Svāmī Prakāśānandendra Sarasvatī Mahārāja
6. La Luce della Realtà
D. Obiezioni al metodo dei tre stati e loro confutazioni
31. Obiezioni al metodo
1) Cosa s’ottiene investigando i tre stati come un tutto, invece di investigare il misterioso mondo che si trova nei tre stati e specialmente nella veglia?
2) Perché guardare solo dal punto di vista della veglia senza esaminare inutilmente anche il sogno e il sonno profondo?
3) Per affermare che la verità si deve conoscere esaminando i tre stati, per prima cosa si deve affermare che c’è una verità. Qual è la base di questa affermazione?
4) Anche accettando che ci sia una verità, come credere che una persona possa capirla?
5) Presupponendo che sia possibile capirla, perché la si dovrebbe capire solo con l’esame dei tre stati?
6) Anche se si presume che la si possa conoscere, come essere sicuri che questa comprensione sia definitiva?
32. Dicotomia tra soggetto e oggetto
Prima obiezione. Lasciando da parte il mondo che costituisce la sostanza dello stato, qual è l’utilità di esaminare lo stato come un tutto?
Questo è il punto di vista materialistico che considera solo il mondo e non lo stato.
A) In questa prospettiva, questo mondo esiste eternamente, non ha inizio né fine né ha alcun limite.
B) Le cose di questo mondo hanno due forme: materia ed energia. Tale materia è in continuo movimento senza posa. La natura della materia è quella di mutare in varie forme, come la contrazione, l’espansione, l’apparizione e la scomparsa1.
C) Nello spazio infinito del cielo ci sono innumerevoli stelle. Alcune scompaiono e nuove ne compaiono. Tra queste c’è il nostro sole. Dopo milioni di anni, a causa di ragioni sconosciute, alcune parti chiamate pianeti si sono staccati dal sole e, rimanendo nella sua sfera gravitazionale, gli girano attorno. La nostra Terra è uno di questi.
D) La Terra, all’inizio, era molto calda, sotto forma di gas, poi si addensò e raffreddò per lungo tempo, fino a solidificarsi coprendosi di acque. Dopo milioni di anni, nell’acqua apparve la vita. Fra gli esseri viventi sorsero i vertebrati prevalendo sugli invertebrati; più tardi, tra essi apparvero i mammiferi. La più alta specie tra i mammiferi è la razza umana. Se guardiamo attentamente a questa sequenza a partire dalla creazione dei pianeti fino all’apparizione della vita, nessuno può dubitare della superiorità degli umani.
E) Chi può sapere quante stelle, quante galassie, quanti sistemi solari come il nostro ci siano nello spazio infinito? Se paragoniamo il nostro sistema solare all’intero universo, esso appare un granello di sabbia. Che importanza può dunque avere l’uomo, nato in un piccolo angolo della terra? Fra centinaia di migliaia di esseri umani, la persona nata ieri, che vuole esaminare i suoi tre stati per trovare la chiave della verità dell’universo, è come l’urlo dello sciacallo portato via dalle acque. Questo è quanto sostiene l’obiettore.
