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Introduzione

    Introduzione

    Gururbrahmā, Gururviṣṇuḥu, Gururdevo Maheśvaraḥa,
    Guruhusākṣāt Param Brahma Tasmai, Śrigurave Namaḥa

    Gloria al Guru, i cui insegnamenti ci permettono di vedere la corda oltre l’apparenza del serpente; gloria al Guru che ci insegna a non identificarci col corpo, con la mente, con l’ego; gloria al Guru che ci aiuta a realizzare che siamo la Realtà Assoluta, non duale. Quello che stiamo per scrivere non potrebbe essere vero senza le precedenti istruzioni e l’approvazione del Guru. Gloria al Guru, al Paramguru 1 e al Guru Parameṣṭhi 2, fonti inesauribili di conoscenza infallibile.

    Tre maestri di Vedānta śaṃkariano, in occasioni diverse e in diverse località indiane, ci avevano chiesto di scrivere una serie di articoli sulle tradizioni che si erano succedute in Occidente. Soprattutto desideravano che spiegassimo loro le ragioni per le quali, allontanandosi da ogni attitudine tradizionale, da diversi secoli l’Occidente fosse diventato tanto aggressivo nei confronti delle civiltà altrui. Lo scopo dell’aggressività militare di conquista e di quella economica di sfruttamento era loro sufficientemente chiaro, essendo motivato da ragioni di rozza cupidigia.
    Quello che riusciva incomprensibile alle autorità iniziatiche dell’induismo era il movente dell’attività missionaria, specialmente di quella delle differenti confessioni cristiane. Infatti, l’analogo proselitismo islamico era per loro già noto e più facilmente spiegabile, giacché l’India ha subito tale virulenza per il lungo periodo di tredici secoli. In India il missionarismo dei musulmani ha lo scopo dichiarato di forzare alla conversione quelli che essi considerano “idolatri”, pena la vita. Nella sua brutalità il proselitismo islamico è perlomeno sfrontatamente chiaro nei mezzi e negli scopi. Quelle che invece rimangono inspiegabili sono le motivazioni, la prassi propagandistica e le finalità dei missionari cristiani3. Apparentemente le motivazioni sono dettate dal desiderio di portare la “lieta novella” alle sfortunate popolazioni che non sono state beneficate della rivelazione cristica e vivono quindi allo stato “naturale”, prive di ogni contatto con il divino. Sebbene esse appaiano basate su una sconcertante dabbenaggine, sono tuttavia contraddette dai fini che sono pervicacemente perseguiti.
    I fini della propaganda cristiana si riducono, infatti, alla divulgazione della superiorità materiale e tecnologica della civiltà atea proveniente dall’Occidente, che i missionari validamente rappresentano, e la sistematica demolizione della tradizione.
    Gli strumenti, poi, utilizzati per una simile disseminazione di concezioni profane, peggiorano il quadro generale dell’attività missionaria: il convincimento ingannevole, la menzogna sistematica, il ricatto filantropico, la proteiforme mimesi.

    L’altro punto che gli Svāmī ci avevano dichiarato per loro incomprensibile era l’attiva collaborazione tra l’attività missionaria e la penetrazione del comunismo tra gli indigeni. Seguendo ogni logica, organizzazioni religiose cristiane e partiti di varia ispirazione marxista sarebbero dovuti stare su fronti opposti. Invece la collaborazione appariva stretta e cordiale, al punto tale che in quelle isole dell’India in cui dilagavano le conversioni, al potere arrivavano immancabilmente i partiti comunisti.
    Evidentemente nella civiltà occidentale c’era qualcosa che sfuggiva loro, un tumore nascosto dietro un’apparenza florida, che però da lì si estendeva come una metastasi a contaminare i corpi delle tradizioni altrui. Nei futuri sviluppi della serie From Cosmos to Chaos tratteremo del missionarismo e di questi argomenti connessi quando saremo arrivati all’epoca moderna e contemporanea.

