Svāmī Prabhuddhānanda Sarasvatī Mahārāja
4. Commento alla Māṇḍūkya Upaniṣad e alle Kārikā di Gauḍapāda
Agama Prakaraṇa
Mantra 1-2
- Oṃ ityetad akṣaramidam sarvam tasyopavyākhyānam bhūtam bhavadbhaviṣyaditi sarvam Oṃkāra eva ǀ
yaccānyat trikālātītaṃ tadapi Oṃkāra eva ǁ
La sillaba Oṃ è tutto questo. Di essa c’è una chiara spiegazione. Passato, presente e futuro, tutto questo è davvero la sillaba Oṃ.
E ciò che è al di là del triplice tempo, anche Quello è ancora davvero la sillaba Oṃ.
- Sarvam hi aitad Brahma ayam Ātmā Brahma soyam Ātmā catuṣpāt ǁ
Tutto questo è realmente Brahman. Questo Ātman è Brahman. Ātman in quanto tale ha quattro pāda.
Se il nome è il nominato e il nominato è il nome, allora entrambi perdono la loro identità; ogni nome è relativo al soggetto, come pure ogni nominato è sempre relativo al soggetto. Quindi il gauṇa ekatvam (unicità qualificata)è evidente come anche il mukhya ekatvam (unicità ultima). Il kāraṇa (l’origine) comune in quanto nirviśeṣam,libero da tutte le relazioni, è mukhya ekatvam e ovunque c’è un oggetto c’è descrizione, il pensiero e la parola essendo sempre correlati tra loro. Ogni oggetto è abhidheyam (nominabile) per il quale c’è abhidhānam (denominazione o nome) e così anche la Realtà descritta come origine di ogni cosa diventa abhidheyam eil suo nome è Oṃ. Ogni oggetto ha la sua propria descrizione e anche Bhagavān (il Signore), come origine dell’universo, è descrivibile, in quanto l’origine di ogni cosa è descritta proprio in quanto origine. Quando la si descrive, la creazione è abhidheyam e, quando si descrive qualcosa come sua origine, anch’essa diventa abhidheyam. Così l’universo è abhidheyam, ogni oggetto è abhidheyam e l’origine della creazione è insegnata come abhidheyam; altrimenti è nirviśeṣam, l’Indifferenziato. Ciò significa che l’origine non è origine in quanto tale, ma lo è solo quando è descritta. Dal punto di vista del jagat (mondo), cioè dell’adhyāropa dṛṣṭi (il punto di vista erroneo che si deve annullare), è origine e, quindi, la śruti la insegna come tale; ma, dal punto di vista della Realtà assoluta, è nirviśeṣam. In quanto nirviśeṣam non è abhidheyam. Nirviśeṣatvam (la natura indifferenziata dell’Assoluto) è il mukhya ekatvam di tutti gli abhidhānam e gli abhidheyam. Bisogna capire questo speciale approccio; ogni oggetto per il quale c’è definizione è abhidheyam. Che cos’è questa definizione? Anche se c’è qualcosa che non si conosce, ma che ha una definizione, è passibile di denominazione e il suo essere definito è detto abhidhānam. Per esempio, un albero ha jāti (specie), guṇa (caratteristiche), kriyā (funzioni), sambandha (relazioni). Queste sono le quattro categorie che rendono l’abhidheyam passibile di descrizione, che permettono la sua definizione. Un oggetto può essere descritto in termini di classe di appartenenza, di attributi caratterizzanti, di attività-utilità e, infine, di relazioni con altri oggetti. Per fare un esempio, un individuo appartiene alla jāti umana; come guṇa ha peso e altezza e può essere descritto secondo i suoi tratti; per quanto riguarda kriyā, lo si può descrivere per come agisce; per quanto riguarda il sambandha,in base alle sue relazioni di luogo, di tempo, di causalità, ecc. Invece, in