Risposta del Vedāntin: per rispondere a questa obiezione bisognerebbe tenere a mente la differenza del punto di vista materiale e di quello dei tre stati discussa nei §§ 17-23. L’indagine scientifica è rivolta all’esterno e limitata alla veglia. Essa presuppone che siamo in un angolo del mondo della veglia e, dando importanza solo a essa, che si debbano considerare solo gli oggetti della veglia. Ciò è errato. Anzitutto cos’è quello che noi chiamiamo mondo? È vero che ci sono innumerevoli stelle, pianeti e comete in esso, tuttavia il mondo con il suo sole, luna e stelle, non è altro che un lampo. Non è attraverso quest’indagine che si conosce l’esistenza dell’universo. È dunque più grande il mondo che appare incommensurabile, o è più grande la conoscenza che lo oggettiva e lo controlla? È più grande l’universo, che è oggetto di conoscenza, o è più grande la conoscenza che lo oggettiva? Non ci vuole niente per capire che la conoscenza ha un’esistenza talmente grande da oggettivare l’intero mondo come anche la cosa più piccola. Per quanto utile possa sembrare l’indagine sulla Terra, sui pianeti e i loro dettagli, essa produce una conoscenza finita, anche se talvolta di una qualche utilità. Tuttavia non è utile per acquisire la conoscenza infinita della Realtà, per indagare la vera conoscenza-Coscienza che comprende tutto. Solo questa conoscenza prova l’esistenza del mondo, senza la quale il mondo stesso sarebbe come una danza al buio davanti a un cieco. Dato che in seguito si discuterà ampiamente sulla conoscenza, per ora questo può essere sufficiente. Per quanto vasto e vario il mondo possa essere, la sua verità è inclusa nella conoscenza. Dal momento che appare all’interno dello stato di veglia, è bene che venga indagato in stato di veglia. È vero che con questo metodo non possiamo conoscere i dettagli degli oggetti; ma essi non sono necessari al nostro scopo che è quello di scoprire la loro Realtà. Non ha senso pensare che la conoscenza della totalità dello stato sia inferiore a quella di una piccola parte in esso contenuta.
33. L’errore del punto di vista della veglia
Seconda obiezione: qual è l’errore del punto di vista della veglia? Siamo nati, cresciuti e conosciamo ogni cosa solo in veglia. Per noi sono valide solamente le esperienze di felicità e sofferenza sperimentate in veglia. Poiché l’esperienza della veglia è chiara e ottenuta con mezzi definiti, il desiderio di acquisirla di nuovo è naturale da parte nostra, ed è altrettanto giusto raggiungerla con quei mezzi. Con l’osservazione e la sperimentazione si possono identificare le cause del dolore e tentare di rimuoverle. È possibile identificare le cause di dolore e felicità nel sogno e fare qualcosa per ottenerle ed evitarle, quando il sogno cambia ogni giorno? Niente affatto: come per il sonno profondo, non c’è speranza di trarre dal sogno qualcosa che sia utile alla nostra vita quotidiana. Quindi, perché non dovrebbe essere giusto indagare soltanto gli oggetti della veglia? Il mondo della veglia e i suoi oggetti sono comuni a tutti e soggiacciono a precise leggi di natura. Lo stesso mondo che vediamo oggi sarà quello di domani; così sarà per gli oggetti, per la natura e per le leggi che li regolano. Questa è la nostra ferma convinzione basata sull’esperienza. Quindi una persona o una cosa può favorire o danneggiare un’altra. Per questo i saggi capaci e benevoli cercano le qualità e le leggi delle cose e degli esseri di questo mondo e compongono i vari śāstra utili alla società. Quindi, solo nello stato di veglia è possibile per gli animi nobili trovare il modo di arrestare le tendenze dell’egoismo e fare qualcosa di positivo per il mondo.
C’è forse questa possibilità nel sogno? Il sogno è personale, diverso per ognuno e non si può sapere cosa accadrà nel sogno seguente. Quindi come si può aiutare o danneggiare un’altra persona? Questa è la prima ragione per cui si dà maggior valore alla veglia. C’è ancora un altro punto: gli śāstra hanno insegnato i concetti del dharma dell’adharma, della rinascita, degli altri mondi ecc., e hanno spinto l’uomo a un’aspirazione per uno scopo più elevato (puruṣārtha). Per seguire questo insegnamento c’è forse un altro stato, oltre la veglia? Dove troviamo gli śāstra o il guru se non nella veglia? Dove sono sperimentate le conseguenze delle colpe e dei meriti se non nella veglia? Gli insegnamenti del guru e le discipline insegnate si possono praticare solo in veglia. Da questo punto di vista sia gli scopi del mondo (laukika artha) sia i rituali vedici necessitano dello stato di veglia. Tenendo d’acconto ciò, come possono i sostenitori del punto di vista dei tre stati fare a meno della veglia? Anch’essi devono rifugiarsi nello stato di veglia sia quando vogliono insegnare la conoscenza del Sé agli altri, sia mostrare il frutto di tale conoscenza in vita. Altrimenti, se abbandonassero il punto di vista della veglia, come potremmo incontrarli e ascoltare i loro insegnamenti? Perciò il punto di vista della veglia deve essere accettato come utile e inevitabile. Definire la veglia imperfetta, come hanno fatto alcuni vedāntin influenzati dall’idealismo buddhista, sembra aver lanciato un sortilegio sulla gente, che è diventato un grande ostacolo per seguire sinceramente la scienza, l’etica, le preghiere e le meditazioni. Quindi, la richiesta di alcuni maestri di abbandonare il punto di vista della veglia in favore di quello dei tre stati è ingannevole. Ciò che essi mostrano è come l’albero evocato da un illusionista che non può produrre frutti. Quindi il metodo dei tre stati non è un metodo straordinario, perché nessun saggio può basare la sua dottrina se non sul punto di vista della veglia.
