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La Bhāvana Upaniṣad

Testo e Commento

3. Lo Śrī Cakra è la forma dei nove recinti.

Vi sono due interpretazioni diverse di questo aforisma (vākya): una è stata formulata da Bhāskararāya, l’altra dall’Upaniṣad Brahmayogin. Noi seguiremo la prima. È significativo che il Tantrarāja Tantra (35a sez.), su cui la Bhāvana Upaniṣad è interamente basata, non contenga questo vākya in nessuna variante né menzioni esplicitamente quest’idea in nessun punto. È, quindi, probabile che tale aforisma sia un’aggiunta posteriore inserita come chiosa. Questo aforisma, secondo l’Upaniṣad Brahmayogi, infatti, rappresenta il pensiero centrale di tutta l’Upaniṣad: vale a dire la forma dello Śrī Cakra ripropone quella dello stesso corpo umano. Le nove parti del corpo, quindi, corrispondono alle nove componenti dello Śrī Cakra, ognuna delle quali è una potenza (Śakti).

La lettura che ne dà Bhāskararāya mette in evidenza che lo Śrī Cakra è un sacro insieme di nove disegni triangolari che si intersecano, cinque dei quali rappresentano la potenza femminile, la Śakti, e quattro quella maschile, Śiva o Agni. Queste intersecazioni formano quattro recinti concentrici costituiti da quattro linee spezzate chiuse, i cui angoli, rivolti all’esterno, variano per numero. Al centro è situato un triangolo con il vertice in basso, come quinto recinto. Ognuno di questi cinque recinti è designato dal termine tecnico di cakra1; per esempio il Trailokya mohana cakra (il centro meraviglioso del triplice mondo), il Sarvasiddhi prada (che conferisce ogni potere) e il Sarvaroga hāra (ghirlanda di malattie). I singoli recinti denotano aspetti e dettagli del disegno composito, noto come Śrī Cakra, che è benefico per la virtù di tutto l’insieme (samaṣṭi). Il vero Śrī Cakra, però, è il punto centrale (bindu) non spaziale, chiamato centro fatto d’ogni beatitudine (Sarvānandamaya cakra): esso simboleggia l’unione delle due potenze maschile e femminile (Śiva-Śakti). Il resto del disegno è uno sviluppo dettagliato di tali potenze. Se il bindu è la Potenza in quanto tale, l’insieme dei nove recinti è la forma (rūpa) che essa assume.

Bhāskararāya pone in rilievo che questo terzo vākya si riferisce qui proprio al corpo dell’iniziato (deha ity anuvartate; svakīyo deha eva trailokyta mohanādi navacakra samaṣṭirūpa Śrī Chakrābhinnaḥ). Il corpo, come un tutt’uno, corrisponde al diagramma completo dello Śrī Cakra. Ulteriori particolari della corrispondenza, tuttavia, rimangono riservati all’insegnamento iniziatico. Il commentatore evidenzia che il testo base per questa Upaniṣad, il Tantrarāja Tantra, non dice nulla sull’identità del corpo umano con lo Śrī Cakra; Bhāskararāya spiega questa assenza di menzione nella Bhāvana Upaniṣad in quanto tale spiegazione era già esaurientemente trattata nel Nityā Ṣoḍaśikārṇava2. In ogni caso, il corpo come Śrī Cakra, è l’insieme delle nove aperture (randhra)3, per cui è definito come la forma dalle nove aperture: nava randhra rūpo dehaḥ.

Questa spiegazione completa il presente terzo aforisma che perciò deve essere inteso come segue: Lo Śrī Cakra è la forma dei nove centri sottili e il corpo è la forma delle nove aperture.

