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La Bhāvana Upaniṣad

Testo e Commento

10. Gli elementi terra, acqua, fuoco, aria ed etere (ākāśa); gli organi di senso, orecchi, pelle, occhi, lingua, naso; gli organi di azione, parola, piedi, mani, ano e genitali; e le modificazioni della mente, tutti insieme costituiscono le sedici potenze corrispondenti alle sedici nityā che iniziano da Kāmākarśiṇī.

Il secondo recinto: il perfezionamento di tutti i desideri (Sarvāśā paripūraka). Il secondo circuito, chiamato ‘che esaudisce di tutti i desideri’ è all’interno del primo, quello squadrato. Tra i due recinti si trovano spesso tre cerchi concentrici (trivṛtta), che però non sono inclusi nella presente trattazione. I tre cerchi simboleggiano i tre obiettivi della vita: la virtù (dharma), la ricchezza (artha) e il piacere (kāma). Quando la meditazione è concentrata su questi tre cerchi, come accade nella tradizione Dakṣiṇāmūrti, quello esterno rappresenta le ventinove mātṛkā che iniziano con Kālarātrī, il cerchio mediano le sedici mātṛkā che incominciano con Amṛtā, e l’ultimo, il più interno, le sedici divine nityā a partire da Kāmeśvarī.

È significativo che il secondo recinto sia un cerchio con sedici lembi che si spingono verso l’esterno. Tecnicamente è disegnato come un loto con sedici petali (ṣodaśadala padma). Nei sedici petali sono inserite le sedici vocali dell’alfabeto sanscrito a simboleggiare le sedici kalā, o fasi lunari, chiamate anche nityā. Le nityā canoniche, anch’esse in numero di sedici, sono Kāmeśvarī, Bhagamālinī, ecc. Ma le nityā-kalā di questo recinto sono chiamate in modo diverso. Esse sono:

1. Kāmākarṣiṇī 1;
2. Buddhyākarṣiṇī 2;
3. Ahaṃkārākarṣiṇī 3;
4. Śabdākarṣiṇī 4;
5. Śparśākarṣiṇī 5;
6. Rūpākarṣiṇī 6;
7. Rasākarṣiṇī 7;
8. Gandhākarṣiṇī 8;

9. Cittākarṣiṇī 9;
10. Dhairyākarṣiṇī 10;
11. Smṛtyākarṣiṇī 11;
12. Nāmākarṣiṇī 12;
13. Bījākarṣiṇī 13;
14. Ātmākarṣiṇī 14;
15. Amṛtākarṣiṇī 15;
16. Śarīrākarṣiṇī 16

Tantrarāja Tantra, 4.72-77.


Il testo parla di sedici fattori dell’esistenza individuale identificati con le nityā-kalā già nominate: i cinque elementi, i cinque organi di senso e i cinque organi d’azione, più tutte le modificazioni della mente come sedicesimo fattore. Il testo espone questa nozione rifacendosi all’enigmatica affermazione del Tantrarāja Tantra (35.8):

Le nityā-kalā diventano anche i bhūta, gli indriya e le modificazioni mentali”.

La parola kalā significa un aspetto, una fase, un’unità. In consonanza con il Nityā Ṣoḍāśkārṇava, si riferisce alle vibrazioni dell’unica forza vitale (spanda prāṇaḥ), che si esprimono sotto forma delle cinque correnti prāṇiche e delle undici funzioni degli indriya. Le cinque correnti vitali (prāṇa, apāna, vyāna, udāna e samāna) sono qui sostituite dai cinque elementi, che nell’individuo formano gli organi corrispondenti agli indriya. Ben si sa che nelle dottrine dell’India la messa in funzione degli indriya è attribuita ai prāṇa. Quindi la mente, le dieci facoltà di senso e di azione e i cinque elementi rappresentano le sedici collocazioni delle vibrazioni della medesima forza vitale17.

Queste attribuzioni sono modelli eterni e per questa ragione sono chiamate nityā. La parola kalā è il nome di ognuna delle sedici divinità; e per tradizione sono precedute dall’espressione nityā, come afferma Bhāskararāya. Durante il nyāsa, a ognuna di esse ci si rivolge come nityā-kalā. A volte, alla fine è aggiunta anche la parola devī.