Risposta del Vedāntin: ripetiamo che la gente comune, gli specialisti, gli scienziati, i filosofi ecc. si sono occupati della veglia senza guardare il punto di vista dei tre stati. Questo è di ostacolo per la conoscenza della verità, poiché obbliga a esaminare in dettaglio i vasti o i minuscoli oggetti della veglia. Analizziamo una ad una le obiezioni.
Obiezione: poiché l’indagine deve essere fatta solo in veglia, anche i suoi risultati dovranno essere nello stesso stato.
Risposta: questo va bene, perché la conoscenza è richiesta ovunque ci sia ignoranza. Ma da che punto di vista? L’indagine dovrà procedere in quanto siamo legati solo alla veglia oppure standone fuori? Questo è il punto. È vero che abbiamo uno stato di veglia; ma è altrettanto vero che abbiamo anche uno stato di sogno e uno di sonno profondo. Per nostra esperienza dobbiamo dire che non siamo confinati alla veglia o al sogno o al sonno profondo; perché tutti e tre vanno e vengono. Stando così le cose, non si può sperare di capire la verità se si ha una precedente identificazione con uno stato qualsiasi prima di procedere con l’indagine.
Obiezione: soltanto la sofferenza e la felicità della veglia sono valide nella vita e non quelle dei sogni.
Risposta: è vero. Ma ciò come può intaccare la verità? Attaccarsi a certe esperienze non prova che siano vere. Se quello che ci piace o desideriamo fosse il criterio per determinare la verità, allora quanto è esaminato dalla veglia dovrebbe essere la verità. Invece essa non dipende da ciò che ci piace o ci dispiace. Qualunque cosa sia, quella è la verità. Per esempio, molti non amano la povertà e desiderano essere ricchi. Ma qual è la realtà? Pur non amando la povertà molti sono poveri e questo è un fatto incontestabile. Allo stesso modo possiamo dare valore alle esperienze di gioia e dolore della veglia, ma tutto ciò non prova che la veglia sia sufficiente per indagare la verità.
Obiezione: la veglia è continua e le cose in essa sono regolate da spazio e tempo, seguendo precise leggi di natura. Quindi possiamo agire per acquisirle o evitarle, in modo da ottenere felicità ed evitare la sofferenza. Invece gli oggetti del sogno non sono così e quindi non possiamo fare nulla con essi.
Risposta: anche questa opinione è dovuta al pregiudizio della veglia. Perché, come il mondo e le esperienze della veglia ci sembrano utili quando siamo in veglia, così anche il mondo e le esperienze del sogno lo sono quando siamo in sogno. Quando siamo in stato di sogno non diciamo “Dopotutto è solo un sogno”.
Obiezione: ma il sogno è transitorio e i suoi oggetti sono illusori.
Risposta: anche questa è una opinione solo della veglia, perché quando sogniamo non chiamiamo gli oggetti ed eventi del sogno transitori e illusori.