Nella letteratura sacra dell’India il significato di cakra è variabile. La parola è derivata dalla radice kṛ (fare), quindi, etimologicamente, significa uno strumento d’azione. La ruota del vasaio, che consente la produzione di vasi, è chiamata cakra in questo senso; la ruota del carro è anche un cakra, in quanto permette al carro di muoversi. I meccanismi, gli attrezzi, le macchine che hanno il compito di produrre alcuni effetti predeterminati sono anche detti cakra. Un uso più esteso del termine è quello di raduno (samūha, vraja), esercito (senā) o impero (rāṣṭra). Abbiamo, poi, l’uso di cakra per designare l’insieme delle costellazioni (nakṣatra cakra), la fascia zodiacale (rāśi cakra), il raggruppamento di lettere dell’alfabeto (mātṛka cakra). In espressioni come cakra vyūha ha il significato di schieramento finale di unità militari sul campo di battaglia, e cakravartin è l’imperatore come colui che dal centro muove tutto ciò che si trova sotto il suo dominio. In contesto tantrico, un determinato gruppo di devoti convenuti per condurre alcuni specifici rituali è chiamato cakra; da cui le espressioni come sādhaka cakra (riunione di iniziati), cakra pūjā (adorazione rituale in gruppi segreti), yoginī cakra (riunione di ‘amanti’, nei riti esoterici della mano sinistra) e così via.

Una connotazione speciale del termine si basa sull’idea che il corpo umano è composto dall’incrocio di molti canali di forza vitale (nāḍī cakra). Cakra qui significa un vortice, un plesso di forze tanto fisiche quanto psichiche. Questi nāḍī cakra mettono in comunicazione il corpo sottile, composto da facoltà sensoriali, funzioni mentali, ego e coscienza individuale (ahaṃkāra), con il corpo fisico composto dai cinque elementi. Nei manuali di Yoga è elencata una trentina di nāḍī cakra:

  1. Il nāḍī cakra situato negli alluci dei piedi (pādāṅguṣṭha);
  2. Nel tallone (pṛṣṇi);
  3. Nella caviglia (gulpha);
  4. Nel ginocchio (jānu);
  5. Nell’ano (guda);
  6. Nel plesso sacrale(mūlādhāra);
  7. Nel perineo (yoni);
  8. Nei testicoli (muṣka);
  9. Nel pene (meḍhra);
  10. Nell’inguine (vaṃkṣaṇa);
  1. Nel plesso dell’area genitale (svādhiṣṭhāna);
  2. Nel bulbo radice (kanda yoni);
  3. In iḍā e piṅgalā;
  4. Nell’ombelico (nābhi);
  5. Nel plesso solare (maṇipūra);
  6. Nel pollice (aṅguṣṭha);
  7. Nel gomito (aratni);
  8. Nell’ascella (ikṣa);
  9. Nel plesso cardiaco (anāhata);
  10. Sulla punta della lingua (jihvāgra);
  1. Nella laringe (viśuddha);
  2. Nel palato molle (lambikā);
  3. Nell’ugola (tālu);
  4. Nel palato duro (kākud);
  5. Sulla punta del naso (nāsāgra);
  6. Nell’ājñā cakra;
  7. Tra le sopracciglia (bhrū madhya);
  8. Sotto quest’ultima zona (lalanā);
  9. Nella mente, nel mezzo della fronte (manas)4;
  10. All’attaccatura dei capelli (soma).

Di questi nāḍī cakra, sei (ṣaṭ cakra) sono considerati più importanti per la pratica dello Yoga e per questo vengono definiti Brahma cakra:

  1. Il mūlādhāra o cakra di fondamento, a forma di spazio triangolare posto nella parte centrale del corpo, rappresenta l’elemento terra e simboleggia l’origine dei desideri corporei;
  2. Il svādhiṣṭhāna, situato sotto l’ombelico e nella zona intorno alla radice del pene (meḍhra), rappresenta l’elemento acqua;
  3. Il maṇipūra (il nirmāṇa cakra o centro di trasformazione dei buddhisti) sta nella regione ombelicale a rappresentare l’elemento fuoco;
  4. L’anāhata (il dharma cakra o centro dell’ordinedei buddhisti), posto nella zona del cuore, sta per l’elemento aria;
  5. Il viśuddha (il sambhoga cakra o centro di fruizione dei buddhisti), è situato dietro la gola;
  6. Infine, l’ājñā (parama kula o disciplina suprema nei Tantra), posto tra le sopracciglia, rappresenta sole e luna.