Le sedici divinità sono associate alle sedici vocali: a con Kāmākarṣiṇī, ā con Buddhyākarṣiṇī e così via. Le vocali sono inscritte nei petali muovendosi in senso antiorario, perciò le sedici vocali rappresentano le sedici nityā, che corrispondono alle kalā lunari.

Le sedici kalā e le sedici nityā sono, dunque, associate come segue:

  1. Kāmākarṣiṇī-Kāmeśvarī;
  2. Buddhyākarṣiṇī-Bhagamālinī;
  3. Ahamkārākarṣiṇī-Nityaklinnā;
  4. Śabdākarṣiṇī-Bheruṇḍā;
  5. Sparśākarṣiṇī-Vahnivāsinī;
  6. Rūpākarṣiṇī-Mahāvajreśvarī;
  7. Rasākarṣiṇī-Śivadūti;
  8. GandhākarṣiṇīTvaritā;
  1. Cittākarṣiṇī-Kulasundarī;
  2. Dhairyākarṣiṇī-Nityā;
  3. Smṛtyākarṣiṇī-Nīlapatakā;
  4. Nāmākarṣiṇī-Vijayā;
  5. Bījākarṣiṇī-Sarvanaṅgalā;
  6. Ātmākarṣiṇī-Jvālāmālinī;
  7. Amṛtākarṣiṇī-Citrā;
  8. Śarīrākarṣiṇī-Mahānityā.

Questo circolo è considerato come l’autoprotezione del sādhaka (ātmarakṣā). I desideri (āśā) nascono dalla scontentezza e sono esauditi solo quando la scontentezza è eliminata. L’infelicità può essere rimossa alla fine solo quando l’iniziato identifica se stesso con Śiva trascendente, che è sempre completo e felice. I differenti elementi menzionati prima come kalā sono espressioni della potenza di volizione (vimarśā) di Śiva puramente luminoso (prakāśa). Le volizioni normalmente si riversano nel mondo dei nomi e delle forme, ma all’interno dello Śrī Cakra esse sono attratte verso la sorgente centrale della volizione stessa. Questo è il motivo per cui l’espressione ākarṣaṇa, attrazione, è usata in riferimento ad ognuna delle sedici volizioni.

11. Parola, prensione, locomozione, evacuazione, piacere, repulsione, attenzione e distacco sono le otto modalità della mente, che corrispondono ad Anaṅgakusumā17, ecc.

Il terzo recinto: il rimescolatore di tutto (Sarva saṃkṣobhaṇa). Il terzo circolo, chiamato ‘l’agitatore di tutto’ ha la forma di un loto di otto petali (aṣṭadala padma), localizzato all’interno del loto di sedici petali, cioè del secondo circolo. I petali rappresentano le otto divinità che producono gli stimoli erotici a livello psichico, quindi indipendentemente dal corpo grosso (anaṅga), e distinti per diverse funzioni di attrazione (ākarṣaṇa). È necessario ricordare che la tradizione di Śrī Vidyā presenta molte caratteristiche comuni al culto del dio dell’eros, Manmatha o Kāma. Ritorneremo più avanti su questo punto. Tuttavia lo si menziona qui perché le divinità di questo recinto sono tutte differenti forme di Kāmadeva.

Negli otto petali del loto sono inscritti otto gruppi di consonanti e ogni gruppo è associato ad un aspetto del dio Kāma.

