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20. La Tradizione Celtica

    La Tradizione Celtica

    Con il nome di Celti, s’identifica un gruppo di tribù che intorno al 1000 a.C. discesero dal nord e si diffusero in Scozia, Inghilterra e Irlanda e da lì, in buona parte dell’Europa continentale. Il nome di questo gruppo etnico deriva da quello della casta sacerdotale che le aveva accomunate con la sua dottrina. Celt, come Caldeo e Culdean era quindi il nome della loro classe sacerdotale pre-druidica. I greci ritennero che questo termine derivasse dalla radice KEL (κελ) che significa “misterioso”, “occulto”. Diogene Laerzio1 sostiene che le dottrine più elevate, prima della nascita della filosofia greca, furono praticate tra gli Indiani (Gimnosofisti2, cioè gli Yogi), i persiani (Magi), gli assiri (Caldei) e i Celti (Druidi3).
    Il nome corretto di questi popoli era certamente espresso dalla radice GAL, “il potente”. I romani e i greci li chiamavano più correttamente Galli e Galati (γαλάται, leggi galàtai), come testimoniano anche il nome dei loro ultimi discendenti spagnoli contemporanei, i Gallegos, il nome delle lingue celtiche-gaeliche che ancora vivono nelle isole britanniche e i popoli Gael della Scozia, dell’Irlanda e del Galles (Gael), che gli inglesi, incapaci di pronunciare correttamente il loro nome, hanno finito per chiamare “Wales” (“paese straniero”!).

    Ciò che colpisce di più dei popoli celtici è che la loro organizzazione sociale era suddivisa in caste molto simili a quelle della tradizionale struttura della società indiana.
    È certo inoltre che la tradizione celtica derivava della fusione di due diverse correnti tradizionali: la prima raggruppava le organizzazioni cavalleresche, le corporazioni mercantili e servili, nonché gli ordini inferiori della casta sacerdotale (i kelt) che erano certamente di origine atlantidea. Ciò si evince dall’indole violenta dei suoi guerrieri, dai sanguinosi sacrifici animali e umani, e dall’attrazione per i fenomeni magici. La seconda corrente era invece rappresentata dai druidi, la categoria più elevata della casta dei sacerdoti. Senza dubbio i druidi rappresentavano la corrente proveniente dal Nord che Posidonio4 dichiarò di origine iperborea e che Clemente di Alessandria5 considerava la fonte della saggezza da cui Pitagora aveva tratto la sua dottrina, forse grazie alla mediazione dell’iperboreo Abaris.

    Secondo la tradizione irlandese, la corrente druidica settentrionale era chiamata Tuatha Dé Danann, la “Tribù dei divini conoscitori delle arti”6. Il più importante dei testi tradizionali dell’Irlanda, La battaglia di Maige Tuired (Cath Maige Tuired)7, ce ne dà la seguente descrizione:

    I Tuatha Dé Danann vivevano nelle isole del Nord del mondo; studiavano il druidismo, coltivavano la conoscenza, l’arte e la magia e in queste discipline erano superiori a tutti. La battaglia di Maige Tuired ebbe luogo dopo lo sbarco del Tuatha Dé Danann sulle coste dell’Irlanda. Lì furono affrontati dalle schiere degli abitanti delle isole, i Fomoires, descritti da tutte le cronache come demoni guerrieri. Il loro capo era un gigante con un occhio solo che fu ucciso quando una pietra lo colpì proprio in quello8”.

    A questo punto vorremmo richiamare il capitolo 6° “L’Età dell’Oro – gli Iperborei”: nelle terre limitrofe alla regione Iperborea, vivevano gli Arimaspis, barbari dediti alla metallurgia che avevano un solo occhio ed erano nemici degli Iperborei9. Non sfuggirà che l’aspetto ciclopico richiama un’evidente relazione dei Fomoires con Atlantide: a questo punto si può dire che la battaglia di Maige Tuired rappresenta la vittoria del Tuatha Dé Danann su precedenti popolazioni celtiche di origine atlantidea e sancisce la supremazia della casta sacerdotale dei druidi iperborei su tutta la società celtica. La diversità dei druidi rispetto al resto della società era così netta che il Prof. Myles Dillon del Trinity College di Dublino10, dopo aver effettuato accurati studi sui rituali, le tradizioni attribuite ai druidi e sul confronto tra gaelico e termini sanscriti, si è spinto a sostenere l’idea che i druidi erano in realtà brāhmaṇa provenienti dall’India!