quanto nirviśeṣam, non ha alcuna jāti, non è classificabile, è uno senza secondo, privo di tratti fisici e mentali e privo di qualsiasi caratteristica. Nirviśeṣam non è collocato nel tempo, non ha jāti né guṇa né kriyā e, in quanto nirviśeṣam, non ha neppure sambandham. Tuttavia, se si insegna il nirviśeṣam in quanto origine, allora diventa abhidheyam. Questo è quanto si deve capire. Il nirviśeṣam è insegnato come origine del mondo, ma si deve capire che l’origine è solo insegnata come origine, mentre, invece, è il Non-duale nirviśeṣam. Allorché è insegnato come origine, è passibile di un nome e quel nome è Oṃ. Perciò il significato di Oṃkāra è nirviśeṣam in quanto origine e il Svarūpam (reale Natura)di Oṃkāra è nirviśeṣam. L’Oṃkāra è il nome del nirviśeṣam, ed essendo il nome, il nominato non è altro che il nirviśeṣam insegnato come origine. Il Svarūpam di Oṃkāra è mukhya ekatvam. Il nirviśeṣam insegnato in quanto origine di ogni cosa, è il senso del termine Oṃ: perciò Oṃ significa nirviśeṣam. Dal punto di vista dell’adhyāropa è insegnato come origine, dal Svarūpam dṛṣṭi è nirviśeṣam.
Ogni oggetto è abhidheyam ed è fatto di nirviśeṣam; non si deve pensare che ci sia differenza tra Īśvara e Brahman, come molti fanno. È richiesto un approfondito studio degli śāstra per ottenere lo śāstra saṃskāra (padronanza dello śāstra). È vero che il nirviśeṣam non può essere insegnato, ma se lo śāstra lo insegna, lo si deve immaginare tramite l’errore chiamato creazione. È insegnato come origine di tutto che è lo stesso nirviśeṣam chiamato Īśvara, mentre in quanto nirviśeṣam è chiamato Parabrahman. Si potrebbe anche arrivare a dire che Parabrahman può essere chiamato origine di ogni cosa, in quanto insegnato come origine di tutto, pur rimanendo sempre nirviśeṣam. Īśvara è un termine tecnico (pāribhāṣika śābda): non è altro che il nirviśeṣam insegnato come origine di tutto con il nome di Īśvara. Si farebbe un grande errore pensare che Īśvara sia l’origine e Brahman il nirviśeṣam. Lo stesso nirviśeṣam insegnato come origine dell’universo è Īśvara, e il nirviśeṣam, dal suo punto di vista, rimanendo nirviśeṣam, è Parabrahman. È quel Parabrahman che è identico ad Ātman: tu sei quel Parabrahman, tu sei quel nirviśeṣam. Ciò significa che tu sei, allo stesso tempo, l’origine di tutto e il nirviśeṣam. Ogni oggetto è fatto di nirviśeṣam come propria origine, proprio come il serpente è fatto di corda. Ma la parola ‘fatto’ non deve indurre a pensare a un procedimento, a un cambiamento; le parole confondono, perché si cerca di darne connotazioni traendole dall’ambiente che ci circonda. Si usa la parola saṃskāra per le impressioni del karma passato, ma, in realtà, la parola saṃskāra significa ‘spingerti verso il Vedānta’, ‘spingerti verso te stesso’, ‘spingerti a osservare la tua esistenza’; saṃskāra significa saṃs karoti, quello che libera. I saṃskāra,in quanto inclinazioni risultanti dal karma, non purificano; le attrazioni verso gli oggetti sono dovute solo a impressioni latenti. Tutte le attrazioni, i desideri, le emozioni, gli attaccamenti, sono impulsi chiamati vāsanā. L’intera vita è espressione dell’impulso radicato nella propria ignoranza. È in questo errore che si radicano le impressioni.
