21. Le religioni semitiche
Le religioni semitiche
I Sumeri arrivarono nella Mesopotamia meridionale (l’attuale Iraq) intorno al 4000 a.C. Secondo le loro fonti scritte, arrivarono via mare dall’Oriente. Le popolazioni che hanno trovato in quell’area e che hanno sottomesso erano il ramo semitico dei popoli del mare, che abbiamo già trovato come eredi della civiltà degenerata di Atlantide. La civiltà sumera fu la prima che in Asia occidentale usava una forma di scrittura, prima in forma pittografica, poi in un alfabeto cuneiforme stilizzato. La loro lingua per molti versi sembra simile agli idiomi austroasiatici da un lato e quelli turchi dall’altro. I Sumeri non formarono mai un’unità statale, ma furono organizzati in diverse città-stato indipendenti. Per questo motivo ogni città aveva la sua divinità protettrice e perciò è piuttosto difficile avere un’idea unificata della loro religione. Certamente tutti riconoscevano una triade principale di dei: An, Dio del cielo, Enlil, Dio dell’atmosfera ed Enki, Signore della terra e delle acque sotterranee. Ma fin dai primordi, il Dio più potente di tale triade fu considerato Enki (il Signore della Terra), dimostrando che la religione pan-sumera era stata ben presto influenzata dal sostrato sociale semitico. La casta sacerdotale, riconosciuta in tutte le città sumere come la più elevata classe sociale, era costituita dai caldei. Erano i rappresentanti sulla terra del Dio del cielo, An e di altri poteri celesti come la dea Namma, le acque superiori, Inanna, il pianeta Venere che era anche la dea dell’amore, Ningal, la dea della Luna e Utu, il sole.
I Sumeri si auto definivano “le teste nere”, mentre il nome con cui sono conosciuti ancor oggi deriva dalla parola accadica “Šumer”. La popolazione accadica, stabilita a nord del territorio sumero, era di origine semitica, ma la sua classe dominante era certamente composta da sacerdoti caldei e kṣatriya provenienti dall’India, come dimostra il nome di alcuni dei loro Re più famosi, come Naramsin. Pertanto, non è improbabile che identificassero il territorio sumero con il centro del mondo rappresentato dall’aureo monte Meru (Su-Meru). D’altra parte, è ben noto che anche più a nord, nell’area attualmente compresa tra Iraq, Siria e Turchia, vi era una civiltà di origine simile a quella sumera e accadica: la civiltà dei Mitanni. Questi ultimi hanno lasciato alcune steli di pietra con incise invocazioni agli dei vedici Mitra, Varuṇa, Indra e ai gemelli Nasatya (Nāsatyau, cioè gli Aśvin). Con il passare dei secoli, tuttavia, i più bassi strati semitici della popolazione di queste antiche civiltà si ribellarono e rovesciarono le più alte caste dal potere. Intorno al 2000 a.C. la confederazione sumera fu sopraffatta dalla rivolta babilonese, e così questa popolazione semita prese il potere e fondò il regno di Babilonia nel sud della Mesopotamia. E qui si può notare una delle caratteristiche tipiche di tutte le civiltà semitiche. Gli Dei di altre tradizioni, considerati uguali ai peggiori demoni, furono sostituiti da quelli semitici. Così Namma, la Dea Sumera delle acque superiori e la moglie del dio delle acque inferiori, Apsu (Sskr. Aspa), chiamata dai Babilonesi Tiāmat (Sskr. Devīmāta), fu trasformata in un mostro marino che doveva essere combattuto e ucciso. Marduk, il dio babilonese degli uragani o dei tornado di sabbia infuocata, riuscì a usurpare il trono al dio sumero e a uccidere la dea Tiāmat. Tuttavia, accanto al nuovo sacerdozio babilonese, la tradizione sacerdotale dei caldei rimase viva e sopravvisse anche quando il ricordo dei babilonesi era scomparso. Peggior sorte colse la tradizione sumero-accadica nel suo complesso: intorno allo stesso periodo, all’inizio del secondo millennio a.C., il substrato semitico emerse anche nel nord della Mesopotamia quando fu stabilito il regno assiro distruggendo la civiltà accadica. Come afferma il loro stesso nome, gli Assiri (Asur) passarono alla storia per la loro crudeltà: sterminarono i membri del sacerdozio caldeo, così come intere popolazioni che avevano sottomesso. Gli Assiri rovesciarono anche le gerarchie degli Dei Sumeri e stabilirono il loro Dio Assur come la divinità suprema.