A parte questi sei cakra maggiori, altri tre sono considerati importanti:

  1. Il manas cakra, centro mentale situato sopra l’ājñā cakra a metà della fronte, responsabile di ogni conoscenza sensibile, pensieri e sogni;
  2. Soma cakra, il centro lunare situato sopra il manas cakra all’attaccatura dei capelli, che rappresenta gli aspetti emozionali e spirituali della vita, in numero di sessanta;
  3. Sahasrāra padma, il Loto dai mille petali, che nei testi tantrici buddhisti è chiamato turbante a forma di fiore di loto (uṣṇīṣa kamala); esso è situato circa quattro dita sopra il culmine della testa: così, posto fuori dal corpo, regola tutte le funzioni fisiche e mentali. Quest’ultimo centro menzionato è la sede della coscienza(Śiva); al colmo del cranio c’è un’apertura, la sutura sagittale, chiamata Brahmarandhra, che conduce ad esso.

Il canale centrale, suṣumṇā, di cui abbiamo parlato più sopra, sorge dal cakra di base (mūlādhāra), corre lungo la colonna della schiena, chiamata merudaṇḍa, per toccare, alla fine, l’apertura della calotta cranica raggiungendo il Loto dai mille petali. In questo percorso sono dislocati tutti i cakra nominati sopra. I nāḍī cakra sono come porte completamente transitabili (avākāśa), in quanto privi di struttura grossolana e mantenuti aperti dalla discesa della coscienza (Śiva) nell’organismo umano attraverso il Brahmarandhra della corona della testa. Si riaprono nell’altro senso anche per agevolare la salita di kuṇḍalinī, la Śakti, che sale attraversando il Brahma dvāra, la porta d’entrata alla suṣumṇā, dove s’apre il canale citriṇī. La salita di kuṇḍalinī, che è lo scopo di molte pratiche yogiche e tantriche, comporta lo scioglimento di tre nodi (granthi)5, chiamati come le tre principali divinità: Brahmā, all’altezza dell’ombelico, Viṣṇu, all’altezza del cuore, (anāhata), e Rudra, ossia Śiva, sito tra le sopracciglia (ājñā). Poi kuṇḍalinī attraversa il Brahmarandhra per raggiungere, infine, il Loto dai mille petali.

Il principio dello spazio aperto (ākāśa) rappresenta la pura coscienza (Śiva) mentre il principio di energia (kuṇḍalinī) rappresenta la potenza (Śakti). Il primo fornisce la base per il secondo; entrambi mettono in relazione tra loro il pensiero (artha) e il suono (śabda), il primo generando le forme (rūpa) e il secondo i nomi (nāma). Come tutte le altre strutture dell’universo, il corpo umano è la proiezione del principio Śiva, e i processi che coinvolgono intenzioni (icchā), cognizioni (jñāna) e comportamenti (kriyā) sono manifestazioni del principio Śakti. Quest’ultimo consiste essenzialmente in pronunce distinte. L’alfabeto sillabico sanscrito, che va dalla a alla ha, comprende quarantanove lettere6, se si esclude la lettera composta kṣa, che è conteggiata come cinquantesima. L’intero alfabeto rappresenta l’attività di identificazione della coscienza in quanto a-haṃ (l’ego). Questo insieme include le sedici fasi lunari, le ventiquattro fasi del sole e i dieci aspetti del fuoco. In corrispondenza con le sillabe pronunciate, si trovano i canali della circolazione nel corpo nei quali fluiscono cinquanta correnti vitali (vāyu, prāṇa), che generano i nāḍī cakra. Così quarantanove correnti sono distribuite nei sei cakra principali: in mūlādhāra quattro, svādhiṣṭhāna ne ha sei, maṇipūra otto, anāhata dodici, viśuddha sedici e ājñā tre. Se a questi si aggiunge il canale centrale (suṣumṇā), si arriva a cinquanta correnti prāṇiche.

Parallelamente al mātkā cakra e al nāḍi cakra, secondo la tradizione Kailāsa prastāra7 anche lo Śrī Cakra è composto da cinquanta unità. Le sillabe dell’alfabeto, come le correnti vitali nel corpo, possono essere ridotte a nove unità (navāra) simboleggiate dai nove cakra dello Śrī Cakra. Tale riduzione è basata sul triplice raggruppamento (trikhaḍa) come sole, luna e fuoco, già descritto sopra.