Quindi, il punto cruciale è che ogni oggetto è fatto di nirviśeṣam, ogni oggetto è abhidheyam e il nirviśeṣam in quanto origine di tutto, diventa abhidheyam. Così ogni abhidheyam individuale si riduce a un abhidheyam chiamato nirviśeṣam in quanto origine. Perciò si può descrivere ogni oggetto come Īśvara, è insegnato come Īśvara in una data forma; altrimenti, sotto quella forma, è nirviśeṣam. Fra l’oggetto e la sua Realtà ci deve essere un contrasto assoluto; non possono essere entrambi abhidheyam, ma l’origine, come nirviśeṣam, è la Realtà. Se jagat è abhidheyam e anche l’origine è abhidheyam, allora non ci sarebbe un contrasto assoluto: perciò l’abhidheyatvam del nirviśeṣam, com’è insegnata dagli śāstra, è kalpitam (immaginato). Ogni oggetto è fatto di nirviśeṣam, ogni oggetto è abhidheyam e ciò di cui ogni oggetto è fatto è Īśvara. C’è una molteplicità di abhidheyam che si riduce a un unico abhidheyam chiamato Īśvara. Ne consegue che anche tutti gli abhidhānam si riducono a un solo abhidhānam, che è l’abhidhānam di Īśvara, cioè Oṃkāra. Dapprima l’Upaniṣad afferma che ogni cosa è Oṃkāra e poi che ogni cosa è Brahman in quanto origine. Perché, allora si dice che ogni cosa è Īśvara? Perché ogni cosa è fatta di Īśvara. In che senso è fatta di Īśvara? Esattamente come il serpente è fatto di corda. Si tratta di una percezione, ma insegnata come creazione: è kalpita (immaginazione). Tutti gli abhidheyam si riducono a un abhidheyam chiamato Īśvara, e tutti gli abhidhānam a un abhidhānam chiamato Oṃkāra Questo è il motivo per cui la śruti afferma “Ogni cosa è abhidhānam e Oṃ e ogni cosa sono anche abhidheyam”; il che significa che tra abhidhānam e abhidheyam non c’è differenza. È letteralmente una unità, non una correlazione. La correlazione è la descrizione relativa all’oggetto per cui l’oggetto è relativo alla descrizione. I sensi sono relativi alle forme e le forme lo sono ai sensi: questa è correlazione. La correlazione è diversa dall’identità. Si può dire “essa è relativa a me”, ma non si può dire “essa è me”, perché la correlazione implica differenza.
Se tutto è Oṃkāra e se tutto è Brahman, allora fra l’abhidheyam e l’abhidhānam non c’è correlazione né relazione, c’è solo unicità, identità. La correlazione è chiamata gauṇa ekatvam e la vera unicità non duale è chiamata mukhya ekatvam; il che significa che abhidheyam perde il suo abhidheyatvam, ciò che è nominato perde la sua nominabilità e ciò che resta è solo nirviśeṣam. Quando il pensiero perde la sua capacità di pensare, vi è solo nirviśeṣam; allora l’individuo perde la sua individualità e c’è solo il nirviśeṣam. Perciò quel nirviśeṣam non è altro che il Svarūpam di abhidheyam, il Svarūpam di entrambi abhidhānam e abhidheyam. Oṃkāra è abhidhānam, Īśvara è abhidheyam e il Svarūpam di entrambi è nirviśeṣam e, in quanto nirviśeṣam essi sono indivisibili. Così si annulla anche la relazione origine-creazione. Supponendo che si dica che ogni cosa è nata da Brahman senza aggiungere altro, allora si potrebbe pensare che Brahman è eternamente l’origine di ogni cosa e il suo nirviśeṣatvam non sarebbe insegnato. Perciò, per trasmettere il nirviśeṣatvam di Brahman e di Ātman, dapprima la śruti insegna che “Ogni cosa è Oṃkāra”, e poi che “Ogni cosa è Brahman”, intendendo così che non c’è alcuna differenza tra abhidhānam e abhidheyam. Bisogna tenere ben a mente questo metodo.