    Infine, lamentavano di non conoscere nulla di reale sulla situazione delle tradizioni in Occidente.
    Qualche informazione elementare sull’antica Grecia e su Roma era arrivata anche a loro, nonostante che si fossero formati al sapere tradizionale sanscrito nell’āśrama e nel gurukula. Avevano colto che in quelle antiche civiltà c’era una mitologia, dei rituali sacrificali, un sacerdozio per nascita, dei sovrani consacrati, tutte cose che riecheggiavano una somiglianza con la tradizione vedica. E si stupivano, rammaricati, che non esistessero più in alcun angolo dell’Occidente adoratori degli antichi Dei. Perché quello sradicamento drastico delle tradizioni ancestrali?
    Uno dei tre guru, particolarmente incuriosito, aveva cercato di saperne di più ed era venuto a conoscenza di Dante ed Eckhart, e aveva riconosciuto in essi le tracce di un sapere metafisico, non lontano dal Vedānta. Tuttavia, erano consapevoli che le fonti a cui avevano accesso non erano affidabili: in gran parte le pubblicazioni che circolano ancora in India sull’antichità classica o sul medioevo cristiano sono quelle dell’epoca coloniale, che magnificano soprattutto i “progressi” dell’Occidente e dell’“impero” britannico in particolare. In quei libri è ancora centrale la presenza della superiorità razziale bianca, anglosassone, liberal e protestante secondo l’evoluzionismo ottocentesco, che non lascia molto spazio alle civiltà latine e greche. Tutt’al più vi si trova qualche richiamo alla democrazia ateniese e al diritto romano, in gran parte filtrato attraverso una retorica romantica. Per sfogliare testi più accademici (vale a dire più ricchi di dati, il che non vuol dire che siano più affidabili) si deve attingere dalle biblioteche universitarie o pubbliche, dove si deve esibire un degree, meglio se un PhD, per accedere alla consultazione. Quindi sono inarrivabili per chi ha studiato con un paṇḍita, un guru o un ācārya. Le altre pubblicazioni indiane sull’Occidente sono prodotte da ambienti e case editrici vivekānandiane, aurobindiane, teosofiste o gandhiane, di nessuno spessore dottrinale, ma grondanti di amore olistico, parità tra le religioni, pace universale.
    Le altre fonti d’informazione sono quelle missionarie e quelle marxiste.
    Tutti e tre questi maestri, che neppure si sono mai conosciuti tra loro personalmente, si sono rivolti a noi perché scrivessimo una serie di articoli al fine di avere una panoramica abbastanza esaustiva delle antiche tradizioni occidentali, dei miti, dei sacrifici, delle dottrine cosmologiche e metafisiche, esteriori e iniziatiche. Ci chiesero di specificare quali particolari sono simili o addirittura identici a quelli dell’India, e quali sono le differenze di fondo. E ancora: che spiegassimo l’avvento del monoteismo e la soppressione delle religioni e dei misteri olimpici; di chiarire quale fosse la collocazione del cristianesimo nell’ottica delle tradizioni orientali. Ma soprattutto volevano essere messi a conoscenza delle ragioni che hanno fatto deviare l’Occidente dalla sua marcia tradizionale fino a diventare una vera anomalia, un pericolo concreto per l’esistenza delle altre tradizioni con il suo dilagare sull’intero orbe terracqueo.

    Non abbiamo potuto soddisfare alla prima richiesta4: erano quelli i tempi in cui il computer era un oggetto dei film di fantascienza né avevamo alcuna casa editrice disponibile a sorreggere quello sforzo.

    Il secondo incitamento proveniva invece da un Pīṭha prestigioso che raccoglieva molti saṃnyāsin e brahmacārin. L’unica difficoltà pratica consisteva nel fatto che lo Svāmījī desiderava che si pubblicassero gli articoli in lingua hindī; godevamo però di un certo numero di persone disposte a collaborare, perciò la difficoltà poteva essere superata. In questo caso fu proprio l’elemento umano che venne a mancare. Impegni di vita ordinaria fecero sfumare le collaborazioni, rendendo tutto più difficile.

    Così allo stimolo del terzo guru si decise di rompere gli indugi e di pubblicare una serie d’articoli in inglese su questo sito, dal titolo indicativo di From Cosmos to Chaos. I collaboratori, questa volta, furono presi d’entusiasmo e nel breve periodo di un anno e mezzo sono usciti i trentatré capitoli . Dopo alcuni lavori iniziali in cui si mette sull’avviso il lettore delle differenze principali tra le tradizioni europee e il Sanātana Dharma, si è iniziato a delineare la storia della Tradizione Primordiale dalle sue prime tracce nella letteratura greca, fino a coprire lo sviluppo delle tradizioni misteriche, le origini dei monoteismi, con particolare attenzione alla nascita del cristianesimo, all’insediamento di Carlo Magno a Sacro Romano Imperatore.

    Come si evince facilmente da quanto precede, l’impostazione didascalica prescelta è stata studiata per una facile lettura da parte delle autorità iniziatiche hindū e di tutti quelli che, come loro, avendo abbracciato una via di rinuncia fin dall’adolescenza, desiderano avere a disposizione, immediatamente, dati tradizionali evidenti, indipendentemente dai pedanti riferimenti richiesti dagli studi accademici. Inoltre, il punto di vista volutamente assunto è di carattere iniziatico. Per questo motivo non ci preoccupiamo affatto di eventuali critici eruditi per il metodo “poco scientifico” che abbiamo adottato né ci prenderemo cura delle obiezioni provenienti da dogmatici seguaci degli essoterismi monoteistici.