Obiezione: in veglia ci sono altri simili a noi che sperimentano e valutano il mondo della veglia, mentre il sogno e il sonno sono personali. Quindi gli ultimi due non hanno lo stesso valore della veglia.
Risposta: possiamo rispondere in due modi: ammettiamo pure che la veglia sia uno stato comune e che il sogno e il sonno siano personali. Anche se fosse così, perché la veglia dovrebbe essere più importante? Qualcosa è forse reale perché è accettato dalla maggioranza? Il sorgere, il viaggio e il tramonto del sole sono reali perché tutti lo sperimentano? Niente affatto. Quindi anche ammettendo che la veglia sia uno stato comune, non per questo ha un valore maggiore. L’altra risposta all’obiezione è che in realtà anche lo stato di veglia è una esperienza di ognuno di noi e non un’esperienza condivisa. Come da soli sogniamo, da soli dormiamo, così ci svegliamo da soli. Questo è nell’esperienza di tutti. Come non possiamo conoscere direttamente l’altrui esperienza di sogno o di sonno, così non possiamo mai conoscere direttamente l’esperienza altrui della veglia. Conosciamo l’esperienza di sogno altrui solo quando ce la raccontano durante la veglia, ma non per questo condividiamo il loro sogno. Similmente, che gli altri siano in veglia lo sappiamo solo per deduzione basata sulla loro affermazione, non perché condividiamo direttamente la loro esperienza di veglia. Come non possiamo sperimentare il dolore o piacere altrui, ma li deduciamo dal loro comportamento, così non possiamo sperimentare la loro veglia, se non deducendola dal loro comportamento. Così, esaminare l’esperienza altrui di veglia, di sogno e di sonno profondo, immaginandola nella nostra veglia in base alle loro parole e comportamenti, non può mai condurre ad accertare la verità. Ciò non può mai diventare una visione comprensiva dei tre stati né può essere libera da difetti. È vero che i vedāntin come gli altri devono determinare la verità solo nella veglia; ma per le suddette ragioni i vedāntin si differenziano perché considerano tutti e tre gli stati, mentre quelli prendono la veglia come stato principale e gli altri due come secondari.
34. Il presupposto dell’esistenza della Verità
Obiezione: qual è il criterio per affermare che c’è la Verità? Questa indagine è partita dal presupposto che ci sia una Realtà immutabile in quanto esistenza, alla radice delle cose e delle esperienze mutevoli. Ciò sarebbe risaputo e darebbe felicità. La stessa Realtà apparirebbe sotto varie forme ed esperienze. Ma, prima d’iniziare l’indagine, come si può dire che le apparenze del mondo sono molteplici e mutevoli e che quando sono immutabili questa è la Realtà? Se guardiamo questo mondo attentamente, nulla rimane com’è e ogni cosa è mutevole. Anche le cose insenzienti, come la pietra, la terra, l’acqua ecc., cambiano. Gli esseri senzienti indubbiamente sono sottoposti a nascita, crescita, declino e morte. Quindi ogni cosa nel mondo esteriore è solo un flusso di cambiamento. Anche dentro di noi, nel mondo interiore, c’è continuo movimento. Questo movimento interno ed esterno del mondo è ininterrotto. Parlare di cambiamenti presuppone che ci siano cose e che esse cambino. Tuttavia ciò non è vero, perché cosa sono le cose se non i loro stessi cambiamenti? Ciò che appare come coscienza in noi e ciò che appare come esistenza fuori nel mondo, è solo un flusso di cambiamenti. Come immaginiamo l’acqua, il gorgo, le onde e altre forme nel continuo fluire di un fiume, così anche immaginiamo le cose di varie forme in questo mondo legato all’azione. In realtà, anche la coscienza è solo un fluire di cambiamenti, e anche gli stati sono movimenti. E allora, se ogni cosa è solo movimento e cambiamento, dov’è la sostanza immutabile o Realtà?