L’espressione Śrī Cakra consta di due parole, Śrī che significa prosperità, ricchezza, auspicio, e cakra, il cui significato è già stato spiegato. I due termini congiunti sono qui usati per trasmettere il senso di aggregato irraggiante potenza (śakti samūha) e di piano o diagramma (yantra) della conoscenza (vidyā) che libera e che genera prosperità (śriyate sarvair iti). Come il diagramma rappresenta l’azione reciproca del principio di pura coscienza (Śiva) e della primordiale potenza (Śakti), così i due principi sono in mutua relazione di illuminazione (prakāśa) e di volizione (vimarśā). Come il Saubhāgyabhāskara (I.30)8 mette in evidenza, deve essere compreso come un complesso (cakra) di diverse potenze (Śakti) che appartengono alla coscienza (Śiva). Rappresenta perciò l’insieme degli aspetti essenziali dell’intero Uovo del mondo (Brahmāṇḍa) e dell’aggregato seminale corpo-mente (piṇḍāṇḍa) dell’iniziato9. In questo senso, esso è un diagramma psicocosmico, che comprende lo spazio oggettivo (mahākāśa). Dal momento che è simbolo di integrazione di energie, esso rappresenta la guida necessaria per la trasformazione di tali energie nella direzione dell’illuminazione e della Liberazione.

Lo Śrī Cakra proietta sia l’immagine dell’apparente differenza tra l’aspetto volitivo e quello conoscitivo sia la reale unità dei due aspetti. Proprio come l’anima (jīva) sta nel corpo fisico, nello Śrī Cakra è presente l’unione di Śiva e Śakti. Si dice che il piano dello Śrī Cakra si sia dispiegato quando la potenza primordiale, grazie al suo libero impulso interiore, deliberò non solo di assumere la forma dell’universo manifestato, ma divenne cosciente della propria identità con la manifestazione oggettiva10. L’universo oggettivato è della natura del processo conoscitivo e dell’azione (kryā), perché la volontà di scelta (icchā) è esclusiva prerogativa della potenza primordiale.

Nel mātṛkā cakra il suono articolato è la struttura di base sulla quale sono stati intessuti tutti i nostri pensieri, emozioni, aspirazioni, paure e piaceri. Niente può andare realmente oltre il suono articolato, che ha la potenzialità di svilupparsi in un universo immenso ed estremamente complesso di frasi per esprimere pensieri, pensieri per tradurre immagini mentali, e immagini mentali per descrivere piaceri e dolori. Questo processo è conosciuto come potenza delle lettere dell’alfabeto (mātṛkāśakti). Può dispiegarsi all’esterno per mezzo dell’oggettivazione, della cognizione, degli impulsi (rāja), di emozioni quali il dolore, la sorpresa, i piaceri, l’invidia, etc., di ricordi, di costruzioni mentali (vikalpa) e, infine, del mondo dalle infinite differenziazioni. Questa è l’espansione verso l’esterno (vikāsa), cioè lo sviluppo della manifestazione (sṛṣṭi krama). Può anche contrarre (saṅkocha) il mondo differenziato e riassorbirlo in unica esistenza e in pura coscienza (samhāra), seguendo il percorso in direzione contraria verso l’interno dello yantra.

Lo Śrī Cakra illustra entrambe queste direzioni. Il punto centrale (bindu) aspaziale rappresenta la volontà principiale della potenza primordiale ancora priva di alcuna proiezione dimensionale (niśkalā). Esso si espande verso l’esterno in forma d’un triangolo formato dal soggetto (pramātṛ), dall’oggetto (prameya) e dall’azione conoscitiva (pramā) del soggetto nei confronti dell’oggetto. Il soggetto differenzia se stesso in quattro modi: il sé esteriore (bahiṣātmā), immerso nel mondo delle relazioni; il sé interiore e appartato (antarātmā); il sé più alto non coinvolto (paramātmā), e il sé come pura coscienza (jñānātmā). L’oggetto si divide in ordine stabilito (dharma) e nel suo contrario (adharma). Quindi abbiamo complessivamente nove dimensioni dell’intero mondo differenziato (sakalā) e tutte hanno il loro fondamento nell’unico punto privo di dimensione.

