20. La Tradizione Celtica
La Tradizione Celtica
Con il nome di Celti, s’identifica un gruppo di tribù che intorno al 1000 a.C. discesero dal nord e si diffusero in Scozia, Inghilterra e Irlanda e da lì, in buona parte dell’Europa continentale. Il nome di questo gruppo etnico deriva da quello della casta sacerdotale che le aveva accomunate con la sua dottrina. Celt, come Caldeo e Culdean era quindi il nome della loro classe sacerdotale pre-druidica. I greci ritennero che questo termine derivasse dalla radice KEL (κελ) che significa “misterioso”, “occulto”. Diogene Laerzio sostiene che le dottrine più elevate, prima della nascita della filosofia greca, furono praticate tra gli Indiani (Gimnosofisti, cioè gli Yogi), i persiani (Magi), gli assiri (Caldei) e i Celti (Druidi).
Il nome corretto di questi popoli era certamente espresso dalla radice GAL, “il potente”. I romani e i greci li chiamavano più correttamente Galli e Galati (γαλάται, leggi galàtai), come testimoniano anche il nome dei loro ultimi discendenti spagnoli contemporanei, i Gallegos, il nome delle lingue celtiche-gaeliche che ancora vivono nelle isole britanniche e i popoli Gael della Scozia, dell’Irlanda e del Galles (Gael), che gli inglesi, incapaci di pronunciare correttamente il loro nome, hanno finito per chiamare “Wales” (“paese straniero”!).
Ciò che colpisce di più dei popoli celtici è che la loro organizzazione sociale era suddivisa in caste molto simili a quelle della tradizionale struttura della società indiana.
È certo inoltre che la tradizione celtica derivava della fusione di due diverse correnti tradizionali: la prima raggruppava le organizzazioni cavalleresche, le corporazioni mercantili e servili, nonché gli ordini inferiori della casta sacerdotale (i kelt) che erano certamente di origine atlantidea. Ciò si evince dall’indole violenta dei suoi guerrieri, dai sanguinosi sacrifici animali e umani, e dall’attrazione per i fenomeni magici. La seconda corrente era invece rappresentata dai druidi, la categoria più elevata della casta dei sacerdoti. Senza dubbio i druidi rappresentavano la corrente proveniente dal Nord che Posidonio dichiarò di origine iperborea e che Clemente di Alessandria considerava la fonte della saggezza da cui Pitagora aveva tratto la sua dottrina, forse grazie alla mediazione dell’iperboreo Abaris.
Secondo la tradizione irlandese, la corrente druidica settentrionale era chiamata Tuatha Dé Danann, la “Tribù dei divini conoscitori delle arti”. Il più importante dei testi tradizionali dell’Irlanda, La battaglia di Maige Tuired (Cath Maige Tuired), ce ne dà la seguente descrizione:
“I Tuatha Dé Danann vivevano nelle isole del Nord del mondo; studiavano il druidismo, coltivavano la conoscenza, l’arte e la magia e in queste discipline erano superiori a tutti. La battaglia di Maige Tuired ebbe luogo dopo lo sbarco del Tuatha Dé Danann sulle coste dell’Irlanda. Lì furono affrontati dalle schiere degli abitanti delle isole, i Fomoires, descritti da tutte le cronache come demoni guerrieri. Il loro capo era un gigante con un occhio solo che fu ucciso quando una pietra lo colpì proprio in quello”.
A questo punto vorremmo richiamare il capitolo 6° “L’Età dell’Oro – gli Iperborei”: nelle terre limitrofe alla regione Iperborea, vivevano gli Arimaspis, barbari dediti alla metallurgia che avevano un solo occhio ed erano nemici degli Iperborei. Non sfuggirà che l’aspetto ciclopico richiama un’evidente relazione dei Fomoires con Atlantide: a questo punto si può dire che la battaglia di Maige Tuired rappresenta la vittoria del Tuatha Dé Danann su precedenti popolazioni celtiche di origine atlantidea e sancisce la supremazia della casta sacerdotale dei druidi iperborei su tutta la società celtica. La diversità dei druidi rispetto al resto della società era così netta che il Prof. Myles Dillon del Trinity College di Dublino, dopo aver effettuato accurati studi sui rituali, le tradizioni attribuite ai druidi e sul confronto tra gaelico e termini sanscriti, si è spinto a sostenere l’idea che i druidi erano in realtà brāhmaṇa provenienti dall’India!
Dall’Irlanda i druidi si espansero nel resto delle isole britanniche e in Armorica, l’attuale penisola francese della Normandia. I druidi non arrivarono a diffondersi nel resto dell’Europa celtica; tuttavia gli ordini inferiori dei sacerdotali dei celti li rappresentavano fedelmente ovunque andassero. Tale era il prestigio che veniva loro riconosciuto che i druidi erano considerati alla stregua di divinità in forma umana. Il nome di questa casta sacerdotale deriva dalla composizione di due parole stranamente identiche a due radici sanscrite: DHRU che significa “stabile” e VID da cui “conoscenza”. Druido, quindi, significa colui che è “stabile nella conoscenza”. Questi due termini erano simbolizzati dalla quercia simbolo di stabilità e dal vischio simbolo della conoscenza; quest’ultimo cresce sui rami delle querce, ma non è prodotto da queste, come la conoscenza non è originata dalla stabilità.