Il primo mantra dice “Oṃ ityetad akṣaramidam”. In sanscrito Oṃ deriva dalla radice ava che significa ‘quello che protegge’, ‘quello che è l’esistenza di tutto’. Quello che presta l’esistenza è Oṃ; Oṃ è una parola monosillabica. Nel discorso lo si deve usare come una parola completa. A, U e M combinate diventano Oṃ. Oṃ, in quanto abhidhānam del jagat kāraṇam (origine del mondo)è imperituro come lo stesso jagat kāraṇam. Oṃkāra in quanto abhidhānam è imperituro e lo è anche in quanto nirviśeṣam. È in questo senso è che è detto akṣaram (imperituro), parola che vuol anche dire monosillabo. Tutto questo è veramente Oṃ. Si può chiamare un vaso ‘vaso’; questo è abhidhānam. L’abhidhānam empirico del vaso è vaso e l’abhidhānam del vaso nella śruti è Oṃ. Tutto questo è davvero Oṃ.
La śruti dà qui una breve spiegazione di Oṃkāra. Tutti gli oggetti di ogni tempo, l’intera creazione che fu, è e sarà, sono Oṃkāra; ogni oggetto è una parte della creazione e la creazione come un tutto è passibile di denominazione. Anche il nirviśeṣam, in quanto origine della creazione, è passibile di denominazione. L’abhidhānam per il nirviśeṣam insegnato in quanto origine è Oṃ. Il nirviśeṣam in quanto nirviśeṣam non ha abhidhānam. È anabhidheyam, è innominabile, non può essere descritto: “yatovacovivartante aprakṣe manasa saha”, vale a dire che è libero dal pensiero e dalla parola e appartiene a nirviśeṣam in quanto nirviśeṣam. Il nirviśeṣam, in quanto nirviśeṣam, non è un oggetto del pensiero o della parola, ma come origine di ogni cosa, può essere descritto come Oṃ. Perciò ogni cosa è Oṃ, ogni oggetto può essere chiamato Oṃ, che è l’abhidhāna nirdeśam (la descrizione dell’oggetto), ma in Sé è nirviśeṣam. Abhidhāna nirdeśam è Oṃkāra, invece abhidheya nirdeśam è Parabrahman. Che cos’è questo albero? Se dici che è Oṃ, intendi l’abhidhāna pradhana nirdeśam (la denominazione suprema), se dici che è Brahman è abhidheya pradhana nirdeśam (il nominato supremo).
“Sarvam Oṃkāra”, ogni cosa è Oṃkāra. Sarvam significa i cinque elementi, il corpo, i sensi, la mente, l’intelletto, i prāņa. Ogni frammento della creazione può essere chiamato Oṃkāra; ed è chiamato Oṃkāra, perché questo è il nome per il Brahman, essendo ogni cosa fatta di Brahman. Se ogni oggetto è abhidheyam e ogni abhidheyam è fatto di Īśvara, vi è un unico abhidheyam. Quello che è libero dai triplice tempo è Oṃkāra, e la stessa creazione, in quanto libera dal triplice tempo, è avyakṛta (non manifesta)1. Quando gli oggetti sono non manifesti, io non li vedo; quando io sono libero dagli oggetti, essi sono avyakṛta. Quando gli oggetti sono non manifesti, anche il tempo è non manifesto, quindi gli oggetti non manifesti sono liberi dal triplice tempo, pur essendo ancora oggetti. Un oggetto manifesto è un oggetto, come anche un oggetto non manifesto è un oggetto: il bambino dopo la nascita è un bambino, ma anche nel ventre materno il bambino è un bambino. Perciò la creazione in quanto manifesta è Oṃkāra, e anche in quanto non manifesta è Oṃkāra; ciò significa che la creazione non ha bisogno di ulteriori definizioni. Infatti, Oṃ è il nome per l’intera creazione, perché essendo Oṃ anche il nome dell’origine lo si usa anche per la creazione. La creazione non è altro che quella stessa origine. Non è che la creazione appartenga all’origine, non c’è relazione fra creazione e origine. Non è possibile distinguere fra l’onda e l’acqua con l’uso di alcuna preposizione: non si può dire “l’onda è nell’acqua”. L’onda è acqua; si tratta di un’equivalenza. In tal modo la creazione non è in Brahman. Quando si dice “è il Brahman” “fatto di Brahman” “sostenuto da Brahman”, tutte queste preposizioni significano (tātparyam) che “perciò è Brahman”. Solo quest’ultima affermazione è rilevante. Ciò che è libero dal triplice tempo, anche quello è Oṃkāra: la creazione manifesta è Oṃkāra e anche la creazione non manifesta è Oṃkāra. La parola per indicare la creazione è Oṃkāra. La descrizione empirica di ogni oggetto è differente da quella dello śāstra. La descrizione di ogni oggetto fatta dai pramāṇa è che è Om; il nome di ogni oggetto è Oṃ, il nome per l’intera creazione è Oṃ e Oṃ è anche il nome per la creazione non manifesta.