    Dall’Irlanda i druidi si espansero nel resto delle isole britanniche e in Armorica, l’attuale penisola francese della Normandia. I druidi non arrivarono a diffondersi nel resto dell’Europa celtica; tuttavia gli ordini inferiori dei sacerdotali dei celti li rappresentavano fedelmente ovunque andassero. Tale era il prestigio che veniva loro riconosciuto che i druidi erano considerati alla stregua di divinità in forma umana. Il nome di questa casta sacerdotale deriva dalla composizione di due parole stranamente identiche a due radici sanscrite: DHRU che significa “stabile” e VID da cui “conoscenza”. Druido, quindi, significa colui che è “stabile nella conoscenza”. Questi due termini erano simbolizzati dalla quercia simbolo di stabilità e dal vischio11 simbolo della conoscenza; quest’ultimo cresce sui rami delle querce, ma non è prodotto da queste, come la conoscenza non è originata dalla stabilità.

    I Druidi non consideravano nulla di più sacro del vischio e della quercia su cui cresce12”.

    I druidi erano divisi in due ordini: il primo, i cui membri vivevano nelle profondità delle foreste, si dedicava alla cerca metafisica e all’accettazione di discepoli che avrebbero fornito servizio (sskrt. seva13). Si sa poco del loro insegnamento poiché veniva dispensato rigorosamente da bocca a orecchio. Tutti gli autori dell’antichità che trattano dei druidi attestano la segretezza della loro dottrina; sappiamo solo che riguardava l’immortalità dell’anima, la sua trasmigrazione in altri mondi attraverso diverse rinascite, la via per sfuggire a questo destino attraverso la conoscenza e la periodica distruzione del mondo manifestato attraverso l’acqua o il fuoco. Questo era sufficiente perché i romani vi riconoscessero una somiglianza con la dottrina pitagorica. Il discepolo di un druido “deve memorizzare un gran numero di versi”14. Gli insegnamenti in versi, rigorosamente orali, erano una condensazione della conoscenza dottrinale che era stata trasmessa; tuttavia il discepolo arrivava a comprenderli solo dopo aver ascoltato i commenti esplicativi e l’esegesi dell’insegnante.

    Il secondo ordine druidico era composto da sacerdoti che vivevano in prossimità dei villaggi e si dedicavano a solenni rituali pubblici; tuttavia non facevano sacrifici animali, si vestivano di bianco ed erano rigorosamente vegetariani. Alcuni di loro vivevano alla corte di un Re (Rix) e svolgevano una funzione simile a quella di purohita15.

    Vi era anche un’altra sotto-casta sacerdotale che risaliva al periodo precedente l’arrivo dei druidi e quindi d’origine kelt: costoro erano chiamati file16,veggenti (sanscrito ṛṣi): erano compositori di poemi, astrologi e depositari di sentenze sapienziali. Generalmente vivevano alle corti dei principi, presso i nobili o i più valorosi cavalieri; eseguivano rituali divinatori e sacrifici sanguinosi, insegnavano scienze cosmologiche e assegnavano incantesimi (mantra) ai loro discepoli.
    Erano anche molto abili nell’improvvisazione degli inni, maestria che si tramandò di padre in figlio fino al XVII secolo d.C., quando scomparve insieme a loro, a causa della persecuzione di Cromwell17.

    Un grado sacerdotale ancora più basso era rappresentato dai bardi che si dedicavano alla composizione dei poemi di guerra che cantavano accompagnati dal suono delle loro lire, vagando di castello in castello e da un villaggio all’altro.
    Sebbene non fossero qualificati per comporre poesie sapienziali, essi contribuirono a diffondere con le loro canzoni i poemi dei File. Svolsero altresì la funzione di genealogisti delle più importanti famiglie della loro regione, imparando a memoria e trasmettendo i nomi degli antenati dei cavalieri. Svolsero anche un importante ruolo nella preparazione delle battaglie, sia perché compivano l’estremo tentativo di riconciliazione tra i due contendenti, sia perché lanciavano maledizioni contro l’esercito avversario. Per questo motivo i bardi avevano una certa familiarità con i cavalieri.