Nel diciannovesimo secolo a.C. un gruppo di tribù semitiche, che comprende anche gli ebrei, invase la Mesopotamia dall’attuale Palestina e da lì penetrarono in Egitto. Gli egizi chiamavano questi invasori Hyksos, cioè “Re barbarici”. Gli Hyksos fondarono la quindicesima dinastia che regnò su tutto il nord dell’Egitto, mentre il Sud rimase sotto il controllo dei Faraoni della debole dinastia autoctona del XVI secolo. Gli Hyksos riconobbero come divinità suprema il Dio delle tempeste del deserto, che gli egizi riconoscevano come il demone Set. Il dominio Hyksos sull’Egitto fu aspro e intollerante e, approssimativamente nel XVI secolo a.C., non appena gli invasori diedero i primi segni di indebolimento, gli egizi si ribellarono, cacciando tutte le tribù Hyksos dall’Egitto. L’oppressione semitica era stata così pesante che gli egizi, generalmente tolleranti e aperti alle civiltà straniere, cancellarono ogni traccia della dominazione straniera. Questa storia del dominio e dell’espulsione degli Hyksos, come raccontato da Flavio Giuseppe, è descritta nella Bibbia ebraica come la fine della schiavitù del popolo ebraico e dell’Esodo dall’Egitto. È proprio da questa espulsione dall’Egitto che gli ebrei cominciarono a distinguersi tra le diverse tribù Hyksos. Gli ebrei, sotto la guida del loro maestro (in ebraico Rav) Mosè, seguirono il loro Dio attraverso il deserto, che appariva come un’enorme colonna di fuoco. Solo dopo un paio di generazioni si stabilirono nella terra di Canaan. Tuttavia, la loro influenza religiosa rimase in Egitto ancora per un paio di secoli. Certamente, Akhenaton (1375-1334 a.C.), Faraone della XVIII dinastia, deve essere stato educato alle credenze semitiche quando ha abrogato il culto di tutti gli Dei ancestrali, perseguitato i loro sacerdoti e imposto la religione monoteistica del Dio Aton, il sole fisico. Anche in questo caso gli egizi si ribellarono e, alla morte del successore di Akhenaton, restaurarono gli antichi culti, distruggendo ogni traccia di quella nuova religione anti-tradizionale.
Le origini del popolo ebraico e della loro religione sono enigmatiche a causa delle molte alterazioni che la Tōrāh (il loro libro sacro è anche l’unica fonte della loro storia) ha subito durante i diversi e disgraziati eventi della loro storia. Questo testo si riferisce ad Adamo come antenato di tutta l’umanità. Tuttavia, il fatto che Adamo in ebraico significhi “uomo rosso” lo collega ad Atlantide e quindi non può essere considerato davvero il primo uomo in termini assoluti, ma come il primo antenato della civiltà atlantidea. Inoltre, nella Tōrāh sono menzionati sette misteriosi re di Edom, considerati in molte fonti sapienziali ebraiche come rappresentanti delle discipline scientifiche pre-adamitiche, come l’alchimia, l’astrologia, la medicina ecc.
Nella Tōrāh, Adamo è stato creato da Elohīm, che significa “gli Dei”. Più tardi, quando gli ebrei passarono al loro culto monoteistico, Elohīm fu interpretato come un nome singolare dell’unico Dio, reso al plurale in una inspiegabile forma anomala. In realtà, fino ad un’epoca ben nota, vale a dire fino a poco prima del loro ritorno dalla prigionia babilonese (520 a.C.), anche gli ebrei riconoscevano una molteplicità di Dei. Tra tutti gli Dei delle religioni semitiche, gli ebrei scelsero Yehovah come protettore della loro nazione. Con il passare del tempo, considerarono gli Dei delle altre nazioni come rivali del loro Dio, al punto da descriverli come dei veri diavoli. Seguendo il caratteristico esclusivismo dei semiti, proclamarono Yehovah come l’unico vero Dio e loro stessi come “il popolo eletto” da quel Dio, che non avrebbe mai mescolato il suo prezioso sangue con quello delle altre nazioni. Si dice che gli ebrei siano discendenti del terzo figlio di Adamo ed Eva, Seth, nel cui nome riconosciamo il Set degli egizi. Seguì una serie di patriarchi, culminati in Noè, colui che salvò l’umanità, gli animali e le piante dal Diluvio Universale. Questa storia è stata chiaramente copiata dal mito babilonese di Ziusudra che, a sua volta, fu una rielaborazione dell’antico mito sumero di Utnapishtim. Quest’ultima storia è così simile a quella di Manu e del Matsyāvatāra che è impossibile non riconoscere una fonte comune. Tuttavia, il racconto della Tōrāh aggiunge che l’umanità ricominciò di nuovo con i tre figli di Noè: Sem, progenitore di tutti i Semiti, Cam, antenato dei Camiti, gli abitanti non semiti dell’Asia occidentale e Japheth, antenato di tutti gli altri popoli. Eber, uno dei figli di Sem, è menzionato come l’antenato degli ebrei. Ma in realtà questo personaggio è completamente irrilevante nello stesso racconto biblico e sembra essere una interpolazione tardiva. È quindi più plausibile che Eber derivi da una radice che significa “Occidente” che denuncia l’origine atlantidea degli ebrei. Secondo la Bibbia, dopo il diluvio universale, che corrisponde allo sprofondamento di Atlantide, i discendenti di Sem si