  1. Anaṅga kusuma (il fiore dell’eros), è un gruppo di cinque consonanti che iniziano con ka, sul petalo che sta di fronte, a est;
  2. Anaṅga mekhalā (la cintura dell’eros), le cinque consonanti che iniziano con ca, sul petalo a sud;
  3. Anaṅga madanā (l’intossicazione dell’eros), le cinque consonanti che iniziano con ṭa, sul petalo a ovest;
  4. Anaṅga madanāturā (l’urgenza dell’intossicazione dell’eros), le cinque consonanti che iniziano con ta sul petalo a nord;
  5. Anaṅga rekhā (la pienezza dell’eros), le cinque consonanti inizianti con pa, sul petalo a sud-est;
  6. Anaṅga veginī (il bisogno dell’eros), le quattro consonanti che iniziano con ya, sul petalo a sud-ovest;
  7. Anaṅga aṅkuśā (il pungolo dell’eros), le quattro lettere che iniziano con śa, sul petalo a nord-ovest;
  8. Anaṅga mālinī (la ghirlanda dell’eros), le due lettere la e kṣa sul petalo a nord-est.

Il simbolismo di questo recinto è stato fissato brevemente nel Tantarāja Tantra (35.8) come segue:

Gli oggetti delle cinque facoltà di azione assieme ai tre doṣa sono conosciuti come le otto potenze”.

Il testo upaniṣadico descrive nei dettagli le potenze degli organi di azione, ossia la parola, in quanto prodotto dalla bocca, della prensione, in quanto facoltà delle mani, della deambulazione come potere dei piedi, dell’evacuazione come prodotto dell’ano e della generazione quale potenza dei genitali. Gli organi grossolani d’azione erano già stati inclusi nei sedici petali di loto del secondo recinto. Ma qui, nel terzo recinto, sono presenti come facoltà mentali (buddhayah).

A tale gruppo di cinque sono aggiunte altre tre funzioni della mente: rifiuto, repulsione o ritrazione; attrazione, attenzione o tendenza all’avvicinamento; infine indifferenza o distacco. Il commentatore spiega che con doṣa sono indicati i tre noti costituenti corporei che portano le malattie, vāta (l’aria), ecc.18. A questo proposito egli cita l’autorità del ventisettesimo capitolo (paṭala) dello stesso Tantra. La normale interpretazione è che qui con ‘vāta, ecc.’ egli voglia intendere tutti e tre, vāta, pitta e kapha, anche se il paṭala che cita tratta di diverse forme di vāta come correnti vitali o prāṇa, ma non parla di pitta e kapha.

I tre fattori aggiunti ricordati nel testo upaniṣadico, rifiuto (hāna), accettazione (upādāna) e indifferenza (upekṣā), sono, senza dubbio, modificazioni mentali (buddhayah) e perciò indipendenti dalle azioni di sensazione o di volizione verso il mondo esterno. È interessante anche rilevare che il Nityā Ṣoḍaśikārṇava spiega l’ottuplice natura del terzo recinto come fosse composto da otto nature diverse (prakṛtyaṣṭaka). Gli otto aspetti della natura sono i cinque tanmātra, vale a dire i principi sottili degli elementi grossi, l’ego (ahaṃkāra), la coscienza individualizzata (mahan) e la natura primordiale (prakṛti). È curioso che Bhāskararāya, che ha commentato anche questo testo, non faccia rilevare la differenza d’interpretazione.

Nella premessa (Dīpikā) allo Yoginīhṛdaya (1.81) è spiegato il significato del terzo recinto come segue: il termine Sarva saṃkṣobha significa ritrazione (saṃhāra) dei tattva della realtà grossa a partire dall’elemento terra fino al principio di pura coscienza (śiva), in modo tale che, alla fine, il mondo della molteplicità è dissolto. L’ultima modalità mentale menzionata nel testo upaniṣadico è il distacco (upekṣā), la stabilità in perfetta pace, che è stata ben spiegata come guida luminosa equidistante dalle due tendenze di attrazione e repulsione.

12. Alaṃbuṣā, kuhū, viśvodarā, vāraṇā, hastijihvā, yaśovatī, payasvinī, gāndhārī, pūṣā, śaṃkhinī, sarasvatī, iḍā, piṅgalā e suṣumṇā sono le quattordici nāḍī della forza vitale nel corpo, che corrispondono ai quattordici poteri, Sarva saṃkṣobhiṇī, ecc.