    Nel corso delle pubblicazioni periodiche dei nostri articoli abbiamo ricevuto un crescente numero di messaggi che ci richiedevano la pubblicazione dei testi anche in italiano. In modo particolare questa richiesta è aumentata da quando abbiamo cominciato a descrivere la tradizione di Roma e la nascita del cristianesimo. Da quel momento abbiamo tradotto in italiano gli articoli, ripromettendoci di pubblicare in italiano anche i lavori pregressi. Tuttavia, finora, l’impegno per l’aggiornamento costante del sito è stato d’ostacolo a questa buona intenzione. Fortunatamente l’Editore di Ekatos è venuto a sollevarci da queste ambasce.

    Concludendo, vogliamo esprimere tutta la nostra gratitudine all’Editore che, dopo la pubblicazione in inglese di From Cosmos to Chaos, ha voluto, per puro spirito tradizionale, rendere l’apprezzatissimo servigio di far apparire in cartaceo anche Ab Ordine Chaos.

    Gian Giuseppe Filippi

    1. Il maestro del guru, il penultimo nella catena iniziatica (paramparā) [N.d.T.].[]
    2. Il maestro del paramaguru [N.d.T.].[]
    3. Per la precisione si tratta della Chiesa cattolica e delle innumerevoli sette riformate che da essa hanno avuto origine. Ciò esclude le Chiese orientali che, sebbene aperte a un proselitismo di insegnamento cristico, ignorano del tutto l’aberrazione missionaria. Nel testo che introduciamo è spiegata in dettaglio la differenza tra proselitismo e missionarismo.[]
    4. Pochi anni dopo Tadātmānanda Sarasvatī Svāmījī lasciò il corpo, e questo fece cadere definitivamente quella richiesta.[]

    Introduction

      Introduction

      Gururbrahmā, Gururviṣṇuḥu, Gururdevo Maheśvaraḥa,
      Guruhusākṣāt Param Brahma Tasmai, Śrigurave Namaḥa

      Glory to the Guru, whose teachings allow us to see the rope beyond the snake appearance; glory to the Guru who teaches us how to distinguish ourselves from the body, the mind, the ego; glory to the Guru who helps us to realize that we are the Absolute Non-dual Reality. What we are about to write could not be true without the previous instruction and approval of the Guru. Glory to the Guru, to the Paramguru1 and to the Parameṣṭhi Guru2, inexhaustible sources of unfailing knowledge.