Risposta: la risposta a questa obiezione è questo intero libro. L’obiezione cerca di demolire proprio l’indagine sul Sé, perciò non possiamo procedere senza dare una breve risposta. Se non s’afferma che c’è una Realtà, la cerca non può procedere. Questo non è solo un problema dell’indagine, ma di qualsiasi ramo della conoscenza. Per esempio, la scienza dell’energia procede supponendo che ci sia una determinata cosa detta energia. L’astronomia presuppone che ci siano le stelle ecc.
Obiezione: è naturale per le scienze materiali presupporre l’esistenza della loro materia perché è percepibile dai sensi; ma come supporre l’esistenza che è al di là dei sensi?
Risposta: qualunque sia l’argomento di conoscenza, percepibile o al di là dei sensi, senza presupporla non c’è alcuna possibilità di procedere.
Obiezione: una scienza realistica e non ideologica cerca di trovare la realtà delle cose in questo mondo. Ma come può affermare che esista prima di averla trovata? Un fatto o una realtà devono essere trovati; non è una teoria da costruire.
Risposta: ogni scienza deve partire da un postulato e procedere di conseguenza. Indaga fino a che non sia sicura che tale realtà o principio esista. Se qualsiasi scienza presuppone un principio da indagare, perché non dovrebbe averlo la scienza della Realtà per procedere a indagare l’Assoluto? Alcuni pensatori affermano che c’è una realtà sottostante al mondo. Il loro sforzo può aver successo o no, ma nel cuore umano c’è una intuizione universale che è alla base di questa presupposta Verità. Nella storia della filosofia ci sono certi punti accettabili. Per esempio: il nostro oppositore, nel tentativo di provare che non c’è una preliminare evidenza di Verità, presuppone che sia possibile spiegare in modo convincente agli altri la sua conclusione! Questo dimostra che anche per lui c’è un metodo stabilito dalla logica. Così non ci può imputare alcun azzardo quando affermiamo che c’è una Verità soggiacente al mondo.
35. Gli stati sono veramente tali, non modificazioni
La risposta data in precedenza non è sufficiente per provare l’esistenza di una Realtà immutabile. Esaminiamo ancora l’obiezione.
Obiezione: essendo tutto costantemente in movimento, c’è una Realtà che non subisce alcun cambiamento? Nulla in questo mondo rimane privo di cambiamento; lo si deve accettare come verità. ‘Una cosa è esistita prima in uno stato e ora è in questo stato’; questo è un discorso che si riferisce solo a stati immaginari e relativi; non è vero che le cose abbiano stati differenti. Anche quando diciamo che una certa cosa per un certo tempo era in un certo stato, quella cosa stava solo cambiando, ma nella nostra mente l’abbiamo rimossa dal fluire e l’abbiamo immaginata come fosse stabile. Anche quando pensavamo ‘era così’ non era rimasta la stessa né aveva persa la sua relazione con altre, cioè la sua relatività, diventando non esistente. Per esempio, quando diciamo ‘l’acqua di questo lato del fiume fluisce più velocemente di quella dell’alta parte’, ben si sa che l’intera acqua è tutta la stessa corrente e che con c’è acqua separata dalla corrente. Similmente ogni cosa nel mondo è lo stesso fluire di cambiamento. Un altro esempio: mentre la musica è suonata, ascoltando un rāga, immaginiamo varie note; così la nostra mente immagina tutte le divisioni del mondo e non c’è alcuna prova per dimostrare che le parti siano realmente esistenti.
Risposta: ciò nonostante, i tre stati di veglia, sogno e sonno profondo non possono essere un flusso, perché quando una persona va a dormire, non si può dire che la veglia è diventata o si è trasformata in sonno.
- La dualità è vista nello stato di veglia e non in sonno profondo. Nessuno può affermare che i due stati così opposti l’uno all’altro siano uniti tra loro o che uno si sia modificato nell’altro come l’acqua che scorre da una parte a un’altra.