stabilirono in Mesopotamia. Per sfuggire al nuovo dominio babilonese, intorno al 1900 a.C., Abramo emigrò dalla città di Ur. Per molti secoli il popolo di Abramo si dedicò alla vita nomade, vagando tra Mesopotamia, Arabia, Egitto e Siria. Erano costantemente impegnati in guerre violente, che finirono spesso con lo sterminio totale dei loro nemici. Dopo la loro espulsione dall’Egitto, infine, intorno al 1000 a.C., gli ebrei si insediarono in un’area fissa, scegliendo come capitale la città siriana-amorrea di Gerusalemme, che avevano conquistato. Lì stabilirono il loro primo regno. Il terzo re di Israele, Salomone, costruì il Tempio, l’unico centro spirituale della religione ebraica. Tuttavia, le guerre con i popoli vicini e le lotte intestine continuarono. Poco dopo la morte di Salomone il regno si divise in due: il regno di Giuda e quello di Israele. L’indipendenza non durò a lungo: nel 587 a.C. Nabucodonosor, re dei Babilonesi, conquistò i due regni ebraici, distrusse il Tempio di Gerusalemme costruito da Salomone e deportò tutti gli ebrei a Babilonia. La prigionia degli ebrei durò fino al 538 a.C., quando il re dei Persiani, Ciro il Grande, invase il regno babilonese. Ciro restituì la libertà agli ebrei che poi tornarono alla terra che erano stati costretti ad abbandonare. Tuttavia, mezzo secolo di deportazione era stato fatale per la nazione ebraica. Durante quel tempo avevano perso il modo di pronunciare il nome del loro Dio. La Bibbia fu radicalmente modificata in modo monoteistico e l’antica mitologia semitica e la pluralità dei suoi Dei scomparvero. Questa nuova versione della Tōrāh, retrodatata e attribuita alla rivelazione fatta dal Dio degli ebrei a Mosè, era accompagnata dal Talmud babilonese, senza il quale non si poteva avere una corretta lettura della Bibbia. Poiché c’erano stati molti matrimoni misti con i Babilonesi, si stabilì che solo le persone con una madre ebrea potevano essere considerate ebree, una regola matriarcale che resiste fino a oggi. Così, la religione israelita si identificò sempre più con la razza ebraica. Ritornando alla loro terra, gli ebrei costruirono un secondo Tempio sulle rovine di quello di Salomone. Ma l’indipendenza della nazione ebraica non sarebbe durata a lungo: tra la conquista di Alessandro Magno nel 331 a.C. e la definitiva annessione all’impero romano nel 65 a.C., gli ebrei conoscebbero solo un secolo di relativa indipendenza. Le deportazioni, le conquiste e il nomadismo non completamente sopiti nell’animo degli ebrei, avevano portato a una diaspora (dispersione) verso le terre più lontane. Nel IV secolo a.C. esisteva già una comunità ebraica nella città di Roma, e molti gruppi ebraici si erano rifugiati nelle colonie greche, fenicie e cartaginesi del Nord Africa fino alla lontana Spagna.
La religione israelita è stata pesantemente condizionata dalla convinzione degli ebrei di essere il “popolo eletto” dal loro Dio per dominare il mondo intero. È l’unica religione sulla terra che non ha cura dei destini postumi dei suoi fedeli. La Tōrāh menziona vagamente un aldilà, la Gehenna o lo Sheol, come un luogo triste dove si va dopo la morte; ma non distingue tra anime salvate e dannate, non fa distinzioni tra i risultati di un comportamento virtuoso e peccaminoso. Ciò che è importante è l’affermazione storica della potenza di Israele in questo mondo. Quindi l’individuo è considerato virtuoso se contribuisce attivamente a questo ultimo trionfo mondano di coloro che appartengono alla religione ebraica per sangue e per credenza. Per questo motivo la Bibbia è un libro che racconta principalmente la storia dei successi mondani del “popolo eletto”, o lamenta vittimisticamente le ferite subite da “nazioni impure”. Quindi, gli impegni e le preghiere religiose sono indirizzate solo alla conquista del potere e della ricchezza, alla maggior gloria di Dio e del Suo “popolo eletto”. Questo riguarda l’essoterismo israelita. Il lato esoterico della tradizione ebraica, che deriva in gran parte dagli antichi insegnamenti caldei, è ciò che in seguito sarà chiamato Qabbalah (cioè la tradizione). A differenza della religione esteriore, la Qabbalah insegna un percorso di perfezione interiore che l’individuo deve seguire, ascendendo attraverso i centri sottili (sefiroth = cakra) che sono proiezioni nel corpo umano dei diversi mondi superiori. La fine di questa ascesa corrisponde al ripristino dello stato di perfezione che Adamo aveva nell’Eden prima del peccato originale. Questa purificazione dell’individualità integrale consente quindi all’uomo di contemplare il volto di Dio e diventare il suo “amico”. Torneremo ancora sull’Ebraismo, poiché esso è stato di fondamentale importanza per la nascita del Cristianesimo. Inoltre, la cultura ebraica in Europa riemerse alla fine del Medioevo, influenzando lo sviluppo di alcuni aspetti del Rinascimento e nei tempi moderni contribuendo pesantemente alla nascita della mentalità contemporanea.
D. K. Aśvamitra