Lo Śrī Cakra è un disegno a doppio movimento d’espansione e contrazione dei nove cakra, cinque dei quali rappresentano la primordiale potenza di volizione (Śakti) e gli altri quattro rappresentano il principio di illuminazione coscienziale corrispondente a (Śiva). I cakra che rappresentano la potenza hanno il vertice rivolto in basso, mentre quelli che rappresentano la coscienza lo hanno verso l’alto. Inoltre, i testi forniscono un’altra interpretazione simbolica per le nove componenti dello Śrī Cakra: queste allora sarebbero il fattore tempo (kāla), i cinque elementi che partecipano alla composizione di ogni cosa (pañcabhūta), e i tre stati di esistenza, veglia, sogno e sonno profondo, di tutti gli esseri senzienti (dhāma).

I nove cakra che compongono lo Śrī Cakra sono i seguenti:

  1. La figura esterna a quattro lati (bhūpura, la fortezza della terra), chiamata Recinto del triplice mondo illusorio (traylokya mohana cakra), che consiste in tre riquadri: nel primo recinto dimorano le dieci divinità che concedono i poteri (siddhi); nel secondo le otto dee-madri (māt); nel terzo le dieci divinità che conferiscono autorevolezza (mudrā devatā).
    Al suo interno si trova la triplice cintura (trivtta)11 che consiste in tre cerchi concentrici. Nel primo cerchio sono situate ventinove ‘divinità madri’, che iniziano con quella chiamata Terribile notte oscura (Kālarātrī)12; nel secondo, sedici dee-madri, che incominciano con l’Immortale (Amtā); e nel terzo i sedici spiriti femminili noti come nityā, le perenni, che iniziano con Kāmeśvarī, la Signora del desiderio.
  2. Il loto di sedici petali (ṣoaṣa dala padma), chiamato sarvāśā paripūraka cakra (circolo che esaudisce ogni desiderio), sta immediatamente dentro la triplice cintura; in ogni petalo di questo loto risiede una delle sedici dee dette kalā13 (Kāmākarṣiṇī, ecc.).

  3. Il loto di otto petali (aṣṭa dala padma), è detto sarva sakhobhaacakra (circolo che diffonde ogni suono) all’interno di quello precedente; in ognuno dei petali è posta una di otto divinità (Anaga kusumā, ecc).

  4. Il recinto con quattordici vertici (caturdaśāra), chiamato sarvasaubhāgya dāyaka cakra (circolo che infonde ogni fascino), interno al precedente; vi risiedono quattordici divinità (Sakshobhiṇī, ecc).

  5. Il primo recinto di dieci vertici (bahirdaśāra), detto sarvārtha sādaka cakra (circolo che produce ogni risultato iniziatico), interno a quelli che lo precedono; vi sono poste dieci divinità (Sarvasiddhipradā, ecc).

  6. Il recinto più interno, anch’esso di dieci vertici (antardaśāra), chiamato sarvaraksākaracakra (circolo che protegge da tutto), dove abitano dieci divinità (Sarvajñā, ecc).

  7. Il successivo recinto con otto vertici (aṣṭara), detto sarvarogahara cakra (circolo che allontana ogni malattia), interno al precedente; qui stanno le otto divinità della parola (Vaśinī, ecc).

  8. Il triangolo (trikoa) detto sarvasiddhi prada cakra (circolo che procura tutti i poteri della divinità, ovvero l’aiśvarya), dentro al precedente recinto di otto vertici; lì vi sono le tre dee Kāmeśvarī, Vajreśvarī e Bhagamālinī.
    Nello spazio tra il recinto a otto lati e il triangolo si trova la catena dei maestri nelle tre correnti della trasmissione ininterrotta (ogha): divina, perfetta e umana.

  9. Il punto centrale (bindu), chiamato sarvāndamaya cakra (il circolo fatto d’ogni beatitudine) all’interno del triangolo, rappresenta proprio la grande Devī Mahā Tripurasundarī.

