L’Età dell’Oro: gli Iperborei
C’è una “Terra Santa” per eccellenza che è il prototipo di tutte le altre. Questo centro spirituale a cui sono soggette tutte le altre “terre sacre” è la sede della Tradizione Primordiale o Sanātana Dharma, da cui ogni Tradizione, a forma dhārmika o religiosa, deriva adattandosi a condizioni di tempo, luogo e generazione di umanità.
Questa “Terra Santa” primordiale è la “Contrada Suprema”, secondo il termine sanscrito Paramadeśa, deformato dai Caldei in Pardes e dai Latini in Paradisum, Paradiso. La Tradizione Primordiale, fonte di tutte le altre, si situava a nord, o più esattamente al Polo Nord, come menzionato nei Veda e in diversi Libri sacri di altre tradizioni1.
Durante il regno di Kronos2 nell’Età dell’Oro, il Satya yuga degli hindū, la Contrada Suprema, dove giorno e notte duravano ciascuno sei mesi3, era situata nelle regioni polari o al Polo stesso.
Chiameremo Hyperborea quella terra, come facevano gli antichi greci, anche se questo termine mostra che avevano già perso la conoscenza della sua vera posizione. In effetti, se Borea significa Nord, Hyperborea (oltre il Nord) appare come un’assurdità. In questo modo Borea è l’equivalente esatto del termine sanscrito varāha4. La radice var per il nome dei suini selvatici si trova nelle lingue anglosassoni sotto la forma verro5. Poiché Hyperborea era una terra o un’isola, dovremmo chiamarla nella forma femminile Vārāhī, cioè “Paese del cinghiale”. Più tardi, nella successiva Età dell’Argento (Treta yuga), fu conosciuta come il “Paese dell’orso”. Questa seconda Era coincise con l’affermazione della casta degli kṣatriya e delle sue regole corrette e ristabilite da Paraśurāma6.
Gli antichi greci simboleggiavano la ribellione kṣatriya contro i brāhmāṇa con il mito della caccia al cinghiale caledonio. L’uccisione del cinghiale caledonio ad opera di Guerrieri e Re rappresentava la sconfitta della casta sacerdotale. Atenæus di Naucratis7 riferisce che il cinghiale caledonio era di colore bianco, così come lo Śveta Varāha8 della tradizione hindū. Anche nella tradizione celtica cinghiale e orso erano rispettivamente i simboli dell’Autorità spirituale e del potere temporale, vale a dire le due caste dei Druidi e dei Cavalieri.
Durante l’antichità greco-romana, l’isola Hyperborea era chiamata anche in due altri modi: Thule e Siria. Per quanto riguarda Thule9, c’è un breve testo di Pitea di Marsiglia10 che tratta del viaggio alla ricerca di questa terra fino ai ghiacci polari.
Il nome greco Thule è ovviamente l’equivalente del sanscrito Tula, che significa “scala” o “libra” (bilancia), che è il segno zodiacale della Bilancia; tuttavia, secondo un’altra interpretazione tradizionale, nei tempi primordiali Tula era il nome della costellazione polare. I due piatti della bilancia erano rappresentati dall’Orsa Maggiore e dall’Orsa minore, che in India sono le due costellazioni chiamate “sette orsi” (saptaṛkṣa11). L’orso, come abbiamo visto, è il simbolo dell’usurpazione kṣatriya, perciò questo nome deve essere considerato posteriore all’originale Tula e databile all’epoca immediatamente precedente alla discesa di Paraśurāma. Tuttavia, la Bilancia, come costellazione polare, è anche la dimora dei sette ṛṣi, e in questo caso si chiama Saptarṣi; questo nome brahmanico è sicuramente più antico della denominazione tipicamente kṣatriya di Saptaṛkṣa e ci riconduce alla tradizione iperborea.
Omero nel Poema Odissea12 riferisce che il nome della Terra Suprema è Siria (Συρία, leggi Syrìa); questo nome significa “Casa del Sole” (sanscrito Sūrya). Questa terra è descritta come un’isola situata oltre l’Ortigia (l’antico nome di Delos), un’altra isola lontana nell’Oceano Atlantico. Essendo più lontana di Delos, la Siria può essere facilmente identificata con Hyperborea13.
Ora aggiungeremo alcune informazioni su Hyperborea tratte dalla letteratura greca e romana. Diodoro Siculo afferma14:
“La loro terra era nell’Oceano ed era simile per dimensioni alla Sicilia: Leto, madre del Dio Apollo, nacque lì. Questo spiega il legame molto stretto che lega Apollo a queste genti e la presenza in quella terra di un magnifico tempio sferico dedicato al Dio. Gli iperborei vivevano in perfetta felicità ignorando il dolore, la malattia e la morte”.