      Three gurus of śaṃkarian Vedānta, on different occasions and in different locations in India, had asked us to write a series of articles on the traditions that had succeeded one another in the West. Above all, they wished us to explain to them the reasons why, by departing from all traditional attitudes, the West had become so aggressive towards the civilizations of others for several centuries. The purpose of military aggression of conquest and economic aggression of exploitation was sufficiently clear to them, being motivated by reasons of crude greed. What was incomprehensible to the initiatic authorities of Hinduism was the motive of missionary activity, especially that of the different Christian denominations. In fact, the similar Islamic proselytism was already known to them and more easily explained, since India had suffered such virulence for the long period of thirteen centuries. In India, Muslim missionaryism has the declared purpose of forcing those whom they consider “idolaters” to convert on pain of death. In its brutality, Islamic proselytism is at least brazenly clear in its means and aims. What instead remain unexplained are the motivations, the propaganda practice and the aims of the Christian missionaries3. Apparently the motivations are dictated by the desire to bring the “glad tidings” to the unfortunate populations that have not been benefited by the Christic revelation and therefore live in the “natural” state, deprived of any contact with the divine. Although they appear to be based on a disconcerting gullibility, they are nonetheless contradicted by the ends that are stubbornly pursued. The aims of Christian propaganda are reduced, in fact, to the divulgation of the material and technological superiority of the atheistic civilization coming from the West, which the missionaries validly represent, and the systematic demolition of tradition. The instruments, then, used for such a dissemination of profane conceptions, worsen the general picture of missionary activity: the deceptive conviction, the systematic lie, the philanthropic blackmail, the protean mimesis. The other point that the Svāmīs had declared incomprehensible to them was the active collaboration between missionary activity and the penetration of communism among the natives. Following all logic, Christian religious organizations and parties of various Marxist inspiration should have been on opposite sides. Instead, the collaboration seemed close and cordial, to the point that in those islands of India where conversions were rampant, communist parties invariably came to power. Evidently in the western civilization there was something that escaped them, a tumor hidden behind a flourishing appearance, which however spread from there like a metastasis to contaminate the bodies of other people’s traditions. In future developments of the From Cosmos to Chaos series we will deal with missionaryism and these related topics when we get to the modern and contemporary era. Lastly, they complained that they knew nothing real about the situation of traditions in the West. Some elementary information about ancient Greece and Rome had come to them as well, despite the fact that they had been trained in traditional Sanskrit knowledge in āśrama and gurukula. They had grasped that in those ancient civilizations there was a mythology, sacrificial rituals, a priesthood by birth, consecrated rulers, all of which echoed a similarity to the Vedic tradition. And they were surprised, regretful, that there were no longer worshippers of the ancient gods in any corner of the West. Why the drastic uprooting of ancestral traditions? One of the three gurus, particularly intrigued, had tried to learn more and had come to know Dante and Eckhart, and had recognized in them the traces of a metaphysical knowledge, not far from the Vedānta. However, they were aware that the sources they had access to were not reliable: most of the publications still circulating in India about classical antiquity or the Christian Middle Ages are those of the colonial era, which mainly magnify the “progress” of the West and the British “empire” in particular. In those books the presence of white, Anglo-Saxon, liberal and Protestant racial superiority according to nineteenth-century evolutionism is still central, leaving little room for Latin and Greek civilizations. At most, there is some reference to Athenian democracy and Roman law, largely filtered through romantic rhetoric. To browse more academic texts (i.e. richer in data, which does not mean that they are more reliable) one must draw from university or public libraries, where one must show a degree, better if a PhD, to access the consultation. So they are unobtainable for those who have studied with a paṇḍita, guru, or ācārya. The other Indian publications on the West are produced by vivekānandian, aurobindian, theosophist or Gandhian circles and publishing houses, of no doctrinal depth, but dripping with holistic love, equality between religions, universal peace. The other sources of information are missionary and Marxist. All three of these masters, who have never met each other personally, asked us to write a series of articles in order to have a fairly comprehensive overview of the ancient Western traditions, myths, sacrifices, cosmological and metaphysical doctrines, external and initiatory. They asked us to specify which details are similar or even identical to those of India, and which are the basic differences. And again: that we explain the advent of monotheism and the suppression of the Olympic religions and mysteries; to clarify what was the place of Christianity in the view of the Oriental traditions. But above all, they wanted to be made aware of the reasons that have made the West deviate from its traditional march to the point of becoming a true anomaly, a concrete danger for the existence of other traditions with its spread over the entire globe. We could not satisfy the first request4: those were the days when the computer was an object of science fiction movies, nor did we have any publishing house available to support that effort. The second incitament, on the other hand, came from a prestigious Pīṭha that gathered many saṃnyāsin and brahmacārin. The only practical difficulty was that the Svāmījī wanted us to publish the articles in the Hindī language; however, we had a number of people willing to cooperate, so the difficulty could have been overcome. In this case the human element became lacking. Commitments of ordinary life made collaborations fade, making everything more difficult. So at the stimulus of the third guru it was decided to break the delay and publish a series of articles in English on this site, with the indicative title of From Cosmos to Chaos. The contributors, this time, were taken with enthusiasm and in the short period of a year and a half the thirty-three chapters were published. After some initial work, warning the reader of the main differences between the European traditions and the Sanātana Dharma, these began to outline the history of the Primordial Tradition from its earliest traces in Greek literature, to cover the development of the mystery traditions, the origins of monotheisms, with particular attention to the birth of Christianity, to the establishment of Charlemagne as Holy Roman Emperor. As can be easily seen from the above, the didactic setting chosen was designed for easy reading by the Hindū initiatic authorities and all those who, like them, having embraced a path of renunciation since adolescence, wish to have at their disposal, immediately, clear traditional data, regardless of the pedantic references required by academic studies. Moreover, the point of view deliberately assumed is one of an initiatic nature. For this reason, we do not worry at all about any erudite critics for the “unscientific” method we have adopted, nor will we take care of objections coming from dogmatic followers of monotheistic essoterisms.

      Gian Giuseppe Filippi

      1. The master of the guru, the penultimate in the initiatory chain (paramparā) [Editor’s note].[]
      2. The master of the paramaguru [Editor’s note].[]
      3. To be precise, the Catholic Church and the countless Reformed sects that originated from it. This excludes the Eastern Churches which, although open to proselytizing Christic teachings, ignore missionary aberration altogether.[]
      4. A few years later Tadātmānanda Sarasvatī Svāmījī left the body, and this finally dropped that demand.[]