticalmente in una roccia. Questo fu il segno che lo fece riconoscere da tutti come il legittimo Re di Britannia. È piuttosto evidente che la spada nella roccia è un simbolo dell’asse polare che attraversa il globo terrestre e la sua estrazione dalla roccia indica il cambiamento di stella polare su cui punta l’asse terrestre. Infatti, il sovrano precedente, Uther Pendragon, il cui nome significa “Capo del Drago”, rappresenta il periodo, dal 4000 al 1000 a.C., in cui l’asse della terra era diretto verso la precedente polare α Draconis (la stella Thuban). Artù, dunque, deve rappresentare la nuova stella polare, α Ursæ Minoris. “Ora una prima osservazione filologica si impone. La forma esatta del nome data dai manoscritti in francese antico è Artus (soggetto) e Artu (nei casi flessi) il che conduce a una radice Art, vera base filologica del nome. A questo proposito, la testimonianza delle lingue celtiche è formale: si tratta di un antico nome dell’orso [sskrt. atri].” L’orso (gr. ἄρκτος, leggi àrctos) in astronomia corrisponde alle costellazioni polari dell’Orsa Maggiore e di quella Minore (sskrt. saptaṛkṣa) ed il suo simbolismo è strettamente connesso a quello della “montagna polare” (Meru) che rappresenta l’axis mundi. L’elemento polare-sacerdotale e l’elemento zodiacale-regale convergono quindi in Artù in modo confuso. Infatti, dobbiamo tenere presente che, come spiegava Nennio, “Artur latine sonat ursum horribilem” (Artù in latino suona come orso orribile). Nel suo aspetto selvaggio e guerriero, venne però affiancato e guidato dal Druida (= sskrt. brāhmaṇa) Merlino, il vero ordinatore e ideatore del regno di Artù. In questo racconto simbolico, si può notare che vi è descritta la nascita di quel dualismo tra la funzione regale e quella sacerdotale, che corrisponde alla diarchia medievale Imperatore-papa: divisione di poteri che porterà alla reciproca concorrenza e distruzione. Myrddin, latinizzato in Merlinus Ambrosius (Merlino l’immortale), in gaelico è il nome di un tipo di falco. Anche qui si può notare una interferenza tra i due poteri, essendo il falco, come l’aquila, animale che rappresenta la casta guerriera. Tuttavia, egli è anche conosciuto con il nome di ‘cinghiale di Brocelandia’, attributo tipicamente sacerdotale. All’inizio della storia Merlino si comporta veramente come il purohita del Re e guru personale di Artù. Quest’ultimo, seguendo le sue istruzioni, fece costruire, nel suo castello di Camelot, la Tavola Rotonda intorno alla quale dovevano sedersi i dodici più puri, coraggiosi e leali cavalieri del Regno. Se da un certo punto di vista la Tavola Rotonda era simile a un governo istituito al fine di restaurare l’ordine e la prosperità nel regno di Britannia e nel mondo, da un altro essa rappresentava anche un centro iniziatico. Artù iniziava i guerrieri più qualificati alla cavalleria. Questi poi si recavano come cavalieri erranti a visitare diversi castelli ed eremi, dove i feudatari o i monaci li istruivano alle pratiche interiori del metodo (sskrt. prakriyā). Allo stesso tempo si prodigavano a difendere i deboli, gli orfani e le vedove dalle angherie dei malvagi, accumulando meriti (sskrt. puṇya) per sé, raddrizzando l’ordine del Regno e diffondendo la pace. La Tavola Rotonda era forata al centro e lì si trovava il ‘seggio periglioso’. Si trattava di un trono sul quale poteva sedersi soltanto un cavaliere puro e altamente qualificato. Chiunque si fosse seduto senza possedere tali qualifiche sarebbe sprofondato direttamente all’inferno. Il ‘migliore cavaliere del mondo’, colui che avesse superato la prova, avrebbe potuto concludere la via iniziatica che lo avrebbe condotto a restaurare l’Impero, prendendo il posto di Artù e trasformando il Regno di Britannia in un Impero universale. Furono tre i cavalieri che dimostrarono di essere capaci di raggiungere il summum bonum della via iniziatica cavalleresca: Parsifal (o Perceval), Bors e Galahad. Furono perciò inviati a concludere il loro percorso iniziatico consistente nella cerca del Santo Graal. Il Graal è un simbolo complesso, perché in esso sono confluite correnti tradizionali diverse. Come abbiamo già accennato, i Druidi del celtismo usavano un calderone di bronzo o d’argento in cui facevano bollire la spremitura di diverse piante sacre, tra cui la principale era il vischio. Ottenevano così una bevanda d’immortalità che offrivano in oblazione agli Dei, mentre il resto era distribuito tra gli iniziati presenti. La tradizione esoterica cristiana parla, invece, di una coppa. Quando Lucifero, il più elevato tra gli angeli, si ribellò a Dio, dalla sua corona cadde sulla terra un grosso smeraldo divino, il lapsit exillis. Altri angeli scolpirono poi quello smeraldo prodigioso dandogli la forma di una coppa. Coloro che avessero bevuto da quel calice avrebbero ottenuto la conoscenza di Dio. Questo stesso, tramandato di generazione in generazione, fu usata dal Cristo durante l’ultima cena per consacrare l’eucarestia. Giuseppe d’Arimatea la conservò segretamente e la usò per raccogliere il sangue che sprizzava dalla ferita sul costato di Gesù durante la crocefissione. Questo avvenimento dà la possibilità di interpretare il nome della coppa come fosse Sang Real, il ‘vero sangue’ o il ‘sangue regale’. In seguito, i due discepoli segreti di Gesù, Nicodemo (che era un sacerdote-cohen) e Giuseppe d’Arimatea (Arimatea è interpretato come un titolo in quanto significa ‘principe di sangue divino, ovvero regale’, ha rama theo), che rappresentano rispettivamente l’autorità spirituale e il potere temporale, trasportarono il Graal in Britannia. Lì la sacra coppa sarebbe stata conservata nascostamente in un castello inaccessibile, in una regione compresa tra due mari, in mezzo a montagne selvagge dai discendenti di Giuseppe, conosciuti come i Re del Graal. I cavalieri che fossero riusciti a raggiungerlo e ad avere la visione del Graal, lì si fermavano, diventavano discepoli del Re, vivendo a lungo in uno stato edenico. Con il passare dei secoli, però, il numero dei nuovi arrivati diminuì drammaticamente a causa della degenerazione del mondo e dell’umanità. Il Re del Graal, in questo modo, riuscì a stento a trasmettere la santa sapienza proveniente dalla coppa miracolosa, e non poté più a generare un numero sufficiente di discepoli. Per questo gli ultimi Re furono descritti come ammalati o feriti nelle proprie capacità generative. Così, avendo molto tempo libero dall’insegnamento, essi trascorrevano gran parte della giornata a pescare nel lago montano nei pressi del castello. Il titolo di Re Pescatore, ovviamente, allude al fatto che egli aveva assunto una funzione atta ad attirare nuovi discepoli, uscendo un po’ dalle mura del castello, dalla riservatezza esoterica, in attesa del ‘miglior cavaliere del mondo’. Costui sarebbe diventato il discepolo prediletto del Re Pescatore e suo successore come Re del Graal. Questo figlio spirituale avrebbe guarito il Re ferito dalla sua incapacità di generare spiritualmente e, portando la sacra coppa alla Tavola Rotonda e sedendo sul tredicesimo posto periglioso, avrebbe fatto rifiorire la Terre guaste.
Gaṇapati