- Nella veglia c’è il tempo, mentre nel sonno profondo non esiste. Quindi non possiamo dire che la veglia procedendo si modifichi nell’esistenza senza tempo che è chiamata sonno profondo; o che il sonno profondo senza tempo, fluendo nell’assenza di tempo diventi la veglia a un certo punto del tempo.
- Senza sonno non si può sognare; ma talvolta si sente dire: ‘Io, che ero in veglia, improvvisamente mi sono ritrovato in sogno’; tuttavia sappiamo che l’esperienza del sogno era possibile solo dopo che il sonno aveva rimosso la veglia. Questo prova che la veglia non si trasforma in sogno come la graduale crescita d’un albero dal germoglio.
- Inoltre, dopo il sogno, senza alcun intervallo, inevitabilmente viene la veglia. Quindi veglia, sogno e sonno profondo sono stati reali e le loro apparizioni non sono la trasformazione di uno nell’altro, ma sono indipendenti. Essi non sono divisioni o aspetti immaginati nel flusso di un unico tempo. Se lo fossero, sarebbero apparsi in sequenza in un unico tempo. Invece la serie temporale sperimentata nella veglia non continua nel sonno, ma lì scompare completamente. Neanche il sogno e la veglia sono uniti da un unico filo, anzi appaiono in differenti serie temporali2.
Quindi, non essendoci una serie temporale comune, definirli accadimenti in sequenza va contro l’esperienza universale. Gli stati sono così e non come nelle nostre erronee immaginazioni. Allo stesso modo la possibilità di una Realtà assoluta e immutabile non è contraddetta dall’apparente e continuo cambiamento delle cose.
36. È possibile scoprire la Verità
Obiezione: accettiamo pure che ci siano gli stati e che non siano parte di un cambiamento in sequenza continua; ma ciò pone un problema. È possibile trovare la verità degli stati? Cioè dobbiamo capire se le apparenze negli stati esistono come appaiono, o se c’è qualcosa soggiacente come loro verità. È giusto credere che la verità degli stati si troverà proprio esaminando i tre stati? La conoscenza sia degli stati sia delle cose al loro interno è in continuo cambiamento, perché la conoscenza di ogni stato è differente, come anche la conoscenza di ogni oggetto. Allora, se la conoscenza e gli oggetti di conoscenza sono in continuo cambiamento, qual è la sostanza immutabile che esiste?
Risposta: sebbene l’obiezione sembri efficace, non incrina la dottrina dei tre stati. Se guardiamo il mondo esterno dal punto di vista dei sensi, può sorgere il dubbio se il mondo esiste come appare o se esiste in una natura diversa dall’apparenza. Dato che il mondo è visto attraverso i sensi, ci si può chiedere come sarebbe se non avessimo i sensi. Per quanto riguarda gli stati, non c’è possibilità per tale dubbio, perché li testimoniamo o intuiamo direttamente, senza la necessità dei sensi. Qui l’intuizione è il mezzo per testimoniare e capire gli stati. Per combinare i dati raccolti dall’intuizione e accertare la verità, c’è anche la ragione. Stando così le cose non è arrischiato negare che ci sia un mezzo per determinare la verità? Le conoscenze e le apparenze negli stati sono senza dubbio varie e mutevoli. Se non ci fosse qualcuno che le conosce, gli stessi cambiamenti non potrebbero essere riconosciuti. L’io che è conscio e che testimonia il sorgere e lo scomparire di queste conoscenze, è libero dai cambiamenti che testimonia. La natura di questo io è essenzialmente la coscienza, come il calore lo è per il fuoco. Quindi dobbiamo accettare che c’è in noi una natura essenziale che, non subendo alcun cambiamento, è cosciente dell’andare e del venire delle conoscenze negli stati e dei loro contenuti. Quindi, con la coscienza immutabile, che è la nostra natura essenziale, si può accertare la realtà d’ogni cosa e non c’è spazio per alcuna obiezione.
37. Nell’esame dei tre stati deve essere indagata ogni cosa
Obiezione: esaminando solo i ‘nostri propri stati’, come si abbraccia l’intero universo?