“I Druidi non consideravano nulla di più sacro del vischio e della quercia su cui cresce”.
I druidi erano divisi in due ordini: il primo, i cui membri vivevano nelle profondità delle foreste, si dedicava alla cerca metafisica e all’accettazione di discepoli che avrebbero fornito servizio (sskrt. seva). Si sa poco del loro insegnamento poiché veniva dispensato rigorosamente da bocca a orecchio. Tutti gli autori dell’antichità che trattano dei druidi attestano la segretezza della loro dottrina; sappiamo solo che riguardava l’immortalità dell’anima, la sua trasmigrazione in altri mondi attraverso diverse rinascite, la via per sfuggire a questo destino attraverso la conoscenza e la periodica distruzione del mondo manifestato attraverso l’acqua o il fuoco. Questo era sufficiente perché i romani vi riconoscessero una somiglianza con la dottrina pitagorica. Il discepolo di un druido “deve memorizzare un gran numero di versi”. Gli insegnamenti in versi, rigorosamente orali, erano una condensazione della conoscenza dottrinale che era stata trasmessa; tuttavia il discepolo arrivava a comprenderli solo dopo aver ascoltato i commenti esplicativi e l’esegesi dell’insegnante.
Il secondo ordine druidico era composto da sacerdoti che vivevano in prossimità dei villaggi e si dedicavano a solenni rituali pubblici; tuttavia non facevano sacrifici animali, si vestivano di bianco ed erano rigorosamente vegetariani. Alcuni di loro vivevano alla corte di un Re (Rix) e svolgevano una funzione simile a quella di purohita.
Vi era anche un’altra sotto-casta sacerdotale che risaliva al periodo precedente l’arrivo dei druidi e quindi d’origine kelt: costoro erano chiamati file,veggenti (sanscrito ṛṣi): erano compositori di poemi, astrologi e depositari di sentenze sapienziali. Generalmente vivevano alle corti dei principi, presso i nobili o i più valorosi cavalieri; eseguivano rituali divinatori e sacrifici sanguinosi, insegnavano scienze cosmologiche e assegnavano incantesimi (mantra) ai loro discepoli.
Erano anche molto abili nell’improvvisazione degli inni, maestria che si tramandò di padre in figlio fino al XVII secolo d.C., quando scomparve insieme a loro, a causa della persecuzione di Cromwell.
Un grado sacerdotale ancora più basso era rappresentato dai bardi che si dedicavano alla composizione dei poemi di guerra che cantavano accompagnati dal suono delle loro lire, vagando di castello in castello e da un villaggio all’altro.
Sebbene non fossero qualificati per comporre poesie sapienziali, essi contribuirono a diffondere con le loro canzoni i poemi dei File. Svolsero altresì la funzione di genealogisti delle più importanti famiglie della loro regione, imparando a memoria e trasmettendo i nomi degli antenati dei cavalieri. Svolsero anche un importante ruolo nella preparazione delle battaglie, sia perché compivano l’estremo tentativo di riconciliazione tra i due contendenti, sia perché lanciavano maledizioni contro l’esercito avversario. Per questo motivo i bardi avevano una certa familiarità con i cavalieri.
Questi erano i principali ordini in cui era suddivisa la casta sacerdotale celtica, sebbene da molti testi risultano ulteriori suddivisioni di druidi, file e bardi in numerose altre sottocategorie che si caratterizzavano per la loro funzione.
I cavalieri costituivano la seconda casta per importanza; il più coraggioso e autorevole tra loro veniva riconosciuto come Re e gli altri, che erano anche proprietari terrieri, costituivano l’esercito che annoverava anche le loro donne.
Si addestravano continuamente nell’uso delle armi e seguivano certi insegnamenti dei bardi che consentivano, durante la battaglia, di entrare in uno stato di furiosa alterazione che i Romani chiamavano in latino furor gallicus: spogliandosi e brandendo le loro armi, affrontavano il nemico in uno stato di trance terribile e furiosa. All’inizio le legioni di Roma erano intimorite da questi atti di folle audacia, dall’alta statura dei cavalieri celtici e dalla loro prestanza fisica. Ben presto però i Romani capirono che questi attacchi scoordinati che imitavano l’aggressività dell’orso potevano facilmente essere respinti dalla disciplina e dall’arte militare. L’orso era l’animale che rappresentava i cavalieri, il cinghiale quello della casta dei druidi; così nella tradizione celtica si ritrovano due importanti simboli iperborei.
Il cinghiale allude all’isola Vārāhī, la terra artica da cui si dice che i Druidi (Tuatha Dé Danann) siano arrivati, mentre l’orso rimanda all’Orsa Maggiore, la costellazione del polo settentrionale.
A completamento della società celtica vi erano la casta degli uomini liberi, artigiani e commercianti e quella dei servi e dei contadini.
Gaṇapati