Plinio15 aggiunge alcuni dettagli:
“In quel paese si trova uno dei cardini [uno dei due poli] attorno al quale ruota il cosmo. Questa è una terra soleggiata e temperata, libera da ogni aria nociva; qui gli iperborei vivono in boschi e foreste e non conoscono alcun conflitto o malattia”.
In quell’età benedetta gli Dei si confondevano con gli esseri umani ed era difficile distinguerli. In effetti gli uomini erano così longevi da sembrare quasi immortali. Nascevano direttamente dalla terra e la terra forniva loro spontaneamente tutti i tipi di cibo. Dalle precedenti informazioni possiamo dedurre che gli Iperborei erano strettamente imparentati con gli Haṃsa16 della tradizione hindū, l’umanità primordiale non ancora divisa socialmente in caste (ativarṇa).
Nell’Inno omerico dedicato al Dio Dioniso leggiamo:
“Non è possibile trovare la meravigliosa strada per Hyperborea”17;
Pindaro afferma anche:
“Né per terra né per mare, nessuno poteva trovare la meravigliosa strada che porta alle feste iperboree”18.
Con l’inizio dell’Età dell’Argento, la strada per l’Hyperborea si interruppe. La nuova umanità decaduta non poteva più raggiungere quella Terra benedetta durante la vita terrena. Tuttavia, dalla loro inaccessibile dimora gli Iperborei continuano a proteggere l’umanità indebolita con interventi costanti, ogni qual volta è necessario correggere le deviazioni manifestatesi nelle diverse generazioni dell’umanità19. Ora si può più facilmente riconoscere una certa identità fra Hyperborea e l’Uttarakuru20 della tradizione hindū. A seguito della chiusura dell’accesso alla comune dimora originaria, la Tradizione ha preso due direzioni diverse in oriente e occidente. In Asia, il Sanātana Dharma continuò nella sua corretta forma vedica, mentre nei paesi occidentali sviluppò tendenze devianti manifestate nella successiva tradizione Atlantidea. Da allora la patria iperborea fu protetta dai grifoni, animali mitici con testa d’aquila e ali e corpo di leone21 che stazionavano presso il monte polare del Dio Apollo e che tiravano il suo carro (vāhana)22. I grifoni proteggevano le frontiere iperboree dagli Arimaspi, barbari con un occhio, dediti solo alla metallurgia, simili ai monocoli Ciclopi23. Nella mitologia greca, i Ciclopi erano gli assistenti di Efesto24, Dio dei fabbri. Da ciò possiamo dedurre che gli Arimaspi, i nemici di Iperborea, erano collegati a tenebrosi poteri sotterranei; come vedremo in seguito, anche gli Atlantidi erano dediti alla metallurgia.
Esaminiamo ora le caratteristiche di Apollo25, il Supremo Dio iperboreo figlio di Zeus e Latona. Quando Latona cercava un rifugio dove partorire i suoi figli, fu accolta soltanto nell’isola di Delos26, nel territorio Iperboreo; lì diede alla luce i divini gemelli Apollo e Artemide, il Dio del sole e la Dea della luna. All’età di quattro anni, Apollo costruì il suo tempio sferico, l’emisfero celeste boreale a Delo. Poi si recò in Grecia trasportato da cigni (sskrt. haṃsa), gli uccelli sacri iperborei. In quel periodo dell’Età dell’Argento, la Grecia fu devastata da Pitone27, un mostruoso serpente titanico (asura o Ahi)28. A Delfi, Apollo uccise Pitone con le frecce del suo infallibile arco, frecce che sono i raggi del sole29; quindi costruì un santuario oracolare sul cadavere dell’asura30. In questo Santuario il Dio stabilì una sacerdotessa, la Pizia, che proferiva oracoli quando era da lui posseduta; Apollo fu così soprannominato Pitagora, “colui che possiede la Pizia”. E da lì a poco Delfi sarebbe diventato il tempio più importante di tutta la Grecia.