Risposta: questo dubbio viene a chi ha dimenticato la pervasività dello stato insegnata precedentemente (al § 26.). Se la si ricorda, l’obiezione non si pone. L’idea della ‘mia veglia’ e della ‘veglia degli altri’ persiste in coloro che hanno perso il vero significato della veglia. Io, tu, essi e tutti gli altri oggetti appaiono solo nella nostra veglia. Quindi essi sono tutti inclusi nella veglia. L’idea che molti nel mondo si sveglino e vadano a dormire avviene solo nel nostro stato di veglia. Quindi, quando prendiamo tutto lo stato per indagarlo, fuori della mia veglia non ci sarà nessun altro e nemmeno i suoi stati di veglia, sogno e sonno profondo. Quindi, quando io capisco i miei tre stati, nulla rimane escluso. Il Māṇḍūkya Upaniṣad Śaṃkara Bhāṣya dice:
Quando capiamo i tre stati nulla più rimane da conoscere (MUGKŚBh IV.88).
38. Conclusione incontrovertibile sui Tre Stati
Obiezione: qual è la garanzia che la conclusione sui tre stati sia determinante? Molte teorie si sono avanzate per poi essere superate; chissà quante altre ce ne saranno in futuro. Ci sono state molte scuole prima dell’Advaita Vedānta che i vedāntin non hanno confutate; anche se le avessero confutate, sarebbe stato impensabile che abbiano previsto le teorie di tutte le scuole successive e ne abbiano anticipato la confutazione. Comunque, non si può negare che in futuro possa sorgere un’altra scuola con argomentazioni che smentiscano la conclusione vedāntica. Chi può dire che non ci sarà una altra scuola con argomenti più convincenti di quelli vedāntici?
Risposta: chi ha studiato il metodo dei tre stati capirà subito l’assurdità di tale obiezione. Nessuno può negare che solo questo tipo di teorie nate dalla speculazione appaiono e scompaiono in questo tempo limitato del mondo empirico. Se qualcuno, con la sua intelligenza formula una teoria, è naturale che una persona più intelligente ne possa formulare una migliore e dimostrare che le argomentazioni della prima sono deboli. Ma se qualcuno scopre un principio non legato al tempo, ai pensieri e alla speculazione, ma basato sull’intuizione universale, nessuna logica in nessun tempo lo può far vacillare. Il Vedānta non è una filosofia costruita sulla speculazione. I suoi oggetti d’indagine, cioè gli stati di veglia, sogno e sonno profondo, non sono legati a nessun tempo; al contrario, è proprio il tempo che si trova nella veglia e nel sogno a essere un oggetto di conoscenza. Quindi la natura del Sé che testimonia gli stati come non-sé, non ha alcuna possibilità d’essere connessa al tempo. Perciò, essendo l’argomento del Vedānta oltre il tempo, non c’è possibilità che sia contraddetto in futuro. Una volta che si capisce che l’intero campo d’indagine è investigato rigorosamente, la conclusione a cui s’arriverà non potrà mai essere contestata.
Obiezione: ci sono stati, come il coma, l’ebbrezza ecc., che sono fuori dei tre stati. Se non si indagano anche questi, la nostra visione sarà incompleta.
Risposta: no, nel § 40 tutti questi saranno inseriti nei tre stati in modo appropriato. Così non c’è alcun difetto nel nostro metodo e, quindi, possiamo procedere nell’indagine.
- I punti di vista che riguardano tempo, materia, causa ed effetto, sostenuti dagli scienziati del XIX secolo hanno subito grandi cambiamenti. Queste nuove opinioni per alcuni aspetti sembrano più vicine al Vedānta, mentre altre gli sono contrarie. Tuttavia, nella successiva discussione, si capirà che si tratta di due livelli scientifici differenti che, in realtà, non si contraddicono tra loro. Per ora ci riferiamo solo alle teorie più diffuse tra gli scienziati.[↩]
- Cfr. BSŚBh III.2.3.[↩]