Questa elencazione segue l’ordine di riassorbimento (saṁhāra krama) della dottrina seguita dal Dakṣiṇāmūrti sampradāya. Questo ordine parte dai recinti più esterni (bhūpura) per concludersi nel punto centrale (bindu); l’ordine di preservazione (sthiti krama) considera i recinti dal più esterno fino al cakra a otto vertici (aṣṭāra) e, in senso inverso, dal punto centrale (bindu) fino al recinto maggiore a quattordici vertici (chaturdaśāra), mettendo in atto un movimento alternato di contrazione ed espansione. Infine, l’ordine di manifestazione (sṛṣṭi-krama) dal punto centrale (bindu) fino ai cakra più esterni, quelli di quattro lati (bhūpura).

I nove cakra corrispondono alle parti del corpo umano nella seguente forma:

  1. Nella recinzione esterna quadrangolare, la prima linea rappresenta i piedi, la seconda le ginocchia la terza le cosce.
    La triplice cintura circolare corrisponde alla parte centrale del corpo.
  2. Il loto di sedici petali è la regione compresa tra l’ombelico il pube.
    Il circolo che vi è racchiuso rappresenta le anche (kai).
  3. Il loto di otto petali è la zona dell’ombelico (nābhi).
  4. Il recinto di quattordici vertici corrisponde alla regione addominale (kukṣivtta).
  5. Il recinto esterno di dieci vertici è il collo (kaṇṭha).
  6. Il recinto interno di dieci vertici è la zona tra le sopracciglia (bhrū madhya).
  7. Il recinto di otto vertici corrisponde alla fronte (lalāṭa).
  8. Il triangolo è il culmine della testa (mastaka).
  9. Il punto centrale è l’apertura al culmine della testa che conduce al Loto dai mille petali (Brahma-randhra).

C’è un’altra elencazione che collega le corrispondenze tra i singoli nāḍī cakra (i sei centri lungo il canale centrale o sushumṇā) e le componenti dello Śrī Cakra:

  1. Mūlādhāra cakra: bhūpura;
  2. Svādhishāna cakra: ṣoaśa dala padma;
  3. Maipūra cakra: aṣṭa dala padma;
  4. Anāhata cakra: catur daśāra;
  5. Viśuddhācakra: bahir daśāra;
  6. ājñācakra: antar daśāra;
  7. Manas cakra: aṣṭāra;
  8. Soma cakra: trikoa;
  9. Sahasrāra padma: bindu.
  1. Qui cakra è usato per indicare un centro sottile, e non per la sua forma circolare di ruota, dato che si tratta di recinti angolati, caratterizzati da un determinato numero di vertici.[]
  2. Probabilmente con questo titolo, altresì sconosciuto, egli intendeva riferirsi al Cakra saṃketa (Il simbolismo del cakra), che è la parte conclusiva dello Yoginī hṛdaya.[]
  3. L’ano, i genitali, la bocca, le due narici, i due orecchi, i due occhi.[]
  4. Qui mente sta a significare anche il cervello, mastiṣka.[]
  5. I tre nodi sono i luoghi in cui s’incrociano le tre nāḍī principali nel loro andamento spiraliforme.[]
  6. Ricordiamo che nell’alfabeto sanscrito devanāgarī tutte le consonanti sono sillabe in quanto il suono consonantico si appoggia sempre a una a breve.[]
  7. Tradizione che è descritta nella Matṛkā varṇa rūpinī del Lalitā Sahasranāma, 577.[]
  8. Commento di Bhāskararāya al Lalitāsahasranāma.[]
  9. In armonia con il popolare motto yathā piṇḍe tathā Brahmāṇḍe, com’è il seme individuale così è l’Uovo del mondo di Brahmā.[]
  10. Nityāṣoḍaśikārṇava, VI.9.[]
  11. La triplice cintura è omessa dallo Śrī Cakra nella tradizione di Hayagrīva; nella tradizione Ānandabhairava è presente, ma non è venerata; in quella di Dakshiņāmūrti è presente ed è anche venerata, ma non è ritenuta un recinto o un cakra. La Bhāvana Upaniṣad, seguendo il Tantrarāja Tantra non fa menzione del tripliceo cerchio come parte dello Śrī Cakra.[]
  12. Rappresenta la notte della morte dell’individuo o le tenebre del pralaya cosmico.[]
  13. Un digito o sedicesimo del diametro della luna, che segna le sue varie fasi.[]