Nel secondo mantra ogni cosa è descritta come Brahman, l’abhidheyam. Nel primo mantra ogni cosa era descritta come Oṃkāra e nel secondo lo è come nirviśeṣam in quanto origine: e Oṃkāra e nirviśeṣam, in quanto origine, sono correlati. Quando si dice “Ogni cosa è Oṃkāra” e “Ogni cosa è origine” il senso è che non c’è correlazione tra nome e nominato, c’è unicità in senso letterale, cioè il nome è il nominato. Se il nome è il nominato e il nominato è il nome, allora il nome perde la sua nominazione, e il nominato la sua nominabilità: ciò che resta è il solo nirviśeṣam. Quel nirviśeṣam non è qualcosa di parokṣa (invisibile), perché il nome è evidente a me-soggetto e il soggetto è nirviśeṣam. Non si può pensare al nirviśeṣam come a qualcos’altro da Sé. Non si può pensare al sonno (suṣupta) come qualcosa di distante; il sonno è qualcosa di intimo, il sonno è il proprio Sé. Il proprio Essere è il sonno e quello è il nirviśeṣam. Il pensiero non è più pensiero, il corpo non è più corpo, l’universo non è più universo: c’è solo il soggetto; perciò il nirviśeṣam non può essere altro che te. Quindi, si dice “sarvam hi aitad Brahman” “Tutto questo è in realtà Brahman”. Qualcuno si chiederà: «Di quale Brahman stai parlando? Del grande Brahman o del piccolo Brahman?». È il nirviśeṣam insegnato come jagat kāraṇam (origine del mondo); non ci sono due Brahman, Parabrahman e Aparabrahman, Brahman Nirguṇa e Brahman Saguṇa, ecc. Brahman è nirviśeṣam, è Nirguṇa e, insegnato come jagat kāraṇam, è chiamato Saguṇa. Lo si considera Saguṇa perché ha sambandha (relazione): non si fa una scelta tra Saguṇa Brahman e Nirguṇa Brahman. Brahman Saguṇa non significa Brahman visto in una data forma: questo è un errore. Brahman, insegnato come jagat kāraṇam, è chiamato Brahman Saguṇa. Brahman è per natura Nirguṇa, nirviśeṣam, advitīya, ma lo śāstra insegna proprio quel Brahman nirviśeṣam quale jagat kāraṇam. È solo insegnato come jagat kāraṇam perché jagat (l’universo) deve essere spiegato in quanto è fatto proprio di quel nirviśeṣam insegnato come jagat kāraṇam; solo per questo è chiamato Brahman Saguṇa. Per l’adhyāropa dṛṣṭi è Saguṇa, per la Svarūpa dṛṣṭi (dal punto di vista della Natura reale) è Nirguṇa. Nel linguaggio empirico è un vaso, nel linguaggio dello śābda pramāṇa (la śruti assunta quale strumento di conoscenza valida)è Brahman. Perciò, quando lo śāstra dice che ogni cosa è Brahman, quello è il suo punto di vista, che è vero in base all’anubhava. “Sarvam hi aitad Brahma ayam Ātma Brahman”.Non bisogna immaginarlo come parokṣa (invisibile): quell’origine del jagat sei solo tu. Come puoi essere l’origine? Tu, in quanto senza forma sei l’origine, mentre con la forma sei il jīva. Senza forma e con forma è come il nirvisesa insegnato come jagat karanam. Similmente, anche qui lo stesso jagat karanam è inteso con forma; lo stesso Atman è jagat karanam quand’è inteso