In conclusione, riportiamo un passaggio di Giamblico che dimostra che l’organizzazione iniziatica (sampradāya) fondata da Pitagora non fu altro che la continuazione di una primordiale paramparā iperborea:
“Un certo Abaris, sacerdote di Apollo, giunse da Iperborea, di cui il Dio era originario. Era un uomo anziano e saggio, molto esperto in scienze sacre. Stava tornando dalla Grecia nella sua terra e aveva raccolto dell’oro da offrire al Tempio del suo Dio. Attraversando l’Italia 31 conobbe Pitagora e lo trovò del tutto somigliante al Dio di cui era sacerdote. Abaris, dunque, lo riconobbe come fosse Apollo stesso in base ai tratti venerabili che in lui ravvisava, oltre che dai segni distintivi che, in quanto suo sacerdote, già conosceva. Così “restituì” a Pitagora la freccia che aveva portato con sé come suo veicolo durante il suo lungo viaggio. Pitagora accettò la freccia senza sorpresa e senza chiedere la ragione di quel dono, anzi proprio per dimostrare che era davvero il Dio iperboreo, in privato mostrò ad Abaris la sua coscia d’oro32, confermandogli definitivamente con questa prova che la sua intuizione era fondata. Inoltre, Pitagora dopo aver enumerato uno ad uno tutti i doni votivi custoditi nel Tempio iperboreo, rafforzò la sua convinzione d’essere proprio al cospetto del Dio. Infine, Pitagora spiegò che si era insediato lì allo scopo di prendersi cura e beneficare l’umanità; ma aveva assunto le sembianze umane in modo che gli uomini non fossero intimoriti dalla sua natura divinità e non rifuggissero dal suo insegnamento”33.
Gaṇapati
- B.G. Tilak nel suo The Arctic Home in the Veda (III ed. Poone, Tilak Bros, 1971; I ed., 1903) offre l’elenco completo di tutte le diverse fonti letterarie.[↩]
- Il Dio del tempo, chiamato Saturno dai Romani, padre di Zeus (Lat. Iùpiter, Giove). Zeus, la divinità armata di fulmini, divenne Re degli Dei nell’Età dell’Argento. Quando Zeus usurpò il suo trono, Saturno si nascose nella regione italiana del Lazio, dove successivamente sarebbe stata fondata Roma. Qui l’Età dell’Oro rimase nascosta per molti secoli. Latium significa “nascosto”, “coperto”.[↩]
- Nei Veda l’anno fu diviso in modo simile in uttarāyaṇa e dakṣiṇāyana, giorno e notte degli Dei.[↩]
- “Cinghiale”, è un avatāra, una discesa sulla terra della divinità hindū Viṣṇu [N.d.T.].[↩]
- In latino il cinghiale era chiamato verrus da una radice simile.[↩]
- La rivolta degli kṣatriya, che allude alla degenerazione degli Atlantidi, sarà oggetto del prossimo capitolo. [Paraśurāma, lett. “Rāma con l’ascia (paraśu) è un altro avatāra di Viṣṇu; quando la potente ma arrogante casta guerriera degli kṣatriya oppresse la casta sacerdotale dei brahmana, umiliandoli, Viṣṇu assunse la forma di Paraśurāma, quinto figlio del brahmano Jamadagni e di Reṇukā che, armato di scure, sconfisse ripetutamente gli kṣatriya, restituendo ai brahmani la legittima supremazia castale. Secondo la tradizione Paraśurāma è un componente dei Bhārgava ovvero di quella famiglia brahmanica discendente di Bhṛgu. Le caratteristiche e le vicende inerenti all’avatāra Paraśurāma sono narrate in particolar modo nei Vāyu Purāṇa (91-93), Agni Purāṇa (V), Brahmā Purāṇa (X), Padma Purāṇa (VI, 268), Matsya Purāṇa (47), Bhāgavata Purāṇa (IX, 15-16), Mahābhārata (I, 66; V, 178-185; VIII, 36) [N. d. T.].[↩]
- Retore e grammatico greco del II secolo d.C.[↩]
- Cinghiale bianco [N.d.T.].[↩]
- Forse dalla parola etrusca tular, confine estremo. Nell’America centrale l’antica nazione tolteca proveniva da un’isola settentrionale chiamata Tula. Ciò dimostra la loro origine iperborea, mentre gli Aztechi affermavano di provenire dall’isola orientale di Aztlan, cioè Atlantide. Vedi il prossimo articolo.[↩]
- Geografo ed esploratore greco del IV secolo a.C.[↩]
- Le due costellazioni polari sono infatti formate ciascuna da “sette orsi”, ossia da sette stelle artiche. Non dimentichiamo che “artico” deriva dal greco ἄρκτος, (leggi àrktos) che significa orso [N.d.T.].[↩]