Il quarto recinto: il procuratore di benessere (Sarva saubhāgya dāyaka). Il quarto recinto detto ‘il fornitore di ogni prosperità’ ha la forma di una figura complessa avente quattordici triangoli, i quali costituiscono una figura con quattordici angoli (da ora chiamati caturdaśāra). I quattordici angoli rappresentano le quattordici potenze della Devī che iniziano con Sarva saṃkṣobhiṇī, ‘colei che mette tutto in azione’, nell’angolo ad est; le altre sono poste negli altri angoli in ordine antiorario. Queste potenze presiedono i quattordici principali canali del corpo. I quattordici triangoli della figura hanno inscritte le quattordici consonanti cominciando con ka e finendo con dha.

Cosa siano i canali nel corpo è già stato spiegato. La ventisettesima sezione del Tantrarāja Tantra tratta con minuzia le caratteristiche delle correnti vitali (prāṇa) circolanti nel corpo collocandole nelle varie parti dello Śrī Cakra. Il vento, che soffia dal mūlādhāra, dal cakra posto alla base della colonna vertebrale, è la stessa forza vitale (prāṇa). Poiché il corpo è composto da tutti i cinque elementi grossi (terra, acqua, fuoco, aria19 e ākāśa), e poiché ogni elemento possiede un ruolo dominante in una specifica parte del corpo, la forza vitale assume cinque forme principali. La nostra attività di respirazione (śvasana) è influenzata dai cinque elementi presenti nel corpo; e, parimenti, ciascuno dei cinque elementi è influenzato dal prāṇa mentre respiriamo. Di norma ognuno di noi respira 360 volte in un periodo chiamato nāḍikā (uguale a circa ventiquattro minuti). Una giornata (dina) comprende sessanta di queste nāḍikā. Dunque, in un giorno di 24 ore, noi respiriamo intorno alle 21.600 volte. L’insieme di tutti i respiri è la Devī stessa. Ciò è detto nāḍi cakra, ossia la circolazione dei suoi venti dentro al corpo. La distribuzione dei respiri tra i centri del corpo è data come segue:

  1. mūlādhāra 600 respiri, per un totale di quaranta minuti;
  2. svādhiṣṭhāna 6000 pause, della durata di sei ore e quaranta minuti;
  3. maṇipūra 6000 respiri, che occupano sei ore e quaranta minuti;
  4. anāhata 6000 respiri, per sei ore e quaranta minuti;
  5. viśuddha 1000 respiri, che durano un’ora, sei minuti e quaranta secondi;
  6. ājñā 1000 respiri, di un’ora, sei minuti e quaranta secondi;
  7. sahasrāra 100 respiri, nel corso di un’ora, sei minuti e quaranta secondi, per un totale complessivo di 21.600 respiri in ventiquattro ore.

L’ombelico è il punto centrale di distribuzione per tutta la respirazione e la forza vitale, muovendosi tra i canali, è ciò che rende possibile la pervasione della coscienza in tutto il corpo. Di norma il respiro si alterna tra il canale che raggiunge la narice sinistra, iḍā, che rappresenta il principio lunare nel corpo, e il canale che raggiunge la narice destra, piṅgalā, che rappresenta il principio solare. Il primo raffredda e il secondo riscalda il corpo, e, alternandosi tra di loro, tutti i processi dell’aggregato corporeo e del sistema respiratorio vengono armonizzati. I due canali incrociano il mūladhāra, vicino a kuṇḍalinī, che è la sorgente dell’energia corporea (vāyu), della forza vitale (bindu) e della potenzialità dell’espressione verbale (nāda, suono). Il canale centrale che ha iḍā alla sua sinistra e piṇgalā alla sua destra, che si avvolgono intorno ad esso a spirale, è chiamato suṣumṇā (o avadhūtikā, vibrante) e corrisponde al principio del fuoco. Questa è la nāḍī attraverso cui la kuṇḍalinī può ascendere fino al loto dai mille petali sulla sommità della testa. Kuṇḍalinī è immaginata come un serpente avvolto in tre spire e mezzo, addormentato all’apertura di suṣumṇā. È la Devī che dimora nel corpo sottile di ogni individuo.