    Questi erano i principali ordini in cui era suddivisa la casta sacerdotale celtica, sebbene da molti testi risultano ulteriori suddivisioni di druidi, file e bardi in numerose altre sottocategorie che si caratterizzavano per la loro funzione.
    I cavalieri costituivano la seconda casta per importanza; il più coraggioso e autorevole tra loro veniva riconosciuto come Re18 e gli altri, che erano anche proprietari terrieri, costituivano l’esercito che annoverava anche le loro donne.
    Si addestravano continuamente nell’uso delle armi e seguivano certi insegnamenti dei bardi che consentivano, durante la battaglia, di entrare in uno stato di furiosa alterazione che i Romani chiamavano in latino furor gallicus: spogliandosi e brandendo le loro armi, affrontavano il nemico in uno stato di trance terribile e furiosa. All’inizio le legioni di Roma erano intimorite da questi atti di folle audacia, dall’alta statura dei cavalieri celtici e dalla loro prestanza fisica. Ben presto però i Romani capirono che questi attacchi scoordinati che imitavano l’aggressività dell’orso potevano facilmente essere respinti dalla disciplina e dall’arte militare. L’orso era l’animale che rappresentava i cavalieri, il cinghiale quello della casta dei druidi19; così nella tradizione celtica si ritrovano due importanti simboli iperborei.
    Il cinghiale allude all’isola Vārāhī, la terra artica da cui si dice che i Druidi (Tuatha Dé Danann) siano arrivati, mentre l’orso rimanda all’Orsa Maggiore, la costellazione del polo settentrionale.
    A completamento della società celtica vi erano la casta degli uomini liberi, artigiani e commercianti e quella dei servi e dei contadini.