con forma. Che il jagat sia radicato nel tuo Essere, è evidente quando ti svegli da suṣupti. Pensi che susupti sia nirviśeṣam. Dove inizia l’incorporamento? Proprio lì. Dove inizia la percezione? Proprio lì. Dove inizia l’apparizione della creazione? Proprio lì. Per questo motivo non è evidente che il tuo essere è il jagat karanam. Il pensiero inizia in te che, in realtà, sei libero da pensiero; ciò significa, evidentemente, che l’origine del pensiero sei tu stesso. Tutte le percezioni provengono da te, tutti i pensieri e l’intera volontà proviene da te. Perciò il soggetto, l’Atman, in quanto nirvisesam, è di nuovo inteso come una forma e insegnato come jagat kāraṇam. Il Brahman, il nirvisesam, è insegnato come jagat karanam. Ātman, il nirvisesam, è insegnato come jagat karanam, mentre Svarupam (la sua reale Natura) è nirvisesam. Nel sonno profondo c’è nirviśeṣam; nel sonno profondo sei nirviśeṣam; non devi dire che è ‘nulla’, ma riconoscere lo stato di sonno profondo in quanto tua presenza. Riconoscerlo in tal modo, è veramente fondamentale, è la presenza di te libera da ogni cosa. Proprio in quel nirviśeṣam inizia lo stato di veglia. Ciò significa che il fondamento dello stato di veglia è il nirviśeṣam, che è il soggetto evidente. L’origine del jāgrat (della veglia), l’origine del svapna (del sogno), è il soggetto evidente, il nirviśeṣam. Perciò, quello che è insegnato come fosse ‘altro da me’, è solo nirviśeṣam e, a partire da quel nirviśeṣam è fatto questo jagat e il postulato è equivalente: quel Brahman postulato sei tu. Ciò significa che il postulato si annulla, c’è solo l’evidenza del Sé. Il nirviśeṣam evidente è l’origine del saviśeṣam (differenziato). Sarvam aitad Brahma, tutto questo è Brahman, Ayam Atman Brahman, la tua esistenza è il Brahman. Brahmatvam non esprime una dimensione; Brahmatvam è libertà da dimensione. E avidyā è qualcosa che sembra nulla, il pūrṇam (la totalità) che sembra śūnyam (vuoto) è avidyā. Gli śūnyavūdin2qui sono smentiti: anche śūnyam è un pensiero e la libertà dal pensiero significa libertà dal nulla. Perciò è un grave errore riguardo la Realtà. L’immaginaria māyā riguardo la Realtà è che l’uomo pensa alla pienezza come fosse nulla, come vuoto. Quando non c’è pensiero né percezione né oggetto, si pensa che sia nulla; invece è la tua esistenza libera da ogni cosa; la devi riconoscere così. Soyam Ātma catuṣpāda, la tua esistenza ha quattro pāda.
- Il termine avyakṛta nell’Upaniṣad non ha il medesimo senso usato nel Sāṃkhya darśana. Nella teoria dualista, avyakṛta significa non ancora manifestato dall’avyakta (dal non manifestato), e quindi ancora contenuto potenzialmente in Pradhāna. Nell’Advaitavāda, invece, avyakṛta è ciò che non appare, che non è percepito [N.d.C.].[↩]
- I buddhisti ‘nichilisti’ che sostengono che l’universo è una immaginazione mentale priva di qualsiasi sostrato [N.d.C.].[↩]