Attorno al canale centrale c’è un reticolo di 72.000 canali, dei quali i più importanti sono quattordici, che abbiamo menzionato più sopra, corrispondenti alle quattordici potenze collocate nel quarto recinto dello Śrī Cakra.

  1. Alaṃbuṣā corrisponde alla lettera ka e a Sarva saṃkṣobhiṇī, ‘che agita tutto’, ed è il canale che parte dalla base di quello centrale e raggiunge l’ano (pāyu);
  2. Il canale chiamato Kuhū parte da entrambi i lati del canale centrale, raggiunge i genitali (dhvaja) e corrisponde alla lettera kha e a Sarva vidrāviṇī (l’inseguitore di tutti);
  3. Il canale Viśvodarā è nello stomaco (jaṭhara), ma gli gira intorno e corrisponde alla lettera ga e a Sarvākarṣiṇī (che attrae tutto);
  4. Vāraṇā (a volte chiamato Varuṇā) si sviluppa in alto e in basso dalla stessa zona, è identificato alla lettera gha e a Sarvāhlādinī (che rallegra tutto);
  5. Hastijihvā inizia dal lato esterno di iḍā, arriva alla punta del piede sinistro, ed è la lettera na e Sarva sammoha (che inganna tutto);
  6. Yaśovatī (o Yaśasvatī) inizia dallo stesso posto, va alla punta del piede destro ed è la lettera ca e Sarva staṃbhinī (che stabilisce tutto);
  7. Payasvinī è il canale che raggiunge l’orecchio destro, è la lettera cha e Sarva jṛmbhiṇī (che libera tutto);
  1. Gāndhārī raggiunge l’occhio sinistro ed è identificata alla lettera ja e a Sarva vaśaṃkarī (che tutto soggioga);
  2. Pūṣā raggiunge l’occhio destro, è la lettera jha e Sarva rañjanī (che tutto delizia);
  3. Śaṃkhinī è il canale che aggiunge l’orecchio destro, è la lettera ña e Sarvonmādinī (che rende tutto furioso);
  4. Sarasvatī arriva alla punta della lingua, è la lettera ṭa e Sarvārtha sādhanī (che realizza ogni cosa);
  5. Iḍā è il canale a sinistra di quello centrale, raggiunge la narice sinistra, è identificato alla lettera ṭha e a Sarva saṃpatti pūraṇī (che provvede a tutto il benessere);
  6. Piṇgalā è alla destra del canale centrale e raggiunge la narice destra, è identificata alla lettera ḍa e a Sarva mantramayī (composto da tutti i mantra);
  7. Suṣumṇā, il canale centrale che raggiunge l’apertura del culmine della testa (brahma randhra), è identificato alla lettera ḍha e a Sarva dvadvakṣayam karī (che dissipa ogni dualità).

Altri testi danno le localizzazioni e le direzioni delle nāḍī in modo leggermente diverso. La precedente enumerazione segue principalmente il Tantrarāja Tantra (27.33-41) e la Darśana Upaniṣad del Sāma Veda. Quest’ultimo testo sostiene che Iḍā e Piṅgalā sono alla sinistra e alla destra del canale centrale e così anche Sarasvatī e Kuhū; dietro a Iḍā ci sarebbe la Gāndhārī, e davanti la Hastijihvā; dietro a Piṅgalā c’è Pūṣā e davanti Yaśovatī; e tra Kuhū e Yaśovati starebbe la Varuṇā; la Yaśosvinī è posta tra Pūṣā e Sarasvatī; tra Gāndhārī e Sarasvatī vi è Śaṃkhinī; e Alaṃbuṣā è localizzata sullo stelo del loto del mūlādhāra, ma si estende all’ano. Un altro testo, la Yogacūḍāmaṇi Upaniṣad enumera dieci importanti canali e fornisce le loro posizioni e funzioni. Accanto a Suṣumṇā, a Iḍā e a Piṅgalā questa Upaniṣad dice che Alaṃbuṣā agisce nella bocca, Kuhū nei genitali, Gāndhāri nell’occhio sinistro, Hastijihvā nell’occhio destro, Pūṣā nell’orecchio destro, Yaśasvinī nell’orecchio sinistro, e Śaṃkhinī nell’ano.