    Gaṇapati

    1. Storico greco (180-240 d. C.).[]
    2. Il termine gimnosofisti o ginnosofisti, deriva dal latino Gymnosophistae e, a sua volta, dal greco Gynmnosophistaί (Γυνμνοσοϕισταί), traducibile con “sapienti nudi” (sophistái gymnói). Secondo quanto si ricava dalle fonti storiche greche, erano gli indiani che conducevano vita ascetica e filosofica, ossia coloro che erano dediti allo Yoga; essi furono scoperti dall’esercito di Alessandro Magno quando si diresse in India durante la sua campagna militare che lo condusse ai confini del mondo conosciuto [N. d. T.].[]
    3. Come si può notare, Diogene Laerzio usò il nome della casta sacerdotale per definire l’intero popolo celtico.[]
    4. Storico e geografo greco (135-51 a.C.).[]
    5. San Clemente di Alessandria, teologo e filosofo greco (150-215 d.C.).[]
    6. L’interpretazione filologica comune, che pretende di tradurre questo termine con “la tribù della dea Dana”, è errata in quanto non vi è alcun riferimento ad alcuna divinità dell’intera mitologia celtica di quel nome.[]
    7. F. Le Roux e C.J. Guyonvarch, I Druidi, Genova, Ecig, 1990, p. 392. [La battaglia di Mag Tuired è il nome di due saghe del “Ciclo mitologico”, uno dei quattro cicli principali della mitologia irlandese, descriventi le battaglie combattute dal popolo divino dei Túatha Dé Danann per ottenere il controllo dell’Irlanda. Nonostante il nome in comune, la tradizione colloca il luogo fisico dei due scontri in diverse località dell’antico regno del Connacht: la prima battaglia si consumò presso Cong, nella contea di Mayo, al confine con la contea di Galway; la seconda si svolse a Lough Arrow, nella contea di Sligo. Delle due, è soprattutto la seconda saga quella più ricca di informazioni, costituendosi, di fatto, quale testo fondamentale per la conoscenza della mitologia celtico-irlandese. N. d. T.].[]
    8. Questo episodio ricorda quello dell’accecamento del ciclope Polifemo per mano di Ulisse, come narrato nell’Odissea. Inoltre, Polifemo era il figlio di Poseidone, il dio più importante di Atlantide.[]
    9. Gli Arimaspi erano un popolo leggendario di cui fa cenno anche Plinio il Vecchio, abitanti in un territorio posto a nord-est della Grecia. Avevano la particolarità di avere un unico occhio e per questo venivano chiamati anche uomini monocoli e assimilati ai ciclopi. Secondo Erodoto, che cita un poema sugli Arimaspi di Aristea di Proconneso, il loro territorio si trovava tra quelli degli Iperborei e degli Issedoni, probabilmente nel nord della Scizia e quindi tra i monti del Caucaso ed il Mar Nero. Sono spesso rappresentati mentre combattevano con i grifoni (guardiani delle miniere) per il possesso dell’oro (o del miele).[]
    10. M. Dillon, Early Irish Society, Dublin, The Three Candles, 1954.[]
    11. Una pianta parassita che cresce sugli alberi. Produce piccoli frutti bianchi con la polpa costituita da un liquido viscoso. Il vischio è citato anche da Virgilio (Eneide, VI, 136-141 e 201-209): prima di discendere nell’Ade (il mondo dell’Aldilà), Enea scelse un ramo di vischio da una quercia che conferisce il permesso d’entrare negli inferi e uscirne ovvero “risorgere”, allontanando i demoni e conseguendo l’immortalità. J. Brosse, Mitologia degli alberi, Milano, Rizzoli 1994 pag.88.[]
    12. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XVI, 249-251; Plinio fu un famoso naturalista e storico romano.[]
    13. Chi presta servizio al guru o a Dio.[]
    14. Giulio Cesare, De bello gallico, VI,14; tra il 58 e il 51 d.C., Cesare conquistò e soggiogò l’intera Gallia (l’odierna Francia).[]
    15. Purohita in India era il sacerdote di famiglia o cappellano domestico. Se ne intende l’importanza ove si pensi alla molteplicità delle osservanze e pratiche giornaliere, periodiche e di circostanza che costituiscono il corpo rituale attraverso cui si esprime il sentimento religioso [N. d. T.].[]
    16. File, plurale filid, poeta: nome irlandese del druida specializzato in pratiche magiche, divinatorie e in tutti i campi dell’attività intellettuale. Il file è etimologicamente un veggente e può accedere alla scrittura, contrariamente a quanto accade al bardo, il cantore di versi alla corte del re [N. d. T.].[]
    17. Oliver Cromwell (Huntingdon, 25 aprile 1599 – Londra, 3 settembre 1658) condottiero e dittatore protestante inglese. Dopo essere stato alla testa delle forze che abbatterono temporaneamente la monarchia inglese, instaurando la repubblica del Commonwealth of England, governò sull’Inghilterra, Scozia e Irlanda con il titolo di Lord Protettore, dal 16 dicembre 1653 fino alla morte, avvenuta probabilmente a causa di malaria. Dopo la sepoltura la sua salma fu riesumata e sottoposta al rituale dell’esecuzione postuma. Le imprese belliche di Cromwell lo hanno reso molto impopolare in Irlanda e Scozia, due nazioni prima indipendenti e che durante le guerre civili caddero a tutti gli effetti sotto il dominio inglese. In particolare, la brutale repressione delle forze realiste perpetrata da Cromwell in Irlanda nel 1649 ha lasciato un ricordo vivo ancora oggi nella memoria degli irlandesi. Fino a che punto volesse spingersi Cromwell nelle repressioni è argomento controverso. Non c’è dubbio che in generale considerasse gli irlandesi come nemici, tanto è vero che giustificò il saccheggio di Drogheda come ritorsione contro i massacri di protestanti avvenuti nell’Ulster nel 1641, spingendosi fino a definire il massacro come: “Il solenne giudizio divino contro questi vili barbari, che si sono macchiati le mani di sangue innocente”. Inoltre, si racconta di molte chiese cattoliche, come la cattedrale di Kilkenny, profanate e trasformate in stalle. Queste notizie che evidenziano attacchi diretti contro l’Autorità spirituale e il Potere temporale sembrano confermare la matrice antitradizionale dei piani di Cromwell [N. d. T.].[]
    18. In Gallia, tuttavia, al tempo della conquista di Cesare, la maggior parte dei regni celtici erano governati da oligarchie di cavalieri.[]
    19. Ritroveremo questa connessione più avanti quando tratteremo dell’influenza della tradizione celtica durante il Medioevo europeo. Infatti, nella saga medievale, Re Artù (gr. arktos, orso; sskrt. ṛkṣa) era un discepolo del suo purohita di corte, il druido Merlino, noto come “il cinghiale di Brocelandia”.[]

    20. Celtic Tradition

      Celtic Tradition

      With the name of Celts, we identify a group of tribes that, around 1000 BC, descended from the North and expanded into Scotland, England and Ireland and, from there, over a good part of continental Europe. The name of these similar populations comes from the name of the priestly caste that characterized them with their doctrines. Celt, as Chaldean and Culdean was therefore the name of all the categories of priests. The Greeks derived this term from the root kel (κελ) signifying “mysterious”, “occult”. Diogenes Laertius1 maintains that the highest doctrines, prior to the birth of Greek philosophy, were cultivated among the Indians (Gymnosophists, i.e. the Yogis), the Persians (Magi), the Assyrians (Chaldeans) and the Celts (Druids2). The correct name of these peoples was certainly expressed by the root gal, “the powerful”. The Romans and the Greeks were therefore right to call them Gauls and Galatians (γαλάται, read galàtai), as is also evidenced by the name of their last contemporary Spanish descendants, the Gallegos, and the name of the Celtic-Gaelic languages still living in the British Isles, the Gael peoples of Scotland, Ireland and Wales (Gaels), which the English, unable to pronounce their name correctly, have called “welsh” (the “foreigner”!).
      What is most striking about Celtic peoples is that their social composition was divided into castes, clearly very similar to the traditional social structure of India.
      It is certain, however, that Celtic tradition was the result of the merging of two different traditional currents. The first, which was represented by the warrior, mercantile and servile castes, as well as, by the lower orders of the priestly caste, that were certainly of Atlantean origin. This is evident for the violent tendency of its warriors, the bloody sacrifices of both animals and men, and for the attraction towards magic phenomena. The second current was instead represented by the Druids, the highest category of priests. There is no doubt that the Druids represented the current coming from the North, which Posidonius3 declared of Hyperborean origin and that Clement of Alexandria4 considered to be the source of wisdom from which Pythagoras had drawn his doctrine, perhaps thanks to the mediation of Abaris the Hyperborean.
      According to Irish tradition, the Northern druidic current was called Tuatha Dé Danann, the “Tribe of the divine knowers of the arts”5. The most important of the traditional texts of Ireland, “The Battle of Maige Tuired” (Cath Maige Tuired)6, describes the tribe: “The Tuatha Dé Danann lived in the islands in the North of the world studying druidism, knowledge, art and magic. They surpassed everyone in these arts. “The Battle of Maige Tuired came after the landing of the Tuatha Dé Danann on the shores of Ireland. There, they were faced by the ranks of the inhabitants of the islands, the Fomoires, described by all the chronicles as warrior-demons. Their leader was a one-eyed giant who was killed when a stone was casted to his eye7. At this point we would like to remind the reader of our previous article The gold age – the Hyperboreans, published in this same site: in the neighboring lands near Hyperborea, lived the Arimaspis, barbarians dedicated to metallurgy, who had only one eye and were enemies of the Hyperboreans. Now, the Cyclopean aspect also puts Fomoires in evident relation with Atlantis. Thus, the Battle of Maige Tuired represents the victory of the Tuatha Dé Danann over previous Celtic populations of Atlantean origin and sanctions the priestly supremacy of the Hyperborean Druids over the entire Celtic society. The diversity of the Druidic caste from the rest of society is so significant that pushed Prof. Myles Dillon of the Trinity College of Dublin8 to support the idea, based on ritual studies, traditions attributed to the Druids and on the comparison between Gaelic and Sanskrit terms, that the Druids were in fact brāhmaṇas from India!
      From Ireland the Druids expanded into the rest of the British Isles and into Armorica, the current French peninsula of Normandy. The Druids did not arrive in the rest of Celtic Europe. However, the minor priestly orders of the Celts faithfully represented them everywhere they went. Such was the prestige of the Druids that they were considered Deities in human form. The name of this priestly caste comes from the composition of two words, curiously identical to two Sanskrit roots: dhru, which means stable, and vid, to know. Hence, Druid means he who is “stable in knowledge”. These two terms were symbolized by the oak, symbol of stability, and by the mistletoe9, symbol of knowledge; the latter grows on the branches of oaks, but it is not produced by them, as knowledge is not produced by stability. “The Druids considered nothing more sacred than the mistletoe and the oak on which it grows.”10
      The Druids were divided into two subclasses: the first whose members lived in the depths of the forests devoting themselves to metaphysical research, welcoming disciples who would live with them to provide service (Sskr. seva). Little is known about their teaching, as this exercise was carried out strictly from mouth to ear. All ancient authors who speak of the Druids attest to the secrecy of their teachings. We only know that their doctrine concerned the immortality of the soul, its transmigration in other worlds and in multiple births, the way to escape this fate through knowledge and the periodic destruction of the manifested world through water or fire. This was enough for the Romans to recognize a similarity with the Pythagorean doctrine. The disciple of a Druid “must memorize a great number of verses”11. The teachings in verses, strictly oral, were a condensation of the doctrinal knowledge that was transmitted. However, the disciple was able to understand them only after having listened to their explanatory comments and the exegesis of the teacher.
      The second Druid subclass was composed of priests who lived near the villages. They devoted themselves to solemn public rituals. However, they did not make animal sacrifices, they dressed in white and were strictly vegetarian. Some of them lived at the court of a King (Rix) and performed a function similar to that of purohita.
      Below the Druids there was another priestly subclass that dated back to the period preceding the arrival of the “Nordic” current. These were called Files, seers (Sskr. rṣi). They were composers of sapiential poems, astrologers and judges. Generally, they lived at the courts of princes or the most important noble Knights. They performed divinatory rituals and bloody sacrifices, taught cosmological sciences and imparted enchantments (mantras) to their disciples. They were highly skilled at the improvisation of hymns, a mastery that survived from father to son until the seventeenth century AD, when it disappeared together with its masters due to the persecution of Cromwell.
      The lower priestly level was represented by the Bards. They dedicated themselves to the composition of war poems that went to sing at the sound of their lyres from castel to castle and from village to village. Although they were not able to compose sapiential poems, they spread the works of the Files with their songs. They performed the function of genealogists of the important families of their region, learning by heart and transmitting the genealogical tree of the ancestors of the Knights. They had an important role in the preparation of the battles, both for the extreme attempt of reconciliation between the two contenders, and for casting curses against the opponent army. For this reason, the Bards were very familiar with the Knights. These were the main subdivisions of the Celtic priesthood, although many texts further subdivided Druids, Files, and Bards into numerous and complex sub-hierarchies by their function.
      The Knights constituted the second caste in importance. The most courageous and authoritative among them was recognized as King12. The others were Land-lords and formed the army, which also included their women. They continuously practiced the use of weapons and, following certain teachings of the Bards, they were able to enter into a state of furious alteration during battle, which the Romans called in Latin furor gallicus. Stripping their clothes off and brandishing their weapons, they faced the enemy in a terrible and crazed state of trance. At first the Romans were frightened by these acts of insane audacity and the high stature and physical prowess of the Celtic Knights. However, soon the Romans understood that these uncoordinated attacks that mimicked the aggressiveness of the bear were easily repelled by discipline and military art.
      As the bear represented the Knights, the boar was the animal that represented the caste of the Druids13. Two Hyperborean symbols are found in Celtic tradition: the boar alludes to the island Vārāhī, the Arctic land from which the Druids (Tuatha Dé Danann) were said to come, whereas the bear alludes to Ursa Major, the constellation of the northern pole.
      Finally, the Celtic society was composed of the cast of free men, artisans and traders, and of the caste of servants and peasants.

      Gaṇapati

      1. Greek historian (180-240 AD).[]
      2. ] As we can see, Diogenes Laertius already used the name of the priestly caste to define the entire Celtic people.[]
      3. Greek historian and geographer (135-51 BC).[]
      4. Saint Clement of Alexandria, Greek theologian and philosopher (150-215 AD).[]
      5. The common philological interpretation that pretends to translate “the tribe of the goddess Dana” is incorrect as there is no reference to any Deity the entire Celtic mythology known by this name.
        []
      6. F. Le Roux & C.J. Guyonvarc’h, I Druidi, Genova, Ecig, 1990, p.392.[]
      7. This episode is reminiscent of that of the blinding of cyclops Polyphemus by the hand of Odysseus, as narrated in the Odyssey. Furthermore, Polyphemus was the son of Poseidon, the most important god of Atlantis.[]
      8. M. Dillon, Early Irish Society, Dublin, The Three Candles, 1954.[]
      9. A parasitic plant that grows on trees. It produces little white fruits with the pulp consisting of a viscous liquid. The mistletoe is also mentioned by Virgil (Aeneid, VI, vv. 136-141 and 201-209). Before descending into Hades (the Afterlife world), Aeneas picked a branch of mistletoe from an oak tree, which bestows the power to enter the underworld and get out of it and “rise again” driving away the demons and conferring immortality. J. Brosse, Mitologia degli alberi, Milano, Rizzoli 1994 pag.88.[]
      10. Pliny the Elder, Naturalis Historia, XVI. 249-251; Pliny was a celebrated Roman naturalist and historian.[]
      11. Julius Cesar, De bello gallico, VI 14; between 58 and 51 AD, Cesar conquered and subjugated the whole of Gaul (today’s France).[]
      12. In Gaul, however, at the time of Caesar’s conquest, most of the Celtic kingdoms were governed by oligarchies of Knights.[]
      13. We will find this connection later when we talk about Celtic tradition during the Middle Ages in Europe. In the medieval saga, in fact, King Arthur (arktos, bear; Sskr. ṛkṣa) was a disciple of his purohita of the court, the Druid Merlin, known as “the Boar of Brocéliande”.[]