- Omero è il più celebre poeta greco (X° secolo a. C.). Odissea, XV, 502.[↩]
- L’attuale Siria designa anche un “Paese solare”, ma si riferisce a un’era molto più recente.[↩]
- Diodoro Siculo, storico romano (I° secolo a. C.), Bibliotheca Historica: II.47.1-2.[↩]
- Plinio il Vecchio, ammiraglio romano, scrittore e naturalista (23-79 d. C.), Naturalis historia: IV.89-91.[↩]
- “Cigno” o “oca selvatica”, nome con cui si definisce l’umanità perfetta del satya yuga, l’Età dell’Oro; corrisponde anche al penultimo livello spirituale del saṃnyāsin, in cui si restaura lo stato primordiale umano [N.d.T.].[↩]
- Omero, Inni VII.28-29.[↩]
- Pindaro, poeta lirico greco (522-443 a. C.), Pizia X.30.[↩]
- “Allora, Zeus trasformò l’umanità dell’età dell’Oro in geni protettori; dimorano nel sottosuolo e sono i guardiani dei mortali. Essi verificano le loro buone e cattive azioni e vestiti di aria, vagano invisibilmente sulla terra diffondendo benedizioni. In questo modo sono circondati da un alone di maestà”. Esiodo, poeta greco (VIII secolo a. C.), Opere e Giorni: 110-131.[↩]
- Uttarakuru (in sanscrito उत्तरकुरु, significa “che produce il Nord”) è il nome di un continente (dvīpa) dell’antica mitologia hindū situato a Nord, a volte descritto come appartenente al mondo grossolano, altre volte come un mondo sottile, abitato da esseri spirituali o ultraterreni [N.d.T.].[↩]
- Nella Bibbia il guardiano della soglia del Paradiso perduto era un Cherubino a sei ali armato di una spada fiammeggiante. Nella mitologia hindū, Himavat, divinità della neve che impersona l’Himalaya, blocca l’accesso all’Uttarakuru.[↩]
- Il dio solare Apollo è molto simile a Viṣṇu e il grifone alla sua cavalcatura (vāhana), il Garuḍa. Essendo il grifone composto da aquila e leone, è il simbolo della sovranità sul cielo e sulla terra. Tuttavia, non ha la signoria degli inferi. Questo ricorda l’antagonismo tra Garuḍa e i cobra, i Nāga. Inoltre, i grifoni sono i custodi del tesoro di Apollo, come Garuḍa lo è dell’amṛta, la bevanda d’immortalità.[↩]
- Omero, Odissea, IX; Ciclope significa appunto “con solo un occhio rotondo”.[↩]
- Chiamato Vulcano (Vulcanus) dai Romani.[↩]
- Pitagora interpretò il nome del Dio come a-pòllon (A-πόλλων), non-molteplice, nel senso Vedāntico di a-dvaita.[↩]
- Da non confondere con l’omonima isola greca. La primitiva Delos (Ortigia) faceva parte dell’arcipelago iperboreo.[↩]
- In greco antico Πύθων (leggi pỳthon), è un personaggio della mitologia figlio di Gea (la Terra, sskrt. Bhūmīdevī), prodotto dal fango della terra dopo il Diluvio Universale. Era un serpente di dimensioni terrificanti che custodiva l’Oracolo di Delfi. Fu ucciso da Apollo che si impossessò dell’Oracolo e impose alla sacerdotessa che possedeva ritualmente il nome di “Pizia” (Pitonessa) [N. d. T.].[↩]
- Asura corrisponde al titano della mitologia greca. Ahi(privo di zampe) era un asura di forma ofidica di dimensioni illimitate. Come s’è detto prima, la vicenda che segue allude a un intervento iperboreo volto a correggere qualche deviazione che stava affermandosi in seno alla tradizione greca.[↩]
- Come è narrato nel mito hindū di Vṛtra (il costrittore, altro nome di Ahi) ucciso da Indra, anche Apollo dovette purificarsi per il sangue versato.[↩]
- I titani, nella mitologia ellenica, sono una categoria di demoni antagonisti degli dei [N.d.T.].[↩]
- Pitagora visse e insegnò in Italia.[↩]
- Nella Tradizione greca c’è un altro racconto simbolico riguardante la “coscia”. In effetti, Dioniso nacque dalla coscia di Zeus. La coscia in lingua greca è espressa dalla parola méros (μέρος), che suona come Meru, la montagna polare della tradizione hindū. La coscia dorata corrisponde al sanscrito Sumeru, il “Dorato Meru”. Vedi René Guénon, Le Roi du monde, Parigi, cap. Bosse, 1927: p. 45. Per questo motivo gli antichi greci consideravano Pitagora come un avatāra di Apollo.[↩]
- Giamblico, autore neoplatonico siriano (II secolo d.C.), Vita di Pitagora: XIX.91-92.[↩]