Queste differenze sono dovute ad adattamenti del metodo apportati da diversi guru nel corso dei secoli e non comportano affatto contraddizioni di principio20.

Il metodo del nyāsa insegnato da Bhāskararāya, tuttavia, ha localizzazioni diverse. Secondo lui, i canali menzionati nel testo upaniṣadico sono posti al centro della fronte (Alambuṣā), nella parte destra della fronte (Kuhū), sulla guancia destra (Viśvodarā), sulla spalla destra (Vāraṇā), sull’anca destra (Hastijihvā), sulla coscia destra (Yaśovati), sulla caviglia destra (Payasvinī), sulla caviglia sinistra (Pūṣā), sull’anca sinistra (Śaṃkhinī), sulla spalla sinistra (Sarasvatī), sulla guancia sinistra (Iḍā), sulla parte sinistra della fronte (Piṇgalā), e dietro alla fronte (Suṣumṇā).

Il significato del simbolismo di questo recinto è molto amato da tutti, perché chiarisce l’essenza ultima del supremo Śiva con tutte le sue śakti.

13. Le dieci forme della corrente vitale, prāṇa, apāna, vyāna, udāna, samāna, nāga, kūrma, kṛkara, devadatta e dhanañjaya sono le divinità nelle dieci figure angolate, Sarva siddhipradā, ecc.

Il quinto recinto: ciò che realizza tutti gli oggetti (Sarvārtha sādhaka). Il quinto circuito, chiamato ‘il realizzatore di tutti gli oggetti’, ha la forma di una figura di dieci angoli, racchiuso all’interno del quarto recinto di quattordici angoli. È chiamato ‘figura esterna dai dieci angoli’ (bahirdaśāra), per distinguerla da un’altra figura simile, ma più piccola, in essa racchiusa. Di questo sesto recinto più interno (antardaśāra) si tratterà nel prossimo śloka. I dieci triangoli che formano il bahirdaśāra rappresentano altre dieci potenze della Devī: Sarva siddhipradā, ‘che provvede a tutti gli obiettivi’, è posto nell’angolo rivolto ad est, e le altre nove potenze sono poste negli altri angoli procedendo in senso antiorario. Queste potenze presiedono le dieci principali forme dell’azione vitale (prāṇa) nel corpo. Nei dieci triangoli sono inscritte le dieci lettere che iniziano con ṇa e finiscono con bha.

Comprendere il significato di vāyu (vento, cioè la corrente vitale prāṇa) è fondamentale per la pratica della circolazione nei canali. Le diverse correnti vitali di cui si tratta qui sono le numerose apparizioni parziali della coscienza (caitanya jṛṃbhaṇam), derivate dalla capacità della coscienza individualizzata (buddhi) di combinarsi con i costituenti grossolani del corpo (terra, acqua, fuoco, aria e ākāśa). Il principio che regola l’abbinamento degli elementi che formano il corpo e le dieci facoltà (indriya) di senso e d’azione è l’anima (jīva), che non è altro che la coscienza individualizzata nella sua condizione di non discriminazione (aviveki) quando si trova nello stato empirico (vyavahāra).

Abbiamo detto in precedenza che le nāḍī sono 72.000. Tra queste, dieci sono più importanti perché convogliano le correnti vitali (prāṇavāhinyah pradhānā daśa) e in questo modo mantengono in vita l’involucro dell’anima (jīvakośa); cioè regolano l’efficiente combinazione degli elementi grossi con le funzioni mentali e sensoriali. Le dieci correnti vitali sono riunite in un gruppo di cinque prāṇa (prāṇa pañcaka) e di cinque nāga (nāga pañcaka).

