4. Filosofia
Filosofia
Nella Grecia arcaica, chiunque non fosse soddisfatto dei risultati limitati della pratica essoterica, poteva rivolgersi a un santuario per ricercare l’iniziazione ai Misteri.
In quella sede il mistagogo preparava ritualmente l’aspirante all’iniziazione, prescrivendogli purificazioni, digiuni e altre ritualità preliminari. Dopo l’iniziazione che si svolgeva nell’arco di diversi giorni, il neofita riceveva il mantra della divinità a cui era stato consacrato. Dopo di ciò si procedeva alla sua istruzione dottrinale. Gli iniziati hanno mantenuto un rigoroso segreto per secoli, perciò poco si sa di questi insegnamenti. La dottrina era divisa in due tappe: la Fisica 1 cioè la cosmologia e Metafisica, il cui significato etimologico rimanda a ciò che sta “oltre la Fisica”2. Chi cresceva in conoscenza e virtù raggiungeva la saggezza, la sophìa (σοφία), diventando un sophòs (σοφός, in sskrt. un vidvas)3. Chi desiderava raggiungere la saggezza, ma non era ancora iniziato, era definito filosofo (φιλόσοφος, leggi philòsophos): in realtà la filosofia (Φιλοσοφία, leggi Philosophìa) significa amare, desiderare (φιλεῖν, leggi philèin) la saggezza (σοφία, leggi sophìa). Durante il VI secolo a.C. Pitagora si lamentava già del fatto che i veri saggi stavano scomparendo e che rimanevano solo i filosofi.
Questo grande sophos è stato il primo a definire i filosofi nel senso moderno del termine, vale a dire amanti della speculazione teorica, libresca e mentale. Nessuno voleva più subire le rinunce e le austerità necessarie per diventare un sophòs. Quindi filosofia assume il significato di teoria individualmente elaborata da un filosofo che esprime le sue idee personali, le sue ipotesi e le sue speculazioni come spiegazione della sua visione del mondo, dell’uomo e dei loro destini. Essendo le sue teorie solo pensieri individuali, ogni filosofo rifiuta invariabilmente le speculazioni dei suoi predecessori. Con la sola eccezione della scuola pitagorica, che conservò la sua paramparā (attraverso la trasmissione della scuola Neoplatonica) fino al V secolo d.C., le altre scuole filosofiche greco-romane s’erano ridotte a mere istituzioni accademiche, senza alcuna guruśiṣyaparamparā, dīkṣā, rituale ecc. Quindi è un errore dichiarare che i vidvas, i guru, i paṇḍita, i jñāni dell’induismo siano dei filosofi e le loro dottrine delle filosofie.
Devadatta Kīrtideva Aśvamitra
- Nel pensiero scientifico moderno la fisica è solo una parte della cosmologia. La responsabilità di questa limitazione ricade su Aristotele, che ridusse la dimensione fisica al solo mondo sub-lunare.[↩]
- Nei Misteri Eleusini c’erano due livelli di iniziazione: i “piccoli misteri” e i “Grandi Misteri”. Probabilmente agli albori della civiltà greca i “piccoli misteri” corrispondevano alla Fisica (karmakāṇḍa) e i “Grandi Misteri” alla metafisica (jñānakāṇḍa). Tuttavia, sulla base di documenti scritti, possiamo affermare che in epoca storica entrambi i livelli erano diventati solo ritualistici. Questo è un segnale della perdita delle dottrine più elevate nell’antica Grecia.[↩]
- Conoscitore, sapiente, saggio, depositario della vidyā o scienza tradizionale che nel Vedānta è sinonimo di conoscenza, jñāna [N.d.T.].[↩]