Nel primo gruppo di cinque prāṇa sono inclusi:

  1. prāṇa, localizzato principalmente nel cuore, sebbene si muova in circolo dalle narici alla testa, all’ombelico; sale, poi, verso l’alto provvedendo a che il cibo sia inghiottito, alla respirazione e a tutti gli altri movimenti del corpo;
  2. apāna, localizzato principalmente nell’ombelico, nelle cosce e nello stomaco, causa l’evacuazione delle feci, dell’urina, del seme e del sangue mestruale, e la spinta che, alla nascita, espelle il feto;
  3. vyāna, posto principalmente nelle narici e nello stomaco, sebbene pervada l’intero corpo, mette in moto la circolazione sanguigna, il chilo, spinge alla crescita, edificando il corpo e mantenendolo in vita;
  4. udāna, localizzato soprattutto nella gola anche se da lì si muove alle mani e ai piedi, accompagna il prāna, e dà luogo alla parola e all’alimentazione;
  5. samāna posto principalmente nell’ombelico (vicino al fuoco digestivo o jāṭharāgni) e nelle dita dei piedi, sebbene la sua funzione sia pervasiva di tutto il corpo; produce l’accettazione del cibo, la digestione, la separazione degli elementi nutritivi da quelli da eliminare, e distribuisce il nutrimento nel corpo.

Nel secondo gruppo di cinque nāga sono incluse correnti vitali minori:

  1. nāga (cobra), la cui funzione è quella di espellere dal corpo i gas impuri della putrefazione e della fermentazione;
  2. kūrma (tartaruga), che causa il movimento delle palpebre;
  3. kṛkara (pernice), che è responsabile di una corretta digestione e dell’appetito;
  4. devadatta (dono divino), che è responsabile della fatica e provoca lo sbadiglio;
  5. dhanañjaya (che procura benessere), causa vari rumori nel corpo durante le funzioni fisiche, e non lascia il corpo neppure alla morte.

Tali dieci funzioni vitali sono simboleggiate da dieci divinità:

  • Sarva siddhi pradā
    (colei che concede tutti gli obiettivi);
  • Sarva sampat pradā
    (colei che concede ogni benessere);
  • Sarva maṅgala kariṇī
    (colei che è fonte di ogni felicità);
  • Sarva priyamkarī
    (colei che è la più desiderabile);
  • Sarva kāma pradā
    (colei che adempie tutti i desideri);
  • Sarva duḥkha vimocinī
    (colei che rimuove ogni sofferenza);
  • Sarva mṛtyu praśamanī
    (colei che neutralizza i presagi di morte);
  • Sarva vighna nivāriṇī
    (colei che aiuta a superare tutti gli ostacoli’);
  • Sarva aṅga sundarī
    (colei che è avvenente in tutte le membra);
  • Sarva saubhāgya dāyinī
    (colei che provvede ad ogni prosperità).

Questo recinto permette la realizzazione della più alta divinità benigna (śiva), meta sia dei rituali vedici sia di quelli tantrici. Si dice anche che le dieci correnti vitali rappresentino le dieci discese di Viṣṇu come avatāra per il bene dell’umanità.

  1. che affascina con i desideri[]
  2. che affascina con l’intelletto[]
  3. che affascina con l’ego[]
  4. che affascina con la parola[]
  5. che affascina con il tatto[]
  6. che affascina con la vista[]
  7. che affascina con il gusto[]
  8. che affascina con l’odorato[]
  9. che affascina con i pensieri[]
  10. che affascina con la forza o con il coraggio[]
  11. che affascina con la memoria[]
  12. che affascina con la discendenza[]
  13. che affascina con la potenza[]
  14. che affascina con la personalità[]
  15. che affascina con l’immortalità[]
  16. che affascina con il corpo[]
  17. Ṣoḍaśa spanda sandoha camatkṛti mayīh kalāh”. Nityā Ṣoḍāśkārṇava, 18.135-136.[][]
  18. L’eccetera (ādi) allude agli altri due doṣa: pitta, la bile e kapha, la flemma.[]
  19. Non si confonda questa aria (vāyu), elemento grossolano (bhūta), con il vento-prāṇa, che è di natura sottile.[]
  20. La ‘fisiologia sottile’ è infatti una creazione immaginifica il cui scopo primario consiste nell’efficace applicazione pratica